È reato sottrarre con la forza il regalo fatto alla propria ex fidanzata

Riprendersi i regali fatti all'ex-partner usando la forza, dopo che la relazione sentimentale è giunta al termine, configura il reato di rapina.

Secondo la Corte di Cassazione usare la forza per sottrarre il regalo fatto alla propria ex fidanzata è reato. Nello specifico si tratterebbe di rapina. Questo è quanto deciso dagli Ermellini nella sentenza n. 31072/2011, depositata il 4 agosto. Il caso. Un giovane del Burkina Faso, dopo essere stato lasciato dalla sua fidanzata, si fa prendere dal rancore e per vendicarsi decide di riprendersi, con la forza, l'orologio che le aveva regalato all'inizio della relazione. Nei due processi di merito viene condannato per il reato di rapina, così, decide di presentare ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza di condanna. È irrilevante il motivo dell'aggressione e lo scopo della violenza il reato si configura comunque. In sostanza, la Corte distrettuale pur ritenendo che l'impiego della violenza da parte dell'imputato non era finalizzato all'impossessamento del bene, giunge comunque alla conclusione che il presupposto della rapina sussiste. Il ricorrente, dal canto suo, sottolinea che essendo la rapina un reato a dolo specifico non può dirsi configurata, nel caso di specie, tale condotta criminosa. È sufficiente il soddisfacimento di qualsiasi fine o bisogno. I giudici di legittimità concordano pienamente con i colleghi del merito. Infatti, per la configurabilità del delitto di rapina, non si richiede lo scopo dell'agente di procurare a se o ad altri un profitto di natura economica , ma è sufficiente il soddisfacimento di qualsiasi fine o bisogno, anche di carattere psichico. Compresa la ritorsione o la vendetta. La S.C., pertanto, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 maggio - 4 agosto 2011, n. 31072 Presidente Sirena - Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 26.5.2010 la Corte d'Appello di Trieste confermava la sentenza del GUP presso il Tribunale di Pordenone che, in data 26.5.2010, aveva condannato B.H.M., alle pene ritenute di giustizia, per il reato di rapina in danno di E.R Ricorre per Cassazione il difensore dell'imputato deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in 1. Erronea applicazione dell'art. 628 c.p. in relazione all'art. 606 lett. b c.p.p. Carenza e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta il ricorrente che la Corte distrettuale pur condividendo l'affermazione difensiva, secondo cui ci troveremmo sostanzialmente di fronte ad un litigio tra ex amanti e pur ritenendo che l'impiego della violenza da parte dell'imputato non era finalizzato all'impossessamento del bene della persona offesa, giunge alla conclusione che sussisterebbero comunque i presupposti della rapina in quanto l'imputato ha avuto la disponibilità dell'orologio e sarebbero irrilevanti i motivi dell'aggressione, nonché lo scopo della violenza al fine della configurabilità dell'elemento psicologico. Sottolinea il ricorrente che la rapina è reato a dolo specifico insussistente nel caso di specie. 2. Erronea applicazione dell'art. 582 e 612 c.p. in relazione all'art. 610 c.p Rileva il ricorrente che in via subordinata il giudice di merito avrebbe dovuto qualificare il fatto come lesioni lievissime e minacce semplici che per il contesto in cui sono avvenute non erano però in grado di intimidire la parte offesa. Il ricorso è infondato. Per la configurabilità del delitto di rapina, non si richiede lo scopo dell'agente di procurare a se o ad altri un profitto di natura economica, ma è al contrario sufficiente che il colpevole abbia operato per il soddisfacimento di qualsiasi fine o bisogno, anche di carattere psichico, e quindi pure per uno scopo di ritorsione o di vendetta. Correttamente pertanto i giudici del merito hanno ritenuto sussistente nel caso in esame il reato di rapina e non di minaccia come richiesto dalla difesa avendo il colpevole agito a scopo di ritorsione per un rapporto sentimentale finito male. Conf mass n 139694 Conf mass n 131671 n 118106 n 110981 n 146166 . Il ricorso deve pertanto essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.