Donna investita, lesione alla mano: va risarcita anche la minore capacità di guadagno

Brutta avventura per una operaia di una impresa di pulizie, che si ritrova con una seria invalidità alla mano sinistra e vede modificato il proprio contratto ‘full time’ in ‘part time’. Legittima la sua pretesa di vedere risarcito anche il danno patrimoniale connesso alla riduzione dei guadagni provocata dalla lesione subita.

Disavventura per una donna – operaia in una impresa di pulizie – viene investita da un veicolo e riporta serie lesioni fisiche, in particolare alla mano sinistra. Le ripercussioni però riguardano anche l’ambito lavorativo l’azienda le cambia il contratto full-time in contratto part-time, con conseguente contrazione della retribuzione. A fronte di tali elementi, è legittima, secondo i giudici, la richiesta di vedere risarcita anche la perdita connessa alla minore capacità di guadagno Cassazione, sentenza n. 21988/19, sez. III Civile, depositata oggi . Invalidità. Ricostruito nei dettagli l’incidente, emerge che la vittima – una donna, operaia in una impresa di pulizie – ha riportato anche lesioni alla mano sinistra con annessa invalidità permanente al 17 per cento . Per i Giudici, però, prima in Tribunale e poi in Appello, va riconosciuto solo il danno alla salute, comprendendovi altresì quello incidente sulla capacità di guadagno della donna. Ciò alla luce della tesi del consulente tecnico secondo cui la lesione alla mano sinistra avrebbe consentito alla persona danneggiata di mantenere il livello di reddito inalterato, ma lavorando con maggiore sforzo . Di parere diverso, ovviamente, l’operaia, che contesta l’idea che l’invalidità permanente dovuta all’incidente possa essere assorbita nel danno biologico e avanza, invece, la tesi che la lesione abbia determinato una riduzione effettiva dei guadagni e rilevi come danno patrimoniale da lucro cessante . Guadagni. Le obiezioni proposte dalla donna a fronte della sentenza d’Appello vengono ritenute fondate dai giudici della Cassazione, i quali, innanzitutto, ricordano che l’effettivo decremento del guadagno ben può ricavarsi per presunzioni e subito dopo aggiungono che in questa vicenda ci sono dati di fatto inequivocabili. In particolare, il riferimento è al fatto che la persona danneggiata, che lavora come operaia in una imprese di pulizie, ha riportato una invalidità permanente del 17 per cento alla mano sinistra e a sostegno dell’incidenza di tale lesione sui propri guadagni ha depositato sia le ‘buste paga’ che la ‘Certificazione Unica’ dei redditi . Per i Giudici della Cassazione il quadro è chiaro e sufficiente a mettere in discussione la visione tracciata in Appello. Ciò perché la prova della diminuzione dei guadagni può affermarsi per presunzione semplice dalla entità non minima delle lesioni riportate, unitamente ad altri fatti , come, in questo caso, i documenti che comprovano la riduzione dei guadagni da lavoro dipendente per via del mutamento del rapporto da ‘tempo pieno’ a ‘tempo parziale’ . Riprende quindi vigore la richiesta risarcitoria avanzata dalla donna, e su questo fronte dovranno nuovamente pronunciarsi i giudici di secondo grado, tenendo però a mente le indicazioni della Cassazione sul fronte del nesso causale tra la lesione e la perdita dei guadagni alla luce degli elementi messi sul tavolo dall’operaia, cioè l’entità della lesione e le ‘buste paga’ .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 maggio – 3 settembre 2019, n. 21988 Presidente Armano – Relatore Cricenti Fatti di causa Do. Ma., mentre attraversava a piedi la strada, è stata investita da To. Ca., che era alla guida di un veicolo di proprietà della Fusion Trans s.n.c, ed assicurato con la Groupama Ass.ni. Dall'urto ha riportato lesioni alla mano sinistra, ed ha citato in giudizio il conducente, il proprietario e la compagnia di assicurazione, pretendendo il risarcimento sia dei danni alla persona che di quelli patrimoniali conseguenti alla lesione. Dei tre convenuti si è costituita in giudizio solo la compagnia di assicurazione Il Tribunale, a seguito di consulenza tecnica, ha ritenuto di risarcire il danno alla salute comprendendovi altresì quello incidente sulla capacità di guadagno, e ciò ha fatto accreditando la tesi del consulente Tecnico secondo cui la lesione alla mano sinistra avrebbe consentito alla danneggiata di mantenere il livello di reddito inalterato, ma lavorando con maggiore sforzo. Su questo punto, la ricorrente ha proposto un appello incidentale, a contraddire l'idea che l'invalidità permanente dovuta all'incidente potesse essere assorbita nel danno biologico, nei termini prospettati dal tribunale, ed avanzando invece la tesi che la lesione aveva determinato una riduzione effettiva dei guadagni, e doveva quindi rilevare come danno patrimoniale da lucro cessante. La corte di appello ha disatteso questa tesi, ribadendo le valutazioni fatte in primo grado dal Tribunale. Avverso tale decisione ricorre la Ma. con due motivi di ricorso. V'è costituzione con controricorso della Groupama. Ragioni della decisione 1.- La ratio della decisione di appello è in poche righe. Ritiene la corte che il tribunale ha opinato correttamente a liquidare il danno alla capacità lavorativa in termini di danno biologico. Ciò in quanto la CTU aveva evidenziato che la lesione riportata alla mano avrebbe consentito di mantenere i guadagni, salvo uno sforzo fisico maggiore. Questa valutazione, secondo la corte di merito, non era stata contestata dalla ricorrente, e dunque il tribunale l'aveva giustamente tenuta in conto, liquidando l'incidenza sulla capacità lavorativa in termini di aumento del punto di invalidità. Inoltre, non risultava provato che la danneggiata aveva effettivamente contratto i guadagni a causa della lesione riportata alla mano sinistra. 2.- La ricorrente, avverso tale argomento, propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo denuncia violazione degli articoli 2056, 1223, 1226 e 2727, 2729 cod. civ. Secondo la ricorrente la corte d'appello ha escluso la prova della contrazione dei guadagni, ritenendo sufficiente la valutazione fatta dal CTU che quella contrazione non vi fosse, e che si potesse mar tenere il livello di reddito lavorando con maggiore sforzo, pregiudizio, quest'ultimo, di cui il tribunale aveva tenuto conto all'interno del danno biologico aumentando l'ammontare del risarcimento. Questo argomento, secondo la ricorrente, viola le regole sull'accertamento del danno alla capacità lavorativa specifica, e le viola disattendendo le indicazioni giurisprudenziali sulla opportunità di ricorrere a presunzioni semplici per accertare il danno derivante calla lesione fisica alla capacità di guadagno, presunzioni che hanno nella gravità della lesione ed è tale quella diversa dalla cd micropermanente un fatto noto da cui ricavare che il pregiudizio alla salute inciderà sui guadagni futuri. Con il secondo motivo la ricorrente fa valere questo difetto sotto altro profilo, ossia per violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., in quanto la corte non ha tenuto conto del fatto che l'effettivo decremento del guadagno ben poteva ricavarsi per presunzioni. 2.2.- Il secondo motivo è fondato, con assorbimento del primo. La corte di merito ha escluso la prova del nesso causale, ossia la prova che la contrazione dei guadagni potesse riferirsi alla lesione alla mano sinistra, ritenendo che la ricorrente non aveva fornito prova di sorta, e che, per contro, v'era in atti la consulenza tecnica secondo la quale la lesione non avrebbe inciso sulla misura dei guadagni, ma sullo sforzo lavorativo per mantenerli inalterati. Secondo la corte questa valutazione del CTU non sarebbe stata contestata dalla ricorrente, con la conseguenza che doveva ritenersi vincolante. Va premesso che alcuni dati di fatto sono indiscussi che la danneggiata ha riportato una invalidità permanente del 17% alla mano sinistra che la medesima danneggiata lavora come operaia in una impresa di pulizie che a sostegno dell'incidenza di tale lesione sui suoi guadagni ha depositato sia il CU che le buste paga. Ciò si dice a dimostrazione della infondatezza, innanzitutto, della tesi dei giudici di merito secondo cui la ricorrente non avrebbe assolto all'onere della prova a suo carico, ed anzi, avrebbe prestato acquiescenza alle risultanze della CTU. E' di tutta evidenza che l'onere della prova può darsi assolto anche allegando elementi utili a costituire una presunzione, salvo che per quel fatto la legge non imponga una prova privilegiata o esclusiva. E' questo il senso, del resto, della regola per cui, il danneggiato, oltre alla gravità della lesione riportata, deve indicare qualcosa di altrettanto utile a provare che tale lesione ha inciso sui guadagni, e se gratamente deve provare il pregresso svolgimento di un'attività lavorativa, e la differenza di guadagni prima e dopo l'atto illecito Cass. 14517/ 2015 . E questa regola trova la sua specificazione, nel caso concreto, in relazione al quale vale l'affermazione secondo cui il danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa specifica, derivante da lesioni personali, deve essere valutato, in quanto danno futuro, su base prognostica anche a mezzo di presunzioni semplici, salva la determinazione equitativa, in assenza di prova certa, del suo ammontare Cass. 20003/ 2014 . Ciò posto, ossia stabilito che l'onere della prova può essere assolto anche fornendo prove presuntive, e non soltanto prove dirette, va da sé che l'allegazione di tali prove è fatta per contrastare, anche sia pure implicitamente, le risultanze della CTU, e che il giudice, una volta che queste ultime siano allegate ed emerse, ha il dovere di tenere in conto. Ciò vale in generale, in base a quanto imposto dalle regole in tema di valutazione probatoria articoli 115 e 116 cod. proc. civ. , e qua i richiedono che il giudice basi la decisione sulle prove risultanti dagli atti di causa, senza decidere sulla base di fatti non risultanti, e per contro, senza omettere la valutazione di quelli che invece sono emersi in giudizio. Ma vale in particolare per il caso specifico, in ragione del costante orientamento di questa corte secondo cui il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura - non necessariamente in modo proporzionale - qualora la vittima già svolga un'attività lavorativa. Tale presunzione, peraltro, copre solo l' an dell'esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all'art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione de danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest'ultimo sia diminuito . Cass. 15737/ 2018 Cass. 11361 / 2014 La corte di merito non si è attenuta a queste regole d giudizio, ed ha fatto a meno della circostanza che la prova della diminuzione dei guadagni poteva affermarsi per presunzione semplice dalla entità non minima delle lesioni riportate, unitamente ad altri fatti noti, ed allegati dalla parte, ed in particolare dai documenti che comprovavano la riduzione dei guadagni, da lavoro dipendente, per via del mutamento del rapporto da tempo pieno a tempo parziale. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio affinché la corte di appello, in diversa composizione, rivaluti la prova del nesso causale tra la lesione riportata e la perdita dei guadagni, alla luce degli elementi presuntivi addotti dalla ricorrente, e segnatamente della entità della lesione e delle buste paga. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese.