Buca ampia, profonda ma visibile: niente risarcimento per la caduta

L’episodio si è verificato alle 10 del mattino in un presidio ospedaliero. La donna vittima del capitombolo ha citato in giudizio l’Azienda sanitaria. L’azione si è rivelata inutile secondo i Giudici, il capitombolo è addebitabile alla sua mancanza di attenzione.

Ampia e profonda sì ma anche colorata” e ben visibile insomma, la buca era, secondo i Giudici, facilmente evitabile. Questo dato di fatto – certificato anche da alcune fotografie – rende improponibile la richiesta di risarcimento presentata dalla donna che proprio a causa della buca era finita malamente a terra Cassazione, ordinanza n. 12032/18, sez. VI Civile, depositata oggi . Disattenzione. Scenario della disavventura è un presidio ospedaliero in provincia di Taranto. Lì una donna rimane vittima di una caduta, provocata, a suo dire, da una buca presente sul manto stradale all’interno della struttura. Consequenziale è la sua richiesta di risarcimento nei confronti della locale Azienda sanitaria. Ma l’ipotesi viene respinta prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello i Giudici sono concordi nel ritenere decisiva la disattenzione attribuibile alla donna, che avrebbe potuto accorgersi della buca, se fosse stata più attenta. Questa considerazione è condivisa anche dalla Cassazione, che conferma il no” alla richiesta di risarcimento . Per i Giudici del Palazzaccio è corretta l’ottica applicata in appello, poiché l’incidente è avvenuto in pieno giorno ore 10 del mattino ed è emerso che la buca era di dimensioni e profondità non trascurabili, con un bordo frastagliato ed una tonalità di grigio differente rispetto a quella dell’asfalto circostante . In sostanza, la buca era pienamente visibile e un comportamento più attento della donna le avrebbe consentito di evitare la caduta , concludono i giudici.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 22 febbraio – 16 maggio 2018, n. 12032 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. Gr. Ma. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Taranto, la ASL di quella città, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza di una caduta, asseritamente dovuta alla presenza di una buca esistente sul manto stradale all'interno del presidio ospedaliero di Massafra. Si costituì in giudizio la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata appellata dall'attrice soccombente e la Corte d'appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 27 settembre 2016 ha rigettato il gravame, condannando l'appellante alla rifusione delle spese del grado. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Lecce ricorre Gr. Ma. con atto affidato a due motivi. Resiste la ASL di Taranto con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e la ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 e 1227 cod. civ., nonché dell'art. 112 cod. proc. civ. con il secondo si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2051 cod. civ., degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Osserva la ricorrente che la Corte di merito avrebbe trascurato di considerare che l'art. 2051 cit. pone a carico del custode un obbligo superabile solo con la prova del caso fortuito che comunque si sarebbe dovuto riconoscere a carico della ASL almeno un concorso di colpa e che la ricostruzione dei fatti sarebbe stata compiuta in maniera errata. 2. I due motivi, da trattare congiuntamente in considerazione dell'evidente connessione, sono, quando non inammissibili, comunque infondati. La Corte d'appello, con un accertamento in fatto non suscettibile di riesame in questa sede, ha affermato che dai fotogrammi allegati era emerso che la buca in questione era di dimensioni e profondità non trascurabili, con un bordo frastagliato ed una tonalità di grigio differente rispetto a quella dell'asfalto circostante. Ha perciò concluso nel senso che, essendo l'incidente avvenuto in pieno giorno ore 10 del mattino , la buca era pienamente visibile e che un comportamento più attento della Ma. avrebbe consentito di evitarne la caduta. A fronte di simile ricostruzione, la ricorrente insiste, da un lato, nel sostenere che i fatti si sarebbero svolti in modo diverso e, dall'altro, ricorda la natura della responsabilità del custode di cui all'art. 2051 cit., sostenendo che la ASL avrebbe dovuto fornire la prova del caso fortuito. Così facendo, però, il ricorso tende da un lato al riesame del merito dall'altro, non tiene presente che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che il caso fortuito idoneo a fare venire meno la responsabilità del custode può essere costituito anche dal comportamento colposo del danneggiato il che è esattamente ciò che la Corte di merito ha riconosciuto nel caso di specie. 3. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.