La responsabilità aquiliana non può trasformarsi in responsabilità da cosa in custodia

La domanda di responsabilità aquiliana proposta in primo grado ai sensi dell’art. 2043 c.c. non può essere modificata in appello con la riconduzione della vicenda all’art. 2051 c.c. per l’inconciliabile diversità dei presupposti , salvo che i fatti denunciati sin dall’atto introduttivo consentano la sussunzione nella fattispecie della responsabilità da custodia.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 34/20, depositata il 13 gennaio. La vicenda. Il Giudice di Pace di Nocera Inferiore veniva chiamato a decidere in merito alla richiesta di risarcimento danni subiti ex art. 2043 c.c. da un autocarro il quale, mentre percorreva l’autostrada A30, era stato investito da un albero che si trovava sul ciglio dell’autostrada di proprietà di Autostrade per l’Italia S.p.a. e che era stato abbattuto dal vento forte. Il GdP rigettava la domanda, decisione confermata anche dal Tribunale in seconde cure escludendo che la società convenuta fosse tenuta ad una particolare manutenzione del luogo, qualificando come evento eccezionale la caduta dell’albero per il vento forte. Parte soccombente ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione invocando l’applicazione dell’art. 2051 c.c Responsabilità. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la domanda di responsabilità aquiliana proposta in primo grado ai sensi dell’art. 2043 c.c. non può essere modificata in appello con la riconduzione della vicenda all’art. 2051 c.c. per l’inconciliabile diversità dei presupposti, a meno che i fatti denunciati sin dall’atto introduttivo non consentano la sussunzione nella fattispecie disciplinata dall’art. 2051 c.c. . Nel caso di specie l’enunciazione della teorica riconducibilità della fattispecie a quest’ultima norma non dimostra in concreto che i principi sulla custodia siano stati invocati. In conclusione, dovendosi ritenere che la causa sia fondata sull’art. 2043 c.c., l’assenza di colpa della società convenuta impone comunque il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 11 luglio 2019 – 13 gennaio 2020, n. 348 Presidente Frasca – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. La s.a.s. Trasporti e spedizioni di P.L. convenne in giudizio la Autostrade per l’Italia s.p.a. davanti al Giudice di pace di Nocera Inferiore, chiedendo il risarcimento dei danni subiti dal proprio autocarro il quale, mentre stava percorrendo l’autostrada A30 in direzione sud in località Sarno, era stato investito da un albero che si trovava sul ciglio dell’autostrada, nella fascia di proprietà della convenuta, e che era stato abbattuto dal vento forte. Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Giudice di pace rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata appellata dalla società soccombente e il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza del 21 agosto 2017, ha rigettato il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado. Ha osservato il Tribunale che dal rapporto della Polizia stradale risultava che alle ore 1,15 della notte era stato notato un albero abbattuto sulla carreggiata autostradale in questione, e che la Polizia era stata avvisata dei danni subiti dall’autocarro alle ore 4,20 della stessa notte. Ciò premesso, il Tribunale ha affermato che la responsabilità della società convenuta poteva insorgere solo in presenza di un’insidia nella specie, al contrario, l’albero era di grosse dimensioni, tanto da occupare la corsia di marcia e quella di emergenza, mentre nella zona era stato segnalato un vento forte. Non poteva ritenersi che la società convenuta fosse tenuta ad una particolare manutenzione dei luoghi, mentre il conducente avrebbe dovuto tenere un comportamento più attento e prudente che gli avrebbe evitato l’urto contro l’albero. Quanto alla caduta di questo, il Tribunale ha sostenuto che essa era stata conseguenza del forte vento e della pioggia, da ritenere come evento eccezionale. 3. Contro la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore ricorre la s.a.s. Trasporti e spedizioni di P.L. con atto affidato a due motivi. Resiste la Autostrade per l’Italia s.p.a. con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. in relazione all’art. 2051 c.c Osserva la società ricorrente che dovrebbe trovare applicazione, nella specie, l’art. 2051 c.c. ed il conseguente obbligo di custodia a carico della società Autostrade, com’era stato già indicato fin dal primo grado. Il Tribunale, invece, aveva erroneamente fatto applicazione delle regole di cui all’art. 2043 c.c 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 2051 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 . Secondo la società ricorrente, l’art. 2051 c.c. integra una forma di responsabilità che si caratterizza per l’inversione dell’onere della prova, per cui è il custode a dover dimostrare che il danno si è verificato a causa di un evento imprevedibile ed inevitabile. L’errata applicazione, come si è detto, dell’art. 2043 c.c avrebbe condotto il Tribunale a gravare la società attrice di un onere probatorio inesistente anche in ordine al caso fortuito, la sentenza avrebbe sbagliato, non considerando che per l’esistenza di tale elemento non è sufficiente l’accertata presenza di vento e pioggia, dovendo invece il custode provare l’eccezionalità del fatto, tale da essere in grado di determinare autonomamente l’evento. 3. I due motivi di ricorso sono, quando non inammissibili, privi di fondamento. Va innanzitutto osservato che questa Corte ha più volte affermato che la domanda di responsabilità aquiliana proposta in primo grado invocando l’art. 2043 c.c. non può essere modificata in appello con la riconduzione della vicenda al paradigma dell’art. 2051 c.c. per la inconciliabile diversità dei presupposti, a meno che i fatti enunciati sin dall’atto introduttivo non consentano la sussunzione nella fattispecie disciplinata dall’art. 2051 c.c. così, da ultimo, l’ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30920, in linea con quanto già affermato dalla sentenza 5 agosto 2013, n. 18609, e ribadito dalla sentenza 21 settembre 2015, n. 18463 . Ne consegue che la società attrice avrebbe anche potuto, in astratto, invocare in grado di appello la violazione delle regole sull’obbligo di custodia, ma solo a condizione che i fatti fossero stati prospettati fin dal primo grado invocando quei principi. Nel caso di specie, al contrario, la sentenza sembra esordire nel senso di una domanda risarcitoria proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c., come emerge dal richiamo al concetto dell’insidia e il ricorso, pur dichiarando di aver agito ai sensi dell’art. 2051 c.c., è redatto in modo non rispettoso dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 , poiché nulla di preciso riferisce circa il contenuto dell’atto di citazione e le modalità con cui la domanda risarcitoria è stata impostata. Il che comporta che l’enunciazione teorica della riconducibilità della fattispecie all’art. 2051 cit. non dimostra, in concreto, che i principi sulla custodia siano stati invocati nel caso di specie. Quanto all’errata individuazione del fortuito - elemento che la sentenza impugnata richiama - la Corte osserva che è esatta l’affermazione secondo cui non è sufficiente la solo esistenza di un forte vento e di una grande pioggia ad integrare gli estremi del fortuito ma la correttezza di tale assunto non va a modificare i termini del problema, dovendosi ritenere che la causa sia stata fondata sulla lesione dell’art. 2043 c.c., per cui la mancanza di una colpa della società Autostrade impone comunque il rigetto del ricorso. Occorre evidenziare, infine, che la sentenza impugnata contiene, nella prima proposizione di cui alla p. 4, un’ulteriore argomentazione secondo cui, mentre nell’atto di citazione la parte attrice aveva dichiarato che l’albero aveva investito l’autocarro, dalle dichiarazioni rese dal conducente subito dopo i fatti risultava che il medesimo aveva sterzato per evitare l’albero, che poi era stato urtato solo con la parte anteriore destra del mezzo argomentazione, questa, che non è in alcun modo censurata nel ricorso e che evidenzia come il Tribunale abbia condiviso l’idea secondo cui il Giudice di pace correttamente avesse rigettato la domanda perché non provata. 4. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.