Invalido dopo l’incidente: servono prove per il risarcimento del danno futuro alla capacità lavorativa

Respinta la richiesta avanzata da un motociclista, rimasto invalido dopo un incidente stradale. Esclusa, innanzitutto, la personalizzazione del danno. Centrale poi soprattutto la negazione del danno da perdita di chance, poiché, osservano i Giudici, non vi sono prove su cosa egli avrebbe fatto in futuro, né di come l’invalidità possa avere incidenza sulla sua capacità di lavoro.

L’invalidità riportata dopo un incidente stradale non è sufficiente per considerare risarcibile anche l’ipotetica perdita della futura potenziale – e non più concretizzabile – capacità lavorativa Cassazione, ordinanza n. 27621/20, depositata il 3 dicembre . All’origine del contenzioso l’incidente che vede vittima un giovane motociclista. Quest’ultimo è alla guida del proprio motociclo quando si scontra con un autocarro che sta facendo avventatamente marcia indietro. Il motociclista ottiene una rendita ed un risarcimento da parte dell’assicurazione per il danno differenziale rispetto a quello a carico dell’INAIL . Ciò nonostante, egli agisce in giudizio nei confronti dell’assicurazione per ottenere il riconoscimento di una somma maggiore. Il Tribunale liquida una somma complessiva pari a 238mila e 751 euro. Così, per i Giudici, la persona danneggiata è integralmente risarcita . Viene anche rilevato che comunque il motociclista ha percepito più della somma liquidata, ma senza obbligo di restituzione dell’eccesso, non avendo la compagnia di assicurazione fatto domanda di restituzione . In Appello, però, il motociclista si lamenta per la mancata considerazione della personalizzazione del risarcimento e per il mancato riconoscimento della futura capacità lavorativa , in termini di chance perduta . Ma queste osservazioni vengono respinte e ritenute prive di fondamento dai Giudici di secondo grado. I due temi, cioè personalizzazione del danno e chance perduta in prospettiva lavorativa, vengono riproposti in Cassazione dal legale del motociclista. I Giudici d’Appello hanno ritenuto decisivo il difetto di prova in merito agli elementi necessari, da un lato, ad una personalizzazione, e per altro verso a dimostrare una qualche futura attività lavorativa che possa dirsi pregiudicata dall’incidente . Identica linea di pensiero adotta la Cassazione, respingendo definitivamente le osservazioni proposte dal legale del motociclista. In prima battuta, viene ribadito che egli non ha allegato circostanze specifiche che possano giustificare una personalizzazione del danno, essendosi limitato ad allegare a tal fine l’età e la gravità delle lesioni , elementi che entrano nel calcolo della liquidazione standard, ossia tabellare . Per quanto concerne poi l’ipotetica perdita futura di guadagno , connessa, secondo il motociclista, al riconoscimento del danno futuro alla capacità lavorativa da lui subito, i Giudici della Cassazione escludono si possa parlare di perdita di chance . Ciò perché il danneggiato non ha allegato alcunché a dimostrazione di cosa avrebbe fatto in futuro né di come la sua invalidità possa avere incidenza sulla capacità di lavoro , concludono dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 29 ottobre – 3 dicembre 2020, n. 27621 Presidente Amendola – Relatore Cricenti Fatti di causa Il ricorrente, Ro. Ra., ha subito un incidente mentre guidava un motociclo per mezzo di un autocarro che in quel momento faceva avventatamente marcia indietro. Il ricorrente ha ottenuto una rendita ed un risarcimento da parte di Assicurazioni Generali per il danno differenziale rispetto a quello a carico dell'Inail. Ritenendo insufficiente l'ammontare di quest'ultimo ha agito in giudizio nei confronti delle Generali spa, per ottenere il riconoscimento di una somma maggiore. Il Tribunale ha liquidato un ammontare complessivo di 238.751,00 Euro, con ciò ritenendo il ricorrente integralmente risarcito, ed ha osservato che costui ha percepito più della somma liquidata, ma senza obbligo di restituzione dell'eccesso, non avendo la compagnia di assicurazione fatto domanda di restituzione. Il Ra. ha proposto appello, dolendosi della mancata considerazione della personalizzazione del risarcimento e del mancato riconoscimento della futura capacità lavorativa, in termini di chance perduta. La corte ha rigettato l'appello, ed avverso tale decisione il Ra. ha ora proposto ricorso per Cassazione con due motivi. Resiste con controricorso la compagnia Generali Assicurazioni spa. Ragioni della decisione 1.- La ratio della decisione impugnata. Sono due i capi di sentenza in discussione quello che nega la personalizzazione del danno e quello che nega il risarcimento di una perdita futura di guadagno sotto forma di perdita di chance. In entrambi i casi la corte di appello motiva ritenendo il difetto di prova degli elementi, da un lato, necessari ad una personalizzazione, per altro verso a dimostrare una qualche futura attività lavorativa che possa dirsi pregiudicata dall'incidente. Il ricorrente contesta queste rationes con due motivi. 2.- Il primo motivo denuncia violazione dell'articolo 112 c.p.c. Secondo il ricorrente la corte non ha pronunciato sulla personalizzazione del danno. Il motivo è presentato come denuncia di omessa pronuncia, per come risulta, al di là della rubricazione, dalle seguenti espressioni non v'è dubbio che ricorra l'ipotesi dell'omessa pronuncia ed inoltre Ro. Ra. ha lamentato e lamenta con il presente gravame per l'appunto l'omessa pronuncia sulla questione relativa alla personalizzazione del danno p. 11 . Inteso in questi termini il motivo è infondato. Infatti a pagina 4 della sentenza si dà conto del motivo di appello riguardante la personalizzazione del danno che viene rigettato perché, osserva la corte, il ricorrente non ha allegato circostanze specifiche che possano giustificare una personalizzazione, essendosi limitato ad allegare a tal fine l'età del danneggiato e la gravità delle lesioni, elementi che la corte di merito ha ritenuto insufficienti per una personalizzazione, costituendo invece elementi che entrano nel calcolo della liquidazione strandard, ossia tabellare pp 45 . V'è pertanto pronuncia sulla domanda di personalizzazione. Peraltro, se anche si volesse intendere il motivo come denuncia di violazione di legge, e non di omessa motivazione, ossia come censura della violazione dei criteri stabiliti per la personalizzazione, sarebbe comunque infondato, posto che non si censura specificamente la ratio della decisione, ossia non si contesta il difetto di allegazione e prova adducendo elementi per affermare, per contro, che i presupposti della personalizzazione sono stati provati. 3.- Con il secondo motivo, si denuncia nuovamente omessa pronuncia e dunque violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione al mancato riconoscimento del danno futuro alla capacità lavorativa. Ritiene il ricorrente di avere posto, sin dal primo grado, la questione del danno futuro, non decisa dalla corte di appello. Espressamente il Ra. afferma che Per tale ragione il Tribunale di Catanzaro ha comunque violato il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, essendo onerata a pronunciarsi sull'eccezione de qua, accogliendola o rigettandola p. 16 . Vi sono alcuni refusi probabilmente tali , che non inficiano la sostanza della censura non è la sentenza del Tribunale che si impugna qui, e non era oggetto di eccezione, sebben di domanda, il riconoscimento del danno in questione. A parte ciò, si può dire dunque che conformemente alla rubrica, il motivo di ricorso denuncia una omessa pronuncia non del Tribunale, si ripete, ma della corte di appello . Anche questo motivo è infondato. La corte di appello si occupa del motivo di impugnazione che ha riguardato il mancato riconoscimento del danno per la perdita della capacità lavorativa futura, che viene indicato come una perdita di chance, ma ritiene che il ricorrente non abbia allegato alcunché a dimostrazione di cosa avrebbe fatto in futuro e di come la sua invalidità potesse avere incidenza sulla capacità di lavoro in sostanza ritiene del tutto privo sia di allegazione che di prova il motivo di appello, e pertanto lo rigetta p. 5 . Non v'è quindi omessa pronuncia. Il ricorso va rigettato. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite nella misura di 4200,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.