No al frazionamento della domanda per danno da unico fatto illecito, senza se e senza ma

Il principio affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 23726/07 - secondo cui non è ammesso il frazionamento giudiziale di un credito unitario in quanto trattasi di un abuso processuale - va applicato anche con riferimento ai giudizi attivati precedentemente a quella decisione, dal momento che essa non costituisce un revirement e si sottrae all'applicazione del prospective overruling , che fa salvi gli effetti degli atti processuali compiuti nell'affidamento incolpevole di un orientamento giurisprudenziale stabilizzato, atteso che non attiene ad una regola processuale che prevede una preclusione o una decadenza.

Essa, invece sancisce l'improponibilità delle domande successive alla prima per contrasto con il principio del giusto processo, che non ammette protezione ad un uso strumentale dell'azione principio già affermato da Cass. n. 929/17 . In particolare, è stato più volte chiarito in giurisprudenza che in tema di responsabilità aquiliana il frazionamento giudiziale costituisce un abuso processuale cita Cass. nn. 28296/11, 21238/15 e sulla stessa linea ord. n. 22503/16 . Tale, in sintesi, il contenuto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9144/18, depositata il 12 aprile, qui in commento. I fatti di causa. Un uomo, o meglio, il suo avvocato, frazionava le domande volte ad ottenere la condanna del comune al risarcimento dei danni subìti a seguito di un sinistro verificatosi sul manto stradale così, dopo avere chiesto ed ottenuto la condanna al risarcimento dei danni al motociclo, attivava un nuovo e distinto giudizio per ottenere il risarcimento delle lesioni personali giudizio che si era già riservato di esperire nel primo, nel caso in cui il comune non avesse pagato spontaneamente . In quella successiva sede però la sua domanda veniva dichiarata improponibile in quanto frazionata, non essendo provato che al momento della proposizione della prima le lesioni personali non erano stabilizzate. Il successivo appello veniva dichiarato inammissibile ex art. 348- bis c.p.c. il quale al primo comma prevede che Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta . Giunto quindi in Cassazione, l'uomo affida il proprio ricorso a quattro motivi. La sentenza delle Sezioni Unite n. 23726 del 15 novembre 2007. Prima di addentrarci nell'analisi dell'ordinanza, premettiamo una menzione della sentenza delle SS.UU. n. 23726/07, che è più volte richiamata nel testo in commento. Detta sentenza tiene conto della sentenza n. 108/00, con cui le Sezioni Unite avevano ammesso il frazionamento della tutela giudiziaria del credito ritenendo ammissibile la domanda giudiziale con la quale il creditore di una determinata somma, derivante dall'inadempimento di un unico rapporto, chieda un adempimento parziale, con riserva di azione per il residuo, trattandosi di un potere non negato dall'ordinamento e rispondente ad un interesse del creditore, meritevole di tutela, e che non sacrifica, in alcun modo, il diritto del debitore alla difesa delle proprie ragioni Cass. SS.UU. n. 108/2000 e Cass. SS.UU. n. 23726/2007 . Ma nel provvedimento del 2007 la Corte ritiene di dovere superare quell'orientamento in un quadro normativo nel frattempo evolutosi nella duplice direzione, sia di una sempre più accentuata e pervasiva valorizzazione della regola di correttezza e buona fede - siccome specificativa nel contesto del rapporto obbligatorio degli inderogabili doveri di solidarietà , il cui adempimento è richiesto dall'art. 2 Cost. - sia in relazione al canone del giusto processo , di cui al novellato art. 111 Cost. e che giusto non potrebbe essere ove frutto di abuso, appunto, del processo, per esercizio dell'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale . Aggiunge la Corte, per quanto qui interessa, che non rileva il fatto che il frazionamento del credito possa anche corrispondere ad un atteggiamento non emulativo del creditore ad es. possono esservi ragioni come quello di adire un giudice inferiore, più celere, io di confidare nell'adempimento spontaneo da parte del debitore del residuo a parte che tale considerazione vale solo per il frazionamento non contestuale, in ogni caso sarebbe lesiva del principio di buona fede [ ] la scissione del contenuto della obbligazione operata dal creditore, per esclusiva propria utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del suo debitore Cass. SS.UU. n. 23726/07 . Infine, si dice, che neppure è persuasiva [ ] la considerazione che il debitore potrebbe ricorrere alla messa in mora del creditore, offrendo l'intera somma”, non essendo tale soluzione praticabile ove, come possibile, il debitore non ritenga di essere tale Cass. SS.UU. 23726/07 . Secondo tale sentenza, dunque, il frazionamento giudiziale di un credito unitario contestuale o sequenziale costituisce un abuso del processo. Frazionamento non come abuso del processo, ma come conseguenza della scorrettezza del comune. Passiamo dunque ai motivi di ricorso su cui si esprime la Corte con l'ordinanza in commento. Con il primo è affermata la violazione, nella sentenza di appello, del principio di correttezza di cui all'art. 2 Cost. non sarebbe cioè stato sotto posto al vaglio di correttezza anche il comportamento della controparte in sintesi, secondo il ricorrente sarebbero state le difese dilatorie del comune rimasto del tutto silente alle richieste di risarcimento ad impedire il buon funzionamento della giustizia e, in conclusione, afferma che un immotivato riconoscimento di una colpa e di una scorrettezza a carico del solo richiedente è inidonea [ ] a giustificare l'improcedibilità pattuita che si trasforma in una immotivata e gravosa sanzione della perdita di far valere il proprio diritto . Il secondo motivo, sempre riferito all'art. 2 Cost. il ricorrente ammette l'esistenza del dovere di correttezza, ma al contempo afferma che non può essere considerata sempre e in ogni caso scorretta ogni forma di parcellizzazione che nella fattispecie non vi era stato abuso processuale che il ricorrente aveva subito danni certi, che la procedura presso il giudice di pace avrebbe accertato in maniera più spedita e semplificata che, se il comune avesse voluto, avrebbe potuto richiedere l'accertamento dell'intero danno, e che le Sezioni Unite non vietano la parcellizzazione dei crediti extracontrattuali che già nella prima domanda il ricorrente si era riservato di chiedere successivamente il risarcimento delle lesioni personali dando all'appellato convenuto la possibilità di evitare il frazionamento [ ] offrendo l'adempimento dell'intero, o chiedendo l'accertamento negativo di esso all'interno dello stesso giudizio . Dunque il comune avrebbe adottato un comportamento non diligente, contrario a lealtà, buona fede e correttezza ed una resistenza dilatoria e temeraria . Per il ricorrente la sentenza SS.UU. n. 23726/2007 costituisce un revirement. Il terzo motivo afferma la violazione, nella sentenza dell'appello, dell'art. 25 Cost. - segnatamente della norma per cui Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso art. 25, comma 2 Cost. secondo il ricorrente la sentenza delle Sezioni Unite contiene un'interpretazione della legge che va considerata al pari di una nuova normativa, pertanto, ai sensi dell'art. 25 cit. la detta sentenza non può incidere su comportamenti precedenti. Come sarebbe, osserva il ricorrente, nel caso di specie, in cui la domanda per i danni a cose avveniva nel 2003 - ed ivi l'uomo si riservava di agire successivamente nel caso di mancato e immotivato risarcimento delle lesioni in linea con quanto affermato nella sentenza SS.UU. n. 108/2000, mentre la sentenza delle Sezioni Unite alla luce della quale veniva dichiarata l'improcedibilità della domanda per le lesioni personali era del 2007, dunque sarebbe stata applicata al caso di specie in violazione del principio del tempus regit actum . Ma per la Corte la sentenza SS.UU. n. 23726/2007 richiama al rispetto del principio del giusto processo. La Corte rileva in primis che l’atto di citazione del giudizio per lesioni risale al 2007 al 2003 risale solo il sinistro dunque è coevo alla sentenza delle Sezioni Unite. In realtà, perlomeno da quello che si evince leggendo l'ordinanza in commento, il ricorrente data al 2003 l'avvio della prima domanda, quella per i danni al mezzo di trasporto. Si tratta però di un particolare che non incide sull'assetto motivazionale complessivo dell'ordinanza, la quale si riporta ad un precedente recente, la sentenza della Corte n. 929/2017 secondo cui quanto deciso nella sentenza delle Sezioni Unite n. 23726/2007 non va considerato alla stregua di un vero e proprio revirement ”, e si sottrae all'applicazione del prospective overruling ”, per il quale è richiesta la salvezza di quelli atti processuali compiuti nell'affidamento incolpevole di un stabile orientamento giurisprudenziale. Non si tratta di un'interpretazione circa una regola processuale riguardante una preclusione o una decadenza si tratta invece dell'assenza di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per violazione del principio del giusto processo, per cui non può ammettersi protezione ad una pretesa caratterizzata da un uso strumentale del diritto di azione Cass. 929/2017 . Per la Corte il comune non ha causato il frazionamento della domanda. La Corte nega qualsivoglia responsabilità nella condotta del comune per il frazionamento delle azioni risarcitorie. È infatti evidente, afferma la Corte, che l'ente non avesse alcun obbligo di pagare spontaneamente l'intero, né di chiedere tramite domanda riconvenzionale un accertamento negativo del credito per lesioni personali all'interno del primo processo, dedicato alle lesioni materiali. Il frazionamento della domanda risarcitoria extracontrattuale è considerato un abuso processuale. D’altronde rileva la Corte, il frazionamento della domanda risarcitoria per responsabilità extracontrattaule, dunque quando il danno è causato da un unico fatto illecito, è considerato dalla giurisprudenza di legittimità come abuso processuale sin da prima della pronuncia di primo grado del giudizio in questione cita Cass. nn. 28296/11, 21238/15 e sulla stessa linea ord. 22503/16 . L'accertamento di fatto circa le lesioni non stabilizzate. La verifica circa l'assenza di stabilizzazione delle lesioni costituisce un accertamento di fatto che non rientra nella competenza dei giudici di legittimità. Il soccombente non può dolersi della compensazione delle spese. Con il quarto motivo il ricorrente afferma che la sentenza non rilevando colpa nell'attore, per tale motivo avrebbe compensato le spese ma al contempo gli ha negato la soddisfazione della domanda azionata, nonostante questo risulti accertato nell'an e nel quantum ed ancora insiste sulla necessaria tutela dei diritti azionati prima della sentenza delle Sezioni Unite n. 23726/2007, rimandano a quanto rilevato con il terzo motivo. Afferma l'iniquità di una negazione dell'intero risarcimento laddove è stato risparmiato alla controparte il pagamento delle spese di lite. In tal modo la sentenza impugnata avrebbe violato gli artt. 2, Cost., 91 e 96 c.p.c Sul punto la Corte rinvia a quanto già affermato con riguardo ai precedenti motivi data la commistione delle argomentazioni con quei precedenti punti , aggiungendo che della compensazione delle spese il ricorrente, quale soccombente, non ha nulla da dolersi – e nulla infatti su ciò specificamente si duole .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 febbraio – 12 aprile 2018, numero 9144 Fatto e diritto Rilevato che Avendo D.V.G. citato il Comune di omissis davanti al Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, per ottenerne la condanna a risarcirgli i danni da lesioni personali derivati da una sua caduta il omissis su una strada del Comune, precisando che il giudice di pace gli aveva già risarcito i danni da ciò derivati al suo motociclo, davanti al giudice di pace essendosi egli peraltro riservato espressamente di agire in altra sede per le lesioni personali se non fossero state risarcite spontaneamente dal Comune, il Tribunale, con sentenza del 3 giugno 2015, dichiarava improponibile la domanda per frazionamento, ritenendo non provato che, quando il D.V. aveva agito per i danni al ciclomotore, le sue lesioni - come egli aveva addotto - non si fossero stabilizzate. Il D.V. proponeva appello, che la Corte d’appello di Napoli con ordinanza del 27 gennaio 2017 dichiarava inammissibile ex articolo 348 bis c.p.c Il D.V. avverso la sentenza ha presentato ricorso, articolato in quattro motivi - e illustrato poi anche con memoria -, in cui il primo motivo denuncia omessa valutazione di fatto decisivo in violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 Cost., il secondo violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 Cost., il terzo violazione e falsa applicazione dell’articolo 25 Cost. e il quarto violazione e falsa applicazione degli articoli 2 Cost., 91 e 96 c.p.c. e in particolare sanzione dell’eventuale scorrettezza . Si è difeso con controricorso il Comune di omissis . Ritenuto che 1. Il primo motivo, dopo avere rammentato che il processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità davanti al giudice terzo, lamenta che non sarebbe stato applicato ad entrambe le parti il principio di correttezza ricavato dall’articolo 2 della Costituzione , ovvero non sarebbe stato sottoposto a giudizio di correttezza anche il comportamento della controparte . In sostanza, già nell’atto di citazione l’attuale ricorrente avrebbe evidenziato che il Comune non aveva, nonostante le sue richieste, dato riscontro alcuno , avendo invece effettuato una scorretta omissione del suo obbligo risarcitorio verso il cittadino con una resistenza passiva e dilatoria dal 2003 fino ad oggi omettendo di aprire una transazione o formulando sic una minima offerta di risarcimento . Quindi sarebbero state proprio le difese dilatorie del Comune a impedire un buon funzionamento della giustizia. In conclusione, un immotivato riconoscimento di una colpa e di una scorrettezza a carico del solo richiedente è inidonea sic a giustificare l’improcedibilità pattuita che si trasforma in una immotivata e gravosa sanzione della perdita di far valere il proprio diritto . Il secondo motivo si riferisce ancora all’articolo 2 Cost. ammettendo l’esistenza del dovere di correttezza ma adducendo che contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di merito il frazionamento del proprio diritto non può e non deve essere valutato genericamente e pertanto ritenere sic sempre e comunque ipso jure pregiudizievole e scorretta ogni forma di parcellizzazione . Il comportamento tenuto dal danneggiato nell’anno 2003 non avrebbe realizzato un abuso processuale e il D.V. - oggi appellante sic - avrebbe subito due danni certi , l’uno materiale e l’altro biologico, il cui accertamento di responsabilità si sarebbe risolto in breve tempo con la procedura semplificata e rapida del Giudice di pace e, se il Comune avesse voluto, avrebbe potuto chiedere l’accertamento dell’intero danno , come da giurisprudenza di legittimità, che il D.V. ritiene di seguire, segnalando che le Sezioni Unite non vietano la parcellizzazione dei crediti extracontrattuali . Sarebbe stato pertanto in ossequio a tale orientamento che il D.V. aveva nell’atto di citazione effettuato una espressa riserva di chiedere successivamente il risarcimento delle lesioni personali dando all’appellato convenuto sic la possibilità di evitare il frazionamento del credito offrendo l’adempimento dell’intero, o chiedendo l’accertamento negativo di esso all’interno dello stesso giudizio . Invece il Comune non si è assolutamente comportato diligentemente gestendo la richiesta di risarcimento senza lealtà, correttezza e buona fede mettendo in atto una resistenza dilatoria e temeraria . Il terzo motivo, invocando l’articolo 25 Cost., adduce che nel caso in esame l’interpretazione della legge si è palesata come una vera e propria normativa con cui disciplinare il caso concreto , non potendo quindi, come tutte le nuove norme , pregiudicare comportamenti avvenuti prima . L’odierno ricorrente in data 23 ottobre 2003 formulava l’atto di citazione per i soli danni a cose con esplicita riserva di agire successivamente in altra sede anche per le lesioni nell’eventualità di un ingiustificato e mancato risarcimento da parte del responsabile , seguendo l’insegnamento di S.U. 10 aprile 2000 numero 108. Il disattendimento delle domande del D.V. deriverebbe invece da concetti e valori creatisi solo molti anni dopo con S.U. 15 novembre 2007 numero 23726, e perciò sarebbe stata disapplicata la fondamentale regola di diritto e democrazia del tempus regit actum, violando in tal modo l’articolo 25 Cost 2.1 Premesso che questi tre motivi, per il contenuto che è stato illustrato, meritano vaglio congiunto, deve anzitutto darsi atto che al 2003 risale il sinistro stradale, e non, come pare sostenere il ricorrente, l’avvio del giudizio de quo, avvenuto in contemporanea al richiamato intervento delle Sezioni Unite del 2007, lo stesso ricorrente annotando, nell’incipit del ricorso, che in primo grado la causa era stata iscritta come numero 85315/2007 R.G. Comunque che S.U. 15 novembre 2007 numero 23726 abbia creato un revirement in senso proprio, con conseguente esigenze di tutela di chi aveva agito in epoca anteriore, è stato chiaramente escluso, per la sostanza costituzionale del suddetto intervento nomofilattico, dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, che ha espressamente affermato che la proposizione di separate azioni risarcitorie per danni diversi nascenti dallo stesso fatto illecito, avvenuta anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite che ha affermato il principio dell’infrazionabilità della domanda giudiziale per crediti derivanti da un unico rapporto, si sottrae all’applicazione del prospective overruling, secondo cui restano salvi gli effetti degli atti processuali compiuti dalla parte che abbia fatto incolpevole affidamento sulla stabilità di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atteso che quella decisione non ha comportato il mutamento dell’interpretazione di una regola del processo che preveda una preclusione o una decadenza, ma ha sancito l’improponibilità delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione . così Cass. sez. 3, 17 gennaio 2017 numero 929 . Il terzo motivo, pertanto, merita immediato rigetto. 2.2 Presumibilmente consapevole, quindi, della debolezza di questa doglianza - che, come si è appena visto, viene infatti inserita nell’ultimo dei tre motivi in esame -, il D.V. si sforza ad invertire la situazione processuale, attribuendo ad una condotta scorretta del Comune il frazionamento da lui operato, e ciò sulla base di considerazioni del tutto inconsistenti, in quanto addebitanti al Comune una sorta di obbligo - ictu oculi inesistente - di risarcire in toto a fronte di una domanda di risarcimento parziale o anche un altro obbligo, parimenti inesistente, di introdurre una domanda riconvenzionale di accertamento negativo che abbia per oggetto ogni danno derivabile dal sinistro. D’altronde, la giurisprudenza di questa Suprema Corte, e già prima della pronuncia di primo grado, ha ben chiarito che, nel caso di risarcimento di danno aquiliano, il frazionamento costituisce un abuso processuale. In particolare Cass. sez. 3, 22 dicembre 2011 numero 28286 inequivocamente afferma, in un caso del tutto analogo in cui l’attore, a seguito di incidente stradale, chiedeva il risarcimento dei danni alla persona dopo avere già ottenuto in un separato giudizio, conclusosi con sentenza passata in giudicato, il risarcimento dei danni materiali In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale ín ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, in quanto tale disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l’aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale conforme è Cass. sez. 6-3, 21 ottobre 2015 numero 21318 sulla stessa linea si è posta, da ultimo, Cass. sez. 6-3, ord.4 novembre 2016 numero 22503 . Che poi le lesioni non fossero stabilizzate, ovvero avessero raggiunto la loro completezza, quando fu instaurato giudizio davanti al giudice di pace sarebbe una questione di fatto, in questa sede non coltivabile. Tutti e tre i primi motivi, in conclusione, devono essere rigettati. 3. Quanto al quarto motivo, il ricorrente osserva che il Tribunale, avendo condiviso in pieno la mancanza di colpa dell’attore nell’instaurazione del giudizio frazionato, non l’ha condannato al pagamento delle spese di lite, ma contemporaneamente lo condanna a perdere circa 45.000,00 Euro di risarcimento acclarato nell’an e nel quantum. Ripropone allora il ricorrente che la giurisprudenza delle Sezioni Unite non avrebbe potuto essere applicata in via retroattiva e peggiorativa dei diritti delle persone - e su ciò si rimanda a quanto già sopra rilevato a proposito del terzo motivo - per affermare che sarebbe sproporzionato ed ingiusto irrogare alla ipotizzata scorrettezza una sanzione di 45.000,00 Euro mentre si risparmiava all’attuale ricorrente la condanna alle spese di lite per circa Euro 3000. In tal modo si sarebbe verificata violazione o falsa applicazione degli artt. 2 Cost., 91 e 96 c.p.c. , aggiungendo il ricorrente che è doveroso anticipare in questa sede la volontà di ricorrere anche innanzi alla Suprema Corte di Strasburgo per violazione della convenzione dei diritti dell’uomo e dei principi costituzionali . Se quest’ultimo preavviso è di palese irrilevanza, per il resto è sufficiente rimarcare che tentando di trasformare, ictu oculi incondivisibilmente, il mancato accoglimento della domanda risarcitoria in una sanzione processuale - il motivo si impernia su una evidente commistione tra quanto già considerato nei precedenti tre motivi, risultati infondati. E il non essere stato condannato alla rifusione delle spese in primo grado per integrale compensazione argomento inconsistente, dato che il ricorrente, quale soccombente, nulla ha da dolersi - e nulla infatti su ciò specificamente si duole - della compensazione integrale delle spese, mentre ogni altra prospettazione è, si ripete, stata precedentemente risolta nel vaglio delle ulteriori doglianze. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado - liquidate come da dispositivo - al controricorrente sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo. P.Q.M. Rigetta il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 6500, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonché agli accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.