Il Giudice e il barème nella valutazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute

Nella quantificazione del danno biologico si distingue l’accertamento della natura dell’invalidità dalla sua quantificazione in punti percentuali. Quest’ultima, quando non deve seguire apposite tabelle imposte per legge, avviene sulla base di barèmes la cui scelta attiene a un piano valutativo e non fattuale e su cui pertanto non vi è l’obbligo per il Giudice di stimolare il contraddittorio quando rilevi la questione di ufficio.

Il caso. In primo grado la vittima di medical malpractice ottiene il risarcimento del danno biologico, sulla base della determinazione da parte del CTU di un grado di invalidità pari al 40%, e del danno morale. I Giudici di Appello rilevano che nella consulenza non fossero stati esplicitati i parametri seguiti e – sulla base dei criteri che essi ritengono invece di osservare – quantificano la percentuale di invalidità al 25%, con conseguente riduzione del danno liquidato. Il danneggiato impugna la sentenza, anche perché asseritamente nulla per violazione dell’art. 101 c.p.c., poiché la Corte avrebbe deciso a sorpresa” di rivalutare il quantum di invalidità permanente in base a parametri di quantificazione delle conseguenze tratti da manuali ritenuti autorevoli Linee Guida SIMLA 2016 , omettendo di sollecitare le parti ad interloquire sulla questione di applicabilità di detti parametri e sul contenuto di essi . La Suprema Corte rigetta il motivo di ricorso, reputandolo infondato. La valutazione equitativa del danno non patrimoniale derivante da danno alla salute la decisione della Suprema Corte. L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al Giudice dagli artt. 2056 e 1126 c.c. richiamato dal primo non dà luogo a un giudizio di equità, bensì a un giudizio di diritto, caratterizzato dalla c.d. equità giudiziale correttiva o integrativa in tale contesto il Giudice, che effettua una valutazione discrezionale, deve fornire indicazioni sul processo logico seguito e sugli elementi considerati per addivenire alla quantificazione del danno. Con particolare riferimento alla quantificazione del danno non patrimoniale derivante da lesione alla salute, che utilizza il sistema a punto variabile”, occorre distinguere a l’accertamento della invalidità permanente per es., nel caso in esame, la riduzione della fertilità, la claudicatio ed altri postumi dell’intervento chirurgico mal riuscito e b la sua espressione in punti percentuali di invalidità, che avviene sulla base di tabelle, dette anche barèmes , che ricollegano i possibili postumi invalidanti a una percentuale di invalidità. Mentre il primo accertamento riguarda un fatto, che il danneggiato deve allegare e provare in giudizio, il secondo attiene al piano valutativo il barème , come criterio di giudizio circa il grado di invalidità permanente del danneggiato è, in quanto tale, nella disponibilità del Giudice oltre che del consulente tecnico la cui valutazione sotto questo profilo è sempre sindacabile dal giudice come peritus peritorum . Per questo motivo la Suprema Corte esclude che il mancato contraddittorio sui criteri scelti per quantificare i punti di invalidità possa comportare una violazione dell’art. 101 c.p.c., con un richiamo ai suoi precedenti che escludono l’obbligo di stimolare il contraddittorio per le questioni di solo diritto. Tale scelta può entro certi limiti essere però sottoposta al sindacato di legittimità, tenuto conto che la valutazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c. impone da un lato di considerare le specificità del caso concreto, dall’altro di rispettare il principio di uguaglianza e quindi di garantire la parità di trattamento a parità di circostanze. Nel caso in esame, tuttavia, non si può ravvisare alcun error in iudicando della Corte d’Appello, che nella liquidazione equitativa del danno biologico ha tenuto in considerazione il quadro patologico accertato profilo sopra indicato sub a ma non ha accolto la quantificazione percentuale della CTU, carente nell’esplicitare i parametri seguiti nella sua valutazione profilo sopra indicato sub b , e che il Giudice di secondo grado ha provveduto invece a rideterminare seguendo in particolare i barèmes elaborati da autorevole e aggiornata letteratura scientifica le Linee Guida della SIMLA del 2016 oltre che - in parte – quelli positivizzati dalla tabella predisposta in base all’art. 139 del Codice delle Assicurazioni private. Oltre lo ius litigatoris alcune indicazioni della Suprema Corte. La sentenza che qui brevemente si commenta rappresenta un ulteriore tassello del mosaico che la Terza Sezione civile della Cassazione ha disegnato nel corso degli anni, contribuendo a plasmare lo statuto del danno alla persona del nuovo millennio essa ha uno spiccato stile pedagogico e contiene interessanti affermazioni che vanno oltre il caso esaminato e che ci indicano possibili traiettorie future. Lo spazio concesso ci permette solo di segnalare due profili di una sentenza che merita di essere letta. Con riferimento al rapporto del Giudice con i barèmes , gli Ermellini naturalmente distinguono le ipotesi in cui le tabelle sono imposte dalla legge come accade per le c.d. micropermanenti nel caso di sinistri stradali e di responsabilità medica dalle altre, in cui la liquidazione è lasciata alla valutazione equitativa del Giudice. Con riferimento alla prima ipotesi, essi lamentano come la mancata predisposizione della tabella unica nazionale per le lesioni di non lieve entità prevista dall’art. 138 del CAP ha un prezzo non solo in termini di aumento del contenzioso in materia ma anche di certezza del diritto, con effetti sul principio di valore costituzionale di uguaglianza. Il principio di trattamento uguale a parità di condizioni impone poi di maneggiare con cautela le inevitabilmente diverse tabelle elaborate dalla scienza medico-legale e comporta che la liquidazione equitativa del Giudice che fosse inidonea a garantirlo non sarebbe coerente con l’art. 1226 c.c. – nella sua portata normativa delineata dal ‘diritto vivente’ - e sarebbe pertanto illegittima. La Corte, che richiama alcune sue precedenti sentenze presentate come punti di emersione di questo principio, ne fa derivare due conseguenze che – quantomeno all’interno del medesimo ufficio giudiziario - sia doveroso per i Giudici indicare un unico barème scelto considerandone l’autorevolezza scientifica e la vicinanza temporale ai medici legali, perché lo utilizzino per valutare la percentuale di invalidità che – a fronte di una specifica contestazione in tal senso – debba essere considerata contraria all’art. 1226 c.c. la sentenza che non abbia valutato se il barème utilizzato sia scientificamente condiviso e aggiornato e sia stato applicato correttamente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 febbraio – 5 maggio 2021, n. 11724 Presidente Travaglino – Relatore Vincenti ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. S.M. presentato ricorso avverso la sentenza in epigrafe indicata, che ha confermato la sentenza del Gup del tribunale di Roma in data 17.01.2018 che, all'esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la responsabilità in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4, per aver, in concorso con M.A., per i quale si é proceduto separatamente, ceduto un Kg di sostanza stupefacente di tipo marijuana a Ma.Ga In omissis . 2. Deduce i seguenti motivi 1 vizio di motivazione anche per contrasto con gli elementi di prova acquisiti in sede di indagine dai quali non può trarsi nessun dato certo circa l'effettivo incontro di S. con M., finalizzato alla consegna della droga mai evocata nelle conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione telefonica conseguentemente non può sostenersi che lo stupefacente che teneva in mano Ma. uscendo dalla abitazione del ricorrente la mattina dell' OMISSIS gli fosse stato consegnato da S Nessun rilievo può avere ai fini del giudizio di responsabilità la sentenza irrevocabile di patteggiamento pronunciata nei confronti di M 2 violazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, stante il mancato accertamento del principio attivo della sostanza in sequestro. 3 vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena. 2.1. Il difensore ha presentato memoria scritta a sostegno dei motivi del ricorso. 3. Il Procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso. 4. Il primo e secondo dei motivi proposti sono inammissibili, poiché svolgono essenzialmente censure in fatto, pretendendo una rilettura di merito del compendio probatorio che é precluso alla Suprema Corte e reiterano doglianze già proposte in appello cui la corte territoriale ha dato ampia e logica risposta. E' noto, infatti, che nel momento del controllo di legittimità la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento , secondo una formula giurisprudenziale ricorrente Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999, Rv. 215745 Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993, Rv. 196955 . In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non é quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre Sez. U.,1312-1995, Clarke,Rv. 203428 . 1.1. La Corte territoriale ha argomentato e ricostruito le modalità e la successione cronologica degli eventi sulla base dell'ampia attività di indagine svolta anche mediante il ricorso ad intercettazioni telefoniche. Ha affermato che nei giorni del 6/ OMISSIS erano stati ricostruiti i contatti con il coimputato M., finalizzati all'approvvigionamento della droga e con Ma.Ga., l'acquirente, che durante un servizio di osservazione, organizzato dalla Polizia Giudiziaria, era stato visto uscire dall'abitazione dell'imputato con una busta, all'interno della quale, all'esito della perquisizione eseguita nell'immediatezza, quando é stato fermato a distanza di pochi km e aveva raggiunto la propria autovettura, é stata rinvenuta e sequestrata la sostanza stupefacente di cui al capo di imputazione. 4.2. Ha affermato, inoltre, che il quantitativo di marijuana sequestrato a Ma., del peso di 981,2 gr., aveva una percentuale di principio attivo pari a 9% e che consentiva di ricavare un numero di dosi pari di 3.532 con argomentazioni logiche e non censurabili ha affermato che il quantitativo in sequestro, l'elevato grado di purezza denotavano l'inserimento in un circuito criminale di rilievo, tale da consentirgli il facile approvvigionamento anche di quantitativi consistenti, elementi che non potevano inquadrare la fattispecie concreta come di lieve offensività. 4.3. Con riferimento al terzo motivo é appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142 o con formule sintetiche tipo si ritiene congrua vedi Sez. 4, sent. del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583 , ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298 , evenienza che non sussiste nel caso di specie. La Corte territoriale infatti ha motivato il diniego del riconoscimento delle circostanze generiche, già negate dal Gup, evidenziando la scaltrezza manifestata da S. nel rapportarsi con i propri interlocutori nell'attività illecita, sintomatica del carattere non occasionale della condotta oltre il comportamento tenuto durante l'iter processuale in cui non ha mai manifestato segni di resipiscenza o comprensione del disvalore del fatto. 5. Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila Euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende. Motivazione semplificata.