Attraversa fuori dalle strisce nonostante la foschia: è sua la colpa per l’investimento subito

Vittima dell’incidente è una donna, centrata in pieno da una moto mentre imprudentemente attraversava la strada al di fuori delle strisce pedonali. Per i Giudici di legittimità, però, è addebitabile a lei il 75 per cento della responsabilità per il sinistro.

Comportamento poco prudente quello tenuto da una donna nell’attraversare la strada ignorando le strisce pedonali e la presenza di foschia. A lei quindi è addebitabile buona parte della colpa per essere stata centrata da una moto. Irrilevante il richiamo allo stato di ebbrezza dell’uomo alla guida della due ruote Cassazione, ordinanza n. 8065/2018, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Responsabilit à . Decisiva per la chiusura del fronte giudiziario è la ricostruzione dell’episodio. Su questo fronte è emerso in maniera certa che la donna ha attraversato la strada al di fuori delle strisce pedonali, in condizioni di ridotta visibilità a causa della foschia . Peraltro, ella, quasi per complicarsi ulteriormente la vita, camminava tenendo al guinzaglio un cane di media taglia e reggendo nel contempo in mano un vaso di ortensie . Tutti questi elementi sono sufficienti, secondo i Giudici della Cassazione, per ritenere legittima la valutazione compiuta in Tribunale e in Appello, ossia per addebitare alla donna il 75% della responsabilità per essere stata investita da una moto. Confermato, ovviamente, il 25% di colpa per il centauro. A questo proposito, si rivela inutile il richiamo al fatto che il conducente si era messo alla guida della propria moto in stato di ubriachezza . In conclusione, la donna deve accontentarsi come risarcimento della somma – quasi 60mila euro – versatale dalla società assicuratrice.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 gennaio – 3 aprile 2018, n. 8065 Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. Lu. Sa. e En. Ma. Pi. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, Sezione distaccata di Legnano, An. Fi. D’Am. e la RAS Assicurazioni s.p.a., chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale nel quale la Sa., nel mentre stava attraversando la strada, era stata investita dal D’Am., alla guida della propria moto. Si costituirono in giudizio i convenuti, contestando la domanda e chiedendone il rigetto. All'esito dell'istruttoria il Tribunale ricondusse la responsabilità del sinistro nella misura del 25 per cento a carico del convenuto e del restante 75 per cento a carico dell'attrice Sa. ritenne, quindi, che la somma di Euro 59.300 già versata dalla società assicuratrice fosse esaustiva della pretesa, rigettò le ulteriori domande degli attori e li condannò al pagamento delle spese processuali. 2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori in via principale e dal D’Am. in via incidentale e la Corte d'appello di Milano, con sentenza del 19 aprile 2016, ha respinto entrambe le impugnazioni, ha confermato la sentenza del Tribunale ed ha compensato le spese del grado. A tale risultato la Corte è giunta confermando la ricostruzione compiuta dal Tribunale e condividendo l'attribuzione delle relative responsabilità, in particolare evidenziando che la colpa preponderante della Sa. era dimostrata dal fatto che ella aveva attraversato la strada al di fuori delle strisce pedonali, in condizioni di ridotta visibilità a causa della foschia e, per di più, tenendo al guinzaglio un cane di media taglia e reggendo nel contempo in mano un vaso di ortensie. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Milano ricorrono Lu. Sa. e En. Ma. Pi. con atto affidato ad un motivo. Resiste An. Fi. D’Am. con controricorso. La RAS s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e i ricorrenti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso si censura, in riferimento all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione dell'art. 2054 cod. civ. ed errata liquidazione del danno. 1.1. Rileva la Corte che il ricorso è inammissibile. Le doglianze ivi prospettate si risolvono nella generica affermazione per cui aver attribuito alla Sa. il 75 per cento della responsabilità dell'incidente sarebbe errato, posto che ella aveva attraversato la strada con prudenza e che il D’Am. si era messo alla guida della proprio moto in stato di ubriachezza. In ordine alla liquidazione del danno, il ricorso contesta che l'entità del risarcimento sarebbe troppo modesta e che anche il Pi., quale marito della ricorrente, avrebbe avuto diritto ad una somma a titolo risarcitorio. In realtà, nessuna censura in diritto viene proposta se non il generico richiamo all'art. 2054 cod. civ., ed il motivo si risolve in una discussione critica delle conclusioni alle quali è giunta la Corte d'appello, in tal modo sollecitando questa Corte ad un nuovo esame del merito, non consentito nella presente sede di legittimità. Analoghe considerazioni sono da compiere in relazione alla contestazione della liquidazione del danno, punto sul quale la doglianza è del tutto generica. 2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile. A tale esito segue la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.