Niente risarcimento per la donna finita a terra a causa della rottura superficiale dell'asfalto

Esclusa dai giudici ogni responsabilità del Comune. Decisiva la constatazione che l’anomalia del manto stradale fosse avvistabile e quindi facilmente evitabile. Evidenti, quindi, le colpe della donna, che si è mostrata disattenta nella propria passeggiata.

La rottura superficiale dell’asfalto può essere tranquillamente evitata, prestando la dovuta attenzione alla propria passeggiata. Applicando questo principio, i giudici del ‘Palazzaccio’ hanno respinto la richiesta di risarcimento avanzata da una donna nei confronti di un Comune siciliano. Impossibile, in sostanza, addebitare la caduta da lei subita a una presunta colpa dell’ente locale Cassazione, ordinanza n. 17324, sez. VI Civile - 3, depositata oggi . Condizioni. Decisiva la ricostruzione dell’episodio, verificatosi lungo una pubblica via nel territorio del Comune siciliano. Secondo la donna, il capitombolo è stato provocato da una buca non segnalata . Questa visione è ritenuta corretta dai giudici del Tribunale, che condannano l’ente locale a versare oltre 21mila euro come risarcimento per i danni subiti dalla vittima della caduta. Di parere opposto, invece, sono i giudici della Corte d’appello, che addebitano alla donna ogni responsabilità per la disavventura. Nello specifico, viene evidenziato che sul luogo dell’incidente non sussisteva alcuna insidia, posto che vi era solo una scarificazione dell’asfalto – cioè solo una rottura superficiale – e non una buca vera e propria. In aggiunta, poi, viene osservato che la caduta era avvenuta alle ore 8 del mattino, in condizioni di perfetta visibilità . Ciò spinge i Giudici d’Appello a ritenere che la donna era perfettamente consapevole – ovvero avrebbe potuto esserlo con l’ordinaria diligenza – delle condizioni difficoltose di percorrenza di quel tratto di strada, e ad affermare, di conseguenza, che l’evento dannoso è stato determinato in via esclusiva dalla condotta da lei tenuta. Questa valutazione è ritenuta corretta e condivisa ora dalla Corte di Cassazione, che respinge perciò definitivamente la richiesta di risarcimento presentata dalla donna nei confronti del Comune. Nessun dubbio, quindi, anche per i Giudici del Palazzaccio, sul fatto che il comportamento normalmente diligente da parte della donna avrebbe evitato il fatto dannoso . E ciò significa che non vi sono i presupposti per ritenere connessi l’anomalia presente sul manto stradale e la caduta subita dalla donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 17 maggio – 3 luglio 2018, n. 17324 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. Ro. Ma. Mu. convenne in giudizio il Comune di Sciara, davanti al Tribunale di Termini Imerese, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta in una buca non segnalata esistente sulla pubblica via nel territorio del Comune stesso. Si costituì in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda e condannò il Comune al risarcimento dei danni nella misura di Euro 21.592,62, con gli interessi ed il carico delle spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata appellata in via principale dal Comune soccombente e in via incidentale dalla Mu. e la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 14 settembre 2016, in accoglimento del gravame principale, ha rigettato la domanda della Mu., condannandola al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. Ha osservato la Corte di merito che sul luogo del sinistro non sussisteva alcuna insidia, posto che vi era solo una scarificazione dell'asfalto e non una buca, e che l'incidente era avvenuto alle ore 8 del mattino in condizioni di perfetta visibilità per cui la danneggiata era perfettamente consapevole, ovvero avrebbe potuto esserlo con l'ordinaria diligenza, delle condizioni difficoltose di percorrenza del tratto in oggetto , sicché era da ritenere che l'evento dannoso fosse stato determinato in via esclusiva dalla condotta della danneggiata . 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Palermo ricorre Ro. Ma. Mu. con atto affidato ad un solo motivo. Il Comune di Sciara non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 , violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 del codice civile. Osserva la ricorrente che la sentenza, errando nella valutazione delle testimonianze, avrebbe violato le regole sulla responsabilità oggettiva del custode, posto che l'ente proprietario della strada si può liberare soltanto dimostrando il caso fortuito. 1.1. Il motivo non è fondato. 1.2. Questa Corte, sottoponendo a revisione e riordino i principi in materia di responsabilità civile derivante dall'obbligo di custodia, ha stabilito, con le recenti ordinanze 1. febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. È stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l'espressione fatto colposo che compare nell'art. 1227 cod. civ. non va intesa come riferita all'elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l'imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza. L'accertamento in ordine allo stato di capacità naturale della vittima e delle circostanze riguardanti la verificazione dell'evento, anche in ragione del comportamento dalla stessa vittima tenuto, costituisce quaestio farti riservata esclusivamente all'apprezzamento del giudice di merito. 1.3. Nella specie la Corte d'appello, con un giudizio di merito non più suscettibile di riesame in questa sede, ha accertato proprio che il comportamento normalmente diligente da parte dell'infortunata avrebbe evitato il fatto dannoso, il che equivale a riconoscere, in sostanza, che non sussisteva il nesso di causalità tra l'anomalia presente sul manto stradale e la conseguente caduta della vittima. Nessuna violazione di legge, pertanto, è stata commessa dalla Corte di merito. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Comune intimato. Sussistono tuttavia le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.