Il dies a quo del termine annuale per la denuncia dei difetti dell’opera

Il termine annuale di decadenza di cui all’art. 1669 c.c. per la denuncia dei difetti dell’opera decorre dal giorno in cui il committente-appaltante-acquirente raggiunge un apprezzabile grado di conoscenza della gravità dei difetti stessi. Tale grado di conoscenza può essere immediato, laddove si tratti di difetti palesi, ovvero necessitare di apposita perizia.

È quanto stabilito dalla Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione con ordinanza numero 12829/18 depositata il 23 maggio. Il caso. In data 24 giugno 2003 i 17 condomini di un complesso residenziale sito in Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo notificavano al signor P.M., in qualità di costruttore-venditore degli immobili abitativi, un atto di citazione mediante il quale i predetti condomini chiedevano il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per vizi e difetti dell’opera edilizia. Il Tribunale di Arezzo, ritenuto che gli attori avessero agito sia per i vizi afferenti alle parti comuni del complesso, sia per quelli relativi alle proprietà individuali, condannava P.M. al risarcimento. In riforma della decisione del giudice di prime cure, la Corte d’Appello di Firenze con sentenza numero 1365/2016 negava che gli attori avessero agito anche per il ristoro dei danni relativi alle proprietà individuali, e ciò in quanto nell’atto di citazione essi esplicitamente asserivano di agire a tutela delle parti condominiali. Il giudice di seconde cure, inoltre, ribadita la sussistenza dei difetti dell’opera e la responsabilità di P.M. ai sensi dell’art. 1669 c.c., riteneva intervenuta la decadenza annuale per la denuncia di cui al primo comma dell’articolo citato. In particolare la Corte d’Appello di Firenze ha ritenuto tardiva la denuncia dei vizi dell’opera prevista dalla normativa in materia di appalto in quanto erano stati più volte riscontrati problemi a carico delle parti comuni con invio altresì di una raccomandata mai pervenuta al costruttore-venditore datata 18 maggio 2002 , mentre l’azione era stata promossa solo nel giugno 2003. Viene così proposto ricorso per cassazione. Con tre motivi di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio sostenendo la mancanza di una lettura integrale dell’atto di citazione da parte dei giudici di secondo grado la violazione dell’art. 1669 c.c., non potendosi ritenere che già dalla comunicazione avvenuta nel maggio 2002 i ricorrenti avessero scoperto i vizi agli effetti del termine decadenziale di cui al predetto articolo violazione di legge. La Corte rigetta il primo motivo in quanto corretta è l’interpretazione della Corte d’Appello di Firenze laddove afferma che i condomini-ricorrenti hanno proposto nei confronti del costruttore la sola azione di responsabilità ai sensi dell’art. 1669 c.c. a tutela dell’edificio nella sua unitarietà e non anche le azioni risarcitorie per i danni subiti nelle porzioni di loro proprietà individuale. Il secondo motivo di ricorso trova accoglimento, e il terzo viene dichiarato assorbito. La decorrenza del termine annuale per effettuare la denuncia. L’art. 1669 c.c. rubricato Rovina e difetti di cose immobili” prevede, come noto, la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa laddove l’opera, nel corso di 10 anni dal suo compimento, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, purché sia fatta la denuncia entro un anno dalla scoperta. Il secondo comma poi precisa che il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia. Una questione che è sempre stata sottoposta all’attenzione sia della dottrina che della giurisprudenza concerne l’individuazione del momento esatto in cui un vizio possa dirsi scoperto ai sensi. Tale problematica non è di scarsa importanza, in quanto dalla sua soluzione si fa dipendere l’inizio della decorrenza del termine annuale previsto dalla norma civilistica di cui si tratta. In altri termini il dibattito verte sul se la decorrenza del termine in esame debba essere fatto coincidere con la percezione del vizio da parte del soggetto interessato ovvero con il momento, necessariamente successivo al primo, in cui il committente-acquirente ha piena contezza della sussistenza del difetto. Sul punto, la giurisprudenza ha costantemente avallato quest’ultimo orientamento sostenendo che in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause ex multis Cass. Civ. numero 1463/2008 . A riguardo, tuttavia, si necessita di una precisazione. Il decorso del termine annuale di decadenza di cui all’art. 1669 c.c. per la denuncia dei difetti dell’opera non è sempre e necessariamente postergato all’esito di relazioni peritali laddove tali difetti siano di immediata percezione nella loro reale entità. In definitiva, è orientamento costante in giurisprudenza quello in guisa del quale il termine annuale previsto per la denuncia dei gravi difetti dell'opera stabilito dall’art. 1669 c.c., decorre dal giorno in cui il committente-appaltante-acquirente abbia raggiunto un apprezzabile grado di conoscenza obbiettiva che può essere immediata quando i difetti sono ictu oculi ovvero derivante da apposita perizia della gravità dei difetti stessi e della loro derivazione eziologica dalla imperfetta ed inesatta esecuzione dell'opera. Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Firenze ha disatteso tale costante indirizzo ritenendo che le rimostranze dei condomini presenti nella raccomandata del maggio del 2002 diretta al costruttore-venditore P.M. e a questi mai pervenuta, in cui venivano lamentati problemi nell’impianto di smaltimento delle acque nonché nella tinteggiatura esterna, fossero già prova di una immediata percezione della reale entità dei difetti dell’opera. Infatti, la comunicazione della presenza di problemi all’interno dello stabile non denota un’immediata percezione né una piena cognizione della effettiva natura dei danni che solo successivamente, con apposita CTU sono stati esattamente identificati. Per queste ragioni la Corte di Cassazione, ritenendo assorbito il terzo motivo di ricorso violazione di legge ritiene manifestamente fondato il secondo motivo di ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 marzo – 23 maggio 2018, n. 12829 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione A.S., +Altri hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 25 agosto 2016, n. 1365/2016, resa dalla Corte d’Appello di Firenze, che ha riformato la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Arezzo il 1 giugno 2010, accogliendo l’impugnazione di M.P M.P. resiste con controricorso. La controversia ebbe origine da citazione notificata il 24 giugno 2003 dagli attuali ricorrenti, tutti condomini del complesso residenziale omissis , al costruttore-venditore degli immobili M.P., al fine di ottenere da questo il risarcimento dei danni per vizi e difetti dell’opera edilizia. L’adito Tribunale di Arezzo ritenne che gli attori avessero agito non soltanto per i vizi afferenti alle parti comuni del complesso, ma anche per quelli relativi alle proprietà individuali. Tale conclusione, sull’appello di M.P., è stata smentita dalla Corte di Firenze, la quale ha riportato uno stralcio dell’atto di citazione, dal quale emergeva che gli attori lamentassero problemi a carico delle parti comuni degli edifici che hanno provocato danni alle singole proprietà , aggiungendo, tuttavia che senza con ciò rinunciare a richiedere il risarcimento dei danni da ciascuno subiti, intendono per il momento agire a tutela delle parti condominiali e quindi ottenere il rimborso dei costi necessari all’eliminazione dei vizi e al risarcimento dei danni comuni subiti . Così, la Corte d’Appello ha negato che gli attori avessero agito anche per il ristoro dei danni relativi alle proprietà individuali. Ribadita la sussistenza di gravi difetti delle opere circa il convogliamento delle acque reflue, le infiltrazioni nei garages e la coibentazione dei paramenti innestati sulle facciate e ritenuta la legittimazione degli attori, quali condomini, ad agire ex art. 1669 c.c. nei confronti dell’appaltatore, la Corte di Firenze reputò tuttavia intervenuta la decadenza annuale, atteso che, a dire degli stessi attori, i vizi erano stati denunziati al costruttore con una raccomandata del 18 maggio 2002, mai pervenuta però al M., mentre l’azione era stata poi promossa il 26 giugno 2003. La sentenza impugnata ha affermato che sempre gli attori avevano allegato in citazione di aver acquistato gli immobili negli anni 20012002, di aver più volte riscontrato i problemi a carico delle parti comuni, e di aver così inoltrato due lettere, nel maggio e nel luglio 2002, al M. che non le ricevette ed al direttore dei lavori che invece le ricevette , nelle quali si dava già conto dei difetti riscontrati nell’impianto di smaltimento delle acque e nell’intonaco esterno dell’edificio. Da ciò, avendo nel maggio 2002 gli attori consapevolezza dei vizi , si desumeva la tardività della denuncia al M., compiuta soltanto con la citazione del giugno 2003. Il primo motivo di ricorso allega la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ex art. 360 n. 3 e n. 5, c.p.c., sostenendo che i giudici di appello non abbiano letto integralmente l’atto di citazione , nel quale gli attori avevano chiesto il rimborso di tutti i costi relativi all’eliminazione dei vizi, fossero essi attinenti alle parti comuni come pure alle proprietà individuali, limitandosi poi a chiedere, quanto al risarcimento dei danni, solo quello subito dal condominio in relazione ai vizi di cui sopra . Il secondo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 1669 c.c. e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ex art. 360 n. 3 e n. 5, c.p.c., non potendosi ritenere, a differenza di quanto deciso dalla Corte d’Appello, che già a far tempo dalla comunicazione del 9 maggio 2002 che viene riprodotta in fotocopia nel ricorso, insieme alla comunicazione del 15 luglio 2002 essi avessero scoperto i vizi, agli effetti del termine decadenziale di cui all’art. 1669 c.c Il terzo motivo di ricorso allega una generica violazione di legge e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ex art. 360 n. 3 e n. 5, c.p.c., non avendo la Corte d’Appello esaminato gli altri motivi di impugnazione principale né l’appello incidentale dei ricorrenti. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto nel secondo motivo per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c Il primo motivo di ricorso è infondato. Non sussiste violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato art. 112 c.p.c. , e tanto meno omesso esame di un fatto storico, come previsto dal vigente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., avendo la Corte d’Appello, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, valutato sia il tenore letterale della citazione introduttiva, sia il contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalle parti istanti. Avendo gli attori esplicitato, quale causa petendi della proposta domanda, l’intenzione di agire a tutela delle parti condominiali e quindi ottenere il rimborso dei costi necessari all’eliminazione dei vizi e al risarcimento dei danni comuni subiti , non può non condividersi l’interpretazione della Corte d’Appello che, pur riguardando i vizi denunciati sia le cose comuni, sia le unità immobiliari di proprietà esclusiva, ha inteso proposta dagli attuali ricorrenti nei confronti del costruttore la sola azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 1669 c.c., a tutela dell’edificio nella sua unitarietà, e non anche le azioni risarcitorie per i danni subiti nelle porzioni di loro proprietà individuale arg. da Cass. Sez. 2, 10/04/2000, n. 4485 . È invece manifestamente fondato il secondo motivo di ricorso. La Corte di Firenze ha ritenuto intervenuta la decadenza annuale ex art. 1669 c.c., in quanto la raccomandata del 18 maggio 2002, inviata dai ricorrenti al costruttore M. ma non ricevuta da questo , denunciando la presenza di problemi . nell’impianto di smaltimento delle acque nonché nella tinteggiatura esterna degli edifici , già deponeva per una immediata percezione della reale entità e delle possibili origini dei vizi. La Corte d’Appello di Firenze ha così deciso la questione di diritto ad essa sottoposta non uniformandosi all’interpretazione costantemente offerta da questa Corte, secondo cui, in tema di responsabilità dell’appaltatore per rovina e difetti di cose immobili ai sensi dell’art. 1669 c.c., poiché la disciplina concernente la decadenza e la prescrizione per l’esercizio dell’azione ha lo scopo di non onerare il danneggiato della proposizione di domande generiche a carattere esplorativo, è necessario che la denuncia riveli una conoscenza sufficientemente completa del vizio e della responsabilità per lo stesso sicché il termine di un anno per effettuare la stessa decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di consapevolezza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti. Tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione di apposite relazioni peritali effettuate. In tal senso, la comunicazione della presenza di problemi all’impianto di smaltimento delle acque ed al rivestimento della facciata di un fabbricato urbano non denota un’immediata percezione né una piena comprensione della reale entità e delle possibili cause dei difetti costruttivi oggetto di lite, peraltro poi accertati mediante CTU pagina 6 di sentenza come inerenti al convogliamento delle acque saponose e delle acque reflue per l’errata disposizione delle quote dei tubi , alle infiltrazioni nei garages per l’inadeguata impermeabilizzazione dei paramenti verticali e alle anomalie delle facciate per l’inadeguata coibentazione dei relativi paramenti cfr. Cass. Sez. 2, 16/02/2015, n. 3040 Cass. Sez. 3, 08/05/2014, n. 9966 Cass., Sez. 1, 01/02/2008, n. 2460 Cass. Sez. 2, 23/01/2008, n. 1463 . L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del terzo motivo. La sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, che riesaminerà la causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze, anche per le spese del giudizio di cassazione.