Vettura rubata all’autolavaggio: colpevole il responsabile della struttura

L’imprenditore dovrà versare all’assicurazione la somma di 50mila euro, quella cioè pagata alla società proprietaria del veicolo. Fatale la scarsa diligenza mostrata dal titolare dell’autolavaggio nella custodia delle chiavi del veicolo.

Vettura affidata al titolare dell’autolavaggio, e, di conseguenza, è a lui addebitabile il furto del veicolo. Legittima, di conseguenza, la pretesa dall’assicurazione, cioè ottenere dal piccolo imprenditore la restituzione della somma – 50mila euro – versata alla società proprietaria della vettura Cassazione, ordinanza n. 486, sez. II civile, depositata l’11 gennaio 2018 . L’obbligo di custodia . Respinte sia in primo che in secondo grado le obiezioni mosse dal proprietario dell’autolavaggio, che perciò vede sempre più concreto lo spettro di un corposo esborso economico. Per i Giudici di merito, difatti, a lui è attribuibile la colpa per il furto della vettura lasciata dal proprietario nella struttura. Ciò significa che egli deve rifondere all’assicurazione l’importo di 50mila euro corrisposto alla società a cui era intestato il veicolo. Questa visione viene confermata ora dai Giudici della Cassazione, i quali ricordano che il prestatore d’opera, se conviene con il committente di prendere in consegna il bene per l’esecuzione su di esso della prestazione principale, assume anche l’obbligo accessorio di custodirlo fino alla riconsegna , anche in caso, osservano i magistrati, di deposito a titolo gratuito o di cortesia . La diligenza. Logica, quindi, l’applicazione del principio secondo cui la diligenza richiesta al prestatore d’opera consiste nell’ adottare le cautele necessarie alla custodia del bene fino al momento della riconsegna . E in questa vicenda, invece, è emerso che il titolare dell’autolavaggio non ha riposto le chiavi della vettura in un luogo non accessibile ad estranei , bensì in una cassettiera posizionata all’esterno dell’ufficio . Tutti questi elementi, quindi, fanno emergere la responsabilità dell’imprenditore, che, volente o nolente, dovrà versare 50mila euro alla società di assicurazioni.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 21 settembre 2017 – 11 gennaio 2018, n. 486 Presidente Matera – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. La Corte d'appello di Venezia, con ordinanza comunicata in via telematica in data 13 ottobre 2014, ha dichiarato inammissibile ex artt. 348-bis e ter cod. proc. civ. il gravame proposto da Ri. Ga. avverso la sentenza del Tribunale di Verona - sezione distaccata di Legnago n. 45 del 2014, e nei confronti di Axa Assicurazioni s.p.a. 2. Il Tribunale aveva condannato il sig. Ga. a rifondere alla società di assicurazioni l'importo di Euro 50 mila che la stessa aveva corrisposto alla propria assicurata Rebaglio Carlo s.r.l. per il furto dell'autovettura perpetrato mentre la stessa si trovava presso l'autolavaggio del sig. Ga 3. Per la cassazione della sentenza del Tribunale ricorre Ri. Ga., sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Axa Assicurazioni spa. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è infondato. 1.2. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell'art. 2222 cod. civ., anche in relazione all'art. 1766 cod. civ., e il ricorrente contesta di avere assunto l'onere di deposito e conseguente custodia del veicolo in oggetto. Come era emerso dalle dichiarazioni testimoniali, il veicolo era stato lasciato nel piazzale della stazione di lavaggio con le chiavi inserite nel quadro, e il conducente si era allontanato, sicché il ricorrente aveva provveduto al lavaggio e poi aveva spostato l'auto per proseguire il lavoro sugli altri veicoli. All'esito dell'operazione di lavaggio, il ricorrente aveva chiuso l'auto e riposto le chiavi nella cassetta apposita, così facendo tutto quanto era nelle sue possibilità per evitare il furto. 2. Con il secondo motivo è denunciata violazione dell'art. 1117 recte 1177 cod. civ. assumendosi che, a fronte della natura accessoria dell'obbligo di custodia, il giudizio di responsabilità avrebbe dovuto essere effettuato sulla base dei principi generali della responsabilità per colpa, secondo il modello del buon padre di famiglia, con conseguente attenuazione del criterio di diligenza previsto specificamente per la responsabilità ex recepto dall'art. 1177 cod. civ. 3. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1766 e 1771 cod. civ., sul rilievo che l'obbligo di custodire il veicolo doveva intendersi limitato al tempo necessario per l'esecuzione del lavaggio, giacché nessun accordo era stato raggiunto per il tempo successivo. Nella specie, il veicolo era stato lasciato presso la stazione di lavaggio alle ore 12.00 e il furto era avvenuto intorno alle ore 17.00, donde l'irragionevolezza della decisione del Tribunale, che imponeva al lavoratore autonomo di dotarsi di strumenti e/o personale in grado di custodire veicoli ben oltre il tempo necessario ad effettuare la prestazione offerta, senza alcuna proporzione sotto il profilo economico. 4. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente perché connesse, sono infondate. 4.1. Ferma la ricostruzione in fatto operata dal Tribunale, che non è contestata e che comunque non è sindacabile a fronte di censure prospettate per plurime violazioni di legge, la decisione impugnata ha fatto applicazione del principio ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice, secondo cui il prestatore d'opera, se conviene con il committente di prendere in consegna il bene per l'esecuzione della prestazione principale su di esso, assume, ai sensi degli artt. 2222 e 1177 cod. civ., anche l'obbligo accessorio di custodirlo fino alla riconsegna, pure in caso di deposito a titolo gratuito o di cortesia ex plurimis, Cass. 18/09/2008, n. 23845, in fattispecie analoga Cass. 30/09/2009, n. 20995, in riferimento a furto avvenuto in un cantiere edilizio, dopo la cessazione del rapporto principale di appalto . 4.2. La diligenza richiesta al prestatore d'opera, di adottare le cautele necessarie alla custodia fino al momento della riconsegna, nel caso di specie si risolveva nel riporre le chiavi dell'auto in luogo non accessibile ad estranei, mentre il Tribunale ha accertato che le chiavi erano state riposte in una cassettiera posizionata all'esterno dell'ufficio della ditta convenuta . 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.