Il figlio scrive frasi offensive sulla scrivania della bidella e il padre è ritenuto responsabile

Il genitore è ora obbligato a versare 3mila euro alla dipendente di un liceo a titolo di risarcimento. Impossibile, secondo i Giudici, parlare di goliardata”, e questa linea difensiva rende evidente la non sufficiente educazione del ragazzino.

Il comportamento irriguardoso tenuto dal figlio, e concretizzatosi nello scrivere frasi offensive sulla scrivania della bidella di un liceo, è addebitabile a una non sufficiente educazione. Logica conseguenza è la condanna del genitore a risarcire il danno subito dalla dipendente dell’istituto scolastico e a versarle 3mila euro Cassazione, ordinanza n. 4152/19, sez. III Civile, depositata oggi . Disvalore. Scenario della vicenda è un liceo in Umbria. Tutto comincia con un blitz compiuto da alcuni ragazzi minorenni, blitz caratterizzato anche da alcune frasi ingiuriose scritte sulla scrivania della bidella . Quest’ultimo comportamento viene, in particolare, addebitato a uno dei protagonisti dell’assurda incursione nella struttura scolastica. E passaggio successivo è l’addebito della responsabilità al padre, che, difatti, in Tribunale viene condannato a versare 3mila euro alla lavoratrice come risarcimento del danno morale da lei subito. Questa decisione viene confermata dalla Cassazione. Per i Giudici del Palazzaccio, difatti, è condivisibile la ratio decidendi applicata in Tribunale, laddove si è ritenuta evidente la responsabilità del padre , una volta accertata l’ascrivibilità al figlio di una condotta ingiuriosa, caratterizzata da disvalore sociale . Impossibile considerare una semplice goliardata” il comportamento tenuto dal minorenne. Anzi, questa linea difensiva, adottata dal genitore, testimonia, secondo i giudici, che non vi è stata sufficiente educazione del figlio a concetti elementari quali quelli del rispetto del prossimo e dell’intima connessione tra libertà e responsabilità .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 novembre 2018 – 13 febbraio 2019, n. 4152 Presidente Amendola – Relatore Di Florio Ritenuto che 1. Et. De Bi. ricorre, affidandosi a nove motivi illustrati anche da memoria ex articolo 380bis c.p.c. , per la cassazione della sentenza del Tribunale di Urbino che, riformando la pronuncia di inammissibilità della domanda del giudice di pace, lo aveva condannato - rigettando l'appello principale sulla compensazione delle spese di lite ed accogliendo quello incidentale proposto da Br. Ma. - al risarcimento del danno in favore della stessa, bidella di un liceo di Urbino, per le scritte ingiuriose che il figlio Fi. De Bi., minore all'epoca dei fatti, aveva vergato sulla sua scrivania con un pennarello, durante una illegittima incursione nella scuola con altri ragazzi minorenni. 2. Gli intimati hanno resistito e Fi. De Bi. ha proposto ricorso incidentale sulla scorta di otto motivi e memoria. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte. Considerato che Sul ricorso principale di Et. De Bi. 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex articolo 360 co 1 n. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 3 e 4 c.p.c Contesta l'impostazione logica della motivazione del Tribunale che aveva dapprima esaminato la capacità di intendere e di volere del figlio minore con riferimento al fatto commesso e, solo dopo, gli aveva attribuito la materiale responsabilità di esso, con percorso argomentativo viziato ed invertito anche in relazione alla fattispecie concreta individuata, ricondotta all'articolo 2048 c.c. e non articolo 2047 c.c 1.2. Con il secondo motivo, ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c., deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 115 , nonché dell'articolo 10 D.P.R. 488/1988, in relazione agli artt. 40, 43 e 594 cp censura la progressione logica della sentenza, fondata sulla erronea applicazione delle norme di diritto richiamate in quanto la dichiarazione di non doversi procedere pronunciata in sede penale pur consentendo una complessiva rivalutazione del fatto e della responsabilità del minore non poteva prescindere dall'osservanza dell'ordinario criterio di ripartizione degli oneri probatori in relazione al quale il Tribunale avrebbe dovuto rilevare che la Ma. non aveva dedotto alcuna prova. Aggiunge, al riguardo, che la sentenza penale era stata emessa a seguito di udienza preliminare e, quindi, senza un'istruttoria dibattimentale svolta nel contraddittorio delle parti. 1.3. Con il terzo motivo, ex 360 co 1 n. 3 e 4 c.p.c., il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 132 n. 4 e 10 D.P.R. 488/1988 lamenta che il giudice d'appello aveva indicato solo genericamente gli elementi su cui era fondato il proprio convincimento ed in base ai quali il figlio Fi. sarebbe stato autore del fatto. 1.4. Con il quarto motivo, deduce, ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2046 e 2697 c.c. e dell'articolo 115 c.p.c. contesta la valutazione del Tribunale circa la sussistenza della capacità di intendere e di volere del minore in assenza di prova. 1.5. Con il quinto motivo, lamenta, ex articolo 360 co 1 n. 3 e 4 c.p.c., la violazione degli artt. 2048 e 2729 c.c. e degli artt. 183 e 115 c.p.c. per l'immotivato rigetto dell'ammissione delle prove da lui dedotte che erano state ingiustamente ritenute superflue. 1.6. Con il sesto motivo, ex articolo 360 co 1 n. 3cpc deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2059, 2697, 2729 , 115 e 132 c.p.c. anche in relazione all'articolo 594 c.c. contesta, al proposito, la valutazione di offensività dello scritto statuita dal Tribunale. 1.7. Con il settimo motivo, lamenta, ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1126 c.c., con riferimento alla liquidazione equitativa del danno, in totale assenza di prova. 1.8. Con l'ottavo motivo,ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c. deduce la violazione dell'articolo 116 c.p.c. in relazione agli artt. 1126, 2046, 2048, 2059 c.c. ed all'articolo 594 cp lamenta la mancata ammissione delle prove dedotte. 1.9. Con il nono motivo, infine, ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c., il ricorrente contesta la violazione dell'articolo 91 c.p.c. con riferimento alla condanna alle spese di cui chiede la riforma, in vista dell'accoglimento del ricorso. Sul ricorso incidentale di Fi. De Bi. 2. Con il primo motivo, ex articolo 360 co 1 n. 3, il ricorrente incidentale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 2047 co 2 e 2048 c.c. contesta l'esistenza dell' interesse ad agire della Ma. nei suoi confronti, visto che era stata ritenuta la sussistenza del presupposto di cui all'articolo 2048 c.c. per il quale era sufficiente la vocatio in ius dei genitori lamenta , inoltre, la violazione dell'articolo 2047 primo comma c.c., perché la domanda di indennità prevista dalla norma non poteva ritenersi implicitamente ricompresa nella domanda di risarcimento né poteva intendersi proposta in difetto dell'esperimento dell'azione risarcitoria di cui alla norma testé richiamata. 2.1. Con il secondo motivo, deduce, ex articolo 360 co. 1 n. 3 e 4 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 3 e 4 c.p.c. contesta l'impostazione logica della motivazione che aveva dapprima esaminato la sua capacità di intendere e di volere con riferimento al fatto e solo dopo gli aveva attribuito la materiale responsabilità di esso. 2.3. Con il terzo ed il quarto motivo, lamenta, ex articolo 360 co 1 n. 3 cpc, la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c. e dell'articolo 10 D.P.R. 488/1988, anche in relazione agli artt. 40, 43 e 594 c.p.c., nonché ex articolo 360 n. 3 e 4 la violazione dell'articolo 132 n. 4 e dell'articolo 10 del D.P.R. 488/1988 si duole , ricalcando il terzo motivo del ricorso principale, del fatto che il Tribunale aveva reso una motivazione apparente, in quanto non aveva compiutamente indicato gli elementi in base ai quali aveva ritenuto che fosse stato proprio lui l'autore del fatto. 2.4. Con il quinto motivo, deduce la violazione dell'articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 2046 e 2697 c.c. e dell'articolo 115 c.p.c. contesta la valutazione del giudice d'appello concernente la sussistenza della sua capacità di intendere e di volere, in assenza di prova e senza alcuna indagine sull'elemento psicologico del reato. 2.5. Con il sesto motivo, lamenta ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell'artt. 2059, 2697, 2729, 115 e 132 c.p.c. anche in relazione all'articolo 594 c.c. assume la totale assenza di valutazione circa la concreta offensività dello scritto ed assume che il Tribunale aveva statuito sul punto sulla base di un fatto notorio . 2.6. Con il settimo motivo, deduce ex articolo 360 co 1 n. 3 c.p.c. la violazione articolo 116 c.p.c. in relazione agli artt. 2046, 2048, 2059 c.c. ed all'articolo 594 cp assume che l'affermazione di responsabilità a suo carico era stata fondata non su elementi concreti ma sulla base di un apprezzamento discrezionale ed opinabile. 2.7 Con l'ottavo motivo, infine, lamenta, ex articolo 360 co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell'articolo 91 c.p.c. in relazione alla liquidazione delle spese a suo carico, non essendo stata avanzata alcuna domanda nei suoi confronti in relazione alla quale potesse essere valutato il principio di soccombenza. 3. Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per tardività, sollevata dalla controricorrente Ma. che, ritenendo che l'impugnazione di Fi. De Bi. abbia natura adesiva, assume che l'ordinario termine per la proposizione del ricorso sarebbe spirato, essendo stato notificato il 5.12.2016, a fronte del passaggio in giudicato della sentenza in data 31.10.2016. 3.1. Il rilievo è fondato. Il ricorrente incidentale, infatti, con il primo motivo contesta la propria legittimazione passiva, assumendo che la Ma. non aveva interesse ad agire nei suoi confronti, visto che l'azione, ricondotta dal Tribunale all'articolo 2048 c.c., legittimava passivamente solo i suoi genitori e con gli altri motivi proposti aderisce espressamente alle critiche avanzate dal padre nel ricorso principale, di cui ricalca integralmente i contenuti. Conseguentemente, deve desumersi che il suo interesse all'impugnazione non sia sorta per effetto del ricorso principale ma abbia natura autonoma. Il ricorso incidentale doveva, quindi, essere proposto entro il termine di decadenza ordinario, non ricorrendo l'ipotesi di cui all'articolo 334 c.p.c 3.2. Questa Corte ha affermato, sulla specifica questione, che le regole sull'impugnazione tardiva, sia ai sensi dell'articolo 334 c.p.c., che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c. si applicano esclusivamente a quella incidentale in senso stretto e, cioè, proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l'impugnazione, mentre per il ricorso di una parte che abbia contenuto adesivo a quello principale si deve osservare la disciplina dell'articolo 325 c.p.c. cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo che abbia valenza d'impugnazione incidentale qualora investa un capo della sentenza non impugnato o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale cfr. Cass. 20040/2015 ed, ancora, che l'impugnazione incidentale tardiva, da qualunque parte provenga, va dichiarata inammissibile laddove l'interesse alla sua proposizione non possa ritenersi insorto per effetto dell'impugnazione principale cfr. Cass. 12387/2016 Cass. 6156/2018 . 3.3. Il Collegio intende dare seguito all'orientamento sopra riportato, con la conseguenza che il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile. 4. In ordine all'impugnazione principale si osserva che i primi tre motivi proposti devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica e la sostanziale sovrapponibilità di molti argomenti prospettati. Con essi il ricorrente contesta, deducendo in primis la nullità della motivazione cfr. il richiamo all'articolo 360 co 1 n. 4 contenuto nel primo e nel terzo motivo , l'illogico percorso argomentativo del giudice d'appello e l'omessa rivalutazione delle emergenze processuali, sia in ordine all'ascrivibilità al figlio Fi. allora minore dell'evento dannoso, sia in ordine all'esistenza di validi e concreti elementi che potessero essere contrapposti alle valutazioni, sostenute dalle relazioni dei servizi sociali e dalle certificazioni mediche, del Tribunale per i Minorenni e del giudice di pace che si era pronunciato in sede civile in primo grado, affermando entrambi la sua incapacità di intendere e di volere al momento del fatto. 4.1. Tutti e tre i motivi sono infondati. Il ricorrente , infatti, non ha colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata che, con motivazione sintetica ma sufficiente, ha affermato che il fatto per il quale era stata avanzata la domanda risarcitoria riguardava la responsabilità dei genitori regolata dall'articolo 2048 c.c., ed in particolare del padre convivente con il figlio, tenuto conto della sicura ascrivibilità al minore Fi. di una condotta ingiuriosa, caratterizzata da disvalore sociale. 4.2. Il Tribunale ha applicato il principio secondo il quale, in sede civile, il giudice di merito ha il potere di rivalutare in piena autonomia il medesimo fatto già vagliato nella sede penale minorile, dove, notoriamente, è preclusa la costituzione di parte civile cfr. articolo 10 D.P.R. 448/1988 e, conseguentemente, non è applicabile la previsione dell'articolo 652 cpp riguardante i rapporti fra giudizio penale e giudizio civile nelle cause in cui si controverta di risarcimento danni. 4.3. Al riguardo, questa Corte ha chiarito che la sentenza penale di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale nei confronti di imputato minorenne non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile risarcitorio, perché esula dalle ipotesi previste negli artt. 651 e 652 cod. proc. pen., non suscettibili di applicazione analogica per il loro contenuto derogatorio del principio di autonomia e separazione tra giudizio penale e civile. Ne consegue che il giudizio civile deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione, sebbene, nel rispetto del contraddittorio, possa tener conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale, al fine di ritenere provato il nesso causale fra la condotta del minore e la lesione subita dall'attore cfr. Cass. 24475/2014 . 4.4. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati che possono certamente essere estesi al caso in esame in cui la dichiarazione di non doversi procedere è stata determinata dalla mancanza di imputabilità per incapacità di intendere e di volere di un soggetto ultraquattordicenne. La motivazione criticata resiste, pertanto, alle censure proposte il giudice d'appello, infatti, dopo aver precisato che la pronuncia del Tribunale per i Minorenni, pur non avendo efficacia di giudicato, è liberamente apprezzabile cfr. pag. 9 della sentenza impugnata afferma anche che a fronte di precisi riferimenti contenuti nella sentenza e negli altri atti prodotti, le altre parti si sono limitate a contestazioni generiche in ordine alla sussistenza del fatto ed aggiunge che la stessa circostanza che anche nel presente giudizio si continui a sminuire l'operato di De Bi. Fi. definendolo una goliardata testimonia che, rispetto alla specifica condotta contestata, non vi è stata sufficiente educazione del figlio a concetti elementari quali quelli del rispetto del prossimo e dell'intima connessione fra i concetti di libertà e responsabilità cfr pag. 10 della sentenza con ciò desumendo - con una motivazione che, sia pur sintetica, risulta essere logica ed al di sopra della sufficienza costituzionale - che non fosse stato messo in discussione neanche dal genitore che il figlio minore fosse l'autore del fatto dal quale erano derivate le richieste risarcitone della Ma 5. E , tanto premesso in ordine alle prime tre censure, si osserva che quelle formulate dal quarto all'ottavo motivo si risolvono in reiterate ed inammissibili richieste di rivalutazione di merito della controversia su questioni di fatto già vagliate dal giudice d'appello che ha reso una decisione supportata da argomentazioni congrue e logiche, sia in ordine all'imputabilità del minore quarto motivo, in relazione al quale la sentenza argomenta a pag. 7 u.cpv , pag 8e pag. 9 primo cpv. ,sia in relazione all'offensività della scritta ingiuriosa sesto motivo, in relazione al quale cfr. pag. 11, primo , secondo e terzo cpv. ,sia in ordine alla liquidazione equitativa del danno settimo motivo, in relazione al quale cfr. pag. 11 quarto e primo cpv. quanto, poi, al quinto ed all'ottavo motivo, contenenti censure sulla mancata ed immotivata ammissione delle prove che secondo il ricorrente sono state ritenute ingiustamente superflue, si osserva che le doglianze violano il principio di autosufficienza regolato dall'articolo 366 n. 4 e 6 c.p.c., non essendo state specificamente indicate le richieste istruttorie che sarebbero state pretermesse dal giudice d'appello. 6. Infine il nono motivo concernente la condanna alle spese di lite , condizionato all'esito degli altri, deve ritenersi logicamente assorbito. 7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente principale e di quello incidentale. Ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater D.P.R. 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13. PQM La Corte, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Condanna il ricorrente principale e quello incidentale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente Br. Ma., spese che liquida, a carico di ciascuno, in Euro 1500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi , oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge. Ai sensi dell'articolo 13 co. 1 quater D.P.R. 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.