Il riparto dell’onere probatorio in materia di risarcimento danni per infortuni

In capo all'assicurato vi è l'onere di dimostrare i fatti costitutivi della domanda, vale a dire, che si è verificato il fatto avverso” previsto nella polizza, che questo sia derivato da cause previste dal contratto e che abbia prodotto gli effetti annunciati nella polizza. Alla compagnia assicurativa l’onere di provare i fatti impeditivi della pretesa attorea.

La vicenda fattuale afferisce ad un assicurato che conveniva, dinanzi al Tribunale competente, una società di assicurazioni con la quale aveva stipulato una polizza contro gli infortuni e, precisando di essere rimasto vittima di un sinistro stradale che gli aveva provocato delle gravi lesioni personali, lamentava che la società non gli avesse corrisposto l'indennizzo contrattualmente pattuito, richiedendone la condanna in via giudiziale. La compagnia assicurativa, dal proprio canto, si costituiva contestando sia l'efficacia della copertura sia la dinamica dell'infortunio così come descritta dall'attore. Nonostante ciò, il tribunale accoglieva la domanda di parte attrice. Tuttavia, le sorti processuali venivano ribaltate della corte di appello la quale accoglieva il gravame dell'assicuratore rigettando la domanda del cittadino. Nello specifico, la corte territoriale riteneva che, pur essendo incontestabile che l'assicurato avesse patito le lesioni personali che lamentava, comunque la domanda andava rigettata perché egli non aveva dimostrato in modo netto e chiaro la concreta dinamica dell'infortunio. E giacché la polizza escludeva dalla garanzia gli infortuni derivanti da partecipazioni a corse e gare comportanti l'uso di veicoli a motore, concludeva per l’accoglimento dell’appello. Tanto in quanto, le contraddittorie prove raccolte nel corso del giudizio di primo grado non consentivano alla corte di appello di escludere che l'infortunio non potesse essere derivato da una di queste attività. Ricorreva in Cassazione l'assicurato con un ricorso fondato su quattro motivi. Le vertenze per inadempimento del contratto assicurativo sugli infortuni. Deduceva il ricorrente che il contratto prevedeva l'obbligo dell'assicuratore di pagare l'indennizzo al verificarsi di un infortunio e che la polizza definiva tale ‘ogni evento dovuto a causa fortuita violenta ed esterna che produca lesioni corporali obiettivamente constatabili’. Inoltre, il contratto aggiungeva che la copertura era valida per gli infortuni subìti sia nello svolgimento delle attività professionali sia nello svolgimento di ogni altra normale attività dell'assicurato. Di fronte a questo genere di pattuizioni, pertanto, l'attore aveva solo l'onere di provare che si era verificato un infortunio e che questo aveva provocato una invalidità permanente. Non avrebbe anche dovuto dimostrare l'insussistenza delle cause di esclusione della copertura assicurativa. Gli Ermellini, dal proprio canto, accolgono il detto principale motivo per le seguenti ragioni in punto di diritto, dichiarando gli altri motivi di ricorso assorbiti dall'accoglimento di questo. Il riparto dell’onere probatorio ed i tre tipi di rischi nelle polizze assicurative. La Suprema Corte parte dalla elementare circostanza per cui il fatto costitutivo della pretesa dell'assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell'assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell'indennizzo pattuito, è l'avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza. Dunque, l'assicurato -per gli Ermellini ha solo l'onere di dimostrare 1 che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza 2 nonché che questo sia derivato da cause previste dalla polizza 3 ed, infine, che abbia prodotto gli effetti menzionati nel contratto. Tuttavia, è noto come il rischio previsto nel contratto assicurativo sia di norma un rischio delimitato attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda della volontà delle parti e del premio pagato, la indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause oppure ai sinistri consistiti in determinati eventi oppure, ancora, ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti. Per effetto dell'inserimento -nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli ‘effetti avversi’ cui l'assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie i rischi inclusi, i rischi esclusi ed i rischi non compresi. I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all'assicurato il pagamento dell'indennizzo. I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto, come per esempio il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copre solo la responsabilità civile. Infine, i rischi non compresi sono quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale ma l'indennizzabilità dei quali esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio”, come lo è, ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, l’esclusione della indennizzabilità degli incendi provocati da un fulmine. La distinzione precisata della Suprema Corte, risalente e condivisa da attenta dottrina, riverbera i propri effetti sul piano del riparto dell'onere della prova. Infatti, la circostanza che l'evento dannoso rientri tra i rischi inclusi è fatto costitutivo della pretesa e pertanto va provato dall'assicurato. La circostanza, invece, che l'evento verificatosi rientri fra i rischi non compresi costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea che, pertanto, va provato dall' assicuratore. Tale circostanza, difatti, non rappresenta un fatto costitutivo della domanda bensì un fatto costitutivo dell'eccezione di non indennizzabilità e, come tale, deve essere dimostrato da chi è l'eccezione intende a sollevare. Nel caso di specie, la polizza stipulata copriva qualunque tipo di infortunio derivante da attività lavorativa o non lavorativa era, pertanto, onere assolto dell'assicurato quello di provare l'esistenza dell'infortunio stesso. Era, invece, onere dell'assicuratore dimostrare che, pur essendosi verificato il rischio contrattualmente pattuito e cioè l'infortunio , questo rientrava tra i rischi non compresi a causa dell'esistenza di una delle circostanze di non indennizzabilità previste dal contratto. L'esistenza dell'infortunio, però, durante i vari gradi dei giudizi non era mai entrata in discussione e, d'altro canto, l'assicuratore non aveva mai provato che questo fosse derivato da una corsa automobilistica clandestina oppure da altre clausole limitative della indennizzabilità previste dal contratto. Ne conseguiva che, essendo stato provato il fatto costitutivo della domanda, ma non quello costitutivo delle eccezioni, la corte territoriale non avrebbe potuto rigettare la prima ed accogliere la seconda.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 novembre 2017 – 23 gennaio 2018, n. 1558 Presidente Vivaldi – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2009 S.C. convenne dinanzi al Tribunale di Trieste la società Generali Italia S.p.A., esponendo di avere stipulato con la stessa un’assicurazione contro gli infortuni di essere rimasto vittima di un sinistro stradale che gli provocò gravi lesioni personali che la società non aveva corrisposto l’indennizzo contrattualmente pattuito. Chiese pertanto la condanna della società convenuta all’adempimento della propria obbligazione contrattuale. La Generali si costituì contestando sia l’efficacia della copertura assicurativa, sia la dinamica dell’infortunio così come descritta dall’attore. 2. Con sentenza 24 aprile 2013 n. 372 il Tribunale di Trieste accolse la domanda. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza 6 agosto 2014 n. 499, accolse il gravame dell’assicuratore e rigettò la domanda. La Corte d’appello ritenne che, pur essendo incontestabile che l’assicurato avesse patito lesioni personali, la domanda andava comunque rigettata, perché l’assicurato non aveva dimostrato in modo chiaro e netto la concreta dinamica dell’infortunio. Soggiunse che la polizza escludeva dalla garanzia gli infortuni derivanti da partecipazioni a corse e gare comportanti l’uso di veicoli a motore e le contraddittorie prove raccolte nel corso del giudizio non consentivano di escludere che l’infortunio non potesse essere derivato da una di queste attività. 3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da S.C. , con ricorso fondato su quattro motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso la Generali Italia, anch’essa depositando memoria. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., che la Corte d’appello avrebbe violato gli articoli 1362 e 2697 c.c. Deduce che il contratto prevedeva l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo al verificarsi di un infortunio, e che la polizza definiva tale ogni evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna che produca lesioni corporali obiettivamente constatabili . Il contratto inoltre soggiungeva che la copertura era valida per gli infortuni subiti sia nello svolgimento delle attività professionali dell’assicurato, sia nello svolgimento di ogni altra normale attività . Dinanzi a tali pattuizioni, l’attore aveva dunque l’onere soltanto di provare che si era verificato un infortunio e che questo aveva provocato una invalidità permanente, ma non avrebbe anche dovuto dimostrare l’insussistenza delle cause di esclusione della copertura assicurativa. 1.2. Il motivo è fondato. Fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo pattuito, è l’avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza. L’assicurato, dunque, ha l’onere di dimostrare che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza, che sia derivato dalle cause previste dalla polizza, e che abbia prodotto gli effetti previsti dalla polizza. 1.3. È noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti. Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie a i rischi inclusi b i rischi esclusi c i rischi non compresi. I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo. I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile . I rischi non compresi sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine . 1.4. La distinzione appena riassunta, risalente e condivisa da sapiente dottrina, riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova. La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i rischi inclusi è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato. La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi non compresi costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore. Tale circostanza infatti non rappresenta un fatto costitutivo della domanda, ma un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, e come tale deve essere dimostrato da chi quell’eccezione intenda sollevare. 1.5. Nel caso di specie è pacifico che la polizza stipulata da S.C. coprisse qualunque tipo di infortunio derivante da attività lavorative o non lavorative. Onere dell’assicurato era dunque soltanto quello di provare l’esistenza dell’infortunio. Era, invece, onere dell’assicuratore dimostrare che, pur essendosi verificato il rischio contrattualmente pattuito l’infortunio , questo rientrava tra i rischi non compresi , a causa dell’esistenza di una delle circostanze di non indennizzabilità previste dal contratto. Nel caso di specie, l’esistenza dell’infortunio non è mai stata in discussione. L’assicuratore, per contro, non ha mai provato che questo fosse derivato da una corsa automobilistica clandestina, o da altre cause delimitative dell’indennizzabilità previste dal contratto. Sicché, essendo stato provato il fatto costitutivo della domanda, ma non quello costitutivo dell’eccezione, la Corte d’appello non avrebbe potuto rigettare la prima ed accogliere la seconda. 1.6. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla corte d’appello di Trieste, la quale nel riesaminare il gravame proposto dalla società Generali Italia si atterrà al seguente principio di diritto nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore, ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo assicurativo, è onere dell’attore provare che il rischio avveratosi rientri nei rischi inclusi , ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa. Se il contratto contiene clausole di delimitazione del rischio indennizzabile soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali , la sussistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione di tali clausole costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore . 2. Gli ulteriori motivi di ricorso. 2.1. Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti dell’accoglimento del primo. 3. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione - accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.