Lo spintone nella concitazione della fuga trasforma il furto in rapina

Risponde di rapina impropria il ladro che ricorre alla violenza per fuggire dopo essere stato scoperto.

Il ladro che ricorre alla violenza per fuggire dopo essere stato bloccato dai vigilantes risponde di rapina impropria. Lo ha stabilito la Seconda sezione Penale della Cassazione, con sentenza n. 4826 del 10 febbraio 2011. Il caso. Il Tribunale di Latina ha dichiarato colpevole di rapina impropria un imputato che ha sottratto dai banchi di vendita di un negozio un telefono cellulare e, dopo aver oltrepassato le casse e le relative barriere antitaccheggio ha colpito un addetto al servizio di vigilanza. Tale decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma. I difensori dell'uomo si sono rivolti alla Suprema Corte sottolineando che si trattava solamente di un tentativo di furto l'imputato, infatti, una volta sorpreso prima di uscire dal negozio, non è riuscito ad impossessarsi del telefonino. Irrilevante il criterio temporale della durata del possesso. I giudici della Corte hanno rigettato il ricorso. Nel caso della rapina impropria, ribadita l'irrilevanza sia del criterio spaziale che di quello temporale, gli Ermellini hanno confermato il principio secondo cui è furto consumato quello che si commette all'atto del superamento delle casse con la merce non pagata non assume alcuna rilevanza che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo degli addetti alla vigilanza . Ne deriva che la violenza usata dopo quel momento fa scattare il reato di rapina impropria.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 gennaio - 10 febbraio 2011, n. 4826 Presidente Bordovagni - Relatore Chindemi Osserva in fatto La Corte di appello di Roma, con sentenza in data 13/4/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Latina, in data 14/10/2009, appellata da P.R., dichiarato colpevole di rapina impropria e percosse al fine di impossessatosi, dopo averlo sottratto dei banchi di vendita del negozio di elettronica Universo , di un telefono cellulare Samsung, del valore di Euro 129 e per aver colpito, dopo aver oltrepassato le case e le barriere antitaccheggio, un addetto al servizio del negozio e condannato, con le attenuanti generiche e la diminuente del rito, alla pena di anni due di reclusione e Euro 400 di multa. Proponeva ricorso per cassazione l'imputato deducendo i seguenti motivi a violazione dell'art 606 c.p.p., comma 1, lett. b c ed e , in relazione all'art. 62 bis c.p., artt. 438 e 597 c.p.p. per mancanza, apparenza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al motivo di appello relativo al calcolo della pena inflitta e per violazione del diritto di difesa art. 178 c.p.p., lett. c in relazione all'art. 597 c.p.p., non risultando, nè nella parte motiva nè nel dispositivo della sentenza, la obbligatoria riduzione di pena per la scelta del rito abbreviato ex art. 438 c.p.p. b violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione agli artt. 56 e 624 c.p., art. 628 c.p., comma 2 per erronea interpretazione di norma penale e per la mancanza, apparenza e manifesta illogicità della motivazione, non avendo la Corte qualificato il fatto quale tentato furto, ex art. 624 c.p. o, in subordine, applicato l'art. 56 c.p. al delitto di rapina impropria, ritenendo mancare, nella fattispecie, l'elemento della sottrazione del telefono alla parte offesa. Motivi della decisione 1 Il secondo motivo, esaminato preliminarmente in ordine logico, è inammissibile perchè le doglianze sono prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell'atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti il Giudice di merito ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le ragioni per le quali non è ravvisabile nella fattispecie il furto, ma la rapina impropria, emergendo dagli atti di causa che il prevenuto, dopo essere stato bloccato dal personale dell'esercizio commerciale, avendo appreso che sarebbe intervenuta la P.G., si dava alla fuga spintonando il personale del negozio, escludendo che potesse trattarsi di un comportamento accidentale o dovuto alla concitazione del tentativo di fuga, ritenendo invece trattarsi di un gesto deliberatamente finalizzato a liberarsi dalla presa del personale al fine di procurarsi l'impunita. Sulla qualificazione giuridica del reato è appena il caso di rilevare che l'art. 628 c.p., comma 2, sanziona chi, come nel caso di specie, immediatamente dopo la sottrazione l'imputato è stati sorpreso nella flagranza del furto del telefonino usi violenza contro chiunque per procurarsi l'impunità. La Corte territoriale ha anche escluso la configurazione del tentativo di rapina, ritenendo il reato di furto già consumato, avendo l'imputato oltrepassato, senza pagare, le casse dell'esercizio ed essendosi quindi impossessato del bene, sia pure in termini temporali ristretti. Costituisce furto consumato e, quindi, va qualificata rapina impropria consumata e non tentata, ove la violenza si verifichi successivamente , quello che si commette all'atto del superamento della barriera delle casse di un supermercato o negozio con della merce prelevata dai banchi e sottratta al pagamento a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del negozio incaricato della sorveglianza. Cass. 9/05/2008 n. 23020 . In tema di furto, antecedente necessario della rapina impropria, sono irrilevanti sia il criterio spaziale, che quello temporale della durata del possesso dell'agente. Ai fini della determinazione dell'impossessamento, che segna il momento consumativo è sufficiente, infatti, che l'agente consegua la disponibilità materiale della cosa Cass. Sez. 5, n. 1756/1992, De Simone, idem, 2622/93, Demirov . A corollario si è quindi precisato che risponde di furto consumato, non semplicemente tentato, colui che abbia nascosto sulla sua persona la cosa sottratta per esempio prelevando la merce da uno scaffale di supermercato e superato la cassa senza pagarla , anche se non si sia allontanato dal luogo della sottrazione ed abbia esercitato un potere del tutto temporaneo sulla refurtiva, essendo poi stato costretto ad abbandonarla subito dopo il fatto, in conseguenza dell'altrui pronto intervento Cass., Sez. 5, n. 17045/01, Picone . Taluna giurisprudenza, tuttavia, ha escluso la consumazione del delitto nel caso che l'occultamento della cosa sulla persona ed il passaggio dalla cassa senza pagamento sia stato commesso sotto sorveglianza Cass., Sez. 4, n. 7235/04, Coniglio, rv. 227347 ritenendo che, in tal caso, la disponibilità reale della cosa da parte dell'agente è obiettivamente esclusa dalla sorveglianza costante del legittimo detentore o di suo incaricato, che intervenga prima dell'evento, seppur temporaneo, di impossessamento. Tale rilievo non può esser condiviso. In un negozio ove la sorveglianza culmina nel passaggio obbligato della cassa il cliente è autorizzato a portar seco l'oggetto prelevato sino a quel punto. Se, perciò, il controllo costante esclude la circostanza dell'esposizione alla pubblica fede, non incide sul fatto costitutivo di reato. Invero il fatto che, prelevando la merce, il cliente non la lasci in vista si osservi l'abitudine di talune massaie di far uso di una borsa - carrellino sino alla cassa, non consente per sè la configurazione della condotta criminosa. Ma la condotta di sottrazione si attua sicuramente al momento in cui il cliente non mostra alla cassa l'oggetto per il pagamento del prezzo. E se la supera senza pagarlo, ne consegue istantaneamente il possesso illegittimo, sorvegliato o non che sia. 2 Fondato è, invece, il primo motivo di ricorso relativo alla mancata concessione della diminuente per il rito abbreviato,essendosi il GIP limitato alla concessione delle attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulla contestata recidiva, senza applicare la obbligatoria riduzione di pena per la scelta del rito abbreviato. Tale censura risulta ritualmente formulata nei motivi di appello. La determinazione della pena può, peraltro essere effettuata da questa Corte, con la riduzione di un terzo della pena finale erroneamente inflitta dal G.I.P. e confermata dalla Corte di merito. Operata la riduzione di 1/3% per il rito abbreviato la pena originariamente inflitta anni due di reclusione e Euro 400,00 di multa va rideterminata previo annullamento senza rinvio della sentenza, in anni uno, mesi quattro di reclusione e Euro 266,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso, nel resto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto alla determinazione della pena che, applicata la riduzione del rito, quantifica in un anno e quattro mesi di reclusione e Euro 266,00 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.