Gli eredi della vittima di un sinistro possono chiedere il risarcimento del lucro cessante

Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell’illecito del terzo .

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2177/21, depositata il 1° febbraio. A seguito di un sinistro stradale , gli eredi della vittima chiedevano dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme il risarcimento dei danni patiti nei confronti del conducente dell’altro veicolo, della proprietaria e della loro compagnia assicuratrice. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo esistente e risarcibile il danno non patrimoniale , escludendo invece il danno patrimoniale da lucro cessante . In Appello veniva confermata tale sentenza in virtù del principio della compensatio lucri cum damno , in quanto gli appellanti beneficiavano di una pensione di reversibilità al 60% del reddito del defunto. Gli eredi hanno dunque impugnato la pronuncia di seconde cure dinanzi alla Corte di legittimità ribadendo la risarcibilità del danno patrimoniale da lucro cessante. Secondo i ricorrenti il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione solo laddove il pregiudizio all’incremento patrimoniale sia dovuto ad un fatto illecito. Presupposto che non ricorreva nel caso di specie. La Cassazione ha accolta la doglianza richiamando la sentenza n. 12564/18 con cui ha stabilito che dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell’illecito del terzo . La sentenza impugnata viene, quindi, rinviata alla Corte d’Appello al fine di esaminare l’appello proposto, dovendo applicare il suddetto principio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 ottobre 2020 - 1 febbraio 2021, n. 2177 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2010 R.L.I. , C.M. ed C.E. convennero dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme Ca.An. , P.M. e la società Groupama Assicurazioni s.p.a., esponendo che - erano prossimi congiunti di C.V. - il 7.7.2006 C.V. era deceduto in conseguenza di un sinistro stradale, causato da un veicolo condotto da Ca.An. , di proprietà di P.M. ed assicurato dalla società Nuova Tirrena s.p.a. il cui portafoglio sarà in seguito acquisito dalla Groupama s.p.a. . Chiesero pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni rispettivamente patiti. Con sentenza 17 febbraio 2014 n. 436 il Tribunale di Lamezia Terme accolse parzialmente la domanda. Il Tribunale ritenne esistente e risarcibile il danno non patrimoniale, ma rigettò la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante, consistito - nella prospettazione attorea - nella perdita degli emolumenti alla propria famiglia. 2. La sentenza venne appellata da R.L.I. , C.M. ed C.E. . La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza 8 maggio 2017 n. 843, pur accogliendo il gravame in merito ad altre questioni che in questa sede non vengono in rilievo, rigettò l’impugnazione avverso il capo di sentenza reiettivo della domanda di risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante. La Corte d’appello, rilevato che le parti danneggiate beneficiavano d’una pensione di reversibilità pari al 60% del reddito del defunto, ritenne che tale circostanza fosse di per sé idonea ad eliminare il pregiudizio patrimoniale provocato dalla morte di C.V. , in virtù del principio della compensatio lucri cum damno. 3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da R.L.I. , C.M. ed C.E. , con ricorso fondato su un solo motivo. Nessuna delle parti intimate si è difesa. 4. Il ricorso, già fissato per la discussione nell’adunanza del 25 settembre 2019, con ordinanza interlocutoria 21 ottobre 2019 n. 26746 è stato rinviato alla odierna adunanza, in quanto nel fascicolo delle parti ricorrenti non erano presenti gli avvisi di ricevimento della notifica del ricorso a due delle parti intimate sicché, vertendosi in ipotesi di litisconsorzio necessario, si rese necessario ordinare la rinnovazione della notifica. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso R.L.I. , C.M. ed C.E. sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha escluso la sussistenza di un danno patrimoniale da lucro cessante sol perché i familiari della persona defunta percepivano una pensione di reversibilità. Deducono che nella specie non poteva operare il principio della compensatio lucri cum damno, in quanto tale principio trova applicazione solo quando sia il pregiudizio che l’incremento patrimoniale siano causati dal fatto illecito, ipotesi non ricorrente con riferimento alla percezione della pensione di reversibilità, che non trae origine dal fatto illecito. 2. Il ricorso è fondato, alla luce dei principi affermati - in fattispecie analoga - dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 12564 del 22/05/2018. Tale sentenza ha stabilito che dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell’illecito del terzo . La sentenza impugnata, che non poteva attenersi a tale principio in quanto pronunciato prima dell’intervento chiarificatore delle SS.UU., va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, che tornerà ad esaminare l’appello proposto dalle odierne ricorrenti facendo applicazione del suddetto principio. 3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. - accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.