Sinistro stradale: il calcolo del lucro cessante da risarcire ai figli del danneggiato defunto

Per stimare il momento di cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli, la Suprema Corte ritiene che neanche il raggiungimento della maggiore età possa determinare la cessazione di tale obbligo, nel caso in cui i figli non abbiano incolpevolmente la possibilità di lavorare, e dunque tale mantenimento possa protrarsi ben oltre, ossia fino al raggiungimento di una condizione di indipendenza economica da parte dei figli stessi.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 6731/19, depositata l’8 maro. Il caso. Un cittadino serbo rimaneva coinvolto in un incidente stradale avvenuto in Serbia, dovuto alla forte velocità del conducente, suo fratello, in conseguenza del quale perse la vita. Il procuratore speciale della vedova in proprio e quale esercente la potestà parentale sui figli minori, conveniva in giudizio il responsabile del danno e la compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento dei danni. Il calcolo del lucro cessante. Con il motivo di ricorso il procuratore speciale dei congiunti del defunto censura la sentenza di secondo grado per non aver pronunciato in riferimento all’errore compiuto dal giudice di primo grado di calcolare le date di nascita dei figli e di ritenere provato un danno complessivo in una media di 15 anni, senza far differenza con riguardo a ciascuno dei figli, tanto in spregio al diritto dei figli stessi di ottenere il mantenimento fino al momento in cui ciascuno non avesse raggiunto la piena indipendenza economica. Al riguardo, la Corte di legittimità per stimare il momento di cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli ritiene che neanche il raggiungimento della maggiore età possa determinare la cessazione di tale obbligo, nel caso in cui i figli non abbiano la possibilità di lavorare incolpevolmente, e dunque tale mantenimento possa protrarsi ben oltre, ossia fino al raggiungimento di una condizione di indipendenza economica da parte dei figli. A ciò consegue che la sentenza impugnata, nella parte in cui ha fissato la soglia dei 15 anni quale età ultima per ottenere il mantenimento non si conforma a quanto statuito dai giudici di legittimità. I redditi da ricomprendere nel calcolo. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, in ordine alla determinazione del lucro cessante in favore dei figli, non ha sommato i redditi già perduti dal momento dell’incidente fino al giorno della decisione e non ha capitalizzato i redditi stessi con riferimento alla data in cui l’erogazione sarebbe cessata per conquista dell’indipendenza economica da parte dei figli. E con riferimento a tale motivo di ricorso, i Giudici del Palazzaccio lo ritengono fondato per le stesse ragioni esposte con riferimento al primo motivo. Sulla base di tali ragioni, la Suprema Corte accoglie i suddetti motivi di ricorso cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione, per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 ottobre 2018 – 8 marzo 2019, n. 6731 Presidente Amendola - Relatore Moscarini Fatti di causa In data 16/9/2004 S.M. , trasportato su una Opel Kadett guidata dal fratello, rimase coinvolto in Serbia in un incidente stradale dovuto alla velocità eccessiva del conducente, in conseguenza del quale perse la vita. La Duomo Assicurazioni, compagnia di assicurazione del veicolo, versò ai congiunti, a titolo di acconto, la somma complessiva di Euro 540.000,00 Euro 80.000 per ciascuno dei tre figli minori e per la moglie, Euro 70.000 per ciascuno dei genitori ed Euro 20.000 per ogni fratello . S.I. , quale procuratore speciale della vedova in proprio e quale esercente la potestà parentale sui figli minori, convenne in giudizio il responsabile del danno e la compagnia di assicurazioni per ottenere il risarcimento dei danni. Analoghe azioni vennero intraprese dallo stesso in qualità di procuratore speciale dei genitori del defunto e in qualità di procuratore speciale dei fratelli. Le tre azioni furono riunite e decise dal Tribunale di Rimini il quale attribuì a S.N. la responsabilità esclusiva del sinistro, respinse la domanda risarcitoria dei fratelli della vittima, dichiarando satisfattiva la somma già riconosciuta dalla compagnia assicurativa e condannò gli stessi al pagamento delle spese legali in favore dell’assicurazione, determinò in Euro 100.000 il danno non patrimoniale subito dalla moglie e da ciascuno dei figli minori della vittima, oltre che dai genitori e liquidò alla moglie a titolo di danno patrimoniale la somma di Euro 55.734,00. La Corte d’Appello di Bologna, adita dagli originari attori in via principale e dalla compagnia Duomo in via incidentale, con la sentenza n. 1777 del 7/10/2016, per quel che ancora rileva in questa sede, ha ritenuto che il motivo volto ad ottenere una maggiore liquidazione sotto il profilo del lucro cessante, in ragione delle rappresentate potenzialità socio-economiche della vittima per una presunta attività piccolo imprenditoriale autonomamente intrapresa, fosse rimasto sfornito di ragionevole riscontro probatorio quanto alla contestazione dell’ampiezza della quota sibi, riconosciuta dal primo giudice nella percentuale del 50%, ha ritenuto non esservi elementi concreti per accogliere la richiesta decurtazione al 20%, in ragione del modestissimo reddito percepito dal defunto, del costo della vita in Italia, della necessità di mantenersi, mentre ha stimato che la quota del 50% da devolvere ai familiari fosse più che adeguata con riguardo al costo della vita del Paese di residenza dei congiunti del defunto accogliendo parzialmente l’appello sul punto relativo al risarcimento del danno non patrimoniale della moglie, dei figli e dei genitori del defunto, ha rideterminato gli importi, applicando il minimo tabellare secondo le tabelle del Tribunale di Milano, quantificando in Euro 163.990,00 il risarcimento dovuto per ciascun congiunto, specificando che la scelta del valore minimo tabellare era dovuta alla non particolare intensità del legame e della convivenza in concreto vissuta dai soggetti coinvolti. Avverso quest’ultima sentenza S.I.I. , sempre nella qualità di procuratore speciale dei congiunti del defunto, propone ricorso per cassazione affidato a dieci motivi. Resiste la Cattolica Assicurazioni già Duomo Assicurazioni con controricorso. Ragioni della decisione 1.Con il primo articolato motivo violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, con riguardo agli artt. 2056, 1123 e 1126 c.c., in relazione all’art. 30 Cost., artt. 147, 315 bis e 337 septies, nonché agli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c. l’impugnato censura la sentenza per non aver pronunciato in ordine all’errore compiuto dal giudice di primo grado di calcolare le date di nascita dei figli e di ritenere provato un danno complessivo in una media di 15 anni, senza differenziare con riguardo a ciascuno dei figli, nonostante le date della loro nascita fossero versate in atti e risultassero pertanto provate, tanto in spregio al diritto dei figli di ottenere il mantenimento, non limitato dalla legge al compimento della maggiore età, fino al momento in cui ciascuno non avesse raggiunto la piena indipendenza economica. 1.1 Il motivo è fondato e merita di essere accolto. In effetti la valutazione operata dal giudice di merito di fissare nella misura di 15 anni la soglia ultima per il calcolo del lucro cessante da risarcire ai figli del danneggiato defunto, appare del tutto inadeguata anche in una prospettiva equitativa. La giurisprudenza consolidata di questa Corte per stimare il momento di cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli, ritiene che neppure il compimento della maggiore età possa determinare la cessazione di tale obbligo, ove i figli non abbiano incolpevolmente possibilità di lavorare, e che pertanto tale mantenimento possa protrarsi ben oltre Cass., 1, n. 32529 del 14/12/2018 Cass., 1, n. 2289 del 16/2/2001 Cass., 1 n. 1353 del 18/2/1999 , fino al raggiungimento, da parte dei figli, di una condizione di indipendenza economica Cass., 6-1 n. 17738 del 7/9/2015 . Ne consegue che la sentenza impugnata, nella parte in cui fissa la soglia dei 15 anni, quale età ultima per ottenere il mantenimento, non si conforma alle statuizioni di questa Corte e merita di essere cassata. 2. Con il secondo motivo omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5 il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, in ordine alla determinazione del lucro cessante in favore dei figli, non ha sommato e rivalutato i redditi già perduti, dal momento del sinistro fino alla data della decisione, e non ha capitalizzato i medesimi con riferimento alla data nella quale l’erogazione sarebbe verosimilmente cessata, per conquista, da parte dei figli, dell’indipendenza economica. Sussistono i presupposti per esaminare il vizio motivazionale in quanto la parte ricorrente ha indicato sia il fatto storico , ovvero l’errore sull’età degli orfani al momento della morte del padre, il cui esame è stato del tutto omesso dall’impugnata sentenza, sia il dato testuale da cui risulta il dato corretto - e cioè i vari certificati di nascita prodotti-sia gli atti processuali in cui il fatto è stato posto in discussione tra le parti, sia infine la decisività del fatto stesso, nel senso che se la Corte d’Appello avesse valutato il motivo di appello, avrebbe corretto l’errore matematico in cui era incorso il Tribunale con nuova e più favorevole liquidazione del danno da lucro cessante. Anche questo motivo è fondato per le stesse ragioni esposte in relazione al primo motivo. 3. Con il terzo motivo violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, con riguardo agli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c., nonché agli artt. 2697 e 2729 c.c. censura la sentenza nella parte in cui, nel calcolo del danno patrimoniale, ha preso a base il reddito percepito dal defunto nell’anno 2003, senza valutare i possibili incrementi che egli avrebbe potuto conseguire con un’avviata piccola attività imprenditoriale di impresa edile. La prognosi avrebbe dovuto essere fatta ex ante. Il motivo non è fondato e merita di essere rigettato. La Corte d’Appello ha ritenuto che le rappresentate potenzialità socio-economiche della vittima per una presunta attività piccolo-imprenditoriale autonomamente intrapresa era rimasta sfornita di ragionevole riscontro probatorio in quanto, comunque, il settore edile ed il mercato immobiliare avevano avuto un forte decremento, molte imprese erano fallite ed altre avevano definitivamente chiuso, e che era di comune esperienza che tanti piccoli artigiani, manovali e muratori avevano fatto ritorno al loro Paese o erano emigrati in altri Paesi o avevano cambiato lavoro. Trattasi di apprezzamenti incensurabili in questa sede. 4. Con il quarto motivo erronea applicazione di presunzioni semplici ex artt. 2697 e 2729 c.c. art. 360 c.p.c., n. 5 censura la sentenza per non aver correttamente ipotizzato, sulla base di presunzioni gravi precise e concordanti, quale sarebbe stato il reddito futuro della vittima, considerato che nel 2004, subito dopo la morte, l’attività edile era in grande espansione in guisa da assicurare con certezza guadagni crescenti. Il motivo è infondato per le medesime ragioni poste a base del rigetto del motivo precedente. 5. Con il quinto motivo violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, con riguardo agli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c., nonché agli artt. 2697 e 2729 c.c. censura il capo di sentenza che ha ritenuto plausibile la quota del 50% del reddito necessaria al defunto per sopravvivere in Italia anziché quella del solo 20% prospettato dall’appellante. 6. Con il sesto motivo erronea ammissione di presunzioni semplici ex artt. 2697 e 2729 c.c. art. 360 c.p.c., n. 5 censura la sentenza sul capo già censurato con il quinto motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione. Anche questi motivi sono inammissibili perché non consistono in censure relative a vizi di sussunzione ma ad argomenti di merito. 7. Con il settimo motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c. in relazione agli artt. 29, 30 e 31 Cost., artt. 45, 143, 144, 147 e 315 bis c.c. censura la sentenza nella parte in cui il danno è stato liquidato sulla base di valori minimi previsti dalle tabelle di Milano. Il richiamo ai valori minimi è apparso giustificato alla Corte di merito in ragione della non particolare intensità del legame e della convivenza in concreto vissuta dai soggetti coinvolti . In altri termini la Corte d’Appello ha inteso optare per i valori minimi supponendo che, in mancanza della convivenza tra il defunto ed i familiari, si dovesse presumere una scarsa intensità del legame. A giudizio del Collegio trattasi di argomentazione del tutto illogica. Il motivo merita pertanto accoglimento. 8. Con l’ottavo motivo violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1123, 1226, 2056 e 2059 c.c. contesta la mancata personalizzazione del risarcimento del danno non patrimoniale, che sarebbe stato illegittimamente liquidato in modo uguale per la moglie-vedova e per i figli, nonostante la diversa condizione di ognuno di loro. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente. 9. Con il nono motivo violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c. censura il capo di sentenza relativo alla liquidazione del danno non patrimoniale riconosciuto ai fratelli della vittima. Il motivo è privo di decisività in quanto la sentenza ha riconosciuto dovuta ai fratelli la somma di Euro 20.000 ciascuno laddove le Tabelle avrebbero previsto un risarcimento sostanzialmente analogo e di pochissimo superiore Euro 20.387,40 . 10. Con il decimo motivo violazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, con riguardo all’art. 91 c.p.c. e dell’art. 92 c.p.c., nonché del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 60, comma 4 convertito, con modificazioni, in L. 22 gennaio 1934, n. 36 censura il capo di sentenza relativo al regime delle spese di lite che sarebbero state solo parzialmente compensate. La censura resta assorbita dal parziale accoglimento del ricorso. 11. Conclusivamente il ricorso merita accoglimento con riguardo ai motivi primo, secondo e settimo, a sorbiti l’ottavo ed il decimo, gli altri motivi rigettati la sentenza va conseguentemente cassata in relazione e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, il secondo ed il settimo motivo di ricorso, assorbiti l’ottavo e il decimo, rigettati gli altri, cassa l’impugnata sentenza rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.