Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile

Il giudicato penale di assoluzione dell’imputato ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo laddove contenga un effettivo e specifico accertamento della sussistenza del fatto o della partecipazione dell’imputato.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11791/18, depositata il 15 maggio. Il caso. Il Giudice di Pace rigettava la domanda proposta da una donna per l’ottenimento del risarcimento dei danni subiti a causa di un investimento stradale per il quale il convenuto era stato assolto in sede penale. Il Tribunale confermava la decisione con sentenza impugnata poi dalla soccombente dinanzi alla Corte di Cassazione. In particolare la ricorrente lamenta l’inidoneità del giudizio penale a produrre effetti preclusivi ex art. 652 c.p.p. Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno nel procedimento civile di risarcimento del danno, in quanto nel caso di specie, l’assoluzione della controparte era dovuta alla carenza di prove. Efficacia della sentenza penale nel processo civile. Secondo la consolidata giurisprudenza, il giudicato penale di assoluzione dell’imputato ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo laddove contenga un effettivo e specifico accertamento della sussistenza del fatto o della partecipazione dell’imputato, e non quando l’assoluzione sia dovuta a insufficienza di prove circa la commissione del fatto o l’attribuibilità dello stesso all’imputato. Prosegue inoltre il Collegio ricordando che la sentenza pena irrevocabile di assoluzione perché il fatto non costituisce reato non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per il risarcimento del danno in quanto il giudice ha il potere di procedere autonomamente all’accertamento dei fatti dedotti in giudizio senza essere vincolato all’esito del processo penale. Nella vicenda in esame, il Tribunale ha correttamente dedotto, dalla complessiva lettura della sentenza penale di assoluzione dell’imputato, pronunciata per non aver egli commesso il fatto, che l’assoluzione non era stata determinata dall’insufficienza di prova ma su un’assoluta mancanza di elementi probatori in ordine all’accadimento dell’incidente e alla riferibilità causale ad esso dell’evento lesivo lamentato dall’odierna appellante . Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 14 dicembre 2017 – 14 maggio 2018, n. 11791 Presidente Amendola – Relatore Scrima Fatti di causa Il Giudice di pace di Gela, con sentenza n. 516/2009, pubblicata il 3 dicembre 2009, rigettò la domanda proposta da C.N. nei confronti di L.R., V.G.F. e Milano Assicurazioni S.p.a. e volta ad ottenere il risarcimento dei danni che la C. sosteneva di aver subito per le lesioni riportate allorché, mentre tentava di attraversare la strada, era stata investita dal motociclo di proprietà della L., condotto dal V. e assicurato presso la già indicata società. Il giudice adito rigettò la domanda, rilevando l’efficacia di giudicato della sentenza penale n. 28/2006, pubblicata il 18 marzo 2006, con cui il V. era stato assolto dal reato di cui all’art. 590, primo comma, cod. pen., in relazione al sinistro di cui si discute in causa, in considerazione del fatto che la C. aveva in quel giudizio esercitato l’azione penale. Avverso la sentenza di primo grado C.N. propose gravame contestando l’applicazione dell’art. 652 cod. proc. pen. sul rilievo che la sentenza di assoluzione del V. sarebbe stata determinata da insufficienza di prove. L.R. e la Milano Assicurazioni S.p.a., costituendosi in secondo grado, chiesero il rigetto dell’impugnazione. Il Tribunale di Gela, con sentenza n. 391/2016, depositata in data 11/10/2016, rigettò l’appello e condannò l’appellante alle spese di lite. Avverso la sentenza del Tribunale C.N. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi e illustrato da memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ Ragioni della decisione 1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata. 2.1. La memoria depositata dalla ricorrente è inammissibile per tardività, essendo stata depositata in data 11 dicembre 2017, quindi, oltre il termine fissato dall’art. 380-bis cod. proc. civ. per tale adempimento. 3. Con il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione . degli artt. 530, 651 e 652 cod. proc. pen. con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c. , la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel confermare la sentenza di primo grado ritenendo che il giudicato fosse idoneo a produrre gli effetti preclusivi di cui all’art. 652 cod. proc. pen. nel giudizio civile di risarcimento dei danni, atteso che tali effetti si verificherebbero - ad avviso della C. - solo nel caso in cui il giudicato contenga un effettivo e categorico accertamento e cioè la prova che l’imputato non ha commesso il fatto-reato e non quando manca la prova assenza di prova , come nel caso all’esame, come afferma il Giudice del Tribunale di Gela che l’imputato ha commesso il fatto . Ad avviso della ricorrente, il Tribunale, esclusa l’efficacia vincolante della sentenza penale nel giudizio civile, avrebbe dovuto procedere ad una autonoma valutazione del complesso probatorio in questione rilievi dei Carabinieri, non reso interrogatorio formale del convenuto, prova ai fini dell’accertamento della condotta del V. e della sussistenza della sua responsabilità in ordine al verificarsi del sinistro in parola. 3.1. Il motivo è infondato. Va osservato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi dell’art. 652 nell’ambito del giudizio civile di danni e dell’art. 654 nell’ambito di altri giudizi civili cod. proc. pen., il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche quando l’assoluzione sia determinata dall’accertamento dell’insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso all’imputato e cioè quando l’assoluzione sia stata pronunziata a norma dell’art. 530, comma secondo cod. proc. pen. inoltre, l’accertamento contenuto in una sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata perché il fatto non costituisce reato non ha efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 652 cod. proc. pen., nel giudizio civile di danno, nel quale, in tal caso, compete al giudice il potere di accertare autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti dedotti in giudizio e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate dall’esito del processo penale Cass. 30/08/2004, n. 17401 Cass. 30/10/2007, n. 22883 Cass. 11/02/2011, n. 3376 Cass., ord., 13/11/2013, n. 25538 . Va poi evidenziato che, ai fini di stabilire l’incidenza del giudicato penale nel giudizio civile, il giudice civile deve tenere conto anche della motivazione della sentenza penale per individuare l’effettiva ragione dell’assoluzione dell’imputato, eventualmente anche prescindendo dalla formula assolutoria utilizzata in dispositivo, ove tecnicamente non corretta Cass. 9/03/2004, n. 477 , con la precisazione che l’interpretazione del giudicato penale da parte del giudice civile, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità, ammesso solo qualora il suddetto apprezzamento risulti viziato da errori logico-giuridici Cass. 11/02/1995, n. 1540 . Tanto premesso, nella specie il Tribunale, dopo aver precisato che il Giudice penale ha disposto, in dispositivo, l’assoluzione dell’imputato V. per non aver commesso il fatto e precisato che per verificare se la decisione adottata in sede penale abbia effetti preclusivi in sede civile occorre prendere in considerazione sia il dispositivo che la motivazione, ha ritenuto che proprio l’esame complessivo della sentenza penale in parola non consente di ritenere che l’assoluzione del V. sia stata determinata dalla insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso all’imputato e, quindi, esaminata analiticamente la motivazione di detta sentenza, ha affermato che la stessa appare incentrata più che sull’insufficienza delle risultanze probatorie, su un’assoluta mancanza di elementi probatori in ordine all’accadimento dell’incidente e alla riferibilità causale ad esso dell’evento lesivo lamentato dall’odierna appellante . Il Tribunale ha pure evidenziato che nella motivazione della sentenza penale non viene rilevato nessun elemento in ordine alla colpevolezza del V. né si fa questione sull’incompletezza del materiale probatorio né si discute sulla configurabilità di ricostruzioni alternative che possano ammettere la probabilità o la verosimiglianza dell’ipotesi difensiva e ha concluso che, dalla lettura della sentenza in parola, risulta che l’assoluzione dell’imputato sia dipesa da assenza di prova, al di là della formula assolutoria utilizzata nel dispositivo, in cui, oltre alla formula perché l’imputato non ha commesso il fatto , il Giudice penale ha richiamato pure il quadro complessivo probatorio precisando che lo stesso è mancante degli elementi essenziali si veda sul punto anche l’ultimo capoverso della motivazione della detta sentenza impugnata, prima del dispositivo . Alla luce di quanto sopra evidenziato risulta che il Tribunale civile ha correttamente interpretato la sentenza penale, attenendosi ai principi sopra riportati, senza incorrere in vizi logici nei ristretti limiti attuali della loro deducibilità né giuridici, sicché non vi è margine per un sindacato sul punto da parte di questa Corte, e ha, quindi, correttamente ritenuto che il giudicato penale in questione sia idoneo a produrre i suoi effetti preclusivi nel presente giudizio civile. 4. Dall’accoglimento del primo motivo del ricorso resta assorbito l’esame dei motivi secondo e terzo, con i quali la ricorrente rispettivamente lamenta, da parte del Tribunale, l’omesso esame dei mezzi istruttori ammessi senza congrua motivazione su un punto decisivo della controversia e l’omessa valutazione quale confessione stragiudiziale della dichiarazione resa dal V. ai Carabinieri nell’immediatezza dei fatti e l’omessa motivazione su tale punto decisivo della controversia. 5. Il ricorso va, pertanto, rigettato. 6. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede. 7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.