Danno da vacanza rovinata: quando la compagnia aerea non è responsabile per il bagaglio smarrito

La Suprema Corte di Cassazione torna ad affrontare la questione relativa al risarcimento dei danni cagionati dalla vacanza rovinata per lo smarrimento del bagaglio durante il volo aereo. Fino a che punto è responsabile la compagnia aerea?

Così il Supremo Collegio con ordinanza n. 3978/19, depositata il 12 febbraio. La vicenda. Due coniugi convenivano in giudizio un’agenzia di viaggi e una compagnia aerea esponendo che avevano acquistato dalla prima un pacchetto turistico all inclusive” avente ad oggetto un soggiorno nell’isola Mauritius che tale pacchetto includeva il trasferimento in aereo da Milano all’isola mauriziana e che all’arrivo a destinazione agli attori non veniva riconsegnato il bagaglio, ormai smarrito. Chiedevano la condanna delle due società agenzia viaggi e compagnia aerea al risarcimento danni patrimoniali e non. Il Tribunale accoglieva la domanda degli attori solo nei confronti dell’agenzia viaggi, così questi ricorrevano in appello per chiedere la condanna anche della compagnia aerea la Corte d’Appello accoglieva il gravame dei coniugi condannando la compagnia stessa al risarcimento del solo danno patrimoniale, poiché a tale società doveva essere applicato il solo limite di responsabilità vettoriale previsto dalla Convenzione di Montreal. La sentenza di secondo grado viene impugnata per cassazione dalla compagnia aerea. La responsabilità della compagnia aerea. Nella fattispecie da esaminare in questa sede, il fatto decisivo non preso in considerazione dalla Corte territoriale secondo la compagnia aerea è la circostanza che il bagaglio veniva affidato dai coniugi passeggeri al vettore aereo di un’altra compagnia nell’aeroporto di Bari ed era stato perduto durante la tratta da Bari a Milano e non in quella, seguita da altra compagnia, da Milano all’isola di Mauritius. Quindi il bagaglio era stato smarrito prima dell’affidamento al vettore aereo citato in giudizio in questa sede. Si tratta di una circostanza oggettivamente rilevante ai fini dell’individuazione della responsabilità della compagnia aerea e tale circostanza è stata tempestivamente dedotta. L’applicazione della Convenzione di Montreal. Per quanto riguarda, inoltre, l’applicazione alla compagnia aerea della Convenzione di Montreal circa il limite di valore per la responsabilità del vettore, è opportuno ricordare che la suddetta compagnia non aveva in alcun modo documentato la sua affermazione di non aver aderito alla Convenzione di Montreal . Ma deduce la ricorrente che i limiti di responsabilità del vettore sono indicati dalla legge e non era dovuto ad essa documentare l’applicabilità o meno nel caso di specie della predetta Convenzione. Poiché la Repubblica di Mauritius, prosegue la ricorrente, ha firmato la Convenzione di Montreal ma non l’ha mai ratificata, corretta è l’allegazione della documentazione da parte della compagnia aerea sulla base della quale il maggior limite di responsabilità previsto dalla Convenzione non si poteva applicare al caso di specie. Per tali ragioni, gli Ermellini accolgono i suddetti motivi di ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata affinché il giudice del merito torni ad esaminare il caso per determinare il quantum debeatur , vista l’inapplicabilità della Convenzione di Montreal.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 14 novembre 2018 – 12 febbraio 2019, n. 3978 Presidente Vivaldi – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2006 i coniugi A.G. e B.M.F. convennero dinanzi al Tribunale di Milano le società Hotelplan Italia s.p.a. ed Air Mauritius Limited, esponendo che – avevano acquistato dalla società Hotelplan un pacchetto turistico tutto compreso , avente ad oggetto un soggiorno nell’isola omissis - il suddetto pacchetto turistico includeva il trasferimento in aereo da a omissis , affidato al vettore aereo Air Mauritius - all’arrivo a destinazione, agli attori non venne riconsegnato il bagaglio, che andò smarrito. Conclusero pertanto chiedendo la condanna delle due società convenute al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza dei fatti suddetti. 2. Per quanto in questa sede ancora rileva, il Tribunale di Milano con sentenza 19 marzo 2008 n. 3732 accolse la domanda nei confronti della sola Hotelplan Italia. La sentenza venne appellata da A.G. e B.M.F. , i quali tra gli altri motivi d’appello chiesero che la loro domanda fosse accolta anche nei confronti della Air Mauritius. Con sentenza 11 febbraio 2013 n. 681 la Corte d’appello di Milano accolse su questo punto il gravame, e condannò la Air Mauritius al risarcimento in favore degli attori del solo danno patrimoniale, stimato in Euro 1.000. Ritenne, a tal riguardo, la Corte d’appello che - solo il tour operator, e non anche il vettore aereo, dovesse rispondere nei confronti del viaggiatore del danno non patrimoniale derivante dalla vacanza rovinata - fosse rimasta indimostrata l’eccezione sollevata dalla Air Mauritius, secondo cui il bagaglio andò smarrito perché non venne etichettato dai proprietari con le loro generalità - alla Air Mauritius si applicasse il limite di responsabilità vettoriale previsto dalla convenzione di Montreal e non il più basso limite previsto dalla Convenzione di Varsavia , perché la società convenuta non aveva provato di non avere aderito alla convenzione di Montreal . 3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Air Mauritius, con ricorso fondato su quattro motivi. Gli intimati non si sono difesi. Ragioni della decisione 1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso. 1.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente, perché pongono questioni tra loro strettamente intrecciate. 1.2. Col primo motivo la Air Mauritius sostiene che la sentenza d’appello sarebbe affetta dal vizio di omessa pronuncia. Deduce di avere eccepito, sin dal primo grado di giudizio, che il bagaglio del quale gli attori lamentavano lo smarrimento non le era mai stato affidato. Espone di avere dedotto sin dal primo grado che il volo da essa operato decollò dall’aeroporto di omissis che gli attori raggiunsero tale scalo partendo da e con un volo operato da altro vettore, la società Alitalia che il bagaglio evidentemente doveva essere andato smarrito durante la prima tratta del viaggio che su tale eccezione la Corte d’appello omise di pronunciarsi. 1.3. Col secondo motivo la ricorrente prospetta la medesima doglianza già esposta nel primo motivo, ma questa volta inquadrata nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Il fatto decisivo che si assume non essere stato esaminato dalla Corte d’appello è la circostanza che il bagaglio venne affidato dai passeggeri al vettore aereo Alitalia nell’aeroporto di , e perduto durante la tratta da a . 1.4. I motivi, unitariamente esaminati, sono fondati con riferimento al lamentato vizio di omesso esame d’un fatto decisivo. Nel giudizio di merito la Air Mauritius aveva infatti ritualmente eccepito, sia nella comparsa di costituzione e risposta che nella memoria ex art. 183 c.p.c., di non avere mai ricevuto in affidamento i bagagli degli attori, adducendo che essi andarono smarriti durante la tratta da a . Ha dedotto nella presente sede che la circostanza venne provata attraverso la deposizione del testimone S.C. , il quale riferì che i bagagli vennero registrati a e non a , e che tale dirimente circostanza non venne nemmeno presa in esame dalla Corte d’appello. La circostanza che il bagaglio fosse andato smarrito prima dell’affidamento al vettore aereo è oggettivamente una circostanza rilevante ai fini della valutazione della responsabilità di quest’ultimo fu tempestivamente dedotta e ne fu data una prova astrattamente idonea a dimostrarne la veridicità sono dunque rispettati, nel caso di specie, tutti i requisiti stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte perché il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo debba dirsi sussistente Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 01 . La sentenza impugnata va dunque cassata su questo punto con rinvio alla Corte d’appello di Milano, la quale tornerà ad esaminare il gravame della Air Mauritius, prendendo in esame la circostanza dell’affidamento del bagaglio, e stabilendo a chi fu affidato e quando fu smarrito. 2. Il terzo motivo di ricorso. 2.1. Col terzo motivo la società ricorrente lamenta sia il vizio di violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. , sia il vizio di nullità processuale, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4. Il motivo parte dal presupposto che la Corte d’appello avrebbe ritenuto incontroverso il fatto che il bagaglio smarrito dagli attori fosse privo di etichetta identificativa. Muovendo da questo presupposto, la ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe fatto malgoverno delle norme che disciplinano la prova presuntiva, per avere ritenuto indimostrata la responsabilità dei passeggeri riguardo all’asserita mancanza di adeguata etichettatura del bagaglio . Aggiunge che, sulla base delle prove documentali e testimoniali raccolte nel coro dell’istruttoria, la Corte d’appello sarebbe dovuta giungere alla conclusione non solo che il bagaglio era privo di etichettatura, ma che fu proprio questa mancanza ad impedirne la pronta individuazione e restituzione agli aventi diritto. Deduce di avere provato per testi e con documenti - che il bagaglio venne ritrovato a , e che era sprovvisto di etichetta con le generalità del proprietario - che a causa di questa mancanza tagless il bagaglio venne inviato a un molo di scarto a , dove venne lavorato manualmente - qui il bagaglio veniva attribuito alla Alitalia, perché su esso figurava ancora l’etichetta apposta durante il volo omissis , operato appunto da Alitalia, e che i viaggiatori non avevano rimosso. Sostiene che tali fatti erano gravi, precisi e concordanti, e che da essi si sarebbe dovuta trarre la prova della responsabilità o corresponsabilità dei viaggiatori. 2.1. Nella parte in cui lamenta la violazione della norma sul riparto dell’onere della prova art. 2697 c.c. il motivo è infondato, dal momento che la Corte d’appello non ha affatto invertito tale onere, addossato al vettore dall’art. 1693 c.c 2.2. Nella parte in cui lamenta la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., il motivo è inammissibile, in quanto la violazione di tali norme non può dirsi sussistente per il solo fatto che il giudice di merito valuti o non valuti in un modo piuttosto che in un altro le prove offerte dalle parti ed il motivo, sotto questo profilo, al di là dei riferimenti formali nella sostanza censura il modo in cui il giudice di merito ha valutato le prove e gli indizi. 2.3. Nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c., il motivo è inammissibile in quanto la violazione di tale norma può essere dedotta in sede di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre. Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 . 2.4. Nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c., il motivo è inammissibile, in quanto la violazione di tale norma può dirsi sussistente, e costituire valido motivo di ricorso per cassazione, solo in un caso quando il giudice di merito attribuisca pubblica fede ad una prova che ne sia priva oppure, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova a valutazione vincolata, come l’atto pubblico Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 . Per contro, la valutazione delle prove in un senso piuttosto che in un altro, ovvero l’omessa valutazione di alcune fonti di prova, non costituisce di per sé violazione dell’art. 116 c.p.c., e quindi un error in procedendo, ma soltanto - a tutto concedere - un error in iudicando. 2.5. Questa Corte ritiene doveroso aggiungere non esservi dubbio che sia viziata la sentenza con la quale il giudice trascuri completamente di prendere in esame i fatti e le prove concernenti il nucleo della questione sottoposta al suo esame, e dinanzi a plurime prove orali e storiche offerte da una delle parti, si limitasse ad affermare laconicamente che la prova non è stata data . E nemmeno una tale statuizione potrebbe dirsi insindacabile in sede di legittimità essa, tuttavia, dovrebbe essere censurata non già assumendo la violazione delle norme sulle presunzioni, di quella sul riparto dell’onere della prova o degli artt. 115 o 116 c.p.c Una sentenza che presentasse tali vizi, infatti, andrebbe censurata prospettando il vizio di irrazionalità od inintelligibilità manifesta della motivazione, e quindi per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, così come stabilito dalla già ricordata sentenza pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014. Vizio che, nel caso di specie, non risulta tuttavia prospettato, e non è quindi rilevabile d’ufficio. 3. Il quarto motivo di ricorso. 3.1. Col quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 113 c.p.c., e dell’art. 22 della Convenzione di Varsavia del 12.10.1929. Deduce che, anche a ritenere corretta la decisione di merito nella parte in cui ha affermato la responsabilità del vettore aereo, tale responsabilità doveva essere contenuta entro il limite di valore stabilito dalla suddetta convenzione di Varsavia del 1929. Espone che la Corte d’appello ha rigettato tale eccezione, sul presupposto che il limite di valore per la responsabilità del vettore previsto dalla Convenzione di Varsavia venne ampliato dalla Convenzione di Montreal, e che la Air Mauritius non aveva in alcun modo documentato la sua affermazione di non aver aderito alla Convenzione di Montreal . Deduce la ricorrente che i limiti responsabilità del vettore aereo sono stabiliti dalla legge, e che in virtù del principio jura novit curia non era certo suo onere documentare l’applicabilità o l’inapplicabilita al caso di specie della Convenzione di Montreal. 3.2. Il motivo è fondato. La Corte d’appello, come accennato, ha ritenuto che la società Air Mauritius non avesse provato di non aver aderito alla Convenzione di Montreal . Anche ad ammettere che tale espressione costituisca una metonimia, per significare la Air Mauritius non ha provato che la Repubblica di Mauritius abbia aderito alla Convenzione di Montreal noto essendo che sono gli Stati che aderiscono alle convenzioni internazionali, non le società per azioni , resta il fatto che in virtù del principio jura novit curia spetta al giudice accertare d’ufficio l’esistenza ed il contenuto della norma di diritto internazionale pattizio. Nel caso di specie, la Repubblica di omissis ha firmato la Convenzione di Montreal, ma non l’ha mai ratificata. Corretta era dunque l’allegazione della società oggi ricorrente secondo cui il maggior limite di responsabilità previsto dalla suddetta convenzione di Montreal non era applicabile al caso di specie. Ovviamente nulla rileva che il volo sia partito dall’Italia, dal momento che sebbene l’Unione Europea in quanto tale abbia aderito alla convenzione di Montreal Decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001 , tale Convenzione si applica soltanto ai vettori aerei comunitari, per espressa previsione del Regolamento CE n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità del vettore aereo con riferimento al trasporto aereo dei passeggeri e dei loro bagagli , come modificato dal Regolamento CE n. 889/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2002. 3.3. Anche su questo punto la sentenza d’appello andrà dunque cassata con rinvio, affinché il giudice d’appello torni ad esaminare il gravame proposto dalla Air Mauritius e, ove la questione non risultasse assorbita, determini il quantum debeatur tenendo conto dell’inapplicabilità al caso di specie della Convenzione di Montreal. 4. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione - accoglie il primo,, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità - dichiara inammissibile il terzo motivo.