Dislivello ben visibile: la caduta del passante non è addebitabile al Comune

Respinta la richiesta risarcitoria avanzata dalla ricorrente. Per i Giudici il capitombolo è stato frutto di una sua disattenzione. Esclusa, quindi, la responsabilità dell’Ente locale.

Se il dislivello nella pavimentazione della piazza è ben visibile – come testimoniato da una colorazione ad hoc –, allora è addebitabile al passante la responsabilità per il brutto capitombolo subito. Priva di fondamento, quindi, ogni pretesa risarcitoria nei confronti del Comune Cassazione, ordinanza n. 29435/20, depositata il 23 dicembre . Scenario dell’episodio è una centralissima piazza in quel di Brescia. A finire a terra rovinosamente è una donna, che cita in giudizio il Comune, ritenendolo responsabile dei danni da lei patiti a seguito della caduta causata, a suo dire, dalla presenza di un dislivello nella pavimentazione esistente nella piazza . Una volta ricostruito il fattaccio, i Giudici di primo grado accolgono la tesi proposta dalla donna e condannano il Comune a versarle ben 4mila e 349 euro come risarcimento . Di parere opposto sono i Giudici d’Appello, i quali escludono ogni ipotetica responsabilità del Comune , ritenendo invece colpevole la donna che è rimasta vittima, in sostanza, della propria disattenzione. In particolare, i Giudici osservano che il dislivello aveva un’altezza di circa dodici centimetri – conseguenti all’esecuzione di alcuni lavori di riqualificazione urbana della piazza – e la colorazione della parte superiore del gradino-dislivello era ben differente rispetto a quella della parte inferiore e le lastre della parte superiore erano anche poste con una striscia di direzione inversa rispetto a quelle del piano inferiore . Ciò è sufficiente, secondo i Giudici, per affermare che la differenza cromatica rendeva ben visibile il dislivello in una giornata di sole come quella in cui si era verificata la caduta . Peraltro, è emerso anche che esso era in ottimo stato di manutenzione, dato il recente svolgimento dei lavori di riqualificazione . A inchiodare la donna alle proprie responsabilità è anche la Cassazione, confermando la decisione presa dalla Corte d’Appello ed escludendo, quindi, ogni possibile addebito nei confronti del Comune. Inutili le osservazioni proposte dal legale della medesima, e mirate anche a porre in evidenza che su quel medesimo tratto di marciapiede si erano verificate numerose cadute, come dimostrato da numerosi articoli della stampa locale . Su questo punto i Giudici del Palazzaccio ribattono che il verificarsi di una serie di cadute non implica, di per sé, che ogni caduta sia dovuta a responsabilità del custode , cioè, in questo caso, del Comune. Anche perché si è appurato, in secondo grado, che il dislivello era ben visibile , a maggior ragione poi in una giornata di sole come quella in cui si era verificata la caduta . Logico, quindi, considerare la caduta della ricorrente come frutto di una sua disattenzione , sufficiente, quindi, ad escludere la responsabilità del Comune.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 novembre – 23 dicembre 2020, n. 29435 Presidente Graziosi – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. F.A. convenne in giudizio il Comune di Brescia, davanti al Tribunale della medesima città, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta avvenuta a causa della presenza di un dislivello nella pavimentazione esistente nella centrale Piazza della Vittoria di Brescia. Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale, svolta prova per interpello e per testimoni e disposto l’espletamento di una c.t.u., accolse la domanda e condannò il Comune al risarcimento dei danni liquidati nella somma di Euro 4.349, nonché al pagamento delle spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata appellata dal Comune soccombente e la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 13 novembre 2018, ha accolto il gravame e, in riforma della decisione impugnata, ha rigettato la domanda della danneggiata, condannandola alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio. 3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Brescia ricorre F.A. con atto affidato a due motivi. Resiste il Comune di Brescia con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e la ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 , omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, sul rilievo che la sentenza avrebbe erroneamente omesso di considerare la circostanza pacifica, che assumeva il carattere del fatto notorio, per cui su quel medesimo tratto di marciapiede si erano verificate numerose cadute, come dimostrato da numerosi articoli della stampa locale non fatti oggetto di alcuna contestazione. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto l’esistenza, nella specie, del caso fortuito, che non sarebbe in alcun modo predicabile anche in considerazione della natura oggettiva della responsabilità che grava in capo al custode. 3. Entrambi i motivi di ricorso sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento. 3.1. Giova premettere che questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. 3.2. La Corte d’appello ha fatto buon governo di tali principi, del resto espressamente richiamati nella motivazione. La sentenza impugnata, infatti, con un accertamento congruamente motivato e privo di vizi logici e di contraddizioni, non suscettibile di ulteriore modifica in questa sede, ha evidenziato che il dislivello in questione aveva un’altezza di circa 12 centimetri, conseguenti all’esecuzione di alcuni lavori di riqualificazione urbana della Piazza della Vittoria. Tanto premesso, la Corte d’appello ha rilevato che la colorazione della parte superiore del gradino-dislivello era ben differente rispetto a quella della parte inferiore e che le lastre della parte superiore erano anche poste con una striscia di direzione inversa rispetto a quelle del piano inferiore. Detta differenza cromatica rendeva ben visibile il dislivello in una giornata di sole come quella in cui si era verificata la caduta ed era d’altronde pacifico come esso era in ottimo stato di manutenzione, dato il recente svolgimento dei lavori di riqualificazione. Da tale premessa la Corte bresciana ha tratto la conclusione per cui la caduta della F. era da imputare esclusivamente ad una sua disattenzione, pienamente idonea ad integrare il caso fortuito. 3.3. A fronte di tale motivazione, le censure di cui al primo motivo si rivelano infondate, posto che l’omissione di un singolo elemento istruttorio non vale ad integrare le condizioni di legge per la configurazione del vizio di motivazione tanto più che il verificarsi di una serie di cadute non implica, di per sé, che ogni caduta sia dovuta a responsabilità del custode. Le censure del secondo motivo - che oscillano tra una doglianza di vizio di motivazione e la presunta violazione di legge - sono parimenti inammissibili, in quanto si risolvono nell’indebita sollecitazione di questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito. Nè sussiste alcuna violazione di legge, perché corretta è stata l’applicazione delle norme sulla responsabilità del custode. 4. Il ricorso, pertanto, è rigettato. In considerazione degli esiti alterni dei due giudizi di merito, sussistono ragioni idonee per l’integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione. Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.