Sinistro stradale: l’assenza del segnale di “Stop” non chiama in causa il Comune

Esclusa l’ipotesi che l’ente locale debba risarcire le persone rimaste danneggiate dal sinistro. Per i Giudici, difatti, i conducenti debbono comunque affrontare con prudenza un crocevia, a prescindere dalla presenza del segnale di Stop”.

Brutto incidente stradale in paese. Sotto accusa non solo i conducenti, ma anche il Comune, poiché all’incrocio incriminato è stato rimosso il segnale di Stop”. Questo dato, però, non è sufficiente, secondo i Giudici, per ritenere corresponsabile l’ente locale Cassazione, ordinanza n. 1103/18, sez. VI Civile, depositata oggi . Fattore causale del sinistro. Ricostruita la dinamica dell’episodio, e definite le responsabilità dei due conducenti coinvolti, resta da sciogliere il nodo relativo a una presunta responsabilità del Comune. L’incidente si è verificato difatti lungo una strada di un piccolo paese del Lazio, e precisamente ad un incrocio in cui era stato all’improvviso rimosso il segnale di ‘Stop’. Quest’ultimo elemento spinge le due persone danneggiate a chiedere un risarcimento anche all’ente locale, ritenendolo responsabile almeno in parte per la disavventura da loro vissuta. L’ipotesi viene respinta definitivamente dalla Cassazione, che mostra di condividere l’ottica adottata già dal Giudice di pace e dal Tribunale. In sostanza, l’assegna dello ‘Stop’ non ha rappresentato un fattore causale del sinistro, giacché i conducenti devono comunque adottare la massima prudenza quando impegnano un crocevia , a prescindere dal fatto che vi sia o non vi sia il segnale di ‘Stop’ . Di conseguenza, è esclusa qualsiasi connessione tra l’omissione ascritta al Comune e l’incidente verificatosi all’incrocio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 19 settembre 2017 – 18 gennaio 2018, n. 1103 Presidente Frasca – Relatore Rossetti Rilevato che Nel 2010 Ar. Ce. e St. Tr. convennero, dinanzi al Giudice di pace di Tivoli, An. Cu., la società Direct Line s.p.a. e il Comune di Guidonia Montecelio, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza d'un sinistro stradale avvenuto il 6.7.2007, che coinvolse il mezzo condotto da St. Tr., e sul quale viaggiava An. Ce. secondo la prospettazione attorea, la responsabilità del sinistro andava ascritta tanto ad An. Cu. ed al suo assicuratore della r.c.a., la Direct Line , per non avere rispettato l'obbligo di Stop-dare la precedenza dal quale era onerata quanto all'amministrazione comunale, per avere rimosso dall'area del sinistro il segnale di Stop ivi da sempre esistente in corso di causa l'amministrazione comunale chiamò in giudizio il proprio assicuratore della responsabilità civile, ovvero la società Generali Business Solutions s.p.a., alla quale chiese di essere tenuto indenne in caso di accoglimento della domanda attorea Ar. Ce. venne altresì autorizzata a chiamare in causa la società Allianz S.p.A., assicuratore della responsabilità civile di St. Tr. con sentenza 19.5.2011 n. 480 il Giudice di pace rigettò la domanda, ritenendo che la responsabilità del sinistro andasse ascritta a St. Tr., conducente del veicolo sul quale viaggiava Ar. Ce. la sentenza venne appellata dalle parti soccombenti il Tribunale di Tivoli, con sentenza 22 maggio 2015 n. 1181, accolse parzialmente il gravame, e condannò An. Cu. e la Direct Line in solido al risarcimento dei danni in favore di St. Tr. condannò invece la società Allianz, assicuratore della r.c.a. di quest'ultimo, al risarcimento dei danni in favore di Ar. Ce. il Tribunale invece escluse qualsiasi responsabilità dell'amministrazione comunale per quanto in questa sede ancora rileva, il Tribunale ritenne che l'assenza del segnale di stop non rappresentò fattore causale del sinistro, giacché i conducenti devono comunque adottare la massima prudenza quando impegnano un crocevia, vi sia o non vi sia un segnale di Stop la sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da St. Tr. e Ar. Ce., con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria ha resistito con controricorso il Comune di Guidonia Montecelio Considerato che col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 2043, 2051 c.c. 21, 31 e 27 cod. strad. sia da un vizio che essi definiscono di erronea, contraddittoria e travisata motivazione, e che prenderebbero sia previsto dall'art. 360, n. 5, c.p.c dall'illustrazione del motivo, la cui esposizione è talmente confusa da rasentare rinammissibilità risulta a questa Corte sconosciuto, in particolare, il vizio di travisata motivazione , solo con molto sforzo si possono desumere le seguenti censure a la motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria , perché il Tribunale da un lato ha riconosciuto che sul luogo del sinistro era stato rimosso il segnale di Stop , e dall'altro ha negato che tale mancanza avesse avuto rilievo causale nella genesi del sinistro b la motivazione della sentenza sarebbe errata , perché il Tribunale ha escluso che il Comune di Guidonia avesse l'obbligo di segnalare il mutamento della segnaletica c la sentenza avrebbe violato gli artt. 2043 e 2051 c.c., perché la condotta omissiva del Comune fu certamente causa o concausa del sinistro, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale d la sentenza sarebbe infine ingiusta nella parte ove riconosce gli interessi dalla data di deposito della sentenza, con ciò in aperta violatone di legge. Gli interessi dovranno necessariamente decorrere dalla data di accadimento del danno tutte e quattro queste censure sono manifestamente inammissibili la prima censura è inammissibile perché stabilire se una certa condotta sia stata o non sia stata causa di un danno è un tipico accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità la seconda censura è inammissibile perché estranea alla ratio decidendo, il Tribunale, infatti, ha escluso la responsabilità del Comune per mancanza di nesso di causa tra l'omissione ascrittagli e il danno, sicché era irrilevante stabilire se quell'omissione fu colposa o no la terza censura è inammissibile perché censura un apprezzamento di fatto la quarta censura è inammissibile per totale mancanza di illustrazione varrà la pena ricordare alla difesa dei ricorrenti, a tal riguardo, che un ricorso per cassazione è un atto nel quale si chiede di articolare un ragionamento sillogistico così scandito a quale è stata la decisione di merito b quale sarebbe dovuta essere la decisione di merito c quale regola o principio sia stato violato, per effetto dello scarto tra decisione pronunciata e decisione attesa nel nostro caso, le poche righe trascritte poc'anzi non contengono alcuna corretta censura della decisione di merito sul piano dell'analisi del periodo, in buona sostanza, la censura si limita a dire che la Corte d'appello avrebbe dovuto riconoscere gli interessi legali dalla data del sinistro , e non lo fece la difesa dei ricorrenti non spiega tuttavia in cosa sia consistito l'errore, e quale sarebbe dovuta essere la diversa regola da applicare non si fa carico, in particolare, di confutare la regula iuris applicata dal Tribunale, e consistita nel calcolare gli interessi compensativi fino alla decisione, e quelli moratori dalla decisione in poi un ricorso così concepito dunque non può che dirsi inammissibile per totale aspecificità questa Corte, infatti, può conoscere solo degli errori correttamente censurati, e non può rilevarne d'ufficio, né può pretendersi che essa intuisca quale tipo di censura abbia inteso proporre il ricorrente, quando questi esponga le sue doglianze con una tecnica scrittoria insufficiente col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c sia dal vizio di omessa motivazione deducono che il Tribunale avrebbe omesso di valutare alcune prove, ovvero una lettera ed una ordinanza del Comune di Guidonia, che avrebbero avuto contenuto confessorio il motivo è manifestamente inammissibile, perché estraneo alla ratio decidendi come già detto, infatti, il Tribunale ha escluso il nesso di causa tra la condotta del Comune e il danno, sicché nulla rileva stabilire se vi sia stata o no una condotta colposa dell'amministrazione col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 822, 824, 2051 c.c. sia dal vizio di omessa motivazione nell'illustrazione del motivo i ricorrenti prospettano una censura così riassumibile l'amministrazione comunale è custode dei beni comunali, ai sensi dell'art. 2051 c.c. il custode ha l'obbligo di vigilare sui beni affidati alla sua custodia nel caso di specie il danno era stato causato dalla cosa in custodia, a causa d'un difetto di vigilanza ergo, il Comune doveva risponderne ai sensi dell'art. 2051 c.c. il motivo è infondato, perché ignora la ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata questa, infatti, ha escluso che sia stata la mancanza del segnale di Stop a provocare lo scontro tra i due veicoli, e la mancanza di nesso causale tra la cosa ed il danno rende inapplicabile l'art. 2051 c.c. il quarto motivo di ricorso concerne la posizione della sola An. Ce. con tale motivo la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di erronea, travisata e contraddittoria motivazione deduce, al riguardo, la ricorrente che il Tribunale avrebbe scorrettamente determinato l'ammontare del suo credito risarcitorio che l'errore sarebbe caduto sull'operazione di sottrazione, dal credito risarcitorio, dell'acconto pagato dall'assicuratore ante causam il Tribunale, infatti, avrebbe decurtato dal credito risarcitorio anche l'importo pagato dall'assicuratore a titolo di spese legali stragiudiziali prima di esaminare tale motivo, deve rilevarsi come il suo contenuto non corrisponda alla sua intitolazione formale tuttavia ciò non basta per poter dichiarare inammissibile il motivo infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel cd. vizio di sussunzione e cioè erri nell'inquadrare l'errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall'art. 360 c.p.c , il ricorso non può dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l'errore di cui si duole, e questo sia sussumibile in uno qualsiasi degli altri vizi elencati dall'art. 360, n. 5, c.p.c, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013 nel caso di specie l'illustrazione contenuta nelle pp. 16-17 del ricorso è sufficientemente chiara nell'illustrate la doglianza della ricorrente questa lamenta in sostanza la sottostima del danno da essa patito, consistita nell'avere il Tribunale determinato il credito residuo dopo il pagamento degli acconti stragiudiziali, detraendo da esso le somme pagate dal debitore anche a titolo di rifusione delle spese legali s tragiudiziali un errore di questo tipo è un errore logico-giuridico, e consiste nella violazione dell'art. 1223 c.c., nella parte in cui stabilisce che il risarcimento deve comprendere tutto il danno né, ovviamente, può avere rilievo la circostanza che la ricorrente non abbia formalmente invocato la violazione dell'art. 1223 c.c. infatti, in virtù del principio iura novit curia, l'erronea individuazione, da parte del ricorrente per cassazione, della norma che si assume violata, resta senza conseguenze quando dalla descrizione del vizio che si ascrive alla sentenza impugnata possa inequivocabilmente risalirsi alla norma stessa così come stabilito da Sez. 3, Sentenza n. 4439 del 25/02/2014 la ricorrente, nel nostro caso, ha in sostanza prospettato un vero e proprio error in indicando, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c sicché, chiaro essendo il senso della censura, nulla rileva che essa, errando, l'abbia qualificata come denuncia di omessa ed insufficiente motivazione nel merito, il motivo è fondato il Tribunale ha liquidato il danno patito da Ar. Ce. nella somma complessiva di Euro 5.428,43 in moneta del 2015, al netto degli interessi compensativi così la sentenza impugnata, foglio 6 ha poi accertato che Ar. Ce. aveva già ricevuto un pagamento parziale il 29.1.2008 dell'importo di Euro 2.950, che il Tribunale ha rivalutato al 2015 ha, infine, detratto l'acconto rivalutato dal credito maggiorato degli interessi compensativi il Tribunale tuttavia sembra avere effettivamente trascurato che il pagamento ricevuto da An. Ce. nel 2008 comprendeva Euro 2.500 da imputare a risarcimento del danno, ed Euro 450 da imputare a rifusione delle spese legali stragiudiziali pertanto il Tribunale, defalcando anche quest'ultimo importo dal credito risarcitorio per il danno alla persona ed al veicolo, ha finito per sottostimare tali voci di danno, in violazione del precetto di cui all'art. 1223 c.c. la fondatezza del quarto motivo di ricorso, tuttavia, non rende necessaria la cassazione con rinvio della sentenza impugnata infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere la controversia, su questo punto, nel merito dovrà dunque riliquidarsi il credito risarcitorio di An. Ce. sui seguenti presupposti, ormai coperti da giudicato a che nel 2015 An. Ce. vantava nei confronti di Allianz s.p.a. un credito di Euro 5.428,43 b che nel 2008 aveva ricevuto un pagamento in acconto di Euro 2.500 c che la mora nel pagamento dovesse stimarsi in via equitativa applicando un saggio di interessi compensativi pari a quello legale il credito risarcitorio residuo della ricorrente andrà dunque determinato, secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte a devalutando l'acconto ed il credito alla data dell'illecito b detraendo l'acconto dal credito c calcolando gli interessi compensativi individuando un saggio scelto in via equitativa, ed applicandolo prima sull'intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, e poi sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva così, da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 9950 del 20/04/2017 nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 6347 del 19/03/2014 in applicazione di tali criteri, il credito residuo di An. Ce. al netto dell'acconto già percepito risulta di Euro 3.503,56, di cui 561,58 a titolo di interessi compensativi, calcolati con i criteri sopra indicati ed al saggio legale va da sé che, ove An. Ce. avesse incassato ulteriori pagamenti in esecuzione della sentenza d'appello, anche essi dovranno essere detratti dal credito risarcitorio con le modalità appena indicate col quinto motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c, la nullità della sentenza per un preteso contrasto tra la motivazione e il dispositivo sostiene che le controparti erano state condannate a rifonderle le spese di c.t.u. nella motivazione, ma non nel dispositivo il motivo è infondato, perché il contenuto precettivo dei provvedimenti giurisdizionali va stabilito esaminandoli nel loro complesso, e nel caso di specie la condanna dei convenuti alla rifusione delle spese di consulenza era chiaramente contenuta nelle motivazione la mancata ripetizione di essa nel dispositivo, pertanto, costituiva una mera omissione, da sanare se del caso con la procedura di cui all'art. 287 c.p.c col sesto motivo la ricorrente lamenta di essere stata condannata alla rifusione delle spese di lite nei confronti del Comune tale condanna sarebbe stata erronea, secondo la ricorrente, perché la sua domanda nei confronti del Comune si sarebbe dovuta in realtà accogliere il motivo è manifestamente inammissibile, perché non censura la condanna alle spese in sé, ma il presupposto di essa, ossia la soccombenza presupposto che, per quanto detto, era invece effettivamente sussistente in considerazione del rilevante divario tra petitum e decisum, nonché della oggettiva pochezza della maggior parte degli argomenti spesi dagli odierni ricorrenti, le spese tanto del giudizio d'appello, quanto del giudizio di legittimità, vanno compensate interamente tra tutte le parti il rigetto integrale del ricorso proposto da St. Tr. costituisce invece presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico del suddetto St. Tr. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. - dichiara inammissibile il primo, il secondo ed il sesto motivo di ricorso - rigetta il terzo ed il quinto motivo di ricorso - accoglie il quarto motivo di ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la Allianz s.p.a. al pagamento in favore di An. Ce. della somma di Euro 3.503,56, oltre interessi legali dalla data della presente decisione, e previa detrazione da effettuarsi con i criteri indicati in motivazione di quanto eventualmente già ricevuto dalla creditrice in esecuzione della sentenza di secondo grado - compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimità - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte del solo St. Tr. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.