Contrassegno falsificato ed utilizzato, ma la ricettazione è esclusa

Non incorre in ricettazione chi espone sul parabrezza dell'auto un contrassegno contraffatto. Risponde di falsità in scrittura privata

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27413/2011 depositata il 13 luglio, ha stabilito che falsificare il contrassegno dell'assicurazione ed esporlo in auto non integra il reato di ricettazione, ma quello meno grave di falsità in scrittura privata. La fattispecie. Il ricorso per cassazione viene presentato dal difensore del condannato alla pena di mesi due di reclusione, per il reato di ricettazione art. 648 c.p. . Si lamenta la non configurabilità di tale reato perché non è stato tenuto conto che, in via di logica, alla falsificazione del documento deve aver partecipato lo stesso imputato, che ne era l'utilizzatore. E, tanto esclude, la possibilità di contestare, nel caso di specie, il reato di ricettazione. La parte ricorrente deduce errore di diritto e illogicità della motivazione della sentenza anche nella parte in cui afferma l'incombenza sull'imputato dell'onere di provare di aver partecipato alla falsificazione, cosa alla quale l'imputato si era sottratto rimanendo contumace. Falsità in scrittura privata o ricettazione? La falsificazione del contrassegno assicurativo degli autoveicoli, commesso da chi poi ne fa uso esibendolo sul veicolo, secondo l'orientamento maggioritario della S.C., integra gli estremi del reato di falsità in scrittura privata e non quello di ricettazione. È necessario che qualcuno utilizzi il contrassegno falsificato, se no manca il presupposto del reato. Per la sussistenza del delitto di falsità in scrittura privata art. 485 c.p. non è sufficiente solo la contraffazione della scrittura, ma occorre che l'autore della falsità o altra persona ne faccia uso . Infatti, dichiara il Collegio, prima dell'utilizzazione, la contraffazione del documento è un fatto penalmente irrilevante pertanto, la consegna del contrassegno da parte dell'autore del falso a un eventuale utilizzatore non può integrare gli estremi della ricettazione manca, infatti, il reato presupposto ricevere od occultare denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto . Quindi il reato che si configura è la falsità in scrittura privata. La Corte di legittimità, una volta stabilito che il reato configuratosi nel caso di specie è quello previsto dall'art. 485 c.p. ed essendo decorsi i termini per la presentazione della querela, annulla la sentenza senza rinvio perché l'azione penale non può essere esercitata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 - 13 luglio 2011, n. 27413 Presidente Pagano - Relatore Taddei Osserva 1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Latina dell'11.03.2005, di condanna di G. S.,per il reato di ricettazione del contrassegno assicurativo della sua autovettura tg , alla pena di mesi due di reclusione,ritenuta l'ipotesi attenuata, ricorre la difesa dell'imputato ,chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo la erronea applicazione della legge penale, in relazione al reato contestato che non può essere quello di ricettazione, tenuto conto che ,necessariamente, in via di logica, alla falsificazione del documento deve aver partecipato lo stesso imputato, che ne era l'utilizzatore. E, tanto esclude, la possibilità di contestare, nel caso di specie, il reato di ricettazione, caratterizzato dalla clausola di esclusione del concorso nel reato presupposto. La motivazione della sentenza è perciò errata in diritto e illogica nella parte in cui afferma che incombeva sull'imputato l'onere di provare di aver partecipato alla falsificazione, cosa alla quale l'imputato si era sottratto rimanendo contumace. Motivi della decisione 2. Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 2.1 E',infatti, errata la qualificazione giuridica del fatto a nulla rilevando il comportamento processuale dell'imputato. 2.2 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte ,infatti, la falsificazione materiale del contrassegno assicurativo relativo alla responsabilità civile degli autoveicoli commessa da un soggetto privato che ne faccia uso mediante esibizione sull'autovettura, integra gli estremi del reato di falsità in scrittura privata, ma non quello di ricettazione fra le tante Rv. 233150 Rv. 244380 . 2.2 Un caso, verificatosi in termini affatto identici, è stato già esaminato da questa Corte Cass. Sez. 2, sent. n. 1021 dep. il 10 dicembre 2006 e risolto nel senso dell'insussistenza della ricettazione, sulla base di un percorso argomentativo che si condivide e che ,di seguito, si trascrive Il giudice ha erroneamente ritenuto che nel fatto contestato possa configurarsi il delitto di ricettazione, essendo stato l'imputato sorpreso in possesso di un contratto e di un certificato d'assicurazione, certamente contraffatto, recante come apparente contraente, il nominativo dell'imputato e i suoi dati anagrafici, nonché i dati identificativi della sua autovettura. Tale decisione è errata, perché si fonda su un'erronea interpretazione della fattispecie. La norma dell'articolo 485 c.p. prevede che per la sussistenza del delitto di falsità in scrittura privata non è sufficiente solo la contraffazione della scrittura , ma occorre che l'autore della falsità o altra persona ne faccia uso, come emerge dall'espressione norma riva è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso . La condotta dell'imputato, che ha esibito sul parabrezza della propria autovettura il certificato d'assicurazione contraffatto, per far apparire adempiuto l'obbligo d'assicurazione per la responsabilità civile degli automobilisti, è, quindi, quella tipica prevista dagli artt. 485 e 489 c.p. anche se l'utilizzatore del documento sia persona diversa dall'autore della falsità. Se si dovesse aderire all'interpretazione seguita dalla sentenza impugnata, dovrebbe ritenersi che in questi casi si realizzi una perfetta identità tra le fattispecie criminose dell'articolo 485 c.p., dell'articolo 489 e 648 c.p L'erroneità di una tale tesi emerge con assoluta evidenza sol che si consideri che prima dell'utilizzazione, la contraffazione del documento è un fatto penalmente irrilevante e, quindi, la consegna del documento da parte dell'autore della contraffazione o di chiunque altro al soggetto che poi lo utilizzerà, non può integrare gli estremi della condotta del delitto di ricettazione, perché manca il reato presupposto. 2.3 Il fatto contestato al ricorrente configura, perciò, il reato previsto e punito dall'articolo 485 c.p. ed in tale senso va qualificato. 2.4 Mancando, nella specie, la condizione di procedibilità della querela,che non è stata presentata nei termini, deve essere applicato l'articolo 129 comma 1 c.p.p. con il conseguente annullamento senza rinvio per proscioglimento dell'imputato. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'impugnata sentenza qualificato il fatto come reato ex articolo 485 c.p., perché l'azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela.