L’assenza di un termine per chiedere copia delle intercettazioni non può violare il diritto di difesa

Il P.M. dovrebbe organizzarsi preventivamente al fine di garantire tempestiva risposta alle istanze. Infatti, la mancanza di un termine a partire dal quale la parte può richiedere le copie del materiale informatico non può risolversi in un danno per la difesa.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43996/2011 depositata 29 novembre, ha annullato l’ordinanza, in quanto il Tribunale adito avrebbe dovuto prendere atto del vulnus del diritto di difesa. Il caso. Un uomo proponeva ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Catanzaro aveva rigettato la richiesta di annullamento della misura della custodia cautelare in carcere applicatagli dal G.I.P. in relazione ai reati di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e a numerosi reati fine. Unico ma articolato il motivo di impugnazione il ricorrente aveva tempestivamente richiesto all’Ufficio di Procura le copie del materiale informatico - intercettazioni e flussi telematici – nel quale si compendiavano gli elementi della prova cautelare a suo carico. Tuttavia, evidenziava la difesa, il Giudice distrettuale aveva ritenuto che la parte avesse solo asserito ma non provato l’inadempimento della locale Procura la quale, non solo non aveva adempiuto tempestivamente, ma non aveva neppure motivato il diniego facendo luogo ad una lacuna non colmabile dall’adito Tribunale della Libertà. La difesa, dunque, richiamandosi ai principi enucleati dalla Corte Costituzionale sent. n. 336/2008 e dalle Sezioni Unite 20300/2010 quanto alla inutilizzabilità pro tempore delle conversazioni poste alla base della misura cautelare e non trasmesse dalla Procura, affermava che la soluzione adottata dal Tribunale distrettuale avesse invertito a suo sfavore i termini della questione. Infatti, si riteneva che la mancanza di un termine a partire dal quale la parte può richiedere le copie non può risolversi in un danno per la difesa ma dovrebbe indurre il P.M. ad organizzarsi preventivamente al fine di garantire tempestiva risposta a siffatte istanze. Il p.m. non è obbligato a trasmettere anche le registrazioni delle intercettazioni. Con la sentenza n. 43996, depositata in data 28 novembre 2011, la Sesta sezione Penale della Suprema Corte interviene nel rilevante rapporto, ai fini del giudizio di riesame, fra diritto di difesa ex art. 24 Cost. ed il dovere, ex artt. 309 comma 5 e 268 c.p.p. , per il P.M., di rilasciare in copia la trasposizione delle conversazioni intercettate a poste alla base del provvedimento cautelare richiesto ed adottato. Nel dettaglio, la Sesta sezione, in ossequio a quanto statuito dapprima dalla Corte Cost. con sentenza 336/2008 e, successivamente, dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza 20300/2010, ha ribadito che, alla luce del principio di leale collaborazione fra le parti, applicabile anche al procedimento incidentale de libertate , il P.M. è obbligato a trasmettere al Tribunale del riesame solo gli atti prodotti al G.I.P. con la richiesta di applicazione della misura cautelare, non anche le registrazioni delle conversazioni intercettate. Diritto di difesa violato? Rispetto a tali atti - continua la Corte - esiste, però, un diritto incondizionato della parte di accedervi al fine di accertare che il contenuto cartaceo corrisponda a quello auditivo - quindi, anche di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni delle conversazioni intercettate - diritto suscettibile di bilanciamento con le esigenze di celerità di cui è permeato l’intero giudizio ex art. 309 c.p.p La lesione di tale diritto, ossia nel caso in cui venga ingiustificatamente impedito al difensore di accedere alle registrazioni poste alla base della richiesta del P.M. - chiarisce la Corte – determinerà una nullità di ordine generale a regime intermedio ex artt. 178 c.p.p. lett.c deducibile e sanabile ex artt. 180, 182 e 183 c.p.p., senza riverberare effetti negativi tout court sul titolo cautelare o sulle conversazioni. Infatti, non si verificherà una ipotesi di nullità dell’ordinanza impugnata, essendo titolo fondato sugli atti prodotti dal P.M. a sostegno della sua richiesta, né di perdita di efficacia della misura che opera solo nei casi di legge, né, infine, si verificherà un caso di inutilizzabilità delle captazioni effettuate, trattandosi di sanzione che opera solo nei casi di divieto di utilizzazione art. 271, comma 1, c.p.p. . La Suprema Corte rileva che, nel caso di specie, alla base della richiesta di applicazione della misura da parte del P.M., il compendio indiziario posto alla base delle incolpazioni cautelari elevate fosse rappresentato proprio dalle conversazioni che la difesa aveva elencato in maniera analitica fra quelle richieste in copia. Pertanto, alla luce dei richiamati principi costituzionali e giurisprudenziali, il Tribunale adito – ammonisce la Corte - avrebbe dovuto prendere atto del vulnus del diritto di difesa senza far luogo ad una spiegazione ritenuta poco persuasiva – principalmente fondata sullo sforzo e sull’efficienza degli apparati amministrativi interni alla Procura – perché non opponibile alla parte privata che, nella fattispecie, esercita un diritto di rilevanza costituzionale, quale quello di difesa. La Suprema Corte, quindi, annulla l’impugnata ordinanza rinviando al Tribunale distrettuale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 ottobre – 28 novembre 2011, n. 43996 Presidente Agrò – Relatore Fazio Ritenuto in fatto 1. A S. ricorre avverso la ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà di Catanzaro, che ha rigettato il riesame proposto per l'annullamento del il provvedimento con cui il Gip di Catanzaro gli ha applicato la misura custodiale in carcere, in relazione ai reati di associazione a delinquere dedita al narcotraffico ed a numerosi reati fine. Propone un unico ed articolato motivo, basato sulla mancata duplicazione di tutto il materiale informatico intercettazioni e flussi telematici che hanno costituito il compendio investigativo, dal quale sono stati tratti gli indizi a suo carico. Rileva, in primo luogo, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice distrettuale, che le richieste di copie erano state avanzate tempestivamente, in quanto il riesame era stato depositato il 24 gennaio 2011 e la prima richiesta del materiale era stata depositata il 31 gennaio presso la Procura ed alla stessa erano seguite quelle del 3 febbraio, 8 e 9 febbraio, senza alcun esito. Sottolinea che il provvedimento del giudice distrettuale ha, illogicamente, posto a carico della parte privata la prova ad opera del difensore del mancato rilascio delle copie e ritenuto, dunque, solo asserito e non provato l'inadempimento della locale Procura, invertendo sostanzialmente ed a detrimento della difesa, i termini della questione. Ribadisce che negli elenchi allegati alle istanze si indicavano le conversazioni su cui era basata la ordinanza cautelare e che, dunque, ricorreva, dal profilo dell'interesse, il presupposto per l'esame delle stesse, stigmatizzato sia dalla nota sentenza n. 336 del 2003 della corte costituzionale, sia dalla pronuncia di questa corte a sezioni unite n. 20300 del 22-4-2010 in ordine alle conseguenza della mancata acquisizione ossia la inutilizzablità pro tempore delle stesse. La mancanza di un termine a partire dal quale richiedere le copie a parere della difesa non può risolversi in un danno per la stessa, ma deve comportare la preventiva organizzazione da parte del PM, che deve attrezzarsi in modo da rispondere tempestivamente. Nel caso in esame non solo la Procura della Repubblica non ha svolto tempestivamente il chiesto adempimento, ma nemmeno ha motivato il diniego come avrebbe dovuto e il Tribunale della Libertà non poteva sostituirsi ad esso in via suppletiva. Considerato in diritto 1. La censura è fondata e l'ordinanza impugnata è da annullare con rinvio per nuovo esame al tribunale distrettuale. 2. La giurisprudenza di questa Corte, in ciò conformandosi ai principi espressi dalla nota sentenza n. 336 del 2008 in tema di illegittimità costituzionale dell'art. 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza, che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate, ha, infatti, chiarito, richiamandosi a criteri di leale collaborazione tra le parti del procedimento, applicabili anche a quello incidentale de libertate che 1 la richiesta del difensore deve essere tempestivamente proposta rispetto alle cadenze temporali Indicate dalle norme processuali ex art. 309 c.p.p. 2 l'organo preposto al rilascio di dette copie è il PM su cui grava l'obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile a consentire l'esercizio del diritto di difesa. 3. In modo specifico, ha ribadito che se il pubblico ministero non è tenuto a trasmettere al tribunale del riesame anche le registrazioni delle conversazioni intercettate, posto che, ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 5, si devono a mettere a disposizione solo gli atti da lui prodotti con la richiesta di applicazione della misura cautelare, tuttavia, sussiste un diritto incondizionato all'accesso alla detta documentazione che implica, come naturale conseguenza, quello di ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni medesime, da bilanciare con le esigenze di celerità imposte dalle sequenze temporali indicate dall'art. 309 c.p.p., di cui all'evidenza è arbitro il tribunale distrettuale. 4. Ora, tanto premesso, è da mettere in rilievo, in punto di fatto, come si evince chiaramente dall'esame degli atti, cui stante la natura processuale della eccezione questa Corte può accedere, che, contrariamente a quanto cennato nell'ordinanza del tribunale del riesame primo alinea della pag. 6 del testo , la richiesta di applicazione della misura, come formulata dal PM, aveva quali basi indiziarie proprio le conversazioni, indicate nell'elenco delle registrazioni da acquisire in copia, che dettagliatamente venivano segnalate con i progressivi e le date di captazione, con riferimento ai capi della imputazione provvisoria, e si noti con esplicita dichiarazione che i detti numeri identificativi erano stati desunti dallo stesso titolo custodiale. 5. La difesa, sul punto, si è fatta carico di un puntiglioso elenco, che il Tribunale ha minimizzato, senza considerare che le risultanze delle conversazioni di cui si chiedeva copia costituivano l'impianto accusatorio recepito in ordinanza, tant'è che, nel prosieguo del provvedimento, è lo stesso giudice della cautela a esaminare e valutare le frasi di maggior rilievo, estrapolate e richiamate per stralci. 6. In ogni caso, poi, non era questo il punto centrale e decisivo della questione che la difesa aveva e ora ha sottoposto al sindacato del giudice infatti, anche ammesso che i supporti magnetici non facessero parte degli atti presentati ex art. 291 co. 1 c.p.p., è pacifico che la loro mancanza non avrebbe comportato automaticamente perdita di efficacia della misura, poiché comunque il tribunale avrebbe dovuto controllare gli elementi come trasmessi e solo nel caso in cui gli elementi trasmessi fossero insufficienti a giustificare la misura avrebbe dovuto procedere all'annullamento ipotesi evidentemente estranea alla fattispecie in esame, posto che come detto il giudice distrettuale, incoerentemente alla premessa, non ha effettuato alcuna selezione, avvalendosi di tutto il coacervo delle intercettazioni. 7. È da ribadire al riguardo che, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota sentenza delle Sez. U, n. 20300 del 2010, la consegna della documentazione è finalizzata alla verifica della effettiva corrispondenza del contenuto cartaceo a quello auditivo, il che, ovviamente, presuppone che la parte sia posta in condizione di eventualmente proporre quella richiesta e quelle contestazioni, mercé il concreto esercizio del diritto di difesa nei termini riconosciutile dalla sentenza della Corte Costituzionale. Ove al difensore sia stato ingiustificatamente impedito il diritto di accesso alle registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero, tanto non determina la nullità del genetico provvedimento impositivo, legittimamente fondato sugli atti a suo tempo prodotti a sostegno della sua richiesta dal P.M. non comporta la inutilizzabilità degli esiti delle captazioni effettuate, perché questa scaturisce solo nelle ipotesi indicate dall'art. 271 c.p.p., comma 1 non comporta la perdita di efficacia della misura, giacché la revoca e la perdita di efficacia della misura cautelare conseguono solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge artt. 299, 300, 301, 302 e 303 c.p.p., art. 309 c.p.p., comma 10 . Determina, invece, un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per la illegittima compressione del diritto di difesa e non inficia l'attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati. Esso comporta, quindi, una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. c , soggetta al regime, alla deducibilità ed alle sanatorie di cui agli artt. 180, 182 e 183 c.p.p. . 8. Ciò premesso, la constatata indisponibilità delle copie richieste non è, allora, affatto priva di conseguenze, proprio perché la difesa dello S. aveva tempestivamente richiesto di acquisire i duplicati dei supporti magnetici contenenti i dati intercettati sul punto della ritualità della istanza, è da ribadire che il difensore, già prima della proposizione del ricorso ex art. 309 c.p.p., avvenuta il 2 febbraio 2011, si era fatto parte diligente presso la Procura della Repubblica e la tempistica delle sue domande e la sostanziale correttezza delle stesse non viene affatto in discussione nel procedimento, così come, all'evidenza, non è contestabile che la domanda non sia stata soddisfatta. 9. Va senz'altro escluso, al riguardo, che gravasse sul ricorrente la prova del fatto negativo il dato, su cui si incentrava l'oggetto della decisione, avrebbe potuto peraltro essere oggetto di facile e spedito accertamento da parte dello stesso Tribunale, che poteva avvalersi dei suoi poteri di ufficio per risolvere l'eccezione procedurale, in ipotesi pregiudiziale alla decisione. 10. Se, dunque, la difesa aveva compiuto i passi che le competevano, il Tribunale doveva prendere atto del vulnus dei suoi diritti, conseguente alla mancata acquisizione, in aderenza ai richiamati principi costituzionali e giurisprudenziali né merita consenso la giustificazione adotta dal Tribunale, che ha sostenuto che le operazioni di duplicazione erano di per sé di elevata complessità, e che la segreteria della locale Procura era chiamata a un paziente e difficile lavoro di selezione all'interno delle centinaia di pagine dei richiamati provvedimenti e poi nelle decine di faldoni contenenti gli atti di indagine non compete certo all'organo giudicante la valutazione, in sintesi sopra espressa, della efficienza degli apparati amministrativi interni, né tanto meno ciò è opponibile alla parte privata, che avanza un diritto di rilevanza costituzionale, quale quello di difesa. È di tutta evidenza che essendo la messa a disposizione delle copie dei supporti informatici finalizzata al pieno dispiegarsi dell'attività difensiva, è implicito l'obbligo per il requirente di soddisfare la richiesta in tempo utile per la disamina in vista del riesame. 11. Tanto basta dunque per l'annullamento della pronuncia e il giudice distrettuale, cui si rinvia, provvederà ad una nuova deliberazione, tenendo conto del diritto della difesa di ottenere il previo rilascio della copia dei supporti magnetici, così come richiesto nelle istanze in atti. 12. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 ter delle disp. att. c.p.p P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di Catanzaro Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 ter delle disp, att. c.p.p