I suoceri tacciono sui maltrattamenti ai danni della nuora: è falsa testimonianza

Nella causa di separazione i genitori dell’uomo non hanno nessun interesse concreto e non può dunque essere concessa loro la facoltà di astensione dei testimoni.

La facoltà di astensione dei testimoni è ravvisabile solo in presenza di un interesse nella causa. L’interesse in questione deve però essere sorretto da una posizione di diritto sostanziale giuridicamente tutelabile, non rilevando un interesse di mero fatto. Questo è il principio espresso dalla Sesta sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 45311, depositata oggi. Tra moglie e marito non mettere il dito . Il casus belli è rappresentato da una causa di separazione giudiziale e dalla chiamata dei genitori dell’uomo come testimoni. Questi ultimi negano di essere a conoscenza dei maltrattamenti subiti dalla donna ad opera del figlio, ma vengono accusati di falsa testimonianza. Conseguenze? Nessuna perché il gip, pur riconoscendo la condotta ascritta agli imputati, stabilisce che il fatto non costituisce reato. A salvarli è l’applicabilità della facoltà di astensione, non comunicata ai testimoni . Per i genitori non vi è la presunzione di astensione in tutti i casi . Per il pm, però, la decisione non è condivisibile. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, fondato sulla contestazione tout court della determinazione assunta dal gip. Nodo gordiano della vicenda è, nella visione del pm ricorrente, la considerazione che nel novero dei soggetti che possono avvalersi della facoltà di astensione nel processo civile non sono compresi i genitori, o, meglio ancora, che non vi è presunzione di astensione in tutti i casi, giacché essa è ravvisabile solo in presenza di un interesse nella causa. Per esercitare la facoltà di astensione è necessario un interesse giuridico nella causa. Come sciogliere ogni dubbio? Per i giudici della Cassazione, innanzitutto, il ricorso del pm è fondato. Questa valutazione è legata ad un elemento specifico l’ interesse giuridico che rende una persona incapace a deporre . Mentre non è rilevante un interesse di mero fatto, non sorretto da una posizione di diritto sostanziale giuridicamente tutelabile . Ebbene, nella causa di separazione i genitori dell’uomo non potevano avere nessun concreto interesse . Di conseguenza, la scelta del gip viene ritenuta non condivisibile da parte dei giudici della Cassazione, che rimettono la questione nelle mani del Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 novembre – 5 dicembre 2011, n. 45311 Presidente Milo – Relatore Gramendola Fatto e diritto Con la sentenza in data 19/1/2010 il G.I.P. del Tribunale di Chieti dichiarava a.d.p., perché il fatto non costituisce reato ai sensi dell’art. 425 c.p.p. nei confronti di D.B. F. e D’A. M. in ordine al reato di cui all’art. 372 c.p., ciascuno ascritto. In motivazione il G.I.P., pur riconoscendo la sussistenza della condotta ascritta agli imputati, riteneva applicabile nel caso in esame. La regola di cui all’art. 249 c.p.c., che prevede la facoltà di astensione, non comunicata ai testimoni. Di diverso avviso era il P.M., che ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento della decisione, deducendo che nel novero dei soggetti, che possono avvalersi della facoltà di astensione nel processo civile non erano compresi i genitori, o meglio che non vi è presunzione di astensione operante in tutti i casi, giacché essa è ravvisabile solo in presenza di un interesse nella causa. Richiamava all’uopo la sentenza della Corte Cost., che aveva dichiarato la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del cit. art. 249 c.p.c. nella parte in cui non fa rientrare i prossimi congiunti tra coloro che possono astenersi dal testimoniare nel processo civile. Di conseguenza non poteva invocarsi l’esimente de qua né quella ex art. 384/1 c.p., essendo evidente la riferibilità del danno allo stesso soggetto agente. Il ricorso è fondato. Ed invero secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, che questo collegio condivide, ai fini della esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 684, ult. co., c.p.p., commessa in una causa civile, l’interesse che rende una persona incapace di deporre si identifica, secondo quanto dispone l’articolo 246 c.p.c., con l’interesse giuridico personale, concreto e attuale, a proporre una domanda e a contraddirsi, sia sotto l’aspetto di una legittimazione primaria, sia sotto quello di una legittimazione secondaria, mediante intervento adesivo indipendente, per cui non è rilevante un interesse di mero fatto, non sorretto da una posizione di diritto sostanziale giuridicamente tutelabile Cass. sez. VI, 30/4/79 – 22/2/76 n. 1963 Rv. 132300 18/6 – 27/6/08 n. 26005 Rv. 240566 10/10 – 31/10/08 n. 40975 Rv. 241523 . Alla stregua di tale principio, appare errata la motivazione a sostegno della sentenza impugnata, che, pur dando atto della sussistenza della condotta ascritta agli imputati, ravvisa la causa di giustificazione della punibilità del mancato esercizio della facoltà di astensione dei prossimi congiunti dal deporre nella causa civile ai sensi dell’art. 249 c.p.c., trascurando invece che la incapacità a testimoniare nella causa civile discende dall’interesse in capo al teste, che potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio ai sensi dell’art. 246 c.p.c Ma ciò non si verifica nella fattispecie, in cui nessun concreto interesse nella causa di separazione in corso tra M. F. e D.B. A. potevano avere i genitori di quest’ultimo. La sentenza impugnatava dunque annullata con rinvio al medesimo Tribunale di Chieti che procederà ad una nuova deliberazione alla stregua del principio summenzionato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Chieti per nuova deliberazione.