Diffamazione a mezzo stampa: risarcito il danno non patrimoniale per la lesione all’onore, alla reputazione e all’immagine

L’esercizio del diritto di cronaca può ritenersi legittimo quando sia riportata la verità soggettiva o anche solo putativa della notizia purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti.

Lo ha affermato il Tribunale di Bari con la sentenza n. 5829/2017, depositata il 21 dicembre. Il caso. Il Preside di un Istituto Tecnico Commerciale ha citato davanti al Tribunale una nota testata giornalistica, il suo direttore e la cronista per accertarne la responsabilità e chiederne la condanna al risarcimento per aver violato i presupposti per il legittimo esercizio del diritto di cronaca e leso il proprio diritto all’onore, alla reputazione e all’immagine. Secondo l’articolo giornalistico, l’attore, a seguito di un grave episodio di violenza accaduto in classe fra alcuni studenti, avrebbe omesso e/o ritardato di riferire il fatto all’autorità giudiziaria. Le parti convenute, costituendosi in giudizio, chiedevano il rigetto delle domande di parte attrice, ritenendole infondate. Il rapporto tra scuola e allievi dà vita al c.d. contatto sociale. Il Tribunale di Bari ha chiarito che il rapporto tra scuola e allievi dà vita al c.d. contatto sociale che prevede, per il personale, l’obbligo primario, ex art. 2048 c.c., di educare e insegnare e quello secondario di vigilare sull’incolumità fisica e sulla sicurezza degli allievi, ponendoli al riparo dai pericoli sia per un fatto proprio sia per conto di terzi. Nel caso di specie, proprio in ossequio ai ridetti principi normativi, il Preside, venuto a sapere dell’episodio violento verificatosi in una classe del proprio Istituto, ha adempiuto a tutte le attività utili per far luce sulla vicenda incresciosa recandosi tempestivamente presso la competente caserma dei Carabinieri al fine di denunciare l’accaduto. Tanto è emerso chiaramente all’esito dell’istruttoria processuale. La responsabilità dei mezzi d’informazione. Nel consolidare il principio per cui i fatti riferiti dal giornalista non devono essere accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore rappresentazioni false della realtà oggettiva, il Tribunale di Bari ha rilevato, nel caso di specie, la violazione dei presupposti per il legittimo esercizio del diritto di cronaca, non avendo i convenuti osservato il principio della corrispondenza doverosa tra i fatti accaduti e quelli narrati. Dall’esame del testo giornalistico, il Giudice barese ha evidenziato un chiaro intento accusatorio della cronista, in quanto la medesima allude a un dovere non adempiuto da parte degli organi scolastici, riconoscendo questi, implicitamente, responsabili non solo di non aver adeguatamente sorvegliato gli alunni, ma anche di non aver provveduto a garantire la sicurezza prevista dall’art. 2048 c.c Al fine di ben definire il corretto esercizio del diritto di cronaca, il Tribunale ha stabilito inoltre che la narrazione dei fatti deve fondarsi su un rigoroso controllo dell’attendibilità della fonte il giornalista, in virtù della diligenza professionale a lui richiesta, non può limitarsi a riportare notizie rese pubbliche da altre fonti di informazione altri giornali, agenzie o simili senza esplicare alcuna verifica, perché in tal modo le diverse fonti propalatrici delle notizie, attribuendosi reciproca credibilità, finirebbero per rinvenire la loro attendibilità in se stesse. Nel caso di specie, la giornalista ha invocato la scriminante del diritto dovere di cronaca, sostenendo di avere come fonte della notizia una conferenza stampa indetta dal Comandante dei Carabinieri interessato alla vicenda. Invero, chiamato a testimoniare, il medesimo Comandante ha dichiarato di non aver indetto alcuna conferenza stampa, né di aver diramato alcun comunicato sul fatto accaduto presso l’Istituto tecnico, smentendo così quanto sostenuto dalla cronista. Sul risarcimento dei danni. Verificata la ricostruzione fattuale relativa alle dichiarazioni diffamatorie, tale da fondare la presunzione di discredito, il Tribunale di Bari ha condannato la società editoriale e la giornalista al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore del soggetto leso, liquidandolo in via equitativa nella misura di euro 22.000, oltre gli interessi legali.

Tribunale di Bari, sentenza 15 novembre – 21 dicembre 2017, n. 5829 Giudice Delia