Non basta la sproporzione per sequestrare i beni, presumendo siano dell'ex marito criminale

Il provvedimento era già stato parzialmente limitato. Ora l'intera questione torna in discussione. Necessario dimostrare effettivamente l'intestazione fittizia.

Ex moglie di un esponente della criminalità organizzata, con una capacità reddituale limitata eppure con un patrimonio notevole, ovvero un immobile da 170mila euro e una Porsche da 45mila euro. Nonostante tutto, però, va dimostrata concretamente l’ipotesi dell’intestazione fittizia dei beni Cassazione, sentenza numero 41044, Seconda sezione Penale, depositata ieri , intesa come strumento per salvaguardare la proprietà dell’ex marito. Altrimenti il provvedimento di sequestro rischia di essere messo completamente in discussione. Questo sì, questo no Il provvedimento di sequestro, deciso nei confronti della donna dal Giudice per le indagini preliminari, viene messo in discussione già dal Tribunale, che ne limita gli effetti. Solo alcuni beni, difatti, rimangono congelati. Il riferimento è a un immobile e ad un’autovettura. Quindi, pur avendo ottenuto una vittoria parziale, la donna decide comunque di presentare ricorso per cassazione. Obiettivo è vedere completamente annullato il provvedimento di sequestro, poggiando tale richiesta su un cardine la assenza di una prova concreta sulla effettiva proprietà dei beni in capo all’ex marito e, quindi, la fittizietà della intestazione alla ricorrente. Senza sproporzione Ebbene, la richiesta avanzata dalla donna viene valutata come legittima dalla Cassazione. Ciò comporta la riapertura della valutazione del provvedimento di sequestro. La premessa, da parte dei giudici, è relativa alla confisca applicabile agli esponenti della criminalità organizzata il condannato subisce la perdita del denaro e dei beni il cui valore risulti sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, così da generare la presunzione di accumulazione patrimoniale illecita . Ma questa presunzione non può essere applicata, ricordano i giudici, alla persona che appare intestatario di beni che, di fatto, appartengono al condannato , e, per questo, incombe sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni che avallino l’ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene . Volendo essere più espliciti, l’interposizione fittizia deve essere accertata per fatti concludenti concreti, senza ricorrere a presunzioni , e può assumere valenza probatoria anche la sproporzione di valore tra il bene formalmente intestato e il reddito effettivamente percepito, sempre che la sproporzione, confrontata con altre circostanze che caratterizzano il fatto concreto, appaia dimostrativa della natura simulata dell’intestazione . Non a caso, i giudici del riesame hanno evidenziato l’esiguità dei redditi della ricorrente rispetto alla valutazione degli immobili e dell’autovettura a lei intestati . Eppure, nonostante non sia stata evidenziata una fonte di reddito in capo alla ricorrente, solo questa sproporzione è portata a sostegno della conclusione sulla interposizione fittizia di persona , né è stato evidenziato un rapporto significativo, anche considerando la separazione tra i due ex coniugi. Per questo, non si può ritenere sufficientemente comprovata la fittizietà della intestazione dell’immobile e dell’autovettura, come in realtà appartenenti al componente della criminalità organizzata. Unica conseguenza possibile è riaffidare la questione al Tribunale, perché la esamini nuovamente, facendo chiarezza in maniera definitiva.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 ottobre – 11 novembre 2011, n. 41044 Presidente Sirena – Relatore Di Marzio Osserva 1. Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Napoli, sezione riesame. in parziale accoglimento dell'appello proposto da S. S. avverso l'ordinanza del GIP del medesimo Tribunale, ha revocato il disposto sequestro con riguardo ad alcuni beni, confermandolo invece per altri. Avverso detta pronunzia ricorre S. S. svolgendo tre motivi, considerabili olisticamente, in cui si censura sia la motivazione del provvedimento per il difetto, carenza e contraddittorietà o manifesta illogicità sia la inosservanza di norme della legge penale, sostanziale e processuale, con particolare riguardo al vincolo di confisca gravante su un immobile sito in Jesolo e su di una autovettura Porsche Cajenne. In particolare, lamenta la ricorrente che la confisca sia stata ritenuta pur in assenza di una prova concreta sulla effettiva proprietà dei beni come in capo all'imputato L. P., coniuge in regime di separazione della ricorrente, e dunque della fittizietà della intestazione in detti beni in capo alla S 2. - li ricorso è fondato pertanto deve essere accolto. Osserva innanzi tutto il Collegio che in tema di riesame delle misura cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali ne consegue che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, atteso che ne] pn detto concetto di violazione di legge' , come indicato nell'art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., comma l, lett. b e c , non rientrano anche la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione, che sono invece separatamente previsti come motivo di ricorso peraltro non applicabile al ricorso ex art. 325 c.p.p. dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , Cass. SSUU, 28.1.2004 n. 5876 . E pertanto il sindacato demandato alla Corte di Cassazione in subiecta materia ha un orizzonte circoscritto, dovendo essere limitato, per espresso disposto normativo, alla assoluta mancanza di motivazione ovvero alla presenza dì motivazione meramente apparente. E la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo altresì di evidenziare Cass. sez. 2^ 22. 5.1997 n 3513 , con riferimento alla problematica del riesame delle misure cautelari, che il legislatore ha in tal modo inteso sanzionare l'elusione da parte del giudice del riesame del suo compito istituzionale di controllo in concreto del provvedimento impugnato, riconducibile alla prescrizione dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 125 c.p.p., comma 3, sanzionato a pena di nullità, e dunque deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c . Un siffatto sostanziale rifiuto di provvedere si traduce in una peculiare mancanza assoluta di motivazione, riconducibile alla violazione tipica di una norma processuale prevista a pena di nullità art. 125 c.p. p., comma 3 e pertanto deducibile con il ricorso per cassazione anche nella limitata estensione consentita dall'art. 325 c.p.p. per contro esulano dalla previsione del predetto art 325 c.p.p., quei vizi della motivazione consistenti nell'omesso esame, nel contesto dell' iter argomentativo svolto dal Tribunale del riesame per dare contezza delle proprie determinazioni, di specifici fatti ovvero nella illogica o contraddittoria valutazione degli stessi, essendo tali vizi rilevanti ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , ma non dall'art. 325 c.p.p Sempre in premessa, deve ulteriormente osservarsi quanto segue. Per giurisprudenza di questa Corte, nelle ipotesi particolari di confisca disciplinate dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies , ili condannato per determinati delitti subisce la perdita del denaro e dei beni il cui valore risulti sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all'attività economica svolta così da generare la presunzione di accumulazione patrimoniale illecita, che può essere vinta fornendo giustificazione della loro provenienza. La regola di valutazione che fonda sulla sproporzione dei valori la presunzione relativa di arricchimento illecito vale - è bene ribadirlo - nei confronti del soggetto condannato per uno dei delitti elencati nel citato D.L. art. 12 sexies . Nei confronti, invece. del soggetto interposto, ossia di colui che appare intestatario di beni che di fatto appartengono al condannato per uno dei ridetti reati, l'art. 12 sexies non prevede alcuna presunzione e, quindi, l'accertamento dell'interposizione fittizia, pregiudiziale al successivo accertamento di accumulazione illecita, deve essere condotto alla stessa stregua di ogni altro fatto giuridico sottoposto alla cognizione del giudice. Poiché l'interposizione fittizia poggia generalmente su un rapporto fiduciario riservato che ne rende particolarmente difficile il disvelamento, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la prova in tale materia può essere data anche per indizi, purché però abbiano i requisiti stabiliti dall'art. 192 c.p.p., comma 2. La massima estratta da una recente sentenza così recita In relazione alla particolare ipotesi di confisca dì cui all'art. 12 sexies , nel caso in cui il bene che si assume illecitamente acquistato risulti intestato a terzi, incombe sull'accusa l'onere di dimostrare l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca in tal caso il giudice ha l'obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, sì da costituire prova indiretta dell'assunto che si tende a dimostrare, cioè del superamento della coincidenza tra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene Cass., Sez. 2, 10.1.2008 n. 3990, Catania, rv 239269 . L'intestazione fittizia, da parte del terzo, di un bene in realtà appartenente al condannato per uno dei reati indicati dall'art. 12 sexies deve essere m definitiva accertata per fatti concludenti concreti, senza ricorrere a presunzioni. A tal fine può assumere valenza probatoria anche la sproporzione di valore tra il bene formalmente intestato e il reddito effettivamente percepito, sempre che la sproporzione, confrontata con le altre circostanze che caratterizzano il fatto concreto, appaia sicuramente dimostrativa della natura simulata dell'intestazione Cass. Sez. 6, 5.11.2010, n. 42717 . Venendo al caso in esame, deve precisarsi che nessun rilievo ha sollevato la ricorrente in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti , concentrando la censura sulla questione relativa alla presunzione di illecita provenienza dei beni ed al carattere fittizio della intestazione. L 'interposizione fittizia di persona è ritenuta sussistente dal giudice facendo applicazione dell'avviso secondo cui la presunzione relativa della illecita accumulazione patrimoniale, prevista dalla speciale ipotesi di confisca di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies , opera anche in riferimento a beni intestati al coniuge, ove non risulti la riconducibilità dell'acquisto ai redditi derivanti dall'attività di lavoro svolta. dal coniuge predetto Cass. sez. 1 8.7.2004 n. 31663 . I giudici del riesame hanno infatti evidenziato la esiguità dei redditi della ricorrente rispetto alla valutazione degli immobili e dell'autovettura alla stessa intestati. In tal modo è fatto uso della presunzione legalmente prevista a carico dell'indagato sul carattere illecito del patrimonio acquisito in maniera non giustificata e proporzionale rispetto alla capacità reddituale nel periodo prossimo alla accumulazione di ricchezza. Tale prescrizione, tuttavia, è espressamente prevista per l'imputato e concerne la provenienza illecita delle utilità da sottoporre a confisca pertanto, non investe la titolarità effettiva dei beni, presupponendosi nella fattispecie una indiscussa titolarità in capo all'imputato. La constatata sproporzione, con riguardo a soggetti terzi, non può dunque valere ad integrare una prescrizione inesistente nei loro confronti e per di più avente ad oggetto l'interposizione fittizia di persona. Diversamente, e come già anticipato, la rilevata sproporzione può integrare un elemento di fatto valutabile ai fini del raggiungimento, per somma di risultanze concrete, della fittizietà di una intestazione in effetti non compatibile con le accertate capacità reddituali del soggetto che deve ritenersi fittiziamente interposto nella titolarità del bene. Deduce la ricorrente che il bene immobile fu acquistato nel 2004 da entrambe i coniugi per mezzo di una società commerciale, in costanza di matrimonio, e poi riacquistato dalla ricorrente medesima una volta intervenuta la separazione legale ha precisato di aver versato una somma pari a circa quarantottomila euro su un prezzo complessivo di euro centosettantamila, accollandosi per il resto l'importo delle rate di mutuo a suo tempo contratto per l'acquisto dell'immobile. Invece, l'automobile veniva acquistata il mese successivo alla intervenuta separazione e dietro la effettiva corresponsione della somma di euro quarantacinquemila e settecento. Benché chiaramente rilevato dai giudici di merito un evidente e rilevantissima sproporzione tra le descritte acquisizioni patrimoniali e la mancata emersione di una qualsivoglia fonte di reddito in. capo alla odierna ricorrente, questa nemmeno nel ricorso in esame deduce di svolgere attività lavorativa o indica la fonte della propria consistenza patrimoniale. Di modo che, resta inspiegabile la fonte delle sostanze con cui è stato possibile sia pagare il prezzo dell'immobile e dell'autovettura che corrispondere all'adempimento delle residue rate di mutuo. E tuttavia, oltre a detta sproporzione nessun altro elemento concreto è addotto a sostegno della conclusione sulla interposizione fittizia di persona. Né può ritenersi a tal fine effettivamente significativo il rapporto di coniugio tra ricorrente ed imputato, atteso che l'acquisto dei beni è maturato proprio in occasione della separazione legale che ha determinato una rilevante soluzione di continuità in detto rapporto. A tal riguardo, nulla è argomentato in sentenza sulla scorta di eventuali elementi utili a far ritenere la perdurante sussistenza di un qualche rapporto tra ricorrente ed imputato, cosi restando avvolta nel dubbio una possibile relazione che, adeguatamente considerata a base della argomentazione avrebbe potuto più convincentemente fondare la conclusione sulla fittizietà della intestazione dei due beni in capo alla ricorrente. Se, in conclusione, da un lato non risulta acclarata una condizione economica della ricorrente idonea ad escludere la rilevante sproporzione tra capacità reddituale e patrimonio, nemmeno può ritenersi sufficientemente comprovata la fittizietà della intestazione dell'immobile e dell'autovettura, come in realtà appartenenti alll'imputato. 3. - Ne consegue l'annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.