Fa da padre al cognato vittima di un incidente stradale, risarcito del danno da perdita del rapporto parentale

Il Tribunale di Lecce ha condannato una società assicurativa a risarcire il danno da perdita del rapporto parentale nonostante la mancanza di un legame di sangue” tra attore e vittima.

Sul tema il Tribunale di Lecce con la sentenza del 4 marzo 2021. Il fatto. Il signor Paolo – nome di fantasia – ricorre presso il Tribunale di Lecce al fine di ottenere da parte di una società assicurativa il risarcimento del danno patito a causa della perdita del rapporto parentale con il cognato Luca – nome di fantasia – deceduto a 16 anni in seguito ad un incidente stradale. Paolo sottolinea di aver convissuto con il suddetto cognato fin da quando questi era in fasce e di essersene occupato da sempre come un padre in seguito all’abbandono da parte del padre biologico . La società assicurativa si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’istanza dell’attore. Il contrasto giurisprudenziale. In tema di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, per soggetti diversi della famiglia nucleare, sussiste un contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Infatti, con la sentenza. n. 4253/2012, la Cassazione ha avuto modo di affermare che il fatto illecito, costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. Perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora è necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell'art. 2 Cost. . Mentre con la sentenza n. 21230/2016 è stato affermato che in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione , proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno infatti, non essendo condivisibile limitare la società naturale , cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare , il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto . Con la sentenza n. 16992/2015 la Cassazione ha sottolineato che il pregiudizio da perdita del rapporto parentale, da allegarsi e provarsi specificamente dal danneggiato ex art. 2697 c.c., rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita. In applicazione dell'anzidetto principio, la xxx ha cassato la sentenza impugnata, nella quale, pur dandosi atto che, dalla vicenda della tragica morte del giovane figlio, la madre ne era uscita distrutta nel corpo, trascinando la propria successiva esistenza tra mille difficoltà e problemi nel solo ricordo, quasi ossessivo, del defunto, aveva, poi, sulla base di tali circostanze, riconosciuto alla medesima il solo danno morale, negandole, però, quello da perdita del rapporto parentale . La Cassazione ha precisato in tempi più recenti inoltre che la convivenza non è elemento indispensabile, a condizione che si provi comunque quella condivisione di affetti e di vita che viene radicalmente recisa per effetto della morte del congiunto. Nel caso della perdita del cognato, dunque, non potrà certamente ritenersi che un danno sia presumibile, ma non può neppure escludersi che venga reciso quel rapporto familiare che è tutelato dalla Costituzione . Il punto nodale della questione. Esaminando il caso di specie deve essere accertato un effettivo rapporto parentale suscettibile di essere equiparato a quello dei componenti della famiglia nucleare, anche se con un danno più modesto. E sarà inoltre necessario sia calibrare la portata dell'onere probatorio del danneggiato non potendo sussistere alcuna presunzione nel caso di perdita del cognato sia valutare poi il quantum del danno risarcibile sulla base delle circostanze del caso concreto. Le Tabelle del Tribunale di Milano prevedono che non vi sia un minimo garantito e sottolineano l'importanza, per il Giudice di merito, di valutare ogni elemento utile, al fine di garantire che il danno risarcito corrisponda a quello realmente patito per la morte del congiunto. La decisione del Tribunale. Ascoltate le varie parti, tra cui la madre biologica del giovane deceduto e la maestra della scuola d’infanzia, alla prova testimoniale si è aggiunta la prova documentale fornita dall’attore. Le molteplici foto hanno evidenziato non solo la convivenza ma anche la condivisione di numerosi momenti di vita tra i due cognati, a dimostrazione dell’attendibilità di Paolo. Egli infatti è stato un vero e proprio padre” per Luca. Sempre secondo le Tabelle del Tribunale di Milano, in caso di perdita del figlio in quanto tutti i testimoni hanno parlato di una figura paterna , si evidenzia che, in ragione della modesta differenza di età 19 anni esistente tra attore e vittima, il rapporto era comunque simile a quello che lega un fratello maggiore a uno minore, quindi un ibrido tra quello di genitorialità e quello fraterno. Tenendo conto di questi elementi, il Tribunale condanna la società assicurativa a risarcire il danno nei confronti di Paolo per la cifra di 80.000 euro.

Tribunale di Lecce, sez. I, sentenza 2 marzo – 4 marzo 2021 Fatto - Diritto Il sig. ha agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno patito per effetto della perdita del rapporto parentale con il cognato, sig. , deceduto a 16 anni in un sinistro stradale verificatosi in Melendugno il 20.09.2015. L'attore ha dedotto di aver convissuto con il cognato fin da quando questi era in fasce e di essersene occupato come un padre, in quanto il padre naturale del ragazzo aveva abbandonato la famiglia facendo perdere ogni sua traccia. Il sig. ha dunque lamentato che la morte del cognato gli ha procurato un grave danno non patrimoniale e ha agito in giudizio contro la Compagnia Assicuratrice del responsabile, al fine di ottenere il risarcimento del danno patito. Nel corso del giudizio si è costituita s.p.a., contestando la domanda presentata da parte attrice e chiedendone il rigetto. La causa è stata istruita con interrogatorio formale e con l'ascolto di alcuni testimoni ed è stata trattenuta in decisione dalla scrivente, previa concessione del termine massimo di legge per conclusionali e repliche. Il verificarsi del sinistro e la responsabilità del sig. nella determinazione dello stesso, con esito mortale per il sig. , non sono state contestate nel corso del presente giudizio e sono state allegate quale presupposto per la responsabilità di s.p.a. Tali questioni, dunque, sono estranee all'oggetto del contendere propriamente inteso. Costituisce invece elemento di contestazione quello relativo al diritto del sig. al risarcimento del danno, per la perdita del cognato. Sul tema del risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, per soggetti diversi dai componenti della famiglia nucleare, sussiste contrasto nella giurisprudenza di legittimità e di merito. Vi sono, infatti, orientamenti più restrittivi che negano in toto che possa aversi il risarcimento del danno a persone estranee rispetto al nucleo familiare , orientamenti mediani che richiedono la prova della convivenza ai fini del risarcimento ed orientamenti maggiormente permissivi che riconoscono il risarcimento anche in caso di mancanza di convivenza . Così, Cass. Civ., sez. 3, Sentenza n. 4253 del 16/03/2012, afferma che Il fatto illecito, costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. Perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora è necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell'art. 2 Cost. . Nella recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 3 -, n. 21230 del 20/10/2016, si afferma invece che In caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione , proposta iure proprio dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno infatti, non essendo condivisibile limitare la società naturale , cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola cd. famiglia nucleare , il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto . È stato anche precisato dalla Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 16992 del 20/08/2015, che Il pregiudizio da perdita del rapporto parentale, da allegarsi e provarsi specificamente dal danneggiato ex art. 2697 c.c., rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale, distinto dal danno morale e da quello biologico, con i quali concorre a compendiarlo, e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell'esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita. In applicazione dell'anzidetto principio, la ha cassato la sentenza impugnata, nella quale, pur dandosi atto che, dalla vicenda della tragica morte del giovane figlio, la madre ne era uscita distrutta nel corpo, trascinando la propria successiva esistenza tra mille difficoltà e problemi nel solo ricordo, quasi ossessivo, del defunto, aveva, poi, sulla base di tali circostanze, riconosciuto alla medesima il solo danno morale, negandole, però, quello da perdita del rapporto parentale . L'argomento è in realtà di estrema rilevanza, da un punto di vista sociale, per il pericolo che il proliferare di figure di soggetti danneggiati di riflesso potrebbe determinare si avvertono, in questo campo, le stesse esigenze che hanno indotto le S.U. di San Martino del 2008 a ridisegnare i parametri del danno risarcibile sebbene in quel caso si trattasse delle sfumature del danno da riconoscere allo stesso soggetto danneggiato . In questo come in quel caso, infatti, l'obiettivo principale deve essere quello di evitare il risarcimento di danni che non possono giuridicamente qualificarsi come tali e di sottrarsi ad ogni forma di automatismo che porti a una locupletazione come conseguenza del fatto illecito. Al fine di risarcire solo i danni che hanno diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento, dunque, è necessario non già escludere a priori il diritto al risarcimento, ma concentrarsi in modo specifico sull'onere di allegazione e della prova che deve venire da parte del danneggiato. Se, infatti, nel caso della perdita di un figlio, di un padre o del coniuge il danno è presunto con presunzione che potrebbe comunque superarsi, ove si dimostri che il vincolo affettivo era venuto del tutto meno prima della morte del congiunto , nel caso di rapporti di parentela o affinità esterni rispetto alla composizione della famiglia nucleare la prova deve essere più rigorosa. La Corte di Cassazione ha precisato, in tempi recenti, che la convivenza non è elemento indispensabile, a condizione che si provi comunque quella condivisione di affetti e di vita che viene radicalmente recisa per effetto della morte del congiunto. Nel caso della perdita del cognato, dunque, non potrà certamente ritenersi che un danno sia presumibile, ma non può neppure escludersi che venga reciso quel rapporto familiare che è tutelato dalla Costituzione. Il punto nodale della questione, dunque, attiene all'esame del caso concreto ed all'accertamento di un effettivo rapporto parentale suscettibile di essere equiparato a quello dei componenti della famiglia nucleare, anche se con un danno più modesto. Provata l'intensità del rapporto, infatti, si potrà discutere del quantum da liquidare, in caso di mancanza di convivenza non si potrà tuttavia escludere a priori che il danno vi sia per il solo fatto che non vi fosse convivenza. Nello stesso senso si è espressa la XII Sezione del Tribunale di Roma, con sentenza del 07.03.2013, ove è stato affermato che Deve premettersi che la giurisprudenza di legittimità non presenta, sul punto, un orientamento consolidato e di ciò prende atto anche la recente Cass. 4253/2012 - richiamata dalla parte convenuta - che per la riconoscibilità del risarcimento del danno da perdita parentale in capo ai nipoti, impone che per tale categoria di parenti debba essere allegata e provata la convivenza, ritenendo che la presunzione di sussistenza del danno desumibile dal fatto illecito in sé possa ritenersi sufficiente solo per i componenti della famiglia nucleare. Questo giudice ritiene condivisibile il predetto orientamento solo nella parte in cui - partendo dalla mutata realtà sociale in cui la famiglia allargata, tradizionalmente legata ad un contesto rurale, non esiste più - appare giustamente finalizzato a 5 limitare il proliferare di parenti non dotati dei presupposti sui quali il riconoscimento del patema d'animo si fonda ritiene peraltro, per ciò che nel caso di specie può valere, che la convivenza come requisito individuante la sussistenza di un particolare legame affettivo non sia l'unico elemento dirimente, sul quale possa basarsi il riconoscimento del presupposto risarcitorio, in quanto le mutate relazioni sociali hanno ormai superato anche la famiglia nucleare visto che la casistica riguardante le dinamiche relazionali della famiglia presenta una galoppante evoluzione verso modalità di coniugio e di genitorialità basata sulla distanza fisica fra marito e moglie, fra padri, madri e figli e fra questi ed i parenti, distanza che spesso intercorre perfino fra nazioni diverse, senza con ciò intaccare - ma solo mutando le modalità relazionali - il vincolo di solidarietà e la comunione di vita e di affetti che governano le relazioni parentali e che rappresentano il valore fondante della tutela garantita dalla Carta Costituzionale artt. 2 e 30 e dalle fonti internazionali e comunitarie Carta di Nizza, Trattato di Lisbona che l'ha recepita e norme della C.E.D.U. . A maggior ragione, l'evoluzione sopra segnalata si può constatare fra i membri della famiglia non nucleare, che sempre più spesso vivono lontani fra loro mantenendo quasi sempre rapporti attraverso i moderni mezzi di telecomunicazione. Conseguentemente, la prova della convivenza non può essere l'unico parametro per accogliere o negare una richiesta risarcitoria proveniente da componenti della famiglia diversi da quelli più stretti questo giudice ritiene, in buona sostanza, che in tale mutato contesto sociale non possa mai prescindersi dalla valutazione del caso concreto, con particolare riferimento all'atteggiarsi delle modalità di vita dei componenti della famiglia, e dalla dimostrazione, anche in via presuntiva ove il contesto lo consenta, dell'intensità della relazione esistente fra i congiunti e la vittima dell'illecito . In tempi recentissimi la è tornata sull'argomento con Ordinanza n. 24689 del 05/11/202, Sez. 3 -, in cui è stato affermato che Il danno non patrimoniale da lesione o perdita del rapporto parentale non è rigorosamente circoscritto ai familiari conviventi, poiché il rapporto di convivenza, pur costituendo elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità, non assurge a connotato minimo di esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà, escludendoli automaticamente in caso di sua mancanza. In particolare, nessun rilievo può essere attribuito, al fine di negare il riconoscimento di tale danno, all'unilateralità del rapporto di fratellanza ed all'assenza di vincolo di sangue, non incidendo essi negativamente sull'intimità della relazione, sul reciproco legame affettivo e sulla pratica della solidarietà . La sentenza è strettamente attinente al caso di specie, in quanto non solo esclude che sia necessaria la convivenza, ma ammette anche il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale nel caso in cui non vi siano vincoli di sangue. Un'interpretazione volta a ritenere che la differenza tra risarcibilità e non risarcibilità sia basata unicamente sul rapporto di parentela esistente implica, a parere della scrivente, una violazione dell'art. 3 della Cost., in quanto rapporti aventi le medesime caratteristiche sarebbero trattati diversamente sulla base di un elemento meramente occasionale ed accidentale. Il nodo centrale, dunque, consiste nel calibrare la portata dell'onere probatorio del danneggiato non potendo sussistere alcuna presunzione nel caso di perdita del cognato e nel valutare poi il quantum del danno risarcibile sulla base delle circostanze del caso concreto. La stessa relazione allegata alle Tabelle del Tribunale di Milano prevede che non vi è un minimo garantito e sottolinea l'importanza, per il giudice di merito, di valutare ogni elemento utile, al fine di garantire che il danno risarcito corrisponda a quello realmente patito. Proprio la vicenda in esame è esemplare sotto questo punto di vista il padre, per il quale si presume normalmente un danno per la perdita del rapporto parentale con un figlio, addirittura minorenne, potrebbe non avere diritto a risarcimento alcuno, ove fosse dimostrato in un giudizio in cui lo stesso sia parte e, dunque, con prove allo stesso opponibili che è vero quanto emerso nel corso del presente giudizio, ovvero la scelta del padre di abbandonare il figlio prima della nascita e di interrompere con questi qualsivoglia rapporto. Proprio nel caso in esame, dunque, è necessario abbandonare ogni logica precostituita e standard e verificare cosa l'attore abbia provato, non potendosi escludere in nuce il diritto del cognato al risarcimento del danno per la morte del congiunto. Orbene, nel caso di specie è emerso che il sig. si è preso cura del cognato - più giovane di lui di ben 19 anni - fin dalla nascita di questi, convivendo anche con il cognato e il suo nucleo familiare dal 2010 e fino al giugno del 2015 pochi mesi prima della morte, avvenuta nel settembre del 2015 . È emerso che la madre della vittima, da sola e con tre figli, era costretta a svolgere numerosi lavori ed era spesso assente da casa, per cui erano l'attore e la fidanzata/moglie ad occuparsi della vittima la sorella era la sorella più grande, maggiore di 8 anni di Fiore e di 17 anni di , a portarlo a scuola e ad andare a prenderlo, a seguire gli incontri scuola-famiglia, etc. Si vedano sul punto le dichiarazioni testimoniali, sulla cui attendibilità non vi sono ragioni per dubitare. In particolare, la teste - maestra presso la scuola d'infanzia di - ha dichiarato che Sono stata insegnante della scuola dell'infanzia per 3 anni di . Sono venuta a conoscenza della sua morte successivamente al sinistro del 20.09.2015. È vero che il Sig. , a causa della separazione dei suoi genitori naturali è stato cresciuto dalla sorella e dal in quanto la madre lavorava. Il padre naturale del minore non l'ho mai visto. A scuola venivano a prenderlo , altre volte la sorella e la madre raramente. Preciso che la madre lo accompagnava di mattina qualche volta e solitamente il Sig. o la sorella. Ricordo che in occasione della festa del papà poiché io dovevo per forza consegnare il lavoretto, lo stesso lavoro è stato consegnato al come se fosse il padre. Confermo che la figura paterna per il minore non c'era ed è stata rappresentata dal Sig. . Questo posso dire in quanto nell'ambito dell'attività scolastica il Sig. rappresentava il padre. Questo posso dire poiché il accompagnava e prendeva da scuola , era sempre presente durante gli incontri con i genitori e anche durante le feste che organizzavamo. Il era presente anche ai compleanni del minore e ogni volta che chiedesse dei genitori, veniva sempre il che svolgeva le veci del padre. Per i tre anni che ha frequentato la scuola dell'infanzia, era trattato come un figlio dal . La teste Sig.ra spagna , madre del minore , ha dichiarato È vero che mio figlio è stato accudito sin dalla nascita dalla sorella e da , in quanto io ero costretta a lavorare ed il padre naturale si era allontanato da casa senza lasciare traccia. È vero che la figura paterna per il minore è stata rappresentata dal Sig. essendo stato da lui cresciuto sin dalla nascita. Preciso che il lo lavava, lo vestiva come se fosse suo figlio sin da subito. Confermo le foto che mi vengono esibite e contenute nel fascicolo attoreo. È vero che il Sig. era sempre presente in tutti i momenti più importanti della crescita di ovvero durante le festività e i compleanni come attestano le foto, convivendo con lui e accudendolo costantemente sia di giorno che di notte. Preciso che il dal primo momento in cui si è fidanzato con mia figlia è venuto a vivere da noi È vero che il Sig. ogni giorno accompagnava e prendeva da scuola in quanto io lavoravo. È vero che il Sig. si è sempre presentato in luogo del padre ed era sempre presente a tutti gli incontri scuola - famiglia che riguardavano ed era solito svolgere le veci del padre ogni qualvolta ve ne fosse bisogno. Gli voleva un gran bene tanto che, dopo essersi sposato con mia figlia, il fece una camera per nella nuova abitazione. È vero che il ha convissuto in al Viale delle n. 52 con dal 25.06.2010, data in cui ha portato la residenza presso la mia abitazione. Ha anche convissuto precedentemente con noi pur avendo la residenza in un altro luogo. Per il Sig. era come un figlio e lo è tutt'ora e veniva trattato al pari dei figli naturali. Ha sofferto e soffre molto ancora e ogni volta che gli si chiede quanti figli ha lui risponde ne avevo tre! . La testimone ha riferito Preciso che quando è nato io e mio marito convivevamo a casa di mia madre. La figura paterna per è stata rappresentata da mio marito essendo stato da lui cresciuto sin dalla nascita. Preciso che prima del matrimonio io e mio marito convivevamo presso casa di mia madre insieme a e, dopo il matrimonio è venuto a vivere con noi a casa nostra tanto che aveva la sua cameretta. durante il giorno e la notte era sempre con noi perché mia madre era costretta a lavorare anche di notte per le gravi difficoltà economiche in cui si trovava. Mio marito ha sempre aiutato mia madre a mantenere in quanto la stessa era gravata dai debiti lasciati da mio padre. Confermo il corredo fotografico in atti che mi viene esibito e preciso che il Sig. era presente in tutti i momenti di vita di più importanti fino anche a travestirsi da Babbo Natale. Mio marito prendeva da scuola e lo accompagnava e si recava anche agli incontri scuola - famiglia ed era solito svolgere le veci del padre ogniqualvolta a scuola ve ne fosse bisogno in quanto era l'unico ad avere l'auto tra me e lui e mia madre era sempre impegnata a lavorare. Mio marito trattava come un figlio, come i figli naturali, era il suo primogenito tanto che adesso sta male per la sua mancanza . Alla prova testimoniale si aggiunge la prova documentale fornita da parte attrice, attestante non solo i periodi di convivenza, ma anche la condivisione di numerosi momenti tra i due cognati va ribadito, con differenza di età di 19 anni . Nelle foto in atti, confermate dai testimoni, il sig. è riprodotto insieme al cognato fin da quando questi era piccolissimo ed è ripreso in momenti svariati della vita, non solo in occasione del Natale, dei compleanni o della Prima Comunione, ma anche in momenti di gioco, di relax sul divano, a dormire nello stesso letto del bambino, sugli scalini di una chiesa. Nelle foto i cognati sono spesso abbracciati o legati da uno sguardo reciproco, ad attestare un rapporto di affetto e complicità. Proprio le fotografie in atti dimostrano che il sig. ha visto crescere il cognato, ha condiviso con lui i vari momenti della sua quotidianità e si è presentato come una figura paterna durante l'infanzia del bambino. Il rapporto è rimasto intatto anche quando il sig. ha avuto figli propri, tanto che vi sono diverse foto che riproducono i bambini insieme. Le foto in atti e i certificati di residenza confermano l'attendibilità di quanto emerso in sede di prova testimoniale, a conferma di un rapporto tra cognati che era simile a quello tra un fratello maggiore e il fratello minore o tra un padre giovane e un figlio la differenza di età è prossima a quella avuta con la sorella , in un contesto familiare in cui mancava la figura paterna. Vi è dunque la prova dell'esistenza di un rapporto parentale giuridicamente rilevante che è stato leso per effetto del sinistro stradale che ha causato la morte del sig. . In punto di quantum, si prendono come punto di riferimento le Tabelle del Tribunale di Milano per la perdita del figlio in quanto tutti i testimoni hanno parlato di una figura paterna , ma si evidenzia che, in ragione della modesta differenza di età esistente tra attore e vittima, il rapporto è comunque simile a quello che lega un fratello maggiore a uno minore la differenza di età è di soli 19 anni e l'attore era il fidanzato/marito della sorella, dunque percepito come tale . Il rapporto è quindi un ibrido tra quello di genitorialità e quello fraterno. Va poi evidenziato che il rapporto si è creato fin dalla nascita della vittima, che in alcuni anni vi è stata la convivenza, che la vittima aveva solamente 16 anni, che il nucleo familiare della vittima comprendeva comunque una madre e altri due fratelli conviventi, che l'attore ha creato un proprio nucleo familiare che include la moglie e due figli, che al momento del decesso la convivenza era cessata. Tenendo conto di questi elementi, si ritiene di liquidare il danno nell'importo di Euro 80.000,00, compresi interessi monetari sulla somma di anno in anno rivalutata, dall'evento alla data odierna. Su tale importo sono dovuti poi solo gli interessi legali, dalla data odierna al soddisfo. Tale importo è ottenuto partendo dalla media tra il minimo per la perdita del figlio e il medio per la perdita di un fratello e riducendo poi tale media in ragione dell'assenza di un vincolo di sangue che, come detto, rileva comunque nel quantum , della sopravvivenza di un nucleo familiare coeso composto da madre e figli, della sopravvivenza altresì della suocera e del cognato già conviventi, dell'avvenuta cessazione della convivenza prima della morte. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Lecce - Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa N 50000926/2012 RG, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa a Condanna parte convenuta al risarcimento del danno in favore del sig. , liquidato in Euro 80.000,00, oltre interessi in misura legale dalla data odierna al soddisfo b Condanna parte convenuta alla refusione delle spese di lite in favore di parte attrice, liquidate in Euro 836,59 per spese ed Euro 13.430,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, Iva e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. , che ha reso la dichiarazione di rito.