Bullismo alla scuola primaria: scuola condannata per omessa vigilanza del personale

Il MIUR è stato condannato a risarcire i danni patiti da uno studente di 10 anni, rimasto vittima di atti di bullismo consumati nel corso della ricreazione presso i bagni della scuola primaria, ad opera di un altro allievo del medesimo istituto, coetaneo del bambino ferito. I soprusi hanno avuto luogo a causa dell’omesso controllo e sorveglianza da parte del personale docente e non docente addetto alla struttura scolastica gli insegnanti oltre a non aver vigilato, non avevano neppure avvisato i genitori, con sollecitudine, di quanto occorso.

L’amministrazione scolastica non ha fornito la prova liberatoria innanzi al giudice l’alunno era stato autorizzato a recarsi da solo nei bagni senza che l’insegnante provvedesse ad accompagnarlo o si sia premurato di verificare che il minore entrasse nella sfera di vigilanza di bidelli o altri insegnanti, ragion per cui il Tribunale, in difetto di prova contraria, ha ritenuto che il comportamento omissivo del convenuto abbia occasionato al bambino danni patrimoniali e non patrimoniali. Sul tema il Tribunale di Potenza, Sezione Civile, con la sentenza n. 380/21, del 12 aprile. La vicenda. Un genitore si rivolgeva al Tribunale convenendo il MIUR, chiedendo la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal proprio figlio minore, vittima di atti di bullismo consumati durante l’orario scolastico, e più precisamente nel corso della ricreazione presso i bagni della scuola primaria, e che avevano visto come autore un altro allievo del medesimo istituto, coetaneo della vittima. Secondo la difesa, i soprusi avrebbero avuto luogo a causa dell’ omesso controllo e sorveglianza da parte del personale docente e/o non docente addetto alla struttura scolastica. Secondo il genitore, i docenti oltre a non aver vigilato, non avevano neppure avvisato i genitori, con sollecitudine, di quanto occorso. A ciò aveva aggiunto che il personale scolastico aveva preso coscienza della vicenda dopo ben 45 minuti dalla fine della ricreazione, e cioè quando l’insegnante, non vedendo rientrare in classe il figlio dell’attore, lo aveva cercato, fino a rintracciarlo, fisicamente segnato da ecchimosi e graffi. I genitori dello studente ferito, appreso il fatto solamente al termine delle lezioni, nel momento in cui lo erano andato a prendere all’uscita, avevano denunciato l’episodio alle competenti autorità, al contempo facendo refertare, presso il locale Pronto Soccorso, le lesioni riportate dal bimbo. La legittimazione del Ministero. Il MIUR, all’atto di costituzione in giudizio, contestava il difetto di legittimazione passiva, asserendo che ai sensi del d.P.R. n. 275/1999 l’eventuale responsabilità dell’episodio dovesse addebitarsi all’Istituto interessato ovvero, ai sensi del disposto dell’art. 2047 c.c., ai genitori dello studente autore degli atti bullismo, per carente educazione del proprio figlio. Il Tribunale ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero convenuto poiché, per giurisprudenza unanime e consolidata, nell’ambito dell’amministrazione statale scolastica, legittimato passivo per le azioni di responsabilità che originano da condotte di alunni e insegnanti, poste in essere nel corso dell’orario scolastico, risulta unicamente il Ministero , e non i circoli didattici o i singoli istituti. Questi ultimi, pur avendo autonoma personalità giuridica, rimangono organi di tale amministrazione, e l’autonomia gestionale e amministrativa di cui dispongono non impedisce di riferire a questa, nel suo complesso, e dunque al MIUR, gli effetti dei loro atti. Per l’effetto, tali amministrazioni scolastiche agiscono in veste di organi statali e non di soggetti distinti dallo Stato e, nelle liti afferenti agli illeciti di culpa in vigilando ”, legittimato passivo risulta unicamente il Ministero e mai l’Istituto. Il d.P.R. n. 275/1999, in particolare, ha conferito loro autonomia gestionale e amministrativa , senza tuttavia privarli della qualità di organi dello Stato. Essendo riferibili direttamente al Ministero e non ai singoli istituti, gli atti, finanche illeciti, posti in essere dal personale, la legittimazione passiva nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando del personale docente compete al MIUR, mentre difetta la legittimazione passiva dell’istituto ex multis , Corte di Cassazione n. 6372 del 2011 . L’inquadramento nella fattispecie normativa ex art. 2048 c.c Dalle prove utilizzate nell’ambito della ricostruzione dei fatti, è emerso che dell’episodio si era venuti a conoscenza solo dopo 45 minuti circa, e cioè nel momento in cui una docente, avvisata da altri bambini che la vittima si trovava in bagno e perdeva sangue, in quanto si era scontrato con un altro alunno, riportava il bimbo nella sua classe, e che nessuno aveva avvisato, nell’immediatezza, i genitori dell’allievo, nonostante presentasse evidenti e visibili lesioni al viso. La fattispecie, pertanto, è stata sussunta sotto la disciplina dell’art. 2048, comma 2, c.c. il quale testualmente recita I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto . Incombe quindi all’ amministrazione scolastica rispondere del fatto illecito posto in essere dagli allievi minori sottoposti alla sua vigilanza, e di tale responsabilità che fa eccezione alla regola dell’articolo 2043 c.c. ex art. 2048, comma 3, c.c., si libera soltanto se prova di non aver potuto impedire il fatto . Sulla scuola ricade la prova del fatto impeditivo, e cioè dell’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto, da allegare e provare in relazione al caso concreto ex multis , Corte di Cassazione, n. 8811 del 2020 . La mancata prova liberatoria. Nella fattispecie in commento, l’amministrazione scolastica non ha fornito la prova liberatoria l’alunno era stato autorizzato a recarsi da solo nei bagni senza che l’insegnante provvedesse ad accompagnarlo o si sia premurato di verificare che il minore entrasse nella sfera di vigilanza di altri preposti bidelli o altro insegnante , ragion per cui il Tribunale, in difetto di prova contraria, ha ritenuto che il comportamento omissivo del convenuto abbia occasionato al bambino danni patrimoniali e non patrimoniali. I danni liquidati. Quanto al danno patrimoniale il CTU ha accertato e stimato un danno emergente per un importo pari ad € 4.400,00, per spese odontoiatriche che il bambino ha già sostenuto, e dovrà sostenere, per le terapie e cure occasionati dalla lesione degli incisivi inferiori. In merito al danno non patrimoniale il Tribunale, riportandosi alle argomentazioni di cui all’Ordinanza n. 7513 del 27 marzo 2018, emanata dalla III Sezione Civile della Corte di Cassazione, ha distinto il danno biologico senza personalizzazione non ricorrendone le condizioni invalidità permanente pari al 1%, una I.T.P. al 75% di giorni 7 ed una I.T.P. al 50% di ulteriori giorni 7 ed il danno morale, tenendo conto che l’allievo è stato per ben 45 minuti circa da solo senza far rientro in classe. Il che, a dir del Tribunale, rappresenta indice di quel turbamento d’animo e della vergogna di farsi vedere dall’insegnante e dagli amici di classe nella particolare condizione di sconfitto ed umiliato” dalla disputa avuta con altro coetaneo. In totale, il MIUR è stato condannato al pagamento in favore della parte attrice della complessiva somma di € 6.697,25 a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma dalla domanda al soddisfo. La condanna per lite temeraria. Oltre alle spese di lite ed i compensi al CTU, il MIUR ha ricevuto l’ulteriore condanna di € 1.000,00 in via equitativa ex art. 96, comma 3, c.p.c. Nella specie, secondo il Tribunale, la difesa del MIUR si è manifestata unicamente con l’eccezione di rito circa il difetto di legittimazione passiva, definendola eccezione dilatoria ”, peraltro superata da decenni di univoca giurisprudenza contraria alla tesi sostenuta dal convenuto, e da questi ben nota per la serialità ultradecennale delle questioni trattate. Quindi, è stato osservato che non vi è stata alcuna richiesta di mezzi istruttori e nessun accenno al merito della controversia. A parere del Tribunale il comportamento processuale del MIUR ha integrato un abuso dello strumento processuale che prescinde dall’accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, essendo sufficiente una condotta valutabile come abuso del processo” e quindi aver agito o resistito pretestuosamente non potendo vantare, all’evidenza, alcuna plausibile ragione, con conseguente applicazione della misura, di derivazione statunitense, dei cd. risarcimenti punitivi Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16601/17 .

Tribunale di Potenza, sez. Civile, sentenza 7 – 12 aprile 2021, n. 380 Giudice Lomonaco Svolgimento del processo Va premesso che la presente sentenza viene redatta nella forma semplificata prevista dall’art. 132 c.p.c. come novellato dall’art. 45 comma 17 della legge 69/2009 per cui, con riguardo alle domande ed eccezioni formulate dalle parti ed al fatto e svolgimento del processo, per quanto non di seguito esposto si fa rinvio al contenuto degli atti di causa e dei verbali di udienza. Con atto del 26.05.2010, ritualmente notificato, .evocava in giudizio dinanzi all’intestato Tribunale il MIUR per sentirlo condannare al ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali occorsi al figlio minore XXX in seguito all’aggressione avvenuta durante l’orario scolastico il 28.02.2008 ad opera di altro allievo. Argomentava che l’aggressione sarebbe avvenuta a causa del mancato controllo/sorveglianza da parte del personale docente e/o non docente dell’Istituto comprensivo XXXX. In particolare, il lamentava il fatto che gli insegnanti non solo non avrebbero vigilato, ma non avrebbero prontamente avvisato i genitori dell’accaduto. Inoltre, il personale scolastico si sarebbe avveduto dell’accaduto con notevole ritardo, ossia dopo ben 45 minuti dalla fine della ricreazione, allorquando il docente, non vedendo rientrare in classe XXXX lo cercava e lo trovava con evidenti ecchimosi e graffi. I genitori, appreso il fatto solo al momento dell’uscita dei ragazzi da scuola al termine dell’orario delle lezioni, denunciavano l’accaduto alle competenti autorità e provvedevano a far refertare presso il P.S. di Melfi le lesioni riportate dal minore. Si costituiva il MIUR contestando unicamente il difetto di legittimazione passiva, sostenendo che a mente del D.P.R.275/99 l’eventuale responsabilità dell’accaduto dovesse addebitarsi all’Istituto XXX ovvero, ex art. 2047 c.c., ai genitori dell’allievo autore dell’aggressione per carente educazione del proprio figlio. Nel corso dell’istruttoria veniva espletata prova per testi e disposta una consulenza medico-legale. La causa, caratterizzata da lunghi periodi di ‘stanca’ dovuti essenzialmente all’avvicendarsi dei g.i. assegnatari della controversia, veniva chiamata per la precisazione delle conclusioni ed infine introitata per la decisione cui seguiva il deposito di comparsa conclusionale attorea nei concessi termini di cui all’art. 190 c.p.c Motivi della decisione La domanda è fondata e va accolta con ulteriore applicazione ex officio dell’art. 96 comma 3 c.p.c. 1. – Ricostruzione dell’accaduto 1.1. L’esposizione dei fatti, così come essi realmente succedutisi e comprovati nel corso dell’istruttoria espletata, potrà meglio specificare le argomentazioni poste a fondamento della decisione. Non può essere messo in discussione il fatto storico, ossia che l’allievo XXX di anni 10, durante l’orario scolastico, sia stato vittima di un’aggressione da parte di altro discente . XXX frequentante un’altra classe dello stesso istituto d’istruzione. Di tanto ne sono prova inconfutabile le dichiarazioni dei testi escussi, i quali tutti hanno confermato che il minore sia stato picchiato da XXX In particolare, la circostanza è stata confermata personalmente dall’aggressore all’Ins. . vds ud. del 07.12.2011 . Altro elemento da cui trarre la veridicità della vicenda è costituita dalla deposizione della teste yyyy, che ha riferito del racconto della figlia frequentante la stessa classe della vittima vds ud. cit . Deve darsi per acclarato, quindi, che a Il giorno 20.02.2008, presso i bagni dell’Istituto ., durante l’ora di ricreazione il piccolo XXX sia stato vittima di un’aggressione b Autore dell’aggressione sia stato il coetaneo XXX c Al momento del fatto non era presente né il personale docente né il personale ausiliario non docente d Dell’episodio si è venuti a conoscenza solo dopo 45 minuti circa, allorquando l’Ins. XXX, avvisata da altri bambini che il era in bagno e perdeva sangue perché si era scontrato con XXXX, riportava il nella sua classe e Nessuno ha avvisato nell’immediatezza i genitori della vittima, nonostante l’allievo presentasse visibili lesioni al viso f Il piccolo XXX è tornato a frequentare la scuola dopo alcuni giorni dall’aggressione teste XXX . Questi i fatti, siccome incontestati ed acclarati nel corso dell’istruttoria. 2 Legittimazione passiva Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero convenuto. Per giurisprudenza unanime e consolidata, nell’ambito dell’amministrazione statale scolastica, legittimato passivo per le azioni di responsabilità derivanti da condotte di alunni e insegnanti poste in essere durante l’orario scolastico è unicamente il Ministero, e non i circoli didattici o i singoli istituti, in quanto questi ultimi, pur avendo autonoma personalità giuridica, restano organi della suddetta amministrazione, e l’autonomia gestionale e amministrativa di cui dispongono non impedisce di riferire a questa, nel suo complesso, e dunque al M.I.U.R., gli effetti dei loro atti. Dette amministrazioni scolastiche agiscono in veste di organi statali e non di soggetti distinti dallo Stato onde, essendo riferibili direttamente al Ministero gli atti posti in essere dal personale docente e non docente , nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando dello stesso, legittimato passivo è il Ministero e non l’Istituto. Ciò, in quanto il D.P.R. n. 275/99 ha conferito loro autonomia gestionale e amministrativa, ma non li ha privati della qualità di organi dello Stato. E’ stato infatti condivisibilmente affermato che il personale docente degli istituti statali di istruzione che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell’organizzazione statale, si trova in rapporto organico con l’Amministrazione della Pubblica Istruzione dello Stato e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia gestionale e amministrativa pertanto, essendo riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione e non ai singoli istituti gli atti, anche illeciti, posti in essere dal personale, sussiste la legittimazione passiva del Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando del personale docente, mentre difetta la legittimazione passiva dell’istituto cfr Cass. SS.UU. n. 9346/2002 Cass. n. 19158/2012 n. 10042/2006 n. 2839/2005 n. 27246/2008 n. 6372/2011 . 3. – An debeatur 3.1. La fattispecie sottoposta al vaglio dell’odierno giudicante trova compiuta disciplina nell’art. 2048 comma 2 c.c. che testualmente recita I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”. Trattasi di tutta evidenza di una ipotesi di responsabilità presuntiva ed oggettiva, con la conseguenza che incombe all’amministrazione scolastica rispondere del fatto illecito commesso dagli allievi minori sottoposti alla sua vigilanza e di tale responsabilità speciale trattandosi di regola che fa eccezione alla regola generale posta all’articolo 2043 c.c. ex articolo 2048, comma 3, c.c., si libera soltanto se prova di non aver potuto impedire il fatto” c.d. responsabilità aggravata . In buona sostanza, è a carico della scuola la prova del fatto impeditivo, e cioè dell’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto, da allegare e provare in relazione al caso concreto vds Cass. n. 8811/20 Cass. 10/4/2019, n. 9983 Cass., 8/4/2016, n. 6444 Cass., 14/10/2003, n. 15321 . 3.2. Applicando i suddetti principi al caso di specie, è di tutta evidenza che la responsabilità debba essere ascritta esclusivamente a colpa dell’amministrazione scolastica la quale non ha fornito la prova liberatoria consistente nella dimostrazione che è stata esercitata la sorveglianza sugli allievi con una diligenza idonea a impedire il fatto. E ciò, per la semplice ed evidente ragione che nessuno dei preposti id est insegnanti e/o personale non docente ha saputo riferire dell’accaduto. E’ pacifico, infatti, che l’alunno sia stato autorizzato a recarsi da solo nei bagni dell’istituto senza che l’insegnante provvedesse ad accompagnarlo o si sia premurato di verificare che il minore entrasse nella sfera di vigilanza di altri preposti bidelli o altro insegnante . Pertanto, si può ritenere che, in difetto di prova contraria, il comportamento omissivo del convenuto abbia occasionato al minore danni patrimoniali e non patrimoniali che dovranno essere liquidati se e nella misura in cui essi siano stati dall’attore allegati e provati. 4. – Quantum debeatur 4.1. Danno patrimoniale Non vi è motivo di discostarsi dalle argomentazioni e conclusioni cui è giunto il CTU –dott. Cocina vds relazione in atti il cui operato va esente da critiche che ne possano minare l’attendibilità, essendo stato espletato con competenza e professionalità richiamando correttamente criteri e principi propri della dottrina e pratica medica. Relativamente al danno patrimoniale il CTU, recependo le osservazioni del CT di parte attrice peraltro neanche specificamente contestate da controparte , ha accertato e stimato un danno emergente per un importo pari ad € 4.400,00, per spese odontoiatriche che il minore ha sostenuto e dovrà sostenere per le terapie e cure occasionati dalla lesione degli incisivi inferiori. 4.2. Danno non patrimoniale Va risarcito anche il danno non patrimoniale nei termini di cui appresso. I criteri di risarcibilità del danno non patrimoniale sono oggetto di annosa disputa giurisprudenziale e dottrinale anche se la S.C. sembra aver messo il punto con il noto decalogo di cui all’ordinanza n. 7513/18 tuttavia, successivamente arricchita da altri arresti . Il Tribunale, pertanto, riportandosi e condividendo le argomentazioni di cui a Cass. civ., sez. III, Ord., 27 marzo 2018, n. 7513, concentrerà l’esame sulla liquidazione delle singole voci di danno non patrimoniale, all’interno della unitaria categoria della quale si possono elencare segnatamente il danno biologico, eventualmente personalizzato, e il danno morale. 4.2.1. – Danno biologico Risultano provati i danni da lesione all’integrità psico-fisica. Facendo riferimento alla disposta CTU il nominato consulente, esaminando il periziato, ha rilevato lesioni minime e segnatamente ha accertato a titolo di danno biologico una invalidità permanente pari al 1%, una I.T.P. al 75% di giorni 7 ed una I.T.P. al 50% di ulteriori giorni 7 vds relazione CTU in atti . 4.2.2 – Personalizzazione A parere del Tribunale non vi sono i presupposti e condizioni per la personalizzazione del danno. La personalizzazione del danno, non costituisce mai un automatismo e deve trovare giustificazione nel positivo accertamento di specifiche condizioni eccezionali ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione. Tali aspetti devono essere allegati e provati dalla vittima e consistono in circostanze eccezionali, specifiche e diverse da quelle che invece ordinariamente sono conseguenti alla menomazione e che già sono incluse nella liquidazione tabellare standard” del danno. Deve essere, quindi, allegato e dimostrato, ai fini della personalizzazione, un pregiudizio che concerna un’attività della vita che non è praticata dalla persona standard, ma che assuma connotati specifici, eccezionali” e peculiari”. Conseguentemente, non può esser considerata personalizzante” l’impossibilità per la vittima a cimentarsi in attività fisiche e nemmeno la lesione alla capacità lavorativa generica, che è già ricompresa nell’ambito delle conseguenze ordinarie del danno biologico mentre l’incapacità lavorativa specifica” viene eventualmente liquidata a titolo di danno patrimoniale . cfr. Cass. n. 7513/2018 cit., Cass. n. 10912/2018, Cass. n. 23469/2018, Cass. n. 27482/2018, Cass. 28988/2019 . Vale sottolineare come la S.C., nell’affermare il principio per il quale il danno biologico è il danno dinamico-relazionale vds Cass. ord. 7513/18 cit. , ha più volte statuito che la perduta o ridotta o modificata possibilità di attendere alle ordinarie attività, come pure di intrattenere rapporti sociali in conseguenza di una invalidità permanente costituisce una delle normali conseguenze e perciò non idonee ad applicare la personalizzazione delle invalidità gravi, nel senso che qualunque persona affetta da una grave invalidità non può non risentirne sul piano dei rapporti sociali in questo senso, ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014 Sez. 3, Sentenza n. 21716 del 23/09/2013, Rv. 628100 Sez. 3, Sentenza n. 11950 del 16/05/2013, Rv. 626348 Sez. 6-3, Ordinanza n. 15414 del 13/07/2011, Rv. 619223 Sez. 3, Sentenza n. 24864 del 09/12/2010, Rv. 614875 Sez. L, Sentenza n. 25236 del 30/11/2009, Rv. 611026 . L’esempio di scuola, per chiarire il concetto, è rappresentato dalla frattura carpale di un dito della mano, che dovrà considerarsi personalizzante ove la vittima sia un pianista e non personalizzante qualora il danneggiato svolga altra attività. D’altro canto, se l’impossibilità di compiere attività fisica come conseguenza ordinaria della lesione grave non dà diritto alla personalizzazione, a maggior ragione la stessa deve escludersi per le lesioni di lieve entità. Utilizzare in detti casi la personalizzazione si traduce nel liquidare due volte lo stesso danno prima, come pregiudizio alla salute e, poi, a titolo di personalizzazione, ma in assenza delle circostanze eccezionali e specifiche che la giustificano in tal senso, cfr Cass. 25164/20 . Precisando che queste ultime non sono state neanche allegate dall’attore, si può concludere che sia da escludere che si debba procedere alla personalizzazione, in quanto si ritiene che l’istante abbia subito e patito conseguenze che qualunque vittima di lesioni analoghe subirebbe. Non può pertanto riconoscersi alcuna personalizzazione del danno. 4.2.3 – Danno morale Va altresì risarcito il danno morale. Con diversi arresti la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul delicato argomento del risarcimento del danno alla salute, ribadisce, il principio secondo cui la voce di danno morale è autonoma e non compresa nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, quindi, meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione”, e detta le regole precise per la sua liquidazione. ex multis Cass. n. 7024/2020, n. 25164/20, 910/2018, n. 7513/2018 cit. e n. 28989/2019 . Trova, quindi, definitiva conferma, giurisprudenziale e normativa il principio della autonomia del danno morale rispetto al danno biologico il danno morale si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato. L’autonomia del danno morale è da leggersi nella più grande fenomenologia del danno non patrimoniale al bene salute. La sofferenza conseguente alla lesione del bene salute, infatti, può essere declinata in due differenti contenuti quella fisica e della vita di relazione” e quella interiore” intesa come dolore, la vergogna, la paura, la disistima, la disperazione. Trattasi, in altre parole, di un disagio psicologico che non si traduce quindi nella compromissione delle attività quotidiane” e degli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”, ma comporta comunque intense reazioni emotive e comportamentali del soggetto, e rilevanti strategie di adattamento il cui accertamento non può in ogni caso essere devoluto al CTU . Tuttavia, come per la personalizzazione del danno biologico, il danno morale necessita di prova anche affidandosi a criteri presuntivi ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta Cass. 21970/20 con richiami a n. 11212/19 e n. 1640/20 . Il Tribunale evidenzia la peculiarità del caso di specie e terrà conto di alcuni elementi fattuali da cui trarre la prova presuntiva del danno morale equitativamente risarcibile. Non può infatti non tenersi conto che il minore sia stato per ben 45 minuti circa da solo senza far rientro in classe ciò è indice di quel turbamento d’animo, del dolore interiore, della vergogna di farsi vedere dall’insegnante e dagli amici di classe nella particolare condizione di sconfitto ed umiliato” dalla disputa avuta con altro coetaneo. Allo stesso modo non è da sottovalutare che il abbia ripreso la frequentazione dell’Istituto scolastico dopo diversi giorni. Tale circostanza, accompagnata dalla verosimile intenzione di voler cambiare definitivamente scuola, depone per la sussistenza di quel disagio e disistima che ha accompagnato il minore nei giorni immediatamente successivi all’aggressione. Non meno influente, ai fini della verifica della sussistenza dei criteri presuntivi, è la circostanza che il minore al momento dell’accaduto era nel pieno della età 10 anni evolutiva, in cui i rapporti sociali nell’ambiente che si frequenta assumono particolare rilevanza. Deve osservarsi che l’età pre adolescenziale è connotata da peculiare fragilità soprattutto nell’ambiente scolastico e nei rapporti esterni di frequentazione tra coetanei, in quanto proprio in quella fase evolutiva i bambini tendono caratterialmente a prevalere sull’altro”, sino ad instaurare una sorta di competizione caratteriale e fisica tra i consociati che talvolta sfocia in fenomeni di ‘bullismo’ situazione che il aveva tutte le ragioni potesse prendere piede in suo danno. Sulla scorta delle predette considerazioni, il Tribunale ritiene provato e risarcibile anche il danno morale. 5. Criteri di liquidazione 5.1. Il Tribunale osserva che possono utilizzarsi, come di consueto, le tabelle ‘milanesi’ di cui, tuttavia, bisogna far buon governo in ossequio ai principi recentemente chiariti dalla S.C. Segnatamente, Cass. ord. 25164/20 ha precisato alcuni criteri per la risarcibilità del danno non patrimoniale considerando erronee le tabelle di Milano allorché prevedono recte prevedevano una somma complessiva per il danno alla salute e il danno morale. La Corte milanese, successivamente a tale pronuncia, è intervenuta a modificare la grafica delle suddette tabelle specificando che la maggiorazione del valore-punto a titolo di danno morale è calcolata in misura standard nel 25% sul valore-punto del danno biologico e che tale ultima voce può essere ulteriormente maggiorata per personalizzazione fino al 50%. per completezza, si consulti la relazione dell’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano del 08-10.03.2021, trasmessa al Tribunale di Milano con le allegate tabelle . 5.2. In ogni caso, dovendosi liquidare anche il danno morale ed applicando i suddetti parametri al danno in concreto risarcibile all’attore, avremo Tabella di riferimento Tribunale di Milano 2021 vds Età del danneggiato alla data della guarigione clinica 10 anni Percentuale di invalidità permanente 1% Punto base danno biologico € 1.198,76 Incremento per sofferenza interiore + 25% € 299,69 Incremento per personalizzazione max 50% non riconosciuto Danno risarcibile biologico permanente demoltiplicato € 1.431,00 Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 7 Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 7 Punto base I.T.T. € 99,00 Invalidità temporanea parziale al 75% € 519,75 Invalidità temporanea parziale al 50% € 346,50 Totale danno biologico temporaneo € 866,25 TOTALE GENERALE non personalizzato € 2.297,25 Complessivamente, quindi, il MIUR dovrà essere condannato al pagamento in favore dell’attore della complessiva somma di € 6.697,25 a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale. A questo importo, trattandosi di obbligazione di valore, dovranno aggiungersi la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda al soddisfo cfr Sent. Cass., ss.uu., n. 1712/1995 . 3. Spese 3.1. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell’acconto anticipato al CTU ed applicato il valore minimo dei parametri per causa ricompresa nello scaglione tra € 5.000,00 ed € 26.000,00. 3.2. – Va posto a carico del convenuto soccombente anche il pagamento dei compensi al CTU, come liquidati da contestuale e separato decreto. 3.3. – Discorso a parte merita l’ulteriore condanna in via equitativa che il Tribunale statuisce a carico del Ministero convenuto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 comma 3 c.p.c. La norma in questione può infatti essere applicata ove il giudice ritenga sanzionabile l’abuso dello strumento processuale, ossia nel caso in cui un soggetto agisca o, come nella specie, resista in giudizio pur essendo consapevole della infondatezza delle proprie pretese, con pregiudizio sia per la controparte che per il buon andamento della giustizia. La difesa del MIUR si è manifestata unicamente con l’eccezione di rito circa il difetto di legittimazione passiva eccezione del tutto dilatoria, superata da decenni di univoca giurisprudenza contraria alla tesi sostenuta dal convenuto e da questi ben nota per la serialità ultradecennale delle questioni trattate. Non vi è stata alcuna richiesta di mezzi istruttori neanche di essere abilitato a prova contraria , nessun accenno al merito della controversia né in ordine all’an né circa il quantum debeatur né, infine, alla possibilità di formulare una offerta transattiva, anche minima, tenuto conto delle incontestabili evidenze probatorie. In concreto, a parere del Tribunale il comportamento processuale del MIUR integra un abuso dello strumento processuale che prescinde dall'accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, essendo sufficiente una condotta valutabile quale abuso del processo” e cioè aver agito o resistito pretestuosamente non potendo vantare all'evidenza alcuna plausibile ragione, con conseguente applicazione della misura, di derivazione statunitense, dei c.d. risarcimenti punitivi Cass. SS.UU. 16601/2017 . Da ultimo anche Cass. 3/10/2019 n. 24649 ha ritenuto applicabile l’art. 96 comma 3 c.p.c. per chi ha agito o resistito con la coscienza della infondatezza dell’azione o eccezione o senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza della infondatezza della propria posizione”. La stessa giurisprudenza di merito, ha di recente ritenuto applicabile l’art. 96 u.c. c.p.c., a quelle condotte collegabili ad una negligenza tale da causare un ingiustificato allungamento dei tempi processuali” Trib. Roma 20/12/2018 e contrarie al principio di lealtà in giudizio, che creano nocumento alle altre cause in trattazione mosse da ragioni serie e spesso, da necessità impellenti o urgenza” con la conseguenza che il perseguimento degli interessi pubblicistici che la norma mira a realizzare”, fa sì che la condanna ai sensi della citata disposizione è attivabile d’ufficio senza la richiesta della parte e senza che quest’ultima dimostri di aver subito un danno”. Trib. Velletri 20/12/2018 . Il criterio di liquidazione della somma risarcibile è necessariamente equitativo e questo Tribunale ritiene di poterlo ancorare a quello ricavato in via interpretativa dalla giurisprudenza di legittimità cfr Corte Cost. n. 139 del 6 giugno 2019 la quale, anche di recente, ha appunto precisato che il terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., rinviando all’equità, richiama il criterio di proporzionalità secondo le tariffe forensi e quindi la somma da tale disposizione prevista va rapportata alla misura dei compensi liquidabili in relazione al valore della causa cfr Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanze 11 ottobre 2018, n. 25177 e n. 25176 . Conclusivamente, il MIUR va condannato al pagamento in favore dell’attore dell’ulteriore somma determinata equitativamente in € 1.000,00. P.T.M. Il Tribunale di Potenza, definitivamente pronunciando sulla domanda promossa da , nella sua spiegata qualità, nei confronti del MIUR, nella causa iscritta al R.G. n. così provvede i Accoglie nei termini di cui in parte motiva la domanda proposta da e, per l’effetto ii Condanna il MIUR –Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca già Ministero della Pubblica Istruzione a risarcire e pagare a , in qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore XXX, la complessiva somma di € 6.697,25 oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma via via rivalutata dalla domanda al soddisfo iii Condanna altresì il MIUR al pagamento in favore dell’attore, delle spese di lite che si liquidano in complessivi € 3.224,54 di cui € 2.738,00 per compensi ed € 486,54 per spese, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cassa Avvocati, se e come per legge dovuti iv Condanna, infine, il MIUR al pagamento in favore dell’attore, della ulteriore somma determinata equitativamente in € 1.000,00 ex art. 96 comma 3 c.p.c. Respinte o assorbite ulteriori domande.