Danno da perdita della capacità di guadagno: istruzioni per l’uso

In caso di danno alle persone e, in particolare, di perdita della capacità di guadagno, il danno va determinato, nel caso di lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge, mentre per il lavoro autonomo il parametro rilevante è quello del reddito netto più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato, ai fini IRPEF, negli ultimi tre anni.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11759/18, depositata il 15 maggio. La vicenda. La Corte d’Appello di Trento accoglieva parzialmente il gravame e rideterminava gli importi del risarcimento dei danni sofferti dall’attore a seguito di un sinistro stradale. In particolare, la Corte territoriale affermava che, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno, andava utilizzato come parametro di riferimento il reddito del danneggiato un lavoratore autonomo al netto del prelievo fiscale. Avverso la pronuncia ricorre in Cassazione il danneggiato dolendosi, con un unico motivo di ricorso, della violazione dell’art. 137 d.lgs. n. 209/2005 codice delle assicurazioni private nell’individuazione del parametro di calcolo della perdita della capacità di guadagno. Danno da perdita della capacità di lavoro. La Suprema Corte, ripercorrendo l’evoluzione normativa che ha interessato la disposizione invocata dal ricorrente, evidenzia il principio secondo cui, in caso di danno alle persone e, in particolare, di incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente sul reddito di lavoro, quest’ultimo va determinato nel caso di lavoro dipendente sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge, mentre per il lavoro autonomo il parametro rilevante è quello del reddito netto più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini IRPEF negli ultimi tre anni. In quest’ultimo caso, il giudice deve dunque prendere in considerazione non il reddito residuo dopo l’applicazione dell’imposta, bensì la base imponibile che il contribuente dichiara ai fini dell’imposta, inteso quale differenza tra il totale dei compensi conseguite al lordo delle ritenute d’acconto ed il totale dei costi inerente all’esercizio professionale – analiticamente specificati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati – senza possibilità di ulteriore decurtazione dell’importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d’imposta sofferte dal professionista . Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impuganta con rinvio alla Corte d’Appello di Trento.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 febbraio – 15 maggio 2018, n. 11759 Presidente Armano – Relatore Dell’Utri Fatti di causa 1. Con sentenza resa in data 11/3/2015, la Corte d’appello di Trento, in parziale accoglimento dell’appello proposto da T.R. , e in riforma per quanto di ragione della decisione del giudice di primo grado, ha rideterminato gli importi, già posti a carico della Generali Italia s.p.a., a titolo di risarcimento dei danni sofferti dal T. a seguito del sinistro stradale dallo stesso dedotto in giudizio. 2. A fondamento della decisione assunta, per quel che ancora interessa in questa sede, la corte territoriale ha rilevato come, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale derivante dalla perdita della capacità di guadagno del danneggiato, dovesse utilizzarsi, quale parametro di riferimento, il relativo reddito nella specie, da lavoro autonomo al netto del prelievo fiscale sullo stesso. 3. Avverso la sentenza d’appello, T.R. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione. 4. La Generali Italia s.p.a. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di impugnazione proposto, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 137 del d.lgs. n. 209/2005 c.d. codice delle assicurazioni private , per avere la corte territoriale erroneamente utilizzato, quale parametro per il calcolo della perdita della capacità di guadagno del danneggiato, il reddito al netto del prelievo fiscale, dovendo al contrario ritenersi che il riferimento al reddito netto, contenuto nell’art. 137 cit., sarebbe da intendersi alla stregua del reddito al netto dei costi di produzione, e non già al netto delle imposte dovute al fisco. 2. La censura è fondata. 3. La doglianza dell’odierno ricorrente ha riguardo alla corretta interpretazione della nozione di reddito netto contenuta nell’art. 137 del d.lgs. n. 209/2005 quale parametro di riferimento per la liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di guadagno. 4. Al riguardo, è appena il caso di rilevare come il testo dell’art. 137 cit. appare formulato in modo identico al testo del previgente art. 4 del d.l. n. 857/76, così come modificato dalla legge di conversione n. 39/77, secondo cui, nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall’apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge . 5. Ciò posto, varrà evidenziare come, con riguardo al testo dell’art. art. 4 del d.l. n. 857/76 così come modificato dalla legge di conversione n. 39/77 , questa Corte abbia già affermato il principio di diritto ai sensi del quale l’art. 4 del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 1977, n. 39, nel disporre che in caso di danno alle persone, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni, attribuisce rilievo, alla stregua della sua testuale formulazione, al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell’applicazione della sopraindicata imposta ed ha riguardo, quindi, non al reddito che residua dopo l’applicazione dell’imposta stessa ma alla base imponibile di cui all’art. 3 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e cioè all’importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell’imposta sopraindicata, dovendo inoltre intendersi per reddito dichiarato dal danneggiato quello risultante dalla differenza fra il totale dei compensi conseguiti al lordo delle ritenute d’acconto ed il totale dei costi inerenti all’esercizio professionale - analiticamente specificati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati - senza possibilità di ulteriore decurtazione dell’importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d’imposta sofferte dal professionista Sez. 3, Sentenza n. 18855 del 09/07/2008, Rv. 604213 - 01 . 6. Tale orientamento da ritenere consolidato, avuto riguardo alle precedenti affermazioni desumibili da Sez. 3, Sentenza n. 5680 del 20/06/1996, Rv. 498197 - 01 cfr. altresì Sez. 3, Sentenza n. 23917 del 09/11/2006, Rv. 592692 - 01 è da questo Collegio integralmente condiviso e fatto proprio, dovendo assicurarsene la piena continuità. 7. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la fondatezza del ricorso, dev’essere pronunciata la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Trento, cui è altresì rimesso di provvedere in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trento, cui è altresì rimesso di provvedere in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.