L’assicurato ha l’onere di provare che i danni stimati dal perito superino la franchigia

Affinché l’assicurato possa contestare l’operatività della polizza per superamento della franchigia, è necessario che provi il maggiore ammontare del danno rispetto quello stimato dal perito.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2297/18, depositata il 30 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del Giudice di prime cure, rigettava la domanda per l’indennizzo relativa ai danni subiti da un capannone di proprietà di un assicurato, in seguito a due nubifragi, nonostante la polizza coprisse i rischi connessi a trombe e uragani . La Corte distrettuale rilevava che i danni provocati dalla prima calamità naturale non superassero la franchigia stabilita nella polizza, mentre quelli derivanti dal secondo evento, diversamente da quanto previsto dalla polizza, non erano stati riscontrati su una pluralità di enti assicurati e non , ma unicamente sul capannone dell’assicurato. Avverso la sentenza del Giudice d’Appello l’assicurato ricorre per cassazione denunciando l’insussistenza dell’onere di contestare ante causam la quantificazione del danno proposta dal perito al fine di valutare la soglia della franchigia – in considerazione dell’avvenuta contestazione della autonoma riparabilità di alcune lastre del capannone – nonché la previsione per la quale, ai fini dell’operatività della polizza, i danni si dovessero riscontrare in una pluralità di enti, essendo ciò in contrasto con l’interpretazione secondo buona fede. L’onere della prova e la buona fede . Il Supremo Collegio ribadisce che, ai fini dell’accoglimento del ricorso, il ricorrente avrebbe dovuto provare che il danno causato dal primo evento fosse di entità superiore a quella stimata dal perito dell’assicurazione e che il danno provocato dal secondo evento non rientrava nelle condizioni di polizza in quanto non esteso ad altri immobili , risultando, tra l’altro, la questione circa la necessità di considerare il valore a nuovo” priva di interesse, a fronte dell’esclusione di operatività della polizza . La Suprema Corte rileva altresì che la clausola contestata in realtà mira a circoscrivere l’oggetto di copertura, ossia l’evento meteorologico assicurato”, in relazione ai suoi effetti dannosi, adottando un criterio di selezione che appare ragionevole e chiaramente definito, tale da non dover richiedere adeguamenti secondo buona fede” a posteriori . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 novembre 2017 – 30 gennaio 2018, n. 2297 Presidente Amendola – Relatore Sestini Fatto e diritto Rilevato che in riforma della sentenza di primo grado, la Corte di Appello di Roma ha rigettato la domanda di indennizzo per i danni provocati alla copertura di un capannone da due violenti nubifragi, che era stata proposta dalla Angelfunghi s.r.l. in liquidazione nei confronti della R.A.S. Assicurazioni poi Allianz , in base ad una polizza stipulata a copertura dei rischi connessi a trombe e uragani la Corte ha ritenuto che i danni provocati dal primo evento - del omissis - non superassero la franchigia di polizza di 1.000.000 di lire e che, per il successivo evento dell’ che pure aveva comportato il danneggiamento definitivo della copertura, non riparata dopo il primo nubifragio , non ricorressero le condizioni di operatività della polizza, in quanto il sinistro non era stato riscontrato su una pluralità di enti assicurati e non , ma unicamente sul capannone dell’attrice ha proposto ricorso per cassazione la Angelfunghi s.r.l. in liquidazione, affidandosi a due motivi ha resistito l’Allianz s.p.a., a mezzo di controricorso. Considerato che col primo motivo articolato nei punti 1-a e 1-b , la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 1321, 1372 e 2697 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo nega che l’attrice avesse l’onere di contestare ante causam la relazione del perito dell’assicurazione che aveva stimato il danno conseguente al primo evento in 900.000 lire e rileva di avere contestato - in giudizio - l’autonoma riparabilità di alcune lastre della copertura del capannone, senza coinvolgimento dell’intera copertura deduce la violazione delle condizioni di polizza che prevedevano la necessità di considerare il valore a nuovo del fabbricato e contesta che fosse applicabile la previsione dell’art. 1227, 2 co. cod. civ. il motivo è inammissibile in quanto non attinge la ratio fondante della decisione, costituita dall’affermazione del difetto di prova sul fatto che il danno causato dal primo evento fosse di entità superiore a quella stimata dal perito dell’assicurazione con la conseguenza che la mancata riparazione non risultava imputabile all’assicurazione, in quanto rientrante nella franchigia e dall’ulteriore considerazione che il danno provocato dal secondo evento e aggravato dalla mancata riparazione dei primi danni non rientrava nelle condizioni di polizza in quanto non esteso ad altri immobili la questione circa la necessità di considerare il valore a nuovo è priva di interesse, a fronte dell’esclusione dell’operatività della polizza il rilievo sull’art. 1227 cod. civ. è inconferente, in quanto estraneo alle ragioni della decisione col secondo motivo che denuncia la violazione degli artt. 1366 e 2697 cod. civ. , la ricorrente contesta la necessità, ai fini dell’indennizzo per il secondo evento, che i danni fossero riscontrabili in una pluralità di enti assume che un’interpretazione secondo buona fede della polizza comportava che la clausola applicata dalla Corte non potesse operare per il solo fatto che i danni non fossero stati riscontrati su strutture aventi caratteristiche ben diverse da quelle della struttura danneggiata il motivo è infondato, atteso che la clausola - da valutare a priori e a prescindere dalle caratteristiche dell’immobile in concreto danneggiato - mira a individuare l’evento meteorologico assicurato in relazione alla diffusività dei suoi effetti dannosi, adottando pertanto un criterio di selezione basato sugli effetti prodotti - che appare ragionevole e chiaramente definito, tale da non dover richiedere adeguamenti secondo buona fede a posteriori le spese di lite seguono la soccombenza trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.