Scontro con un mezzo incendiato: si applica la disciplina sull’indennizzo diretto

Nell'ampio concetto di circolazione stradale indicato nell'art. 2054 c.c. è compresa anche la posizione di arresto del veicolo, sia in relazione all'ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia in relazione alle operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni cui il veicolo è destinato a compiere e per il quale esso può circolare nelle strade.

Ne consegue che per l'operatività della garanzia per la r.c. auto è necessario il mantenimento da parte del veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull'area ad essa parificata, delle caratteristiche che lo rendono tale sotto il profilo concettuale e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, risultando, invece, indifferente l'uso che in concreto si faccia del veicolo, sempreché esso rientri in quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere. La vicenda processuale. Il conducente di un ciclomotore conveniva in giudizio la compagnia assicurativa, la proprietaria nonché utilizzatrice a titolo di locazione finanziaria di un automezzo pesante. Nello specifico il conducente aveva riportato lesioni personali per aver impattato l’automezzo pesante, addetto alla raccolta dei rifiuti, rimasto inerte sulla strada per aver precedentemente subito un incendio. Il Tribunale rigettava la domanda perché la fattispecie – accogliendo le prospettive difensive della società di assicurazione – non poteva essere sussunta nell’alveo della disciplina della circolazione stradale. Dirimente risultava lo stato dell’automezzo considerato non più veicolo ma mera carcassa, tanto che nelle more processuali ne era seguita la sua demolizione. Automezzo incendiato o rifiuto urbano? La Corte d’Appello riformava parzialmente la decisione. Nello specifico motivava che un mezzo fermo sulla strada perché incendiatosi poche ore prima non poteva essere equiparato ad un rifiuto urbano. In punto di risarcimento danni stabiliva un concorso di colpa al 30% a carico del conducente del ciclomotore. Ricorre per cassazione la società di assicurazione. I motivi del ricorso possono essere così racchiusi. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. e L. n. 990/1969, per aver la Corte d’Appello erroneamente affermato l’applicabilità della disciplina sulla circolazione stradale, compresa quella inerente l’azione diretta nei confronti dell’assicurazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. per intrinseca contraddittorietà della sentenza gravata sulla avvistabilità o meno dell’automezzo inerte da cui comunque era dipesa la liquidazione del danno a titolo concorsuale. Arresto del veicolo. Gli Ermellini rigettano il ricorso perché infondato. Essi spiegano che la nozione di circolazione stradale ex art. 2054 c.c. include anche la posizione di arresto del veicolo. L’arresto del mezzo annovera sia l’ingombro degli spazi destinati alla circolazione, che le operazioni propedeutiche alla partenza e alla fermata ivi comprese tutte le operazioni che il mezzo deve compiere per poter circolare sulla strada. Ne discende che per l’applicabilità ratione materiae è sufficiente che il veicolo si trovi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, risultando indifferente l’uso concreto che di esso se ne possa fare, purché ovviamente rientri nelle caratteristiche” di veicolo. Per il concetto di circolazione stradale” il richiamo autorevole è alla sentenza della Corte di Cassazione a Sezione Unite n. 8620/2015 , in base alla quale esso comprende i momenti di quiete dei veicolo, siccome costituenti un’utilizzazione della strada al pari del transito . Quanto alla nozione di veicolo sempre in base al citato arresto questo per essere tale deve essere dotato di motore, anche se, al momento non funzionante . Inoltre, si sottraggono a tale nozione solo quei mezzi che siano ormai impossibilitati alla locomozione per essere privi di ruote o per essere ridotti ad un rottame o per essere stabilmente fissati ad un basamento, con conseguente inoperatività della garanzia diretta del terzo danneggiato. Mentre un mezzo che abbia subito una avaria grave, anche a causa di un incendio, non implica che esso non rientri più nella nozione di veicolo. Ciò perché tale mezzo è ancora suscettibile di essere usato con l’ordinaria diligenza dovuta come veicolo. In conclusione. Alcun rilievo ha la sopravvenuta rottamazione, che può avere anche finalità di natura eminentemente economiche. Solo la stabile impossibilità di muoversi” rende un veicolo un relitti, con una ricognizione a fini giuridici di natura qualitativa e non già quantitativa ancorata alla mutevolezza dei danni subiti. Nel caso di specie invece il mezzo si trovava ancora al centro della carreggiata per aver subito un incendio mentre circolava da ciò se ne deduce la sua persistente natura di veicolo seppur non più funzionante.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 marzo – 7 giugno 2018, n. 14745 Presidente Spirito – Relatore Porreca Fatti di causa R.D. conveniva in giudizio Lloyd Italico s.p.a., ora Generali s.p.a., la proprietaria di un autocarro Sud Leasing s.p.a., divenuta successivamente BNP Paribas Lease Group s.p.a., e l’utilizzatrice del mezzo a titolo di locazione finanziaria, ritenuta la s.r.l., ora Fallimento omissis s.r.l., ma poi risultata essere la s.c.r.l., successivamente posta in liquidazione, esponendo che era stato coinvolto in un incidente occorso mentre era alla guida di un ciclomotore e aveva impattato violentemente il mezzo pesante, addetto alla raccolta dei rifiuti, precedentemente danneggiato da un incendio, che occupava la strada. Premesso di aver subito gravissime lesioni, chiedeva il ristoro dei conseguenti danni, dapprima ex art. 2051, cod. civ., poi, precisando tempestivamente la domanda, anche ex art. 2054, cod. civ. Si costituiva in giudizio, per quanto ancora qui rileva, la società di assicurazione controdeducendo che il fatto non poteva ritenersi soggetto alla disciplina della circolazione stradale, poiché non più un veicolo ma una mera carcassa, cui era infatti seguita la sua demolizione, fermo che il sinistro doveva comunque essere addebitato alla sola responsabilità del conducente il ciclomotore poiché sussistevano condizioni di sufficiente visibilità per evitare l’impatto. Il tribunale rigettava la domanda, accogliendo la prospettiva della società assicuratrice. La corte di appello, pronunciando sul gravame di R. , lo accoglieva parzialmente ritenendo che il mezzo, fermo sulla strada perché incendiatosi alcune ore prima, non poteva essere considerato al pari di un rifiuto abbandonato. Stabiliva un concorso di colpa al 30 per cento a carico dell’originario attore e liquidava di conseguenza il relativo danno alla persona. Avverso questa decisione ricorrono Generali s.p.a., formulando due motivi e depositando memoria. Resiste con controricorso R.D. . Ha formulato conclusioni scritte il pubblico ministero. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2054, cod. civ., e 1, 18, della legge 24 dicembre 1969, n. 990, poiché la corte di appello avrebbe errato nell’affermare l’applicabilità della disciplina concernente la circolazione stradale, compresa quindi quella inerente all’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, atteso che il mezzo, al momento dell’incidente, circa 12 ore dopo l’incendio, era un relitto, per effetto della conseguente distruzione completa del cabinato, l’intero impianto idraulico elettrico, e molte parti connesse, tanto da essere successivamente demolito. Non aveva più, pertanto, caratteristiche che lo rendessero un veicolo ancora soggetto alla disciplina sulla r.c.a. e di cui all’art. 2054, cod. civ Con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., per insanabile contraddittorietà della sentenza impugnata, atteso che, per un verso, aveva affermato che il mezzo non poteva essere facilmente avvistato, inferendone l’addebitabile pericolosità per altro verso aveva concluso, imputando il concorso di colpa nella misura del 30 per cento a carico del R. , nel senso che l’automezzo era avvistabile e che quindi con una manovra di emergenza, anche tentata in extremis , il violento scontro avrebbe potuto essere scongiurato. 2. Il primo motivo di ricorso è infondato. Come desumibile da quanto appena riassunto, la censura è incentrata sulla possibilità di ritenere applicabile o meno, nella fattispecie qui in scrutinio, la disciplina civilistica sulla responsabilità da circolazione stradale e quella, speciale e correlata, sull’azione diretta nei confronti dell’assicuratore. Trattando della sussumibilità o meno della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla norma, si versa in una ipotesi di errore di giudizio e non in un profilo di ricostruzione in fatto riservata al giudice di merito. Come noto, secondo la condivisibile nomofilachia Cass., Sez. U., 29/04/2015, n. 8620, Cass., 22/11/2017, n. 27759 , il concetto di circolazione stradale di cui all’art. 2054, cod. civ., include anche la posizione di arresto del veicolo, e ciò in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l’operatività della garanzia a titolo di r.c.a. è necessario che il veicolo, nel trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo. È dunque innanzi tutto acquisito, al di là dell’apparente incongruità lessicale , il concetto di circolazione statica , comprensiva dei momenti di quiete dei veicoli, siccome costituenti un’utilizzazione della strada al pari del transito Cass., Sez. U., n. 8620 del 2015, punto 3.1. . Quanto al concetto di veicolo punto 3.4. dell’arresto a Sezioni Unite , deve innanzi tutto trattarsi un mezzo dotato di motore, anche se, al momento, non funzionante . Inoltre, solo i mezzi stabilmente impossibilitati a muoversi come può essere un veicolo ormai privo di ruote e ridotto a un rottame ovvero anche una macchina operatrice che sia fissata su un basamento non assurgono - o non assurgono più - al concetto di veicolo , con conseguente inoperatività della garanzia diretta del terzo danneggiato . Quanto sopra spiega chiaramente perché il fatto che il mezzo abbia subito un’avaria grave quale un incendio, che può essere determinato anche da uno scontro tra veicoli ponendoli nell’impossibilità di muoversi, non implica, dopo tale accadimento, che si possa ritenere il veicolo non più tale, esentando illogicamente l’utilizzatore, ove ancora nelle condizioni di farlo, dal rispetto dei canoni di diligenza e perizia propri della disciplina sulla circolazione stradale. Come osservano le Sezioni Unite, perché si possa escludere si tratti di veicolo, si deve trattare di un mezzo che sia stabilmente nell’impossibilità di spostarsi il riferimento a mezzi che non assurgono più al concetto di veicolo segnala la rilevanza della destinazione oggettiva acquisita definitivamente alla cosa. Non a caso si fa l’esempio di veicoli fissati su basamento, ovvero privi di ruote e riconoscibili come rottami in senso proprio, quindi non nel senso della mera anche se grave avaria occorsa, che infatti le Sezioni unite escludono, sul piano logico, di per sé essere fattore che sottrae i legittimati alle responsabilità della disciplina di settore ma nel senso di non essere più strutturalmente - e dunque non solo concretamente e per le condizioni sopraggiunte in un dato momento - suscettibili di uso come veicoli. Questa cornice concettuale rende evidente perché il fatto che poi il veicolo sia successivamente stato demolito, per ragioni che possono infatti essere anche economiche, non può avere significato dirimente ed escludente. Mentre assume significato dirimente, e inclusivo, la circostanza che si tratti di un mezzo anche con rilevanti danni che ne abbiano interrotto e quindi impedito in un dato momento l’ulteriore circolazione, a seguito dell’avaria per quanto grave e richiedente massicci interventi per l’eventuale ripristino. Questo risulta il senso della stabile impossibilità di muoversi richiamata dalla suddetta nomofilachia, che pertanto non può sottendere un mutevole vaglio meramente quantitativo in ordine ai danni in ipotesi subiti dal mezzo, bensì una ricognizione qualitativa e complessiva della persistente natura riferibile allo stesso. Il fatto, accertato in sede di merito, che il mezzo, dopo 12 ore da un incidente subito mentre appunto circolava, si trovasse ancora al centro della carreggiata, non fa che confermare la natura di veicolo, sia pure non più funzionante. Fattispecie opposta a quella del relitto, in quanto tale non più e definitivamente estraneo alla circolazione. 2.1. Il secondo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato. Alla fattispecie è applicabile la nuova previsione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, introdotta dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché in cassazione è denunciabile - con ipotesi che si converte in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. dando luogo a nullità della sentenza - solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili , ossia in manifeste e irresolubili contraddizioni, nonché nella motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile esclusa qualunque rilevanza di semplici insufficienze o contraddittorietà, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico , che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053 Cass., 12/10/2017, n. 23940 . Parte ricorrente, in questo quadro, ritiene sussistere la descritta contraddizione irresolubile. Il rilievo per un verso non può avere pregio, per l’altro finisce per richiedere un’inammissibile rilettura istruttoria. Infatti, la corte territoriale ha inteso anche letteralmente dire che per un verso il mezzo non era facilmente avvistabile, fondando la colpa di chi non ne aveva neppure segnalato la presenza per altro verso il mezzo poteva essere avvistato in modo da permettere, guidando con le imposte regole di prudenza e attenzione, un doveroso quanto estremo tentativo di scongiurare o limitare l’impatto. In ciò non solo non vi è alcuna contraddizione logica, ma si sintetizza la coerenza con il riparto proprio del ritenuto concorso di colpa. 3. Spese secondo soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte intimata controricorrente, liquidate in Euro 10.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15 per cento di spese forfettarie e accessori legali. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso. Il Collegio ha deliberato la motivazione semplificata.