Incidente stradale, alla guida una minorenne: colpevole la proprietaria del veicolo

La donna, allontanatasi da casa per ferie, non ha adottato tutte le cautele necessarie. Questa lacuna è resa ancor più grave dal fatto che in passato il figlio, maggiorenne, aveva già affidato la vettura della madre alla ragazzina.

Traffico bloccato nel piccolo paese l’intoppo è originato dall’incidente stradale verificatosi a un incrocio. A rendere la situazione più delicata, però, è la scoperta che alla guida dell’automobile che ha provocato il caos c’era una ragazzina di neanche 18 anni. E grazie a una rapida indagine si scopre che il veicolo è di proprietà della madre di un ragazzo – maggiorenne – suo conoscente. Così, alla fine, tirando le somme, la donna è ritenuta responsabile per il sinistro, e quindi obbligata a rifondere alla compagnia assicurativa gli imposti corrisposti come risarcimento alle persone danneggiate Cassazione, sentenza n. 5180/2018, Sezione Terza Civile, depositata oggi . Guida. Scenario della storia è un piccolo paesino in provincia di Varese. Lì si verifica, nell’estate del 2003, l’incidente stradale provocato da un’automobile guidata da una minorenne. A essere chiamata in causa è quindi la proprietaria della vettura. E ricostruita la vicenda la donna viene ritenuta responsabile. In sostanza, i giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, appurano che il veicolo è stato preso dal figlio, maggiorenne, della donna – quando questa era in ferie e quindi lontana da casa – e affidato alle mani – non sapienti – della ragazzina. Manca, invece, la prova che la minore si era messa alla guida dell’auto contro la volontà della proprietaria. Ciò comporta che la donna debba anche rifondere alla compagnia assicurativa gli importi corrisposti ai danneggiati a titolo di risarcimento . Abbandono. La decisione presa in Appello viene ora confermata dalla Cassazione, che non mostra alcun dubbio sulla fondatezza della responsabilità della donna per l’incidente stradale. Innanzitutto, viene richiamato il fatto che già in un’altra occasione la guida dell’automobile era stata lasciata dal figlio della proprietaria alla minorenne . Nonostante questo brutto precedente, la donna si era allontanata per ferie da casa, abbandonandovi le chiavi della sua vettura, dimostrando pertanto di non avere adottato in concreto un comportamento ostativo, specificamente inteso a impedire la circolazione del veicolo , osservano i giudici del ‘Palazzaccio’. Già questo elemento è ritenuto sufficiente per considerare la donna colpevole. Di conseguenza, non può essere messo in discussione il diritto di rivalsa esercitato dall’assicurazione nei suoi confronti in qualità di assicurato e danneggiante .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 dicembre 2017 – 6 marzo 2018, n. 5180 Presidente Spirito – Relatore Fiecconi Svolgimento del giudizio 1.1. An. Di La., citata quale responsabile civile per l'incidente stradale occorso il 1 giugno 2003 nel comune di Clivio, all'incrocio tra via omissis , provocato con la vettura di sua proprietà da Al. Mi., allora minorenne, figlia di Vincenzo Mi. e di Ri. Cu., ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano, pronunciata il 30 marzo 2015 la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Varese l'8 novembre 2011, il giudice di secondo grado a rideterminava la somma liquidata alle vittime del sinistro b in accoglimento del gravame proposto da Groupama Assicurazioni S.p.A. Groupama , condannava in via di regresso i genitori della minore e la proprietaria del veicolo, in via tra loro solidale, a rifondere alla compagnia assicuratrice gli importi corrisposti ai danneggiati a titolo di risarcimento, con ulteriore condanna al pagamento delle spese di giudizio del primo del secondo grado, c respingeva l'appello incidentale proposto da An. Di La., proprietaria dell'auto, relativamente all' affermata responsabilità, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova liberatoria basata sul fatto che la minore si era messa alla guida dell'auto contro la sua espressa volontà. Con ricorso per cassazione notificato il 2 luglio 2015 e depositato il 16 luglio 2015, An. Di La. ricorre in cassazione deducendo tre motivi di impugnazione. Nel giudizio di cassazione interveniva la Groupama assicurazioni S.p.A. che deduceva l'inammissibilità o l'infondatezza del ricorso. La contro-ricorrente produceva memoria difensiva. All'udienza di discussione fissata per il 20 dicembre 2017 il Procuratore generale concludeva come in atti, chiedendo il rigetto del ricorso. Motivi della decisione 2. Con il primo motivo di ricorso si deduce l'omessa o la falsa applicazione degli articoli 40 e 41 del cod.pen. dell'articolo 2054, terzo comma, cod. civ. in relazione all'articolo 360 n. 3 cod. proc. civ., sull'assunto che il giudice di secondo grado sia incorso nel grave errore logico e giuridico di confondere il piano della colpevolezza con quello della causalità, considerando che la proprietaria, a quel tempo assente per ferie, non avrebbe assolto l'onere della prova liberatoria relativa alla circolazione probibente domino . La responsabilità solidale nella causazione del sinistro sarebbe stata giudicata addebitabile anche alla ricorrente per avere -in tesi affidato incautamente il veicolo di sua proprietà al figlio Al. Mi., allora maggiorenne, abilitato alla guida il quale, a sua volta, in assenza della madre, l'avrebbe incautamente consegnato alla minore priva di abilitazione alla guida. Assume la ricorrente che, senza l'incauto affidamento del veicolo operato, per sua autonoma e imprevedibile iniziativa, dal figlio alla minore, quest'ultima non avrebbe potuto porsi alla guida del mezzo, posto che la condotta della proprietaria di affidamento del veicolo al figlio, in base a un criterio probabilistico, non poteva costituire una situazione di pericolo per la circolazione. Il motivo di ricorso, tuttavia, non confronta le circostanze, genericamente riferite al nesso di causalità, con la motivazione resa sul punto, ove si legge che, per stessa ammissione della ricorrente la quale ha chiesto di provare la suddetta circostanza anche per testi già in altra occasione la guida della sua auto era stata lasciata alla minore dal di lei figlio, e ciò non di meno si era allontanata per ferie da casa, abbandonandovi le chiavi della sua auto, dimostrando pertanto di non avere adottato in concreto un comportamento ostativo, specificamente inteso a impedire la circolazione del veicolo mediante l'adozione di cautele tali che la volontà del proprietario non possa risultare superata. Il motivo d'impugnazione dedotto è pertanto inammissibile in quanto non riferito allo specifico punto di motivazione con cui è stata affermata la responsabilità della ricorrente. 3. Con il secondo motivo si deduce la violazione dei principi del giusto processo e la violazione e o la falsa applicazione dell'articolo 2697 cod. civ. in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc.civ., sull'assunto che il giudice di secondo grado abbia ingiustamente negato all'appellante la possibilità di espletare le prove orali reiterate con l'atto di appello incidentale, in tal modo violando i principi in tema di giusto processo e segnatamente il diritto di difesa, il diritto alla prova, e di parità di contraddittorio. In proposito, si osserva che capitoli di prova non ammessi attengono a circostanze che la stessa Corte d'appello, ha preso in considerazione come, se anche avvenute, non in grado di provare la estraneità ai fatti della proprietaria del veicolo. Anche tale deduzione è inammissibile in quanto non logicamente collegata alla motivazione resa dalla Corte territoriale. 4. Con il terzo motivo si deduce l'omessa o la violata e falsa applicazione dell' art. 18 L. 990-1969, dell'art. 2054, comma 3, cod. civ., degli artt. 40 e 41 cod. pen. in relazione all'articolo 360 numero 3 cod.proc.civ., deducendo che il diritto di rivalsa è stato esercitato dall'assicurazione senza tener conto della carenza di apporto causale del proprio assicurato in relazione allo utilizzo del veicolo, poiché la minore si era impossessata illecitamente del veicolo concretando di fatto l'ipotesi del reato di furto o di furto d'uso, fruendo solo della complicità del figlio Mi In proposito giova rammentare che, in tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre anche il danno dolosamente provocato dal conducente nei confronti del terzo danneggiato, il quale, pertanto, ha diritto di ottenere dall'assicuratore del responsabile il risarcimento del danno, non trovando applicazione la norma di cui all'art. 1917 cod. civ. che non costituisce il paradigma tipico della responsabilità civile da circolazione stradale, rinvenibile, invece, nelle leggi della RCA e nelle direttive Europee che affermano il principio di solidarietà verso il danneggiato salva la facoltà della compagnia assicuratrice di rivalersi nei confronti dell'assicurato-danneggiante, per il quale la copertura contrattuale non opera v. sez. 3, Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19368 del 03/08/2017, che ha affermato tale principio con riferimento ad una fattispecie in cui la autovettura era stata utilizzata come una vera e propria arma, investendo più volte la vittima nell'intento deliberato di ferirla o di ucciderla . Alla luce di quanto sopra osservato, anche tale motivo risulta inammissibile, in quanto la ricorrente mette genericamente in discussione l'esercizio del diritto di rivalsa dell'assicuratore in un caso ove la copertura assicurativa certamente opera a favore del danneggiato e genera un diritto di rivalsa nei confronti dei responsabili civili che hanno consentito alla minore di mettersi alla guida dell'auto. Pertanto tale deduzione risulta inammissibile in quanto ancora una volta non attinente alla pronuncia che ha affermato la responsabilità solidale della ricorrente nella causazione dell'evento lesivo. 5. Alla soccombenza della ricorrente segue la condanna alle spese ex art. 91 cod. proc. civ., liquidate come di seguito in base alle tariffe in uso, oltre la condanna al pagamento del contributo unificato ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, a norma del comma I-bis, dello stesso articolo 13. P.Q.M. I. Dichiara inammissibile il ricorso II. Condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 14.094,00 per onorari, Euro 200,00 per spese, oltre spese forfetarie al 15% e oneri di legge. III. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis, dello stesso articolo 13.