""Casa-chiusa""...a doppia mandata

È legittimo il sequestro di una casa di appuntamenti dove si svolgeva l'attività di prostituzione. Troppo rischioso tenerla aperta sussiste il pericolo di reiterazione del reato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37516/2011 depositata il 18 ottobre, ha confermato la decisione del tribunale del Riesame di mantenere il sequestro preventivo di un immobile adibito ad attività di prostituzione. Il caso. Per il reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, all'interno di un appartamento milanese, il Riesame conferma il decreto del gip con cui è stato disposto il sequestro dell'immobile. Ma, il destinatario del sequestro propone ricorso per cassazione deducendo difetto dei presupposti legittimanti l'adozione del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. . Canone di locazione pagato La S.C., però, ritiene pienamente integrato, al contrario di quanto sostenuto dalla parte ricorrente, il fumus commissi delicti. Questo sussiste sulla base di circostanze direttamente accertate dai carabinieri lo svolgimento nell'immobile dell'attività di prostituzione, il pagamento del canone di locazione in contanti, ritirato personalmente dal proprietario senza il rilascio di alcuna ricevuta, e la formazione, attraverso l'interposizione del coindagato, di un falso contratto di locazione dal quale l'immobile risultava locato ad un soggetto fittizio. appartamento utilizzato come casa-chiusa . Anche il periculum in mora, affermano gli Ermellini, è integrato. Di fatti, per evitare l'aggravamento delle conseguenze del reato, visto l'utilizzo da mesi dell'appartamento come luogo di sfruttamento della prostituzione, è necessario mantenere l'immobile sotto sequestro. La casa rimane chiusa. Le censure del ricorrente si esauriscono nella richiesta di riesame del materiale probatorio, richiesta, ovviamente, preclusa in sede di legittimità. Pertanto, il ricorso viene rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 luglio - 18 ottobre 2011, n. 37516 Presidente De Maio - Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. -Con ordinanza del 30 novembre 2010, il Tribunale di Milano, in sede di riesame, ha confermato il decreto del GIP dello stesso Tribunale del 2 novembre 2010, con cui è stato disposto il sequestro preventivo di un immobile di proprietà dell'odierno ricorrente, in relazione al reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, che si sarebbe svolto nell'immobile stesso. 2. - Avverso tale decisione, il destinatario del sequestro ha proposto ricorso in cassazione, prospettando, quale unico motivo di impugnazione, la violazione dell'art. 321 c.p.p., per difetto dei presupposti legittimanti l'adozione del sequestro. Il ricorrente rileva, in particolare, l'inadeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato quanto al fumus commissi delicti, perché le circostanze dello svolgimento nell'immobile dell'attività di prostituzione, del pagamento del canone di locazione in contanti e della formazione di un falso certificato di cessione del fabbricato , accertate dai carabinieri, non sarebbero elementi sufficienti quanto al periculum in mora, perché non vi sarebbe idonea motivazione circa la concretezza e attualità dello stesso. Considerato in diritto 3.- Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Sotto l'apparenza della violazione di legge, il ricorrente denuncia, in sostanza, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione ai presupposti del sequestro. Deve rilevarsi che, quanto al fumus commissi delicti, il Tribunale ha evidenziato che lo stesso sussiste, sulla base di circostanze direttamente accertate dai carabinieri e, sostanzialmente, non contestate dallo stesso ricorrente a lo svolgimento nell'immobile dell'attività di prostituzione b il pagamento del canone di locazione in contanti, ritirato personalmente dal proprietario senza il rilascio di alcuna ricevuta c la formazione, attraverso l'interposizione del coindagato U., di un falso contratto di locazione dal quale l'immobile risultava locato ad un soggetto fittizio, tale Modulo. Quanto al periculum in mora, consistente nell'esigenza di evitare l'aggravamento delle conseguenze del reato, l'ordinanza impugnata ne inferisce la sussistenza dalla circostanza che l'appartamento sequestrato era ormai da diversi mesi in modo continuativo utilizzato per la prostituzione circostanza che configura una protratta e illecita destinazione del bene. A fronte di una siffatta motivazione - la quale appare del tutto completa e coerente, perché prende in considerazione analiticamente tutti i profili rilevanti del quadro probatorio emerso dalle indagini e ne fa logicamente conseguire la sussistenza dei presupposti del disposto sequestro - le censure del ricorrente si esauriscono nella richiesta di riesame del materiale probatorio riesame precluso in sede di legittimità. 4. - Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.