Nessun indennizzo per la raccomandata restituita oltre il decimo giorno, se spedita dal legale in proprio

Quando un atto giudiziario è notificato dall’avvocato debitamente autorizzato, si applica l’art. 6 l. n. 890/1982 se l’avviso di ricevimento viene restituito oltre il decimo giorno lavorativo non è previsto alcun indennizzo, trattandosi di un obbligo accessorio dell’ente Poste, che ben può essere soddisfatto mediante il rilascio gratuito di un duplicato.

Questo il principio espresso dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 13962/19 del 23 maggio, si è pronunciata sulla richiesta di risarcimento danni avanzata da un legale, con riferimento ad alcuni disservizi dell’ente postale. Il merito. Più precisamente, il legale aveva citato la società di recapiti, lamentando che dopo aver notificato in proprio, ex lege n. 5371994, ben cinque atti giudiziari, aveva ricevuto la cartolina di ritorno oltre il 10° giorno lavorativo successivo alla data di spedizione. Chiedeva, pertanto, il pagamento di euro 8,25 per plico, a titolo di indennizzo, ovvero, di risarcimento danni, somma pari al costo sostenuto per la spedizione di ogni singolo atto. Il giudice di pace aveva accolto le sue richieste ma, a seguito dell’appello interposto dall’Ente poste, il Tribunale di Benevento aveva riformato la sentenza, rilevando che la normativa di riferimento prevedeva indennizzi solo per le ipotesi di smarrimento del plico inoltre, mancava la prova del danno effettivamente patito dall’utente. Il giudizio di cassazione. L’avvocato ha, quindi, impugnato la pronuncia innanzi ai giudici della legittimità, sostenendo, in primis, che il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 342 c.p.c Ha rilevato, inoltre, la violazione di legge, assumendo che al caso di specie dovevano essere applicate le norme concernenti il servizio postale ordinario e non l’art 6 della l. n. 890/1982 infine, ha dedotto la falsa applicazione degli articolo 1218, 1223 e 1226 c.c., rilevando come pure l’avviso di ricevimento fosse raccomandato” e, dunque, soggetto ad indennizzo, in caso di ritardata consegna. La Corte ha disatteso tutte le istanze del ricorrente nell’ordine, ha chiarito che 1. l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, con conseguente inammissibilità del primo motivo di ricorso. Tale vizio, infatti, si configura soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito 2. risultava corretta l’interpretazione fornita dal Tribunale in punto di diritto, ben avendo ritenuto applicabile alla notifica in proprio fatta dai legali autorizzati, il dettato dell’art. 6, l. n. 890/1992 3. in applicazione dei principi sanciti dalla Carta di qualità del servizio postale, l’indennizzo da ritardato recapito è previsto solo in caso di invio del plico raccomandato mentre è escluso per l’ipotesi di smarrimento o ritardata restituzione dell’avviso di ricevimento. Ciò perché, ha evidenziato la Corte, le due situazioni sono completamente diverse quella di consegna della spedizione costituisce l’obbligazione primaria assunta dal servizio postale mentre la seconda concerne un obbligo accessorio di documentazione dell’avvenuta consegna, che ben può essere soddisfatto mediante il rilascio gratuito di un duplicato. Infine, il Collegio ha ritenuto inammissibile anche la censura concernente il mancato riconoscimento del danno poiché nel ricorso non era stata contrastata specificamente la pronuncia impugnata, nella parte in cui ha disatteso la richiesta risarcitoria, né risultava allegata la prova del danno effettivamente patito, a causa del mero ritardo nella restituzione dell’avviso. Ciò premesso, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato l’istante al pagamento delle spese di lite, oltre al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 febbraio – 23 maggio 2019, n. 13962 Presidente Armano – Relatore Sestini Rilevato che con cinque distinti atti di citazione, l’avv. D.G.G. convenne in giudizio Poste Italiane s.p.a. per ottenere il pagamento, a titolo di indennizzo ovvero di risarcimento del danno, dell’importo di Euro 8,25, quale costo sostenuto per la spedizione di un atto giudiziario a mezzo di plico raccomandato effettuata direttamente dal D.G. , ex L. n. 53 del 1994, in quanto autorizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati , la cui cartolina di ritorno era stata restituita al mittente oltre il 10 giorno lavorativo successivo alla data di spedizione riuniti i cinque procedimenti, il Giudice di Pace di Guardia Sanframondi accolse la domanda, ritenendo sussistente un grave inadempimento della convenuta, e condannò Poste Italiane al pagamento dell’importo complessivo di Euro 41,25, oltre alle spese di lite pronunciando sull’appello proposto da Poste Italiane s.p.a., il Tribunale di Benevento ha riformato la sentenza e ha negato sia l’indennizzo che il risarcimento, rilevando che la normativa di riferimento individuata nel L. n. 890 del 1982, art. 6, nel D.P.R. n. 156 del 1973, art. 48 e della Carta di Qualità dei servizi postali prevede un indennizzo in favore dell’utente solo in caso di smarrimento del plico e non anche in ipotesi di smarrimento o di ritardo nella consegna dell’avviso di ricevimento neppure può riconoscersi un risarcimento del danno conseguente all’inadempimento di Poste Italiane in quanto non è stato nè allegato nè dimostrato il danno effettivamente subito dall’utente per effetto del ritardato recapito inerente, appunto, non l’atto giudiziario in sé ma il solo avviso di ricevimento ha proposto ricorso per cassazione il D.G. , affidandosi a tre motivi ha resistito l’intimata Poste Italiane s.p.a., con controricorso illustrato da memoria. Considerato che il primo motivo denuncia nullità della sentenza o del procedimento omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 per avere il Tribunale completamente omesso, anche implicitamente, di pronunciare, ex art. 112 c.p.c., sull’eccezione di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c. il motivo è inammissibile in quanto l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito Cass. n. 6174/2018 , mentre può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltreché utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte Cass. n. 321/2016 ipotesi non ricorrente nel caso di specie, in quanto, anche a voler ritenere utilmente reiterata la censura inerente la violazione dell’art. 342 c.p.c., il D.G. non ha assolto all’onere ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 di trascrivere l’atto di appello in misura idonea a consentire di apprezzarne la dedotta mancanza di specificità col secondo motivo che denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, della L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 57 e della L. n. 53 del 1994 , il ricorrente deduce che il Tribunale ha errato nell’applicare la L. n. 890 del 1982, art. 6, in quanto l’attore si era avvalso della facoltà, prevista dalla L. n. 53 del 1994 e successive modifiche e integrazioni, di notificare direttamente l’atto giudiziario, rispetto alla quale si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario rileva, inoltre, che la L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 57, ha abrogato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 che, a dire del Giudice d’appello, richiama la L. n. 890 del 1982, art. 6 il motivo è infondato correttamente il Tribunale ha ritenuto che alla notifica di atti giudiziari effettuata dall’esercente la professione legale debitamente autorizzato sia applicabile la L. n. 890 del 1982, art. 6, atteso che la L. n. 53 del 1994, art. 1 richiama espressamente le modalità previste dalla L. 20 novembre 1982, n. 890 e che tale richiamo è ribadito dal successivo art. 3, comma 3 cfr., con specifico riferimento al perfezionamento della notificazione, Cass. n. 13922/2002, Cass. n. 3881/2014 e Cass. n. 15234/2014 va esclusa, per contro, la pertinenza dei precedenti di legittimità indicati dal ricorrente a sostegno dell’assunto dell’applicabilità delle norme concernenti il servizio postale ordinario anziché quelle della L. n. 890/1982 , giacché concernono la peculiare ipotesi della notificazione della cartella esattoriale effettuata a mezzo del servizio postale, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 il terzo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 1226 c.c. il ricorrente trascrive il contenuto dell’art. 6 della Carta di Qualità del Servizio Postale Universale edizione aprile 2012 , relativo al paragrafo reclami, rimborsi ed indennizzi, rilevando che esso prevede un indennizzo per il caso di ritardo nel recapito del plico raccomandato pari al costo di spedizione per il ritardo eccedente il decimo giorno lavorativo e ad Euro 30,00, più il costo di spedizione, per il ritardo eccedente il trentesimo giorno lavorativo , mentre lo esclude per l’ipotesi dello smarrimento o del ritardato recapito dell’avviso di ricevimento, prevedendo soltanto la possibilità del rilascio di un duplicato tanto premesso ed evidenziato che l’avviso di ricevimento è anch’esso raccomandato e può essere monitorato sul sito delle Poste Italiane, assume che risulta del tutto arbitraria ed irrazionale l’esclusione del rimborso del costo di spedizione nel caso di restituzione avvenuta oltre il decimo giorno lavorativo e che pertanto la previsione regolamentare contenuta nella Carta di Qualità va disapplicata dal Giudice ordinario alla luce del principio di ragionevolezza , in coerenza con l’affermazione, contenuta nella medesima Carta, secondo cui l’assenza di rimborsi e indennizzi è giustificata da criteri di ragionevolezza nel caso di invii non tracciati sottolinea, pertanto, la necessità di una interpretazione costituzionalmente orientata intesa ad evitare un trattamento difforme di due situazioni identiche sotto altro profilo, il ricorrente rileva che, costituendo un regolamento amministrativo che fissa il livello minimo delle prestazioni offerte all’utenza , la Carta di Qualità non è idonea a derogare alle ordinarie regole della responsabilità civile e che il ritardo nell’adempimento della prestazione da parte di Poste Italiane giustificava il risarcimento del danno, da liquidarsi anche in via equitativa il motivo va disatteso in riferimento a tutti i profili deve considerarsi, infatti, che nella parte in cui sono tese a sostenere la necessità di equiparare il ritardo nella restituzione dell’avviso al ritardo della consegna del plico, le censure sono inammissibili in quanto, oltre a non risultare correlate alle norme indicate nella rubrica del motivo, omettono di confrontarsi con la previsione della L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1, che disciplina in modo diverso l’ipotesi dello smarrimento del plico e quella dello smarrimento dell’avviso di ricevimento per quest’ultima escludendo qualsiasi indennizzo e costituisce la base normativa della previsione della Carta di Qualità dei Servizi Postali, che egualmente esclude l’indennizzo per le ipotesi dello smarrimento dell’avviso e altrettanto prevede per il ritardato recapito a prescindere da tale assorbente rilievo di inammissibilità, risulta comunque del tutto infondato l’assunto di una equiparabilità delle due affatto diverse situazioni del ritardo nel recapito del plico e del ritardo nella restituzione dell’avviso, in quanto la prima attiene all’adempimento dell’obbligazione primaria assunta dal servizio postale di consegna del plico entro termini prefissati , mentre la seconda concerne un obbligo accessorio di documentazione dell’avvenuta consegna che ben può essere soddisfatto mediante il rilascio gratuito di un duplicato la censura concernente il mancato riconoscimento del danno è anch’essa inammissibile, in quanto il ricorrente sostiene genericamente la risarcibilità del pregiudizio conseguente alla ritardata consegna dell’avviso, senza contrastare specificamente la pronuncia impugnata nella parte in cui ha disatteso la richiesta risarcitoria sul rilievo che erano mancate l’allegazione e la dimostrazione del danno effettivamente subito dall’utente per effetto del ritardato recapito dell’avviso di ricevimento nè può ritenersi che gli oneri di allegazione e dimostrazione del danno siano stati soddisfatti con la mera indicazione del costo di spedizione del plico, dovendosi rilevare -per un verso che l’importo pagato dall’utente ha costituito il corrispettivo per un servizio che è risultato comunque espletato da Poste Italiane e -per altro verso-che è rimasto del tutto indeterminato oltreché indimostrato in cosa sarebbe consistito il pregiudizio in concreto patito dal D.G. a causa del mero ritardo nella restituzione dell’avviso le spese di lite seguono la soccombenza sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 1.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.