Minimizza sulle condizioni di salute, si allontana, commette reato

È omissione di soccorso anche se l'automobilista che ha causato il sinistro si accerta sommariamente delle condizioni fisiche della parte lesa, ma si allontana minimizzando sulla situazione.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25668/2011 depositata il 27 giugno, ha affermato che minimizzare sulle condizioni di salute di un ferito e allontanarsi, dopo aver causato un incidente, integra comunque il reato di omissione di soccorso. Il caso. Una donna, al volante della propria automobile, non rispettava il diritto di precedenza di una ragazza che era alla guida del suo motorino e causava un incidente. L'automobilista, in un primo momento, aveva chiesto alla ragazza come stava ma, nonostante quest'ultima lamentava un dolore alla spalla, minimizzava dicendo che se stava in piedi la cosa non doveva esser grave. Insieme alla cognata, quindi, si allontanava senza prestare aiuto senza fornire le proprie generalità. Anche se un capo di imputazione viene riqualificato, nei due gradi del processo di merito si afferma la responsabilità penale della donna la questione approda dunque in cassazione. Per la punibilità è necessario che ogni componente del fatto tipico sia conosciuto e voluto dall'agente . La S.C. ritiene infondata la prima censura perché non risulta essere stata formulata in grado di appello. Anche il secondo motivo del ricorso, basato sull'illogicità della motivazione in ordine all'elemento psicologico del reato, viene respinto. Infatti, per i giudici con l'ermellino, ai fini della configurazione del dolo, è sufficiente che per l'agente si prospetti la probabilità o la possibilità che sia derivato un danno alle persone e che ometta di fermarsi, accettando il rischio di eventuali conseguenze negative. Il dolo eventuale sussiste anche se si minimizza sulle condizioni del ferito e ci si allontana dal luogo dell'incidente. Il comportamento della ricorrente, teso a minimizzare le lesioni della parte lesa e ad allontanarsi dal luogo dell'incidente, configura il dolo eventuale. Pertanto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez IV Penale, sentenza 13 maggio - 27 giugno 2011, n. 25668 Presidente Marzano - Relatore Massafra Ritenuto in fatto Con sentenza in data 1.10.2008 il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, affermava la penale responsabilità di L.C. in ordine al reato capo a di cui all'art. 189 comma 6 C.d.S. per non aver fornito le generalità prima di ripartire dopo aver cagionato un sinistro stradale che arrecava lesioni a D.G.M. e di quello capo b di cui all'art. 189 comma 7 C.d.S. per non aver prestato assistenza alla suddetta p.l. omissis , condannando la L. alla pena di giustizia. La Corte di Appello di Trieste, con sentenza in data 4.10.2010, in parziale riforma di quella predetta, assolveva la L. dal reato sub a riqualificato in quello di cui all'art. 189 comma 4 d.lvo 285/92, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, riducendo la pena principale e la sanzione accessoria e confermando nel resto. Avverso tale sentenza della Corte triestina ricorre per cassazione. Il difensore di fiducia di L.C., deducendo 1. la violazione di legge ed il vizio motivazionale, in ordine alla mancata valutazione della deposizione della teste P., presente sul posto 2. il difetto o manifesta illogicità della motivazione in ordine all'elemento psicologico del reato ritenuto come dolo eventuale, laddove poi si fa riferimento alla negligenza, sintomatica della colpa era inoltre del tutto contraddittorio cercare di fondare la decisione sull'asserita circostanza che l'imputata non avrebbe fornito i propri dati personali alla parte lesa . Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va respinto. La prima censura non risulta essere stata formulata in grado di appello onde ne scaturisce la sua inammissibilità ai sensi dell'art. 603, 3 comma c.p.p., se riguardata sotto il profilo della violazione di legge, nonché per la limitazione della cognizione del giudice di appello al devolutum, per quel che concerne la prospettazione del vizio motivazionale del resto, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Quanto al secondo motivo di ricorso, si deve riconoscere la piena congruità e correttezza della motivazione addotta dalla Corte territoriale sul punto. Infatti, il reato di cui al combinato disposto dell'art. 189 commi 1 e 7 c. strad., che punisce la violazione dell'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle persone ferite da parte dell'utente della strada, in caso di incidente con danno alle persone comunque ricollegabile al suo comportamento, è punibile a titolo di dolo. Per la punibilità è cioè necessario che ogni componente del fatto tipico segnatamente, oltre l'evento dell'incidente, il danno alle persone e l'esservi persone ferite, necessitanti di assistenza sia conosciuto e voluto dall'agente. A tal fine è però sufficiente anche il dolo eventuale che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l'esistenza ciò significa che rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all'incidente, è sufficiente ma pur sempre necessario che, per le modalità di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, per l'agente si rappresenti la probabilità - o anche la semplice possibilità - che dall'incidente sia derivato un danno alle persone e che queste necessitino di assistenza e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi cfr. Cass. pen. Sez. IV n. 34134, 13.7.2007, Rv. 237239 . E correttamente è stata ritenuta la sussistenza del dolo eventuale traendone elementi dal peculiare comportamento tenuto nell'occasione dalla L. che, secondo l'attendibile versione della persona offesa che dopo essersi alzata dopo esser caduta dal motorino a seguito del sinistro cagionato dalla L. per non aver dato la precedenza, aveva avvicinato la D.G. alla quale aveva chiesto come stava e, nonostante la ragazza le avesse risposto che le faceva male una spalla, aveva minimizzato, dicendo che se stava in piedi la cosa non doveva esser grave e, sollecitata dalla cognata, si era allontanata senza dare aiuto e senza nemmeno fornire i propri dati. Né sono dirimenti talune improprietà tecnico - giuridlche circa il richiamo al concetto di negligenza in cui è incorsa la Corte territoriale che ha adeguatamente spiegato la sussistenza del dolo eventuale da parte dell'imputata, evidenziato dal comportamento tenuto nell'occasione teso a minimizzare che implica la piena consapevolezza della loro esistenza e della necessità dell'assistenza le lesioni rappresentate dalla p.l., non attendendo i soccorsi e nemmeno fornendo le proprie generalità, prima di allontanarsi. Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.