Anche un silenzio allusivo costituisce artificio e raggiro

Un promotore finanziario avvalora silentemente i contenuti di certificazioni fasulle, inducendo all’errore un istituto finanziario.

Il caso. Un imputato, accusato di truffa art. 640 c.p. , ricorreva per Cassazione per sentirsi riformare l’ordinanza di un Tribunale del Riesame che aveva confermato la misura cautelare mossa nei suoi confronti. Censurava, da un lato, la congruità logica dell’impianto motivazionale posto a fondamento della decisione, dall’altro avanzava dubbi nei confronti del giudizio di colpevolezza maturato su comportamenti invero meramente passivi e non concretamente partecipi di condotte penalmente rilevanti commesse da altri concorrenti. Nel respingere il ricorso, la Cassazione, Quinta sezione, n. 44139/2011 depositata il 29 novembre, precisava solo l’assoluta carenza sul piano logico dell’ iter argomentativo seguito dal giudice può avere rilievo in sede di legittimità, senza che lo possa la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro iter , in tesi egualmente corretti sul piano logico Cass. Sez. Un., n. 41/1996 , per cui alla Corte di Cassazione, allorché sia denunciato il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale . , spetta il compito di verificare, in relazione alla particolare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’imputato , nell’occasione ritenendo logicamente congruo ammettere che in fatto la mera passività del comportamento del ricorrente non lo esime per ciò solo da un giudizio di reità. Anche il mero silenzio circostanziato è artificio e raggiro. Nella specie il promotore finanziario aveva fatto da ponte di relazione con istituti bancari erogatori di mutui, indotti in errore da soggetti terzi in grado di dissimulare compravendite immobiliari perfette, i cui acquirenti erano individui privi di una reale identità. A definire il quantum erogabile intervenivano relazioni estimative fasulle, riconosciute tali in giudizio. Il promotore finanziario in realtà non realizzava documentazioni inveritiere né era parte attiva del gioco criminale, presentava certificazioni da altri redatte omettendo un più invasivo controllo. Si premetta la truffa è fattispecie penale composita e poliforme, richiede più elementi costitutivi ognuno dei quali va calato nella rude concretezza delle attuali fenomenologie criminali di indebita acquisizione di altrui risorse finanziarie. La giurisprudenza non si è ancora attestata su un giudizio di reità di quelle condotte silenti ed allusive che conducono all’altrui erronea disposizione patrimoniale, nel caso riconoscerebbe al silenzio un valore penalmente rilevante se probatoriamente circostanziato da elementi sintomatici di una condotta colpevole. A sostegno del dubbio si producono efficaci argomenti di spazio sistematico estendere in tal modo la copertura sociale e criminale del reato di truffa vuol dire ridurre l’ambito applicativo di quelle condotte tipizzate che abbisognano anche solo del mero silenzio per evocare l’intervento di una sanzione penale – ad es. art. 316 ter , c.p. -. L’opposta soluzione, più generosa perché aperta all’osmosi del reato di truffa su fattispecie meno rigorose in punto di condotta, consentirebbe di valorizzare la chiave di volta generale costituita dall’art. 40, comma 2, c.p. che prescrive la mutazione terminologica e sostanziale di ogni condotta commissiva nella corrispondente forma omissiva. La Cassazione in commento valorizza il dato ultimo rispetto a quello sistematico commette truffa anche l’agente consapevole che si adopera con un silenzio allusivo al fine di provocare l’altrui erronea disposizione patrimoniale. Ai fini di una più ambiziosa analisi questo è stato l’ulteriore banco di prova per definire l’ampiezza del tessuto di una fattispecie penale, fra le correnti di sovente contrapposte dell’interpretazione sistemica – art. 40, secondo comma, cod. cit. – e di quella sistematica, nei termini di cui sopra. La logicità a maglie larghe della motivazione che decide sull’applicazione di misure cautelari. Il ricorrente aveva proposto un’ulteriore parafrasi dei dati istruttori maturati, nemmeno sconfessati dalla Cassazione la quale ha precisato di non dubitare dell’alternatività di processi logici motivazionali tutti egualmente sostenibili, ma che ha al contempo sostenuto che quello scelto dal giudicante appellato, se coerente e immune da conclamabili vizi deduttivi, non può essere comunque riformato. Una nota critica a far corso dalle espressioni utilizzate dalla Corte, la quale pare ammettere un maggior margine di tolleranza nella valutazione di siffatta coerenza, quando ad essere in gioco sono provvedimenti cautelari. Per giurisprudenza evoluta, la Cassazione chiamata a verificare la logicità di una motivazione– ex art. 606, primo comma, lett. e , c.p.p. –ne sonda l’impianto deduttivo sia dal punto di vista interno – i dati istruttori articolati come relati – sia dal punto di vista esterno – le massime di esperienza socialmente ferme -. Nel caso di cui è discussione, una provvigione più alta, più del triplo, di quella in auge nel settore dell’intermediazione finanziaria, è stata ritenuta elemento sintomatico dell’abnormità della procedura di finanziamento, perché socialmente percepibile come incongrua nel contesto di mercato, e come tale ha costituito tassello dell’impianto logico-motivazionale della sentenza appellata. La Cassazione libera il campo dal rivisitare siffatto giudizio di abnormità si tratta di misure cautelari, dunque non di accertare reità ma di verificare qualificate probabilità di colpevolezza. Una piccola osservazione. Menomare le libertà individuali segue un giudizio che opera verificati elementi di legge – nel caso delle misure cautelari i requisiti ex art. 273 c.p.p. – ma della cui tenuta motivazionale non si discute in termini di maggiore o minore deducibilità in relazione al tipo di procedimento incardinato, pena il consentire meno rigore da parte del giudice quando decide se applicare di misure cautelari. D’altronde l’art. 606, primo comma cit., al fine di riformare una sentenza appellata, richiede la manifesta illogicità della motivazione ed il fatto logico, in quanto astratto ed assoluto, rimane tale qualunque siano gli accertamenti che si intende portare a verifica.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 ottobre – 29 novembre 2011, numero 44139 Presidente Colonnese – Relatore Palla Fatto e diritto O.M.M. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso l'ordinanza 4.4.11 del Tribunale del riesame di Milano che ha confermato quella di custodia cautelare domiciliare emessa dal G.i.p. del Tribunale di Varese il 3.3.11 perché partecipe, nella qualità di mediatore finanziario specializzato nella intermediazione di prestiti e mutui, unitamente ad altri coindagati, di un sodalizio criminale dedito alla perpetrazione di truffe nel settore del mercato immobiliare operate reperendo sul mercato beni immobili di modesto valore commerciale che i proprietari non erano in grado di vendere, offrendo quale prezzo di acquisto un valore anche superiore alle richieste dei venditori, per poi presentare, al momento della stipula dell'atto di compravendita dinanzi al notaio, fittizi acquirenti muniti di falsi documenti di identità ed ottenendo quindi, con la mediazione finanziaria dell'O. - anche attraverso perizie tecnico-estimative in eccesso ed in taluni casi false, per essere state disconosciute dagli apparenti professionisti che figuravano averle redatte - la corresponsione di mutui bancari a favore di soggetti inesistenti, con conseguente danno per gli enti erogatori. O. era inoltre raggiunto dalla misura cautelare anche per falso in atto pubblico ed inoltre -specificano ancora i giudici del riesame - era indagato come concorrente in numerosi reati-fine dell'associazione criminosa concorso in truffa e sostituzione di persona per i quali non era però consentita, in ordine al titolo di reato, l'emissione di misura coercitiva. Deduce il ricorrente, nel chiedere l'annullamento dell'impugnata ordinanza, con il primo motivo violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e c.p.p. non rinvenendosi negli atti di indagine elementi concreti in ordine alle fattispecie di reato ascritte all'O. , del quale non veniva specificato il ruolo all'interno dell'associazione, ed il medesimo, sentito il 15.4.09, aveva spiegato che erano i numerosi agenti immobiliari che a lui si presentavano a predisporre, per prassi, tutta la documentazione necessaria relativa ai potenziali mutuatali, oltre a quella relativa all'immobile da acquistare e alla richiesta di mutuo, per cui la pratica giungeva già istruita ai dipendenti delle società facenti capo all'O. , con la conseguenza che eventuali falsità commesse nella predisposizione della documentazione necessaria non potevano che essere ascritte alla responsabilità del mediatore creditizio. Tale circostanza - evidenzia la difesa del ricorrente - era stata trascurata nella motivazione del provvedimento impugnato, ma era stata sottolineata dal coindagato M.G.R.B. in sede di interrogatorio di garanzia, il quale aveva precisato che l'O. si recava presso la agenzia immobiliare Ande solo per ritirare la pratica già istruita ed aveva aggiunto che il predetto voleva sempre più pratiche” ed a tal fine erano stati i soggetti legati alla predetta agenzia ad ideare il sistema truffaldino, laddove - conclude sul punto il ricorrente - l'O. aveva realizzato una condotta penalmente irrilevante ed assolutamente estranea al disegno criminoso. Inoltre, la nomina dei periti incaricati di redigere la stima dell'immobile oggetto della compravendita finanziata mediante erogazione del mutuo era stata sempre effettuata dalle banche attingendo ai loro consulenti di fiducia, come dichiarato anche dal perito del Monte dei Paschi di Siena, F.S.A. , mentre in ordine alle provvigioni riconosciute alle società dell'O. , sotto forma di assegno circolare emesso dall'istituto di credito mutuante, se pure l'importo era risultato in alcuni casi superiore al normale corrispettivo del 3%, andava considerato che, presentando in determinate circostanze l'erogazione del finanziamento un'elevata complessità, erano stati gli stessi mutuatari a corrispondere una provvigione superiore. Quanto infine alla ipotizzata falsità delle perizie, il perito C.D. si era limitato ad escludere di aver effettuato il sopralluogo necessario alla vantazione dell'immobile, mentre il perito F. si era limitato ad avanzare dubbi in merito alla sottoscrizione, né era risultato che i predetti avessero segnalato all'istituto di credito committente l'anomalia della retribuzione percepita per attività da loro asseritamene non svolte. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 606,1 comma 1, lett. e c.p.p. con riferimento alle esigenze cautelari, ritenute sussistenti sulla base di mere ipotesi astratte, dal momento che, quanto al pericolo di inquinamento probatorio, l'O. aveva fornito una piena collaborazione, avendo indicato, già due anni prima, le sue società, i soci e i collaboratori, nonché gli istituti di credito ed i notai con i quali operava e le agenzie immobiliari proponenti le richieste di mutuo. Quanto al pericolo di reiterazione del reato, i fatti erano ormai risalenti, essendo l'ultima truffa stata commessa il , per cui non era ipotizzarle che la supposta associazione potesse ritornare operativa per commettere delitti della stessa specie, considerato inoltre che attualmente il sistema di prevenzione utilizzato dall'ABI risultava più che sufficiente per scongiurare la potenziale reiterazione di truffe assimilabili a quelle oggetto del presente procedimento ed infine l'O. aveva ormai chiuso le sue società svolgendo attività di intermediazione finanziaria solo individualmente, per cui sarebbe stata sufficiente - conclude il ricorrente - la meno affittiva misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività professionali, soluzione alternativa apoditticamente respinta invece dal tribunale. Osserva la Corte che il ricorso non è fondato. Ricordato come il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e c.p.p., legittima il ricorso per cassazione in tema di misure cautelari personali deve risultare dal testo stesso del provvedimento impugnato, il che significa che solo l'assoluta carenza sul piano logico dell'iter argomentativo seguito dal giudice può avere rilievo in sede di legittimità, senza che lo possa la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, in tesi egualmente corretti sul piano logico v. Sez. unumero , 15 febbraio 1996, numero 41 , per cui alla Corte di cassazione, allorché sia denunciato il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza v. Sez. unumero , 22 marzo 2000, numero 11 , oltre che all'esigenza di completezza espositiva v. Cass., sez. VI, 1 ottobre 2008, numero 40609 , rileva questa Corte che nell'ordinanza impugnata non si evidenziano profili di incongruenza della motivazione in tema di gravità indiziaria concernenti le ipotesi criminose ascritte a O.M.M Rilevato come lo stesso ricorrente non contesti l'esistenza dell'associazione in argomento, quanto alla sua partecipazione risulta anzitutto che l'O. è intervenuto, quale titolare di una serie di società di intermediazione finanziaria, tra cui la Mutuiplanet s.r.l., in numerose compravendite indicate nei diversi capi d'accusa , istruendo - hanno rimarcato i giudici milanesi - la pratica di mutuo e percependo normalmente, quale compenso, la somma di Euro 10.000,00 mediante assegni circolari intestati al fittizio acquirente - talvolta inesistente all’anagrafe - dall'O. incassati e versati sul proprio conto corrente personale. Si era trattato sempre di importi superiore alla normale percentuale del 3% spettante al mediatore creditizio, percepiti - hanno sottolineato i giudici del riesame - tramite assegni di beneficiari fittizi ed anche inesistenti come nel caso di S.S. , capo FF ovvero addirittura deceduti, come nel caso di P.S. - di cui al delitto di falso indicato al capo CCCC in concorso con M.G. e Pe.Er. - in cui la Pe. si era presentata quale fittizia acquirente con le generalità della P. , persona deceduta nel , e l'O. aveva incassato un assegno circolare emesso proprio a favore della defunta P. . Inoltre, alcuni periti, tra cui Gallo Massimiliano, sentiti dalla p.g., nel confermare di aver preso contatti normalmente con l'O. , avevano evidenziato elementi per ritenere che il predetto avesse redatto o concorso alla redazione di false perizie, avendo C.D. - relativamente alla perizia per l'acquirente Rivolta capo DD - escluso di aver effettuato l'accertamento peritale, mai avendo eseguito i sopralluoghi indicati nella stessa nel Comune di , laddove inoltre F.S.A. capo LLL aveva affermato la falsità della perizia presentata presso l'istituto di credito Monte Paschi di Siena rispetto a quella originariamente predisposta e consegnata all'O. , evidenziando come la propria firma fosse stata scannerizzata” al computer ed apposta inoltre in un riquadro che egli non utilizzava, mentre differiva dall'originale anche il contenuto della perizia stessa. A completare il coacervo probatorio a carico dell'O. il tribunale del riesame ha poi indicato le significative dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie rese da M.G.R.B. il quale, nel descrivere il meccanismo truffaldino ideato, ha avuto modo di specificare che il valore degli immobili per i quali chiedere il mutuo era determinato dai periti nominati dalla Mutuiplanet s.r.l., essendo cura dell'O. provvedere alla pratica del mutuo, evidenziando inoltre il M. l'esosità dell'odierno ricorrente, che pretendeva sempre più pratiche e soldi” ed era giunto ad offrire anche con depliants pubblicitari, mutui al 100, 110% del valore della perizia i funzionari di banca e i periti trattavano tutti con l’O., il grosso del lavoro lo faceva proprio lui, perché la cosa essenziale era ottenere i mutui”. Quanto alle esigenze cautelari, del tutto correttamente è stata ritenuta l'applicabilità della custodia domiciliare a motivo del pieno e professionale” inserimento dell'O. in ambienti criminali dediti alla commissione di reati contro il patrimonio, utilizzando le proprie conoscenze nel settore creditizio, con pericolo quindi di reiterazione del reato trattandosi di condotte poste in essere per un periodo di oltre tre anni, nonché in considerazione del pericolo di inquinamento delle prove, evidenziato dai giudici sotto l'aspetto della capacità dell'indagato di intervenire su soggetti privati da escutere, nonché di contattare gli stessi coindagati tra i quali il M. al fine di indurli a non rendere quelle dichiarazioni più complete ed organiche, finalizzate alla compiuta ricostruzione dei fatti, che invece essi ben sarebbero in grado di rendere. Al rigetto del ricorso - non potendo valere come tale la dichiarazione di rinuncia, in data 11.10.11, fatta dal difensore non munito di procura speciale ad hoc Sez. unumero , 31 maggio 1991, numero 6 - segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.