Broker responsabile del danno subito dal cliente per effetto della clausola di limitazione contrattuale della copertura assicurativa

Ove il contraente professionista assicurato lamenti il verificarsi di un danno, consistente nell’aver incassato una minore parcella dal cliente, per effetto di una transazione con lo stesso conclusa a seguito di un’azione per danni da vizi della progettazione, stante l’esistenza di una clausola limitativa della copertura assicurativa, risponde del danno verificatosi, determinato in base al principio del più probabile che non e secondo il criterio equitativo, il broker che abbia sostituito il contratto iniziale con altro contenente la citata limitazione contrattuale, senza aver di ciò informato il contraente assicurato.

La vicenda posta all’attenzione del Tribunale di Brescia sentenza n. 1002/20, depositata il 27 maggio in occasione della pronuncia in osservazione presenta dei profili di peculiarità in chiave di fatto che hanno portato il Giudice del merito all’accoglimento, ancorché parziale della domanda formulata dall’attore. La singolarità della pronuncia è data dall’applicazione, al caso di specie, della regola causale del più probabile che non , nonché del principio di liquidazione del danno secondo equità. Il fatto. Il caso è quello di un architetto che promuoveva la causa contro la società di brokeraggio , di sua fiducia, domandando il risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non, a causa dell’inadempimento contrattuale della convenuta. Riferiva di aver affidato alla società di Broker convenuta l’incarico di curare le proprie esigenze assicurative, ivi comprese quelle professionali per il tramite di questa aveva anche stipulato una polizza professionale di responsabilità civile, polizza poi sostituita dal broker con quella emessa da altra società assicurativa. L’attore evidenziava che tale polizza sostitutiva si era rivelata inadeguata al suo profilo professionale, nella misura in cui l’assicurazione era prestata per i danni attinenti ad opere oggetto di progettazione non superiori ad un certo ammontare di valore. Era accaduto che il professionista avesse ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento dei compensi professionali, collegati ad un’attività di progettazione di un complesso condominiale e che il decreto ingiuntivo fosse opposto dalla committente la quale, in via riconvenzionale, domandava il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’attività professionale espletata dall’architetto. Nel citato giudizio il progettista aveva chiamato in garanzia la propria compagnia di assicurazione al fine di essere manlevato questa, aveva invece l’operatività della polizza poiché il valore delle opere progettate era superiore a quello convenuto nel contratto. In ragione dell’eccezione sollevata, e della sua evidente fondatezza, l’Architetto aveva concluso una transazione con la compagnia assicurativa e con l’opponente, in virtù della quale aveva accettato dalla compagnia l’importo di euro 50 mila a saldo e stralcio e tacitazione di qualsivoglia pretesa e dall’opponente il pagamento di una parcella ridotta, per l’espletamento degli incarichi professionali. Nel giudizio oggetto dell’odierna attenzione il professionista chiedeva al Tribunale, sulla scorta dei fatti come sopra narrati, l’ accertamento dell’inadempimento professionale della società di broker, i cui obblighi contrattuali scaturivano dall’art. 120 d.lgs. n. 209/2005 e dall’art. 1176 c.c. società che nel caso concreto aveva intermediato una polizza, contenente clausole inadeguate al profilo professionale del cliente seguito di cui era ben consapevole. Il professionista chiedeva quindi il risarcimento del danno nella misura determinata dalla differenza, tra quanto percepito a titolo di compenso per effetto della transazione intercorsa con la committente, e quanto effettivamente richiesto per come liquidato dal proprio ordine professionale. La società di broker si difendeva non già eccependo la correttezza del proprio adempimento , bensì sostenendo che il danno riferito dal cliente non potesse considerarsi conseguenza immediata e diretta del suo presunto inadempimento, in quanto attinente alla riduzione economica del proprio compenso e non direttamente al risarcimento del danno. Eccepiva quindi l’insussistenza del nesso di causalità sotto il profilo contrattuale, tra l’inadeguatezza della sua polizza assicurativa e la rinuncia ad una parte del compenso per come operata dal professionista per effetto della transazione. In buona sostanza riteneva che la riduzione ad una parte del compenso operata dal professionista non fosse un pregiudizio prevedibile al momento di sottoscrizione della polizza, che era invece collegata ai vizi delle opere progettate. Il Tribunale ha espletato l’indagine sotto il profilo dell’ esatto adempimento dell’obbligazione di brokeraggio . In tale disamina è stato specificato il ruolo del broker che svolge, prima che un’attività di intermediazione finalizzata alla conclusione e gestione di contratti assicurativi, un’attività di consulenza ed assistenza alla determinazione del contenuto dei futuri contratti. Il Giudice, attraverso il richiamo alla giurisprudenza di legittimità sul punto quindi ha individuato nel broker colui che collabora con la parte al fine di realizzare la tutela effettiva dei suoi interessi, avendo egli peculiare conoscenze di economia, tecnica e diritto delle assicurazioni, così da poter validamente proporre ai clienti i modelli contrattuali più confacenti al loro profilo. Il riconoscimento dell’inadempimento contrattuale da parte del tribunale. Il professionista lamenta l’esistenza di una limitazione di copertura assicurativa nel contratto non prevista nella precedente polizza sostituita e di cui egli non era stato messo al corrente. Sotto questo primo profilo il Tribunale riconosce l’esistenza della violazione di un obbligo contrattuale . Se ciò è vero deve indagarsi ora sul se tale violazione abbia comportato o meno il prodursi del danno lamentato dall’attore anche sotto il profilo eziologico. In questo particolare caso il danno derivante non consiste nel pagamento di un importo alla controparte bensì nella riduzione della parcella richiesta e, quindi, in un minore incasso. Il danno da perdita di chance risarcibile con il criterio equitativo. Sul punto la giurisprudenza nelle ipotesi di stipulazione di una transazione in cui la parte abbia subito le conseguenze di una condotta contraria a buona fede afferma l’esperibilità dell’azione di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. per lesione della libertà negoziale nella forma del danno da perdita di chance, intesa quale possibilità di un risultato migliore, sempre che venga provato il nesso di causalità materiale con l’applicazione della regola del più probabile che non in questo senso Cass. Civ. n. 21255/2013 . In siffatte ipotesi il risarcimento del danno segue il criterio equitativo ex art. 1226 c.c. Attraverso il richiamo a questi principi generali il Giudice di merito giunge a definire la controversia. In conclusione. Il Tribunale precisa che non trattandosi di causalità diretta tra la domanda azionata nel giudizio monitorio e lo scoperto di polizza, non potesse riconoscersi all’attore l’intero compenso richiesto con la domanda. Infatti nel caso di specie trova applicazione la regola del più probabile che non” , giacché se l’attore avesse potuto contare sulla copertura assicurativa, avrebbe avuto maggiori possibilità di determinarsi nella coltivazione del giudizio di opposizione. Nel giudizio del Tribunale la mancanza di copertura assicurativa ha inciso sulla scelta dell’attore di coltivazione del giudizio, nella misura percentuale del 50%, secondo un giudizio di equità. Pertanto, dal 50% della parcella inizialmente richiesta, il Giudice ha detratto quanto già percepito dal professionista per effetto della transazione. All’importo così determinato il Tribunale ha applicato un’ulteriore decurtazione, giustificata sulla scorta dello stato di quasi insolvenza della società committente la progettazione, in concordato preventivo, e delle concrete possibilità di recuperare l’intero importo della parcella richiesto. Tale articolato ragionamento ha comunque condotto il Tribunale all’accoglimento parziale della domanda formulata dal professionista.

Tribunale di Brescia, sez. II, sentenza 21 – 27 maggio 2020, n. 1002 Giudice Arrigoni Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato conveniva in giudizio avanti l'Intestato Tribunale la società SPA. , in persona del legale rappresentante pro tempore, chiedendo, previo accertamento del grave inadempimento alle obbligazioni derivanti dal contratto di Brokeraggio inter partes, di condannare S.p.A., Broker di Assicurazioni, a risarcire tutti i danni, di natura patrimoniale e non patrimoniale, patiti dall'Arch. Instaurato il contradditorio, si costituiva la società S.P.A. chiedendo il rigetto delle domande. Concessi su richiesta delle parti i termini di cui all'art. 183,6 comma c.p.c., la causa veniva ritenuta matura per la decisione sulla scorta dei documenti in atti, con acquisizione del fascicolo d'ufficio della causa di opposizione a decreto ingiuntivo RG n. 9950/2011 promossa dalla S.r.l. D A nei confronti dell'Arch. innanzi al Tribunale di Brescia. La causa veniva assegnata a questo giudice che all'udienza del 21-11-2019 tratteneva la causa in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti con concessione dei termini per il deposito di memorie conclusionali e di replica. Ad illustrazione delle proprie domande l' attore ha dedotto che a partire dal dicembre 2000 aveva incaricato la convenuta, in qualità di broker, di curare le proprie esigenze assicurative, ivi comprese quelle attinenti all'attività professionale che tramite l'intermediazione della convenuta aveva stipulato la polizza n. ET per la r.comma professionale con la Nationale Assicurazioni presso l'Agenzia G.M. Assicurazioni S.r.l. allora il broker era denominato S.p.A. nonché aveva sostituito la polizza n. 00010383265 della Compagnia Navale Assicurazioni, con quella emessa dalla Milano Assicurazioni polizza n. docomma 2 che la predetta polizza stipulata con la Milano Assicurazioni si era rivelato un prodotto inadeguato che la polizza n. , prevede che l'assicurazione per i danni alle opere oggetto di progettazione sia operante purché le opere non superino il valore di € 2.500.000. lettera D Danni alle opere”, pag. 18 che tale limitazione era inadeguata al profilo professionale dell'Arch. ed alla sua attività professionale concreta, e per tale ragione non era presente nei contratti anteriori, pur intermediati e gestiti dalla S.p.A. che l'Arch. , ignaro della scopertura, chiedeva il pagamento dei propri compensi professionali per € 222.226,69 avanti il Tribunale di Brescia per l'attività di progettazione, direzione lavori e coordinamento svolta tra il 2005 ed il 2010, a favore della DA S.r.l che in seguito a opposizione al decreto ingiuntivo veniva instaurata la causa R.G. n. 9950/2011 dalla DA S.r.l. la quale lamentava un danno di € 600.000 a causa dell'inadempimento dell'arch. che nel giudizio l'Arch. contestava le pretese dell'opponente e chiamava in garanzia la Milano Assicurazioni S.p.A., in forza della polizza n. , intermediata dalla S.p.A., per essere manlevato dai denegati obblighi risarcitori, nonché chiamava in causa anche l'Ing. Z , l'Arch.T ed il Geom. S che, la Milano Assicurazioni costituendosi in giudizio contestava l'esistenza della copertura assicurativa, trattandosi - pacificamente - della realizzazione di un complesso residenziale di quattro condomini di 214 appartamenti oltre aree pertinenziali, per complessivi 18.000 mq., con un valore delle opere di tutta evidenza superiore ai 2 milioni e mezzo di euro che atteso che la difesa della Milano Assicurazioni appariva fondata, l'Arch. si determinava ad addivenire ad una transazione della causa, accontentandosi della somma onnicomprensiva di € 50.000 oltre IVA, a saldo stralcio e transazione di ogni pretesa per gli incarichi professionali svolti che a scopertura assicurativa è imputabile esclusivamente al difetto di competenza e di diligenza del Broker S.p.A. Che la società S.p.A. il 2.04.12 inviava comunicazione del seguente tenore docomma 19 Nella comparsa di costituzione, Milano Assicurazioni, dichiara che la garanzia D-Danni alle opere è limitata ad opere il cui valore non sia superiore a € 2.500.000,00. La sopraccitata limitazione è stata erroneamente inserita, dall'Agenzia GM assicurazioni presso la quale i contratti sono gestiti, nella fase di trasferimento di questi ultimi dalla compagnia Navale assicurazioni alla Milano assicurazioni. Nella fase di controllo non abbiamo rilevato la presenza di questa grave difformità e, pertanto, è rimasta presente nei successivi rinnovi”. Che l'inadempimento di S.p.A. alle obbligazioni professionali di consulenza, collaborazione ed assistenza scaturenti dal contratto, dall' art. 120 D. Lgs n. 209/2005 e dall'art. 1176 cod. civ., si era concretizzato nell'aver intermediato una polizza inadeguata al profilo ed all'attività professionale del Cliente ed alle sue esigenze assicurative da tempo note al Broker nel non aver informato il Cliente della ben più ridotta copertura assicurativa del nuovo contratto Che il pregiudizio economico sofferto dall'Arch. si è concretizzato nella perdita di €172.226,60, corrispondente alla riduzione rispetto al compenso liquidato dal proprio ordine professionale e nei costi sopportati per spese legali di €14.794,00 che le condizioni della transazione erano all'evidenza state determinate dalla scopertura assicurativa, essendo stata lesa ed indebolita l'autonomia contrattuale dell'attore che all'epoca della transazione la proposta concordataria docc 25 e 26 prevedeva il pagamento integrale del privilegio, rango di collocazione del credito professionale dell'Arch. Circa l'acquisizione di tale documento si conferma l'istanza di rimessione in termini ex art 153, II comma, c.p.comma essendo venuto ad esistenza e venuto in possesso dell'attore dopo i termini per i depositi documentali. che l'inadempimento di S.p.A. ha cagionato all'Arch. anche un danno non patrimoniale che merita risarcimento, avendo esso fortemente compromesso interessi della persona costituzionalmente garantiti, quali il diritto di difesa art. 24 Cost. e la libertà contrattuale art. 41 Cost. . *** La convenuta nel respingere la ricostruzione dell'attore evidenziava che il danno di cui si duole l'Arch. , oltre ad essere dedotto in maniera generica, non poteva essere in alcun modo considerato come conseguenza immediata e diretta del presunto inadempimento contrattuale della s.p.a. che l'Arch. aveva affermato che la polizza assicurativa n. 40748473/09, intermediata dalla convenuta, era inadeguata in quanto avrebbe cagionato all'Arch. un pregiudizio economico pari alla riduzione del proprio compenso per l'attività professionale svolta in favore della S.r.l. DA che tale riduzione era stata determinata dalla sottoscrizione da parte dello stesso attore della transazione allegata, e pertanto non poteva dirsi sussistente alcun rapporto eziologico rilevante ai sensi dell'art. 1223 c.comma tra la presunta inadeguatezza della polizza assicurativa e la rinuncia operata da controparte che anche laddove la predetta determinazione fosse stata suggerita dall'esigenza di ammettere una responsabilità dell'Arch. per vizi e difetti dell'attività prestata alla propria debitrice, la riduzione del compenso non sarebbe stata evitata dalla sottoscrizione di una adeguata polizza per la responsabilità professionale che il danno lamentato dall'attore, ossia la riduzione del proprio compenso professionale, non può essere ritenuto un pregiudizio prevedibile da parte di S.p.a. al momento della sottoscrizione del contratto di brokeraggio assicurativo, posto che la polizza assicurativa sottoscritta dall'attore aveva ad oggetto il rischio relativo all'attività professionale dell'Arch. e non il pagamento del compenso del professionista relativo ad attività svolta non a regola d'arte. che la misura del pagamento convenuto in transazione da parte della S.r.l. DA non era stato condizionato, come dedotto dall'attore, dalla presunta inadeguatezza della polizza assicurativa sottoscritta, quanto piuttosto dall'entità dei vizi e difetti delle opere progettate dall'attore e, soprattutto, dallo stato di insolvenza della debitrice DA S.r.l., società in liquidazione e concordato preventivo, priva delle risorse economiche necessarie al pagamento del compenso richiesto dall'Arch. In altri termini, proprio secondo il criterio dell'accettabilità logica dell'accertamento del nesso di causalità invocato ex adverso anche qualora la Milano Assicurazioni avesse riconosciuto integralmente l'operatività della polizza assicurativa sottoscritta, posto che la copertura del rischio non avrebbe riguardato la corresponsione del compenso del professionista, ma soltanto gli eventuali accertati vizi dell'immobile, la DA S.r.l. non sarebbe comunque stata in grado di offrire all'Arch. una somma maggiore di quella convenuta in transazione, attesa la procedura concorsuale cui era assoggettata. *** Nel caso in esame si tratta di verificare se possa dirsi che la società di broker non abbia correttamente adempiuto alle obbligazioni nascenti dal rapporto contrattuale. Anzitutto, va premesso che non è in contestazione che la convenuta abbia svolto il ruolo di intermediazione nella stipulazione delle polizze assicurative nell'interesse dell'attrice. Ora, la Suprema Corte con specifico riferimento alla natura dell'attività di Broker e, correlativamente, all'individuazione degli obblighi di diligenza ad essa connessi ha stabilito giova premettere che la L. n. 792 del 1984, art. 1 il quale definisce mediatore di assicurazione e riassicurazione, denominato anche broker, chi esercita professionalmente attività rivolta a mettere in diretta relazione con imprese di assicurazione o riassicurazione, alle quali non sia vincolato da impegni di sorta, soggetti che intendano provvedere con la sua collaborazione alla copertura dei rischi, assistendoli nella determinazione del contenuto dei relativi contratti e collaborando eventualmente alla loro gestione ed esecuzione distingue, nell'ambito delle attività proprie del broker, quella della collaborazione intellettuale con l'assicurando per la copertura dei rischi e quella di assistenza alla determinazione del contenuto dei futuri contratti, e cioè un momento di consulenza e assistenza, anteriore logicamente e cronologicamente a quello della eventuale intermediazione nella conclusione e gestione dei contratti assicurativi. In particolare questa Corte ha avuto modo di evidenziare che la definizione legislativa di cui al cit. art. 1 giustappone le due qualificazioni giuridiche prevalenti prima dell'entrata in vigore della L. n. 792 del 1984 - quella del prestatore di opera intellettuale, sostenuta da parte della dottrina, e quella di mediatore, valorizzata dalla precedente giurisprudenza di legittimità sent. n. 5860/1979 n. 3531/1980 - e, pur definendo il broker come un mediatore, ne pone in rilievo il ruolo di collaborazione con l'assicurando nella fase antecedente alla messa in contatto delle parti del contratto di assicurazione, valorizzando tale momento, quale prius logico e indefettibile del successivo momento di intermediazione vera e propria, nell'ottica della funzione sociale assolta nel settore dell'intermediazione assicurativa dal broker a livello di assistenza della parte debole al fine di realizzarne la tutela effettiva come corollario del generale principio di solidarietà sociale cfr. Cass, n. 8467/1998 . Nella qualificazione giuridica dell'attività del broker è stato, altresì, ritenuto significativo il disposto della L. n. 792 del 1984, art. 4, lett. f e g , art. 5, lett. e ed f , e art. 8 dai quali risulta che per esercitare detta attività è necessaria l'iscrizione all'albo professionale e questa si ottiene assicurandosi contro il rischio imprenditoriale mediante la stipula di polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenza o errori professionali e l'adesione al fondo di garanzia per risarcire gli assicurati e le imprese di assicurazione dei danni cfr. Cass. n. 2003, n. 6874 . Il che significa che l'attività del broker è attività commerciale e che in essa è presente un rischio imprenditoriale da collegare all'aspetto mediatizio dell'attività ma, nel contempo, conferma che la stessa attività è connotata da profili di intellettualità, richiedendosi in chi la esercita specifiche ed approfondite conoscenze di economia, tecnica e diritto delle assicurazioni. Ne consegue che - come è stato correttamente ritenuto dai giudici a quibus - il broker, almeno nella fase che precede la messa in contatto dell'assicurando con l'assicuratore, non è equidistante dall'uno e dall'altro, ma agisce per iniziativa del primo e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali offerti sul mercato, rapportandoli alle esigenze del cliente, allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui cosi Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-05-2010, n. 12973 . Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto che la società broker non poteva limitarsi a individuare l'offerta assicurativa economicamente più conveniente, ma doveva raffrontare i prodotti sul mercato con quello già a disposizione della cliente, anche con riferimento al dato temporale, adeguatamente informando la cliente stessa ai fini di una scelta oculata e consapevole. Anche la giurisprudenza di merito ha avuto modo di precisare che Il broker di assicurazioni che negligentemente omette di informare l'assicurato, in occasione del rinnovo di una polizza, della presenza di una nuova clausola deliminatrice del rischio, è contrattualmente responsabile nei confronti dell'assicurato del mancato risarcimento di un danno in dipendenza della nuova clausola” Corte d'Appello Bologna, 18/07/1992 . Ebbene, nel caso in esame, l'attore lamenta l'inserimento di una limitazione contrattuale circa la copertura assicurativa non prevista nel contratto di assicurazione in precedenza vigente e intermediato dallo stesso broker nonché l'omessa informazione in ordine alla variazione contrattuale. Come noto, il creditore che agisca in giudizio per l'inesatto adempimento del debitore deve solo fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto ed eventualmente del termine di scadenza , limitandosi ad allegare l'inesattezza dell'adempimento costituita dalla violazione dei doveri accessori, dalla mancata osservanza dell'obbligo di diligenza o dalle difformità qualitative o quantitative dei beni, posto che incombe sul debitore convenuto l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento dell'obbligazione. Cass. civ. Sez. Unite, 30/10/2001, n. 1353 . La convenuta non ha dimostrato di avere adempiuto alle obbligazioni nascenti dal contratto, contestando, invece, recisamente la sussistenza del nesso di causalità tra la propria condotta e il danno lamentato. Anzi nella lettera inviata dalla società S.p.a. al professionista in data 2 aprile 2012 docomma n. 19 essa dava atto dell'errato inserimento della limitazione contrattuale da parte dell'agente broker, sottolineando che si trattava di una grave difformità”. Si osserva che il Broker non avrebbe dovuto proporre al cliente un prodotto con assicurativo con caratteristiche meno favorevoli rispetto a quello in precedenza acquistato e , comunque avrebbe fornire al cliente le indicazioni e le informazioni necessari, con i suggerimenti del caso, essendo il broker specificamente tenuto a fornire una consulenza. Ritenuto accertato l'inadempimento della convenuta, resta da esaminare la sussistenza del nesso di causalità con il danno lamentato dall'attore. L'attore, premesso di avere sottoscritto una transazione con la debitrice DA S.r.l in ragione dello scoperto assicurativo , sostiene che il danno causato dall'inadempimento del Broker debba coincidere con la perdita patrimoniale subita dallo stesso per non avere ottenuto integrale soddisfazione rispetto alle pretese azionate. Giova precisare che il giudizio n. 9950/2011 RG è stato azionato a seguito di opposizione al decreto ingiuntivo promossa dalla società DA S.r.l nei confronti dell'architetto . La società DA S.r.l ha contestato l'inadempimento del professionista sotto vari profili svolgendo domanda riconvenzionale atta ad ottenere il risarcimento del danno. A seguito della chiamata in causa della compagnia assicurativa e di altri soggetti coinvolti, veniva esperito un tentativo di conciliazione da parte del Giudice istruttore che andava a buon fine. La causa veniva pertanto abbandonata senza espletamento di attività istruttoria. L'attore pertanto non ha subito un danno consistente nel versamento di una somma alla controparte come nel caso esaminato da Cass. civ. Sez. III, Sent., 2705-2010, n. 12973 a causa dello scoperto ma nella riduzione delle proprie pretese come azionate in fase monitoria. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che nell'ipotesi di stipulazione di una transazione in cui una parte che abbia subìto le conseguenze della condotta contraria a buona fede, è esperibile l'azione di risarcimento danni ex art. 2043 cod. civ. per lesione della libertà negoziale, nella forma del danno da chance perduta da intendere come possibilità di un risultato diverso e migliore, e non come mancato raggiungimento di un risultato solo possibile, sempre che sia provato il nesso di causalità materiale attraverso l'applicazione della regola causale del più probabile che non Cass. civ. Sez. III, 17/09/2013, n. 21255 . Sempre esprimendosi con riferimento all'ipotesi di stipula di transazione, in cui non essendo state ponderate le reciproche ragioni, una parte non abbia potuto far valere in modo adeguato le proprie pretese, ha precisato che il danno, costituito dalla perdita di chance” va quantificato in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c Cass. civ. Sez. III, 11/11/1997, n. 11126 . Tornando al caso di specie, non può identificarsi il danno subito dall'attore con il riconoscimento dell'intero compenso, considerato che non vi è un rapporto di causalità diretta tra la domanda azionata in via monitoria e lo scoperto, relativo semmai alla manleva rispetto alla domanda risarcitoria riconvenzionale. Nondimeno può non tenersi conto che la mancata dello scoperto abbia inciso sulla libertà negoziale. Difatti, se l'attore fosse stato certo di essere manlevato dalla propria compagnia assicurativa in caso di eventuale condanna, lo stesso avrebbe potuto determinarsi a proseguire il giudizio e vedere riconosciute le proprie pretese. Secondo la regola del causale del più probabile che non , è plausibile che la mancata di scoperto, dovuta ad un inadempimento contrattuale, abbia limitato la possibilità di coltivare il giudizio, ferma la sussistenza di ulteriori motivazioni che possono avere influito sulle scelte dell'odierno attore. La perdita economica subita non può che determinarsi in termini ipotetici, tenuto anche conto degli atti della causa promossa dalla società DA S.r.l. Considerato pertanto che la peculiare natura del danno in questione rende difficile la prova del suo preciso ammontare economico, è necessario procedere ad una valutazione equitativa. Ciò posto si ritiene che la mancanza di scoperto abbia limitato nella misura del 50% la possibilità di coltivare il giudizio ed ottenere la piena soddisfazione delle proprie pretese. Va sottolineato che risulterebbe effettuata da parte dell'architetto l'attività professionale di cui viene chiesto il pagamento, mentre i profili di inadempimento contestati dalla società opponente avrebbero richiesto la prova in corso di giudizio. Il mancato espletamento di un'attività istruttoria, non consente di fare una valutazione diversa dal 50%. Di talchè non si ritiene di potere considerare un danno superiore alla metà delle pretese iniziali € 222.226,69. 2= € 111.113,00 . Atteso quanto è stato comunque incassato dall'attore per effetto della transazione € 50.000,00 residuerebbe un credito di € 61.113,00 in capo allo stesso. Tenuto conto della ulteriore difficoltà di poter incassare il credito per via dello stato della società convenuta tale somma può essere, sempre in una prospettiva equitativa ulteriormente abbattuta, mentre va considerata in aggiunta, in termini percentuali, anche una parte di spese legali di cui l'attore avrebbe potuto ottenere il rimborso. Appare pertanto equo determinare in € 50.000 il risarcimento del danno subito dall'attore per via dell'inadempimento del broker. A tale somma si aggiungono interessi e rivalutazione dalla sentenza al saldo. Le spese di lite, liquidate in base al decisum e all'attività svolta in € 7.000.000 oltre accessori vengono compensate del 50% per via della difficoltà delle questioni e della riduzione delle pretese iniziali. Pertanto la convenuta viene condannata al pagamento di € 3.500,00 oltre accessori a titolo di rimborso delle spese legali. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone In parziale accoglimento della domanda attorea, accertato l'inadempimento della convenuta, condanna la convenuta al pagamento di € 50.000 a titolo di risarcimento del danno subito dall'attore oltre interessi e rivalutazione dalla sentenza al saldo. Condanna la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, liquidate come in parte motiva e compensate del 50%