Suv bloccato in una stradina medievale: niente risarcimento per l’automobilista

Per i Giudici nessun addebito è possibile nei confronti del Comune. Irrilevante il fatto che all’ingresso della viuzza non fosse presente un cartello stradale ad hoc, apposto successivamente all’episodio, comunque. Le caratteristiche della stradina sono evidenti e l’automobilista avrebbe dovuto rendersene conto ed evitare di provare a percorrerla con un Suv.

Imprudente e colpevole l’automobilista che si avventura con la propria vettura – un Suv – in una strettissima stradina medievale. Illogica, quindi, la pretesa risarcitoria da lui avanzata nei confronti del Comune e relativa ai danni subiti dal veicolo. Irrilevante l’assenza – a cui ha poi posto rimedio l’ente locale – di una segnaletica ad hoc per avvertire gli utenti della strada Cassazione, ordinanza n. 19116/20, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Scenario della vicenda è un piccolo paese piemontese. Protagonista della strana disavventura è un uomo, che, alla guida della propria vettura, inizia a percorrere una stretta stradina per raggiungere un ristorante e all’improvviso si ritrova impossibilitato a proseguire la marcia, a causa della carreggiata troppo stretta ciò lo obbliga a una complicata retromarcia per riuscire ad uscire dal ‘budello’ stradale. Una volta portata a termine la serata, e consumata l’agognata cena, l’uomo rimugina sulla disavventura e alla fine decide di citare in giudizio il Comune, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla propria autovettura – una Volvo XC90 – a seguito dell’intenso sforzo in retromarcia compiuto transitando lungo una strada stretta e ripida del centro storico in cui egli si era immesso, diretto a un ristorante della zona e sottolineando che all’epoca non era segnalato il pericolo insito nella conformazione della strada, né l’impossibilità, da parte di un veicolo omologato e di normali dimensioni, di percorrerla per intero . Per i Giudici di merito, però, la pretesa avanzata dall’uomo è illogica, poiché, viene chiarito in Tribunale, l’evento è imputabile a fatto e colpa della persona danneggiata e quindi si può parlare di caso fortuito idoneo a rappresentare unica causa del sinistro . Nessuna responsabilità addebitabile al Comune, quindi. Anche perché, chiariscono i Giudici del Tribunale, come emerge dalla documentazione fotografica, e dalla stessa narrazione dei fatti dell’automobilista, lo stato di fatto dei luoghi appariva perfettamente e chiaramente visibile , poiché le caratteristiche della stradina medioevale in questione, quanto ad angustia, ripidità e presenza di curve a gomito non sono l’effetto di improvvisi sommovimenti o spostamenti del sedime stradale, ma sono le stesse caratteristiche proprie di quei luoghi da secoli . Di conseguenza, certamente incombeva all’utente della strada l’adozione delle normali cautele che gli avrebbero consentito di superare ogni eventuale situazione di pericolo , creata invece dalla sua imprudenza . Secondo l’automobilista, però, è assurdo addebitargli la colpa per una situazione di disagio creata non tanto dalle caratteristiche della stradina medievale quanto piuttosto dalla omessa comunicazione da parte del Comune. Consequenziale il ricorso in Cassazione, sempre mirato a vedere riconosciuta la responsabilità dell’ente locale e ad ottenere, di conseguenza, un adeguato ristoro economico. In questa ottica l’uomo pone in evidenza, innanzitutto, che, recatosi sui luoghi del sinistro dopo la definizione del giudizio di primo grado , ha preso atto e documentato con fotografie il fatto che il Comune aveva apposto, nel frattempo, all’inizio della viuzza, la segnaletica stradale di divieto di transito ai veicoli larghi più di un metro e ottanta centimetri . E questa ‘scoperta’ è rilevante, a suo dire, poiché certifica l’omessa colposa segnalazione circa uno stato di fatto del tutto imprevedibile ed inaspettato, integrante insidia o trabocchetto . Di conseguenza, va censurata, sempre secondo l’automobilista, la valutazione compiuta dai giudici del Tribunale, i quali hanno escluso la sussistenza di un’insidia o di un trabocchetto, caratterizzata sotto il profilo oggettivo dalla non visibilità e sotto quello soggettivo dalla non prevedibilità, pretermettendo totalmente di considerare che, in realtà, e per lo stesso Comune, quella strada non era al momento dei fatti e non è oggi praticabile . Non a caso, lo stesso Comune ne vieta oggi l’accesso , annota ancora l’automobilista. Ai Giudici della Cassazione viene quindi chiesto di prendere in considerazione la successiva apposizione sui luoghi di segnaletica di divieto di transito per veicoli di dimensioni eccedenti la larghezza di un metro e ottanta centimetri e di cancellare la valutazione compiuta in Tribunale, laddove si è sostenuto che l’apposizione della segnaletica risulta addirittura superflua e la sua mancanza non riveste contributo causale di sorta al verificarsi dell’allegato evento lesivo , mentre, invece, l’essere stata tale segnaletica successivamente apposta dimostrava l’importanza ad essa assegnata dallo stesso ente , sostiene l’automobilista. Seguendo questo filo, poi, l’uomo sostiene che l’ente locale ha consentito, con colpa grave, che si creasse la situazione di pericolo o insidia o trabocchetto in cui egli si è trovato con la propria vettura, e quindi va condannato a ristorare ogni conseguenza dannosa da lui subita. La visione proposta dall’automobilista viene però respinta in modo netto dai Giudici della Cassazione. A loro parere, difatti, è irrilevante l’apposizione, in epoca successiva al fatto, di segnaletica di divieto di transito nella strada in questione . Ciò non basta per ritenere colpevole il Comune. In sostanza, l’assenza di segnaletica al momento del fatto non è valutabile come decisiva, poiché, come rilevato in Tribunale, la ristrettezza della carreggiata della stradina appare da subito evidente per gli utenti che intendano immettervisi, come pure è evidente l’andamento in discesa della strada. Evidenti sono pure, per chi decida comunque di inoltrarvisi, le strettoie e le curve a gomito . Logico, quindi, trarre la conclusione che l’apposizione della segnaletica risulta addirittura superflua e la sua mancanza non riveste contributo causale di sorta al verificarsi dell’allegato evento lesivo , concludono i giudici. Tirando le somme, a salvare il Comune non è l’evidente conformazione della strada in questione , bensì il rilievo causale esclusivo riconosciuto alla condotta imprudente dell’automobilista, che da solo avrebbe dovuto rendersi conto delle caratteristiche della viuzza e quindi rinunciare a percorrerla col proprio Suv.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 9 luglio – 15 settembre 2020, n. 19116 Presidente Scoditti – Relatore Iannello Rilevato in fatto 1. Il Tribunale di Torino ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda di Co. Bl. diretta a ottenere la condanna del Comune di Rivoli al risarcimento dei danni subiti dalla propria autovettura, Volvo XC90, a seguito dell'intenso sforzo in retromarcia compiuto transitando lungo una strada stretta e ripida del centro storico via Pusterla nella quale si era immesso, diretto ad un ristorante della zona, non essendo segnalato il pericolo insito nella conformazione della strada, né l'impossibilità, da parte di un veicolo omologato e di normali dimensioni, di percorrerla per intero. Ha, infatti, ritenuto che l'evento fosse imputabile a fatto e colpa dello stesso danneggiato e configurasse pertanto caso fortuito idoneo a rappresentare unica causa del sinistro. Ciò in quanto - ha osservato - come emerge dalla documentazione fotografica e dalla stessa narrazione dei fatti dell'appellante, lo stato di fatto dei luoghi appariva e non poteva non apparire perfettamente e chiaramente visibile le caratteristiche della stradina medioevale in questione, quanto ad angustia, ripidità e presenza di curve a gomito non sono l'effetto di improvvisi sommovimenti o spostamenti del sedime stradale, ma sono le stesse caratteristiche proprie di quei luoghi da secoli e certamente incombeva all'utente della strada l'adozione delle normali cautele che gli avrebbero consentito di superare ogni eventuale situazione di pericolo, creata dall'imprudenza del conducente . 3. Avverso tale decisione Co. Bl. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, cui resiste l'ente intimato depositando controricorso. 4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ Considerato in diritto 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa indicazione nelle conclusioni di parte appellante e l'omessa pronunzia da parte del Tribunale circa l'istanza di ammissione di nuovi documenti prodotti ex art. 345, 3. co., c.p.c, in riferimento agli artt. 112 c.p.c. e 360, 1. co., n. 4 , c.p.c. così nell'intestazione . Rileva che nell'atto di citazione in appello aveva formulato istanza di ammissione di nuovi documenti, in particolare nuove fotografie sullo stato attuale dei luoghi, ex art. 345 c.p.c. in quanto, recatosi sui luoghi del sinistro dopo la definizione del giudizio di primo grado, aveva preso atto e documentato con fotografie il fatto che il Comune aveva nel frattempo apposto, all'inizio di Via Pusterla, la segnaletica stradale di divieto di transito ai veicoli larghi più di 1,80 m. Lamenta quindi che, pur essendo stata tale istanza ritualmente formulata e verbalizzata in prima udienza e ribadita nelle conclusioni, di essa non risulta fatta alcuna menzione in sentenza, né il Tribunale si è in alcun modo pronunciato sull'esistenza e sul valore probatorio dei documenti. 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in riferimento all'art. 360, 1. co., n. 5 , c.p.c. . Lamenta che il Tribunale ha esaminato la questione oggetto di doglianza - ossia l'omessa colposa segnaletica circa uno stato di fatto del tutto imprevedibile ed inaspettato, integrante per il sig. Bl. insidia o trabocchetto - ma ha escluso la sussistenza di un'insidia o di un trabocchetto, caratterizzata sotto il profilo oggettivo dalla non visibilità e sotto quello soggettivo dalla non prevedibilità, pretermettendo totalmente di considerare che, in realtà, e per lo stesso Comune di Rivoli, quella strada non era al momento dei fatti e non è oggi praticabile anzi lo stesso Comune ne vieta oggi l'accesso. Ciò, per l'appunto, per non aver preso in considerazione la successiva apposizione sui luoghi di segnaletica di divieto di transito per veicoli di dimensioni eccedenti la larghezza di 1,80 m. Contesta, quindi, come errata ed apodittica l'affermazione conclusiva contenuta in sentenza secondo cui l'apposizione della segnaletica risulta addirittura superflua e la sua mancanza non riveste contributo causale di sorta al verificarsi dell'allegato evento lesivo , osservando che, al contrario, l'essere stata tale segnaletica successivamente apposta dimostrava l'importanza ad essa assegnata dallo steso ente. 3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 112, 115 e 167 cod. proc. civ. per avere il Tribunale omesso di considerare la non contestazione di tutte le circostanze poste a fondamento della domanda risarcitoria, relative alle caratteristiche della strada ed alla dinamica dei fatti e per avere piuttosto ricostruito quest'ultima in termini difformi e non corrispondenti al vero. 4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce, con riferimento all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ. e dell'art. 14 cod. strada. Sostiene che il Comune, avendo omesso di apporre la necessaria segnaletica, salvo poi porvi rimedio dopo il sinistro, ha violato la suindicata norma del codice della strada che impone agli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione , di provvedere alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta e che ha così pertanto consentito, con colpa grave, che si creasse la situazione di pericolo o insidia o trabocchetto nella quale egli si è trovato. Ne consegue - argomenta il ricorrente - che ogni conseguenza dannosa, eziologicamente connessa a tale inadempimento, debba essere posta a carico dell'Ente proprietario. 5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, infine, violazione o falsa applicazione della legge n. 247 del 2012 e relativo regolamento ministeriale recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, D.M. n. 55 del 2014, in riferimento all'art. 360, 1. co., n. 3 c.p.c . Lamenta che l'importo liquidato per spese di soccombenza poste a suo carico pari ad Euro 3.800, oltre accessori di legge eccede il massimo consentito dal menzionato decreto per lo scaglione di riferimento. 6. Il primo motivo è inammissibile. Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. rilevante ai fini di cui all'art. 360, comma 1, n. 4, dello stesso codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l'omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione Cass. 05/07/2016, n. 13716 a fortiori non determina nullità della sentenza l'omessa indicazione, nelle conclusioni, della richiesta istruttoria poi di fatto disattesa v. Cass. 09/05/2018, n. 11150 . 7. Il secondo motivo è infondato. Come si rimarca anche nella memoria, il fatto storico di cui si lamenta omesso esame è rappresentato dalla apposizione, in epoca successiva al fatto, di segnaletica di divieto di transito nella strada in questione per veicoli di larghezza superiore a metri 1,80. Di tale fatto si argomenta la rilevanza sul rilievo che esso avrebbe dimostrato che, secondo valutazione seppur tardiva dello stesso Comune, la strada poteva costituire una insidia per chi vi si fosse immesso alla guida di veicoli che non rispettassero quei limiti dimensionali. In realtà, però, come si evince dalla stessa illustrazione del motivo, la sentenza impugnata prende in esame l'assunto difensivo e lo giudica infondato per ragioni che espressamente escludono la rilevanza della assenza di segnaletica al momento del fatto e, per implicito, dunque, anche della sua successiva apposizione . Ivi si osserva infatti pag. 16 che la carenza di segnaletica posta a base della domanda del Bl. non sussiste, posto che la ristrettezza della carreggiata della via Pusterla appare da subito evidente per gli utenti che, provenienti da via al Castello, intendano immettervisi, come pure è evidente l'andamento in discesa della strada. Evidenti sono pure, per chi decida comunque di inoltrarvisi, le strettoie e le curve a gomito. Ne deriva che l'apposizione della segnaletica risulta addirittura superflua e la sua mancanza non riveste contributo causale di sorta al verificarsi dell'allegato evento lesivo . Il fatto di cui si lamenta l'omissione dunque difetta, palesemente, di decisività nel percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito, e la contestazione che rispetto a tale valutazione è svolta dal ricorrente si appalesa meramente oppositiva ed estranea al paradigma censorio del vizio evocato. 8. Il terzo motivo è inammissibile per aspecificità. La censura non coglie, infatti, l'effettiva ratio decidendi, che non consiste nella negazione della conformazione della strada in questione, quale posta a fondamento della pretesa risarcitoria, ma nella affermazione del rilievo causale esclusivo della condotta dello stesso danneggiato. Si volge in sostanza a contestare la ricognizione del fatto quale operata in sentenza e, correlativamente, a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle emergenze processuali, alla stregua però di operazione censoria non consentita in questa sede. 9. Il quarto motivo è parimenti inammissibile. Anch'esso, lungi dall'indicare le affermazioni in diritto asseritamente in contrasto con l'art. 2051 cod. civ., allega un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa si contesta, fondamentalmente, la valutazione, di merito, della sussistenza del caso fortuito, identificato nel comportamento imprudente dello stesso danneggiato, tale da escludere il nesso causale tra cosa in custodia ed evento di danno . 10. E' invece fondato il quinto motivo. Il Tribunale ha liquidato le spese del grado, dichiaratamente in base al D.M. n. 55 del 2014. Appare dunque evidente l'errore in cui è incorso il Tribunale, rappresentato dall'applicazione di uno scaglione superiore all'effettivo valore della causa, da determinare in base al valore della domanda, pacificamente e chiaramente indicato in Euro 4.037 oltre rivalutazione e interessi il cui importo, però, atteso il breve lasso di tempo intercorrente tra fatto dannoso e citazione introduttiva non può aver fatto lievitare il credito azionato ad importo eccedente il massimo dello scaglione compreso tra Euro 1.101 ed Euro 5.200 . Non risultando lo svolgimento di attività istruttoria il massimo liquidabile per tre fasi in rapporto a tale scaglione è, infatti, pari ad Euro 2.916. 11. Con limitato riferimento a tale censura la sentenza impugnata va pertanto cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., con la liquidazione delle spese processuali dovute a controparte dall'odierno ricorrente per il secondo grado del giudizio di merito nell'importo complessivo di Euro 2.000, oltre accessori come per legge. 12. L'accoglimento parziale del ricorso giustifica l'integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il quinto motivo di ricorso rigetta i rimanenti cassa la sentenza decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di appello in Euro 2.000, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed oltre accessori come per legge. Compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità.