L’assicurazione della responsabilità civile copre anche il rischio di dover sostenere spese legali

Nella polizza multirischio per responsabilità civile e tutela legale, le spese sostenute dall’assicurato per resistere alla domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti, rientrano nella prima copertura, fino al limite del 25% del massimale, e sono inopponibili all’assicurato eventuali clausole limitative del rischio.

La Sesta Sezione Civile della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 3011/21 del 9 febbraio ha fatto chiarezza sul tema dell’assicurazione in materia di responsabilità professionale del sanitario, delineando i confini dell’operatività delle polizze c.d. multirischio. Il caso riguarda un’azione di risarcimento dei danni intentata nei confronti di un medico, in conseguenza di un intervento di bypass coronarico, praticato in maniera asseritamente non corretta. Il sanitario si è costituito negando la presunta imperizia e chiedendo di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore della responsabilità civile. Quest’ultimo ha contestato l’efficacia del contratto di assicurazione e, comunque, la sussistenza di responsabilità in capo all’assicurato. Il giudizio di primo grado si è concluso con sentenza di accoglimento delle istanze attoree, oltre che della domanda di garanzia proposta nei confronti della compagnia, nei limiti della quota di responsabilità 10% attribuita all’assicurato le spese di lite sono state compensate nel rapporto tra assicurato e assicuratore. La pronuncia è stata impugnata dal medico, innanzi alla Corte di Appello capitolina, per omessa condanna dell’assicuratore alla refusione delle spese di resistenza in giudizio e per erronea compensazione delle spese di lite , nel rapporto tra assicuratore ed assicurato. La compagnia ha formulato appello incidentale, eccependo l’inoperatività della polizza per violazione della clausola di claims made in essa contenuta, per essere stata stipulata a secondo rischio”, nonché per la prescrizione dei diritti contrattuali vantati dall’assicurato, ex art 2952 c.c La Corte di Appello ha accolto l’appello principale e rigettato quello incidentale, rilevando 1. la piena vigenza del contratto, all’epoca dell’inoltro della prima richiesta di risarcimento danni 2. la mancata prova della conoscenza, da parte del sanitario, di tale istanza, in epoca precedente 3. La mancata prova dell’esistenza di altre coperture assicurative a primo rischio 4. L’insussistenza di validi motivi per la compensazione delle spese di lite. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in Cassazione la società di assicurazione, formulando tre quesiti di diritto. In primis è stata eccepita la violazione degli artt. 1372 e 1917 c.c., sostenendo che l’art. 28 delle condizioni generali di contratto prevedeva un limite temporale per la prestazione della garanzia e dacché il fatto generatore della pretesa risarcitoria era avvenuto in epoca precedente la stipula del contratto , il medico non poteva pretendere la copertura del rischio, tantomeno la refusione delle spese di resistenza. La Corte, tuttavia, ha rigettato il motivo rilevando che l’art. 17 del contratto di assicurazione copriva tutte le richieste di risarcimento pervenute in costanza di rapporto, a prescindere dall’epoca di commissione del fatto in conseguenza, la compagnia era tenuta a manlevare l’assicurato anche dalle spese di resistenza in giudizio, quale effetto naturale del contratto, giammai derogabile in peius . Nel caso di specie, peraltro, il contratto prevedeva la copertura di un doppio rischio quello della responsabilità civile e quello di tutela legale . Nel primo rientrano le spese legali sostenute dall’assicurato per resistere alla domanda risarcitoria contro di lui proposta dal terzo, mentre afferiscono al secondo rapporto le spese sostenute per introdurre una lite, quelle extragiudiziali e quelle eccedenti il 25% del massimale garantito dalla copertura r.c Anche per tale ripartizione, eventuali clausole limitative del rischio sono in opponibili all’assicurato che domandi la rifusione delle spese di resistenza, ai sensi dell’art. 1917 c.c Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato l’omessa pronuncia sull’ eccezione di prescrizione dell’azione e l’illegittimo rigetto delle istanze istruttorie tese a dimostrare che l’assicurato conosceva delle istanze risarcitorie già prima dell’invio della messa in mora. Dette censure sono state ritenute fondate dalla Corte, la quale ha chiarito che la sentenza di appello non si è pronunciata sull’eccezione di prescrizione, né tale silenzio può ritenersi un implicito rigetto. Quanto al tema delle prove, il Collegio ha rilevato che la compagnia aveva avanzato molteplici istanze istruttorie sin dal primo grado, onde provare la conoscenza da parte dell’assicurato della domanda di risarcimento danni, tutte rigettate anche in appello. Così giudicando, quindi, la Corte di merito ha violato il principio secondo cui il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, e poi negarle la prova offerta. Infine, il terzo motivo è stato ritenuto assorbito dall’accoglimento della seconda censura. Per tali motivi, la sentenza di appello è stata cassata, nei limiti di cui in premessa, e rinviata la causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 novembre 2020 – 9 febbraio 2021, n. 3011 Presidente Graziosi – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. L’esposizione dei fatti di causa sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede. 2. Nel 2012 C.R. e L.M. convennero dinanzi al Tribunale di Roma, insieme ad altri soggetti, R.A. , di professione medico chirurgo, chiedendone la condanna risarcimento dei danni da essi rispettivamente subiti in conseguenza dell’erronea esecuzione d’un intervento di bypass coronarico eseguito sulla persona di C.R. . 3. Il convenuto si costituì e, oltre a contestare la domanda, chiese di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore della responsabilità civile, la società Assicuratrice Milanese s.p.a , che venne dal convenuto chiamata in causa. 4. Anche l’Assicuratrice Milanese si costituì, contestando l’efficacia del contratto, e comunque la sussistenza della responsabilità dell’assicurato. 5. Con sentenza 4 aprile 2017 n. 6667 il Tribunale di Roma accolse la domanda principale accolse la domanda di garanzia proposta da R.A. nei confronti della Assicuratrice Milanese nei limiti della quota di responsabilità attribuita all’assicurato 10% del totale compensò le spese di lite nel rapporto processuale tra assicurato ed assicuratore. 6. La sentenza venne impugnata in via principale da R.A. ed in via incidentale dalla Assicuratrice Milanese. L’appellante principale censurò la sentenza impugnata sotto due aspetti, e cioè - avere omesso di condannare l’assicuratore alla rifusione, in favore dell’assicurato, delle spese di resistenza, vale a dire delle spese sostenute per contrastare la domanda proposta dei terzi danneggiati - avere compensato le spese di lite nel rapporto tra assicurato ed assicuratore. 7. L’appellante incidentale censurò la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rigettato le sue eccezioni di - inoperatività della polizza, per violazione della clausola claims made in essa contenuta, dal momento che la prima richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato era pervenuta all’assicurato ben prima del momento di decorrenza della copertura assicurativa - inoperatività della polizza per essere stata stipulata a secondo rischio - prescrizione ex art. 2952 c.c. dei diritti contrattuali vantati dall’assicurato. 8. Con sentenza 19 giugno 2018 n. 4216 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello incidentale proposto dall’assicuratore ed accolse quello principale proposto dall’assicurato. Ritenne la Corte d’appello che - la prima richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato pervenne all’assicurato il 17 giugno 2013, e quindi in piena vigenza contrattuale, dal momento che il contratto era stato stipulato il 22 maggio 2012 - l’assicuratore non aveva dimostrato che, prima di tale data, l’assicurato fosse a conoscenza di aver causato un danno a terzi - la clausola a secondo rischio non era operante perché non era stata fornita da parte della Assicuratrice Milanese la prova che la struttura sanitaria ove l’assicurato lavorava European Hospital s.p.a. avesse stipulato una polizza assicurativa a copertura della responsabilità dei propri dipendenti - la società Assicuratrice Milanese fosse tenuta ex art. 1917 c.c. a rivalere l’assicurato delle spese di resistenza, nè sussistevano nel caso di specie validi motivi per compensare le spese di lite tra l’assicurato e l’assicuratore. 9. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla società Assicuratrice Milanese con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito R.A. con controricorso illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1372 e 1917 c.c Il motivo contiene una tesi giuridica così riassumibile - l’art. 28 delle condizioni generali del contratto stipulato tra la Assicuratrice Milanese e R.A. prevedeva una apposita garanzia per la tutela legale , e stabiliva che tale garanzia era prestata per le controversie determinate da fatti verificatisi nel periodo di validità del contratto - nel caso di specie, il fatto generatore della pretesa risarcitoria da parte del terzo danneggiato era avvenuto nel 2007, mentre il contratto era stato stipulato nel 2012 - di conseguenza, la suddetta garanzia non operava e l’assicurato non poteva pretendere la rifusione delle spese di resistenza. 1.2. Il motivo è infondato. Non è controverso tra le parti che la Assicuratrice Milanese ed R.A. abbiano stipulato un contratto di assicurazione della responsabilità civile. Secondo quanto accertato dal giudice di merito, con statuizione non impugnata in questa sede, l’art. 17 delle condizioni generali del contratto di assicurazione prevedeva che la copertura prestata dall’assicuratore valesse per le richieste di risarcimento pervenute alla società dall’assicurato per la prima volta durante il peri9do di validità del contratto, qualunque sia l’epoca in cui è stato commesso il fatto che ha dato origine alla richiesta di risarcimento così la sentenza impugnata, p. 5 . Il contratto, dunque, delimitava temporalmente il rischio includendo nella copertura assicurativa anche i fatti commessi dall’assicurato prima della stipula del contratto, a condizione che il terzo danneggiato ne chiedesse il risarcimento durante il periodo di efficacia della polizza. 1.3. Ciò posto in punto di fatto, rileva questa Corte in punto di diritto che il contratto di assicurazione della responsabilità civile ha per effetto di obbligare l’assicuratore a tenere indenne l’assicurato delle spese di resistenza art. 1917 c.c., comma 3 . Tale obbligo, in quanto espressamente previsto dalla legge, costituisce un effetto naturale del contratto art. 1374 c.c. , ed è inderogabile dalle parti, se non in senso più favorevole all’assicurato art. 1932 c.c., comma 1 . L’obbligo dell’assicuratore della responsabilità civile di rivalere l’assicurato delle spese di resistenza, in quanto effetto naturale del contratto, ha la medesima estensione dell’obbligo di tenere indenne l’assicurato delle conseguenze patrimoniali dei fatti illeciti da lui commessi. Il primo di tali obblighi, pertanto, si estenderà o ridurrà a seconda del crescere o ridursi del secondo. Ammettere che l’assicuratore della responsabilità civile, per determinati fatti commessi dall’assicurato, possa essere obbligato a manlevare l’assicurato dalle pretese risarcitorie del terzo, ma non a rifondergli le spese di resistenza, significherebbe derogare all’art. 1917 c.c., comma 3 deroga, come s’è detto, vietata dall’art. 1932 c.c 1.4. Nondimeno, sostiene la società ricorrente che il giudice di merito avrebbe travisato il contenuto del contratto violando l’art. 1372 c.c. per non avere tenuto conto che il contratto del quale si discorre, oltre a garantire la responsabilità civile dell’assicurato, includeva anche una assicurazione di tutela legale e che tale ultima copertura prevedeva all’art. 28 delle condizioni generali l’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne l’assicurato delle spese legali da questi sostenute limitatamente alle controversie determinate da fatti verificatisi nel periodo di validità del contratto . Si tratta di una tesi ardita. L’assicurazione di tutela legale ha presupposti, natura e disciplina diverse dall’assicurazione della responsabilità civile. L’assicurazione di tutela legale è definita dall’art. 173 cod. ass. D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il quale costituisce attuazione della Direttiva del Consiglio 22-06-1987, n. 87/344, recante coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative all’assicurazione tutela giudiziaria come il contratto in virtù del quale l’impresa di assicurazione si obbliga a prendere a carico le spese legali o peritali o a fornire prestazioni di altra natura, occorrenti all’assicurato per la difesa dei suoi interessi in sede giudiziale, in ogni tipo di procedimento, o in sede extragiudiziale, soprattutto allo scopo di conseguire il risarcimento di danni subiti o per difendersi contro una domanda di risarcimento avanzata nei suoi confronti, purché non proposta dall’impresa che presta la copertura assicurativa di tutela legale . Dalla definizione normativa discende che l’assicurazione in questione è un’assicurazione di patrimoni, e più esattamente, di un’assicurazione contro il sorgere di un debito. Anche l’assicuratore della responsabilità civile, tuttavia, come s’è visto, è tenuto ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 3, a tenere indenne l’assicurato delle spese sostenute per resistere alla pretesa risarcitoria del terzo, nei limiti del 25% del massimale. Dunque anche l’assicurazione della responsabilità civile copre ope legis il rischio di dovere sostenere spese legali, sebbene ad essa non si applichino le norme dettate per l’esercizio dell’impresa di assicurazione di tutela legale art. 163 cod. ass., comma 2 . Se dunque la medesima persona stipula un contratto che copre, contestualmente ed uno actu, sia la propria responsabilità civile, sia il rischio di sostenere esborsi per spese legali, ricorre una tipica ipotesi di assicurazione c.d. multirischio. Ma va da sé che, non potendosi derogare all’art. 1917 c.c., comma 3, la contestuale stipula delle due coperture di cui s’è detto avrà per effetto che a le spese legali sostenute dall’assicurato per resistere alla domanda risarcitoria contro di lui proposta da un terzo costituiscono un rischio coperto dall’assicurazione di responsabilità civile, nei limiti ed alle condizioni per questa concordate b l’assicurazione di tutela legale coprirà di norma - salvo diversa delimitazione del rischio - le restanti spese legali, e cioè b’ le spese legali sostenute per introdurre una lite nella veste di attore b le spese legali per resistere ad una domanda non avente ad oggetto il risarcimento del danno da fatto illecito od inadempimento contrattuale b ‘ le spese legali extragiudiziali b le spese legali eccedenti il 25% del massimale garantito dalla copertura di r.c Nel caso di specie, pertanto, le pattuizioni di polizza concernenti l’assicurazione di tutela legale erano irrilevanti al fine di escludere il diritto dell’assicurato alla rifusione delle spese di resistenza, perché non erano quelle pattuizioni a dovere essere applicate. 1.5. Il primo motivo di ricorso va in conclusione rigettato alla luce del seguente principio di diritto se la medesima polizza copra contemporaneamente sia il rischio di responsabilità civile, sia quello di tutela legale, le spese sostenute dall’assicurato per resistere alla domanda risarcitoria contro di lui proposta dal terzo danneggiato rientrano nella prima copertura e non nella seconda, fino al limite del 25% del massimale, ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 3. Ne consegue che eventuali clausole limitative del rischio, contrattualmente previste per la sola assicurazione di tutela legale, sono inopponibili all’assicurato che domandi la n fusione delle spese di resistenza ai sensi del citato art. 1917 c.c. . 2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta il vizio di omessa pronuncia. Il motivo, se pur formalmente unitario, contiene due censure. Con una prima censura la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione da essa sollevata. Con una seconda censura la ricorrente lamenta l’illegittimo rigetto delle proprie istanze istruttorie, intese a dimostrare che l’assicurato già prima della introduzione della domanda di risarcimento aveva saputo, dalla clinica dove lavorava, l’esistenza della pretesa risarcitoria ad essa inviata dal terzo danneggiato. 2.1. Ambedue le censure sono fondate. È la stessa Corte d’appello a riferire che la Assicuratrice Milanese chiese in appello la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui aveva rigettato le eccezioni di non operatività della polizza con particolare riguardo all’intervenuta prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 2952 c.c. p. 3, terzo capoverso, della sentenza . Tuttavia, nell’esaminare l’appello incidentale proposto dalla compagnia assicuratrice pp. 4-6 della sentenza , la sentenza impugnata affronta unicamente il tema della inoperatività della polizza a causa della reticenza dell’assicurato, ex art. 1892 c.c., e quello della inoperatività della polizza in quanto contenente una clausola a secondo rischio . La sentenza, per contro, tace sull’eccezione di prescrizione, nè questa può ritenersi implicitamente rigettata, dal momento che il rigetto della suddetta eccezione avrebbe richiesto l’accertamento in punto di fatto dell’exordium praescriptionis, e l’individuazione in punto di diritto del termine applicabile considerazioni, l’una e l’altra, introvabili nella sentenza impugnata. 2.2. Per quanto attiene, poi, la seconda censura contenuta nel secondo motivo di ricorso, rileva il collegio che la Corte d’appello ha rigettato l’eccezione di decadenza dell’assicurato dal diritto ad ottenere l’indennizzo, sollevata dall’assicuratore ex art. 1892 c.c., affermando che in alcun modo è stata dimostrata dalla compagnia alcuna circostanza o elemento indiziario che potesse far ritenere che l’assicurato avesse già contezza di un proprio comportamento professionale causa di un’eventuale pretesa risarcitoria di un terzo . La società odierna ricorrente, tuttavia, aveva domandato sin dal giudizio di primo grado di provare per testimoni, per interrogatorio formale e attraverso l’actio ad exhibendum di cui all’art. 210 c.p.c., che la clinica nella quale l’assicurato lavorava all’epoca dei fatti lo aveva informato della richiesta risarcitoria ad essa pervenuta da parte del terzo danneggiato, egli aveva altresì richiesto una relazione sull’accaduto. La Corte d’appello ha, quindi, da un lato rigettato l’eccezione ex art. 1892 c.c. perché non provata e dall’altro rigettato le richieste istruttorie formulate dall’assicuratore ed intese a dimostrare la fondatezza di quell’eccezione. Così giudicando, la Corte d’appello ha violato il consolidato principio secondo cui il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda, e poi negarle la prova offerta così già Sez. U, Sentenza n. 789 del 29/03/1963, Rv. 261080 01 nello stesso senso, ex permultis, Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 17981 del 2020 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 14155 dell’8.7.2020 Sez. 3, Ordinanza n. 8466 del 5.5.2020 . Dalla violazione di tale principio discende la nullità della sentenza, per contraddittorietà insanabile. 3. Col terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1892 e 2697 c.c Il motivo ripropone, con più ampia illustrazione, la seconda censura contenuta nel secondo motivo, e resta assorbito dall’accoglimento di quest’ultimo. 4. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. - rigetta il primo motivo di ricorso accoglie il secondo dichiara assorbito il terzo - cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.