Manager indagato per bancarotta: i suoi brevetti sono sequestrabili

Possono essere sequestrati i brevetti dell'azienda di cui è titolare il manager indagato per bancarotta fraudolenta.

Possono essere sequestrati all'azienda i brevetti di cui è titolare il manager indagato per bancarotta fraudolenta. Così ha deciso, in data 9 maggio, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 18028. La fattispecie. Un manager, nonché amministratore unico di una s.r.l., dopo aver realizzato invenzioni con le risorse della società, cedeva, a una società terza, i brevetti per macchine industriali registrati a suo nome. Il Tribunale di Vicenza disponeva il sequestro preventivo nei confronti di tali brevetti, oggetto della distrazione, per la quale il manager era indagato per il reato di bancarotta fraudolenta, nell'ambito del procedimento relativo al fallimento della società. Il precedente rinvio della Cassazione porta alla conferma del sequestro preventivo. Il giudice del rinvio non si era uniformato al principio di diritto in tema di titolarità del brevetto, espresso nella precedente sentenza di annullamento Cass., sez. V, n. 19560/2010 , non avendo rinvenuto alcun elemento a conferma che l'attività inventiva era oggetto del mandato di amministratore o che, lo stesso, avesse ricevuto un compenso per l'attività svolta. La Corte di Cassazione precisa che il manager aveva svolto l'attività di ricerca e sperimentazione in veste di amministratore, quindi nell'ambito del rapporto organico con la società, così da riversare su di essa gli effetti dell'attività svolta . Viene confermata, perciò, la decisione del Tribunale che ha ritenuto legittimata la società al diritto di sfruttamento dei brevetti e, di conseguenza, irrilevante l'assenza del formale incarico lavorativo in tal senso. La vendita dei brevetti, come se appartenessero al patrimonio personale, impoverisce la società e lede le aspettative dei creditori. Assodato che le invenzioni venivano realizzate con le risorse societarie, possono prospettarsi due ipotesi. La prima, dove le invenzioni vanno ricondotte al soggetto che ha agito in veste di amministratore, in cui, visto il ruolo di immedesimazione organica con la società, la registrazione a suo nome privato integra una sottrazione di valori. Altrimenti, bisogna ricollegare l'invenzione a un'attività lavorativa parasubordinata, configurandosi, così, con la sottrazione dei diritti di sfruttamento spettanti all'azienda, una distrazione di attività. La S.C., perciò, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 aprile - 9 maggio 2011, n. 18028 Presidente Bardovagni - Relatore Di Tomassi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 18.9.2009 il Tribunale di Vicenza investito, ex art. 324 c.p.p., della richiesta di riesame presentata, tra l'altro, nell'interesse di Atlantic International Assets s.a. e di Codatto International s.p.a., confermava il decreto di sequestro preventivo di brevetti per invenzioni macchine industriali registrati a nome di A C. e da questo ceduti alla Atlantic int., che a sua volta li aveva ceduti alla Codatto int., emesso sul presupposto che detti brevetti costituissero oggetto della distrazione per la quale A C. era indagato, a titolo di bancarotta fraudolenta, nell'ambito di un procedimento relativo al fallimento, dichiarato il 25.3.2008, della s.r.l. Codatto, della quale A C. era amministratore unico e socio al 93 %. 2. Con sentenza in data 3.2.2010, n. racc. gen. 19560, la quinta Sezione di questa Corte annullava con rinvio la predetta ordinanza osservando che la tesi difensiva, secondo cui il diritto sui brevetti spettava esclusivamente ad A C., autore delle invenzioni industriali, richiedeva un approfondimento dell'indagine in fatto riguardo alla riferibilità dei diritti su i brevetti, e quindi sul loro sfruttamento, al C., titolare delle invenzioni, ovvero all'azienda all'interno della quale le ricerche resesi necessarie per la realizzazione delle scoperte potevano essere state effettuate e finanziate con esclusive risorse societarie. In tale ipotesi, proseguiva la sentenza della quinta Sezione, la persona fisica autore dell'invenzione poteva difatti non coincidere, in base alle previsioni dell'art. 64 d.lgs. n. 30 del 2005 o dell'art. 23 r.d. n. 1127 del 1939, col titolare del diritto di brevettare e, quindi, di sfruttare economicamente il ritrovato. Perciò, dovendosi anche tener conto della diversità - rispetto al tipo descrittivo testé menzionato - del rapporto giuridico che lega la società di capitali al suo amministratore , spettava al giudice di merito accertare e valutare alla stregua delle emergenze fattuali se il C. aveva svolto l'attività di ricerca e sperimentazione in veste di amministratore, quindi nell'ambito del rapporto organico con la società, così da riversare su di essa gli effetti dell'attività svolta ovvero al di fuori delle funzioni amministrative, ma comunque in base a un distinto rapporto giuridico che [avesse] comportato l'assunzione dell'obbligo, da parte sua, di svolgere la predetta attività inventiva nell'interesse della società e quello, per la società stessa, di apprestare gli strumenti per la ricerca . 3. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Vicenza conferma, per la parte che qui interessa, il sequestro preventivo osservando - che della seconda opzione indicata dalla Corte non v'era prova, non essendo emerso alcun elemento dal quale dedurre che il C. avesse assunto l'obbligo giuridico, mediante apposita pattuizione, di svolgere attività inventiva per conto della società - che poteva dirsi invece raggiunta adeguata dimostrazione del fatto che il C. avesse svolto l'attività di ricerca usando la sua veste di amministratore della società, della quale aveva integrale controllo in fatto e in diritto, e le risorse di questa proprio la società risultava difatti avere sostenuto ingenti spese nell'anno 2000 in vista della realizzazione della macchina pannellatrice Eva 2000, per la quale era stata presentata domanda di brevetto il giorno 11.10.2002 e nel corso degli anni interessati dalle altre domande di brevetto sempre la società aveva parimenti speso ingenti somme a titolo di non meglio precisate ricerche e sviluppo . 4. Hanno proposto ricorso Atlantic International Assets s.a. e di Codatto International s.p.a. con unico atto a mezzo del comune rappresentante e difensore avvocato Francesco Barila, che chiede l'annullamento della ordinanza impugnata denunziando violazione di legge. Premessa la vicenda processuale, si sostiene che il giudice del rinvio non s'era uniformato al principio di diritto in tema di titolarità del brevetto, espresso dalla sentenza d'annullamento, dal momento che non aveva rinvenuto alcun elemento su cui fondare la conclusione che l'attività inventiva era oggetto del mandato di amministratore rilasciato al C. dall'assemblea dei soci, né che avesse ricevuto per tale attività un compenso. Non bastava a giustificare il sequestro la circostanza che l'invenzione delle macchine industriali fosse stata finanziata dalla società fallita, perché questo era quanto aveva ritenuto il Tribunale di Vicenza nella prima ordinanza, annullata in base al richiamo all'art. 2588 cod. civ. Né appariva conferente il riferimento al ruolo totalizzante nella gestione o alla titolarità della maggioranza del capitale sociale, del C., perché non si potevano confondere ruoli distinti, quali quello di socio e di amministratore, né codesti aspetti imponevano che nella società si riversassero diritti personali del C Nessuna dimostrazione era offerta poi del fatto che attività distrattive, per finanziare attività di ricerca e di sviluppo fossero state realizzate antecedentemente al 1997, epoca cui risalivano i primi brevetti, essendosi l'amministratrice, nella integrazione alla sua relazione, limitata ad evidenziare che dalle schede allegate al bilancio 2000 pareva risultare che il C. s'era fatto finanziare dalla società le ricerche per la macchina pannellatrice Eva. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che la denunzia relativa alla violazione dell'art. 627, comma 3, c.p.p. è infondata. Non è difatti esatto che il Tribunale non si sarebbe attenuto al principio di diritto consegnatogli dalla sentenza d'annullamento con rinvio o che la soluzione adottata non sia giuridicamente corretta. Come emerge dalla esposizione in fatto , la sentenza della quinta Sezione, dopo avere richiamato i principi in tema di diritto al brevetto e sul brevetto della disciplina generale codicistica art. 2588 c.c. e, più appropriatamente, della legge sulle invenzioni industriali più precisamente, in considerazione l'epoca dei brevetto di cui si discute, recata dagli artt. 23 - 26 del r.d. n. 1127 del 1939 , ha osservato come, tenuto conto della diversità rispetto al tipo normativo ivi menzionato, del rapporto giuridico che lega la società di capitali al suo amministratore, sarebbe stato sufficiente a dare fondamento fattuale al presupposto su cui si basava il provvedimento cautelare reale l'accertamento che il C. aveva svolto l'attività di ricerca e sperimentazione in veste di amministratore, quindi nell'ambito del rapporto organico con la società, così da riversare su di essa gli effetti dell'attività svolta . L'ordinanza impugnata, effettuato con risultato positivo tale accertamento sulla base del rilievo che il C. era contemporaneamente proprietario e amministratore della società e che le invenzioni erano state finanziate esclusivamente mediante l'impiego di ingenti risorse societarie , correttamente ha ritenuto perciò riferibile alla società il diritto di sfruttamento dei brevetti e irrilevante la circostanza che non risultasse un formale incarico lavorativo in tal senso dalla società al C D'altronde già l'art. già art. 26 l.i., analogamente all'art. 64 comma 6, del d.lgs. n. 30 del 2005, statuiva che agli effetti degli articoli precedenti - ovverosia delle disposizioni secondo cui i diritti derivanti dall'invenzione del lavoratore spettano al datore di lavoro art. 23 comma 1, ora 64 comma 1 d.lgs. cit. e il primo ha diritto ad un equo premio se l'attività inventiva non costituisce oggetto del contratto o del rapporto di lavoro e non è dunque a tale scopo già retribuita art. 24, comma 2, l.i., ora 6 comma 2 d. lgs. cit. - si considera fatta durante l'esecuzione del contratto o del rapporto di lavoro o d'impiego l'invenzione industriale per la quale sia chiesto il brevetto entro un anno da quando l'inventore ha lasciato l'azienda privata o l'amministrazione pubblica nel cui campo di attività l'invenzione rientra . È così istituita una presunzione di invenzione d'azienda per ogni sorta d'invenzione in costanza o prossimità del rapporto d'impiego, sia che inserisca all'esplicazione delle normali mansioni tecniche assegnate al dipendente sia che venga realizzata da soggetto legato da rapporto di servizio nell'esecuzione di un incarico speciale o in via complementare o sostitutiva rispetto alle sue ordinarie mansioni. Sicché tornando al caso in esame, una volta che è stato plausibilmente assodato che l'amministratore unico, proprietario pressoché esclusivo delle quote della società a r.l., ha realizzato le invenzioni durante la sua permanenza nella società e con le risorse di questa o le invenzioni vanno ricondotte al soggetto che ha agito in veste appunto di amministratore, e il ruolo di immedesimazione organica con la società comporta che già la registrazione a suo nome privato da questo effettuata integra di per sé una forma di sottrazione di valori oppure non resta che ricollegare l'invenzione all'esercizio di un'attività lavorativa parasubordinata contemporaneamente esercitata da quello stesso soggetto e non incompatibile in astratto con la carica di amministratore, e la sottrazione dei diritti di sfruttamento che spettavano all'azienda a mente delle norme richiamate, rappresenta, in quanto realizzata avvalendosi del doppio ruolo, comunque una distrazione di attività. Può solo aggiungersi che la nozione di distrazione, introdotta dal legislatore del 1942 distrahere far divergere, rivolgere ad altro fine , segna l'approdo di una evoluzione storica da Stracca ai codici napoleonici e di commercio che ha indubitabilmente trasferito la presunzione iuris tantum di fraudolenza, operante sul piano soggettivo, a requisito della condotta, che è così punibile in quanto ha in se stessa la sostanza della frode Sez. 5, 28.11.2000, n. 12241 . La circostanza che gli atti dispositivi seguano schemi formalmente legali secondo le norme civilistiche non è dunque sufficiente ad escluderne la rilevanza ai fini penali, se l'agente mediante li stessi e ponendo in essere un'attività negoziale sostanzialmente fraudolenta, ha determinato uno squilibrio tra attività e passività capace di mettere in pericolo le ragioni dei creditori. 2. Inammissibili sono quindi le ulteriori censure, relative alla asserita mancanza di adeguata giustificazione dell'assunto che anche i precedenti brevetti erano stati realizzati mercé l'apporto finanziario esclusivo della società. È noto che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse a norma dell'art. 324 c.p.p. in materia di sequestro preventivo o probatorio è previsto dall'ari . 325, comma 1, c.p.p. solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errori in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali però da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Ora nel caso di specie il provvedimento impugnato non è affatto come risulta dalla esposizione in fatto sul punto immotivato e le ragioni che lo sostengono sono oggetto di illustrazione coerente, comprensibile e idonea a sostenere l'esistenza del fumus delicti, quanto a riconducibilità della cessione di tutti i brevetti ad un'attività distrattiva posta in essere dall'indagato C.A., in base all'assunto che aveva agito quale amministratore e usando risorse della società. E tanto basta a legittimare il provvedimento cautelare. 3. Il ricorso non può dunque che essere nel complesso rigettato e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.