A passeggio con la mamma, bimba cade a causa di una buca: donna colpevole e Comune salvo

Esclusa definitivamente l’ipotesi di un risarcimento da parte dell’ente locale. Per i Giudici della Suprema Corte è evidente la disattenzione della donna, che avrebbe dovuto monitorare la figlia, anche tenendo presenti le condizioni della strada.

Mamma disattenta e colpevole. A lei è addebitabile la brutta caduta di cui è rimasta vittima la figlia – di appena 2 anni –, inciampata in una buca lungo una strada di un paese pugliese. Esclusa, di conseguenza, l’ipotesi di un risarcimento da parte del Comune Cassazione, ordinanza n. 29891/17, sezione sesta civile, depositata oggi . Passeggiata. Centrale nella battaglia legale è il passaggio in Tribunale, dove viene ribaltata completamente la decisione assunta dal Giudice di pace. In sostanza, è esclusa la responsabilità della pubblica amministrazione per la disavventura vissuta da una bambina in una passeggiata con la mamma lungo le strade del Comune. Per i Giudici è evidente, una volta ricostruito l’episodio, la disattenzione della donna, che, pur accompagnando la bambina sulla pubblica via , non ne aveva seguito con attenzione i movimenti e non le aveva impedito di giungere all’altezza della buca – peraltro di grandi dimensioni e collocata a ridosso del marciapiede – e di inciamparvi con conseguente caduta. Diligenza. Le colpe della madre vengono ribadite anche in Cassazione, nonostante le obiezioni proposte dal marito e padre della bambina . L’uomo si è soffermato, in particolare, sulla insidia imprevedibile, anche per un adulto rappresentata dalla conformazione della strada . A suo parere è logico ipotizzare almeno una corresponsabilità dell’amministrazione comunale per i danni riportati dalla figlia. Per i Giudici del Palazzaccio, invece, proprio il dato di fatto richiamato, ossia lo stato dei luoghi , rende lapalissiana la culpa in vigilando della donna. Più precisamente, viene osservato che una buca di grandi dimensioni, collocata a ridosso del marciapiede e tale da indurre i pedoni a transitare sulla strada, e non sul marciapiede, proprio allo scopo di evitarla fa emergere la violazione, da parte della madre, dei propri doveri di diligenza , ossia l’obbligo di sorvegliare la condotta della figlia per garantirne la tutela . Decisiva, concludono i Magistrati, è la constatazione del mancato impedimento, da parte della donna, di un fatto dannoso che, in considerazione dell’età della bambina 2 anni e dell’evidentissima pericolosità del tratto stradale percorso, doveva ritenersi di per sé largamente prevedibile e, dunque, evitabile . Una volta preso atto della clamorosa disattenzione della madre, viene meno ogni possibile addebito nei confronti del Comune.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 novembre – 13 dicembre 2017, n. 29891 Presidente Amendola – Relatore Dell’Utri Rilevato che, con sentenza resa in data 21/12/2016, il Tribunale di Trani, in accoglimento dell'appello proposto dal Comune di Terlizzi, e in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da Vi. Ca., quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia minore An. Ca., per la condanna del Comune di Terlizzi al risarcimento del danno subito dalla minore An. Ca. a seguito di una caduta verificatasi sulla strada di proprietà comunale a causa di una buca ivi esistente che, a sostegno della decisione assunta, il tribunale ha evidenziato come il fatto dannoso dovesse integralmente ascriversi alla responsabilità della madre della bambina che, accompagnandola sulla pubblica via, non ne aveva seguito con attenzione i movimenti, colpevolmente omettendo di impedire che la stessa giungesse all'altezza della buca - peraltro di grandi dimensioni e collocata a ridosso del marciapiede - e di inciamparvi, provocandosi i danni denunciati che, avverso la sentenza del Tribunale di Trani, Vi. Ca., nella qualità spiegata, propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d'impugnazione che il Comune di Terlizzi non ha svolto difese in questa sede che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell'art. 380-bis le parti non hanno presentato memoria considerato che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c , per avere la corte territoriale erroneamente affermato la culpa in vigilando della madre della piccola An. Ca., senza tener conto delle dichiarazioni rese dalla stessa madre nel corso del giudizio, dalle quali non era emerso alcun rilievo che giustificasse l'erronea affermazione, fatta propria dal tribunale, secondo cui la piccola An. Ca. non fosse tenuta per mano dalla madre, e senza procedere ad alcun accertamento circa il carattere di imprevedibile insidia, anche per un adulto, della conformazione della strada sulla quale la piccola An. ebbe a cadere e a riportare i danni denunciati che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c , per avere la corte territoriale omesso di considerare la natura della buca stradale quale insidia non prevedibile e invisibile, pervenendo al rigetto della domanda proposta nell'interesse della minore senza tener conto di tale decisiva circostanza che, con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'obbligo di motivazione in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c , per avere il tribunale omesso di dettare alcuna motivazione sul punto concernente la corresponsabilità dell'amministrazione comunale nella causazione del danno che tutti e tre i motivi sono inammissibili che, al riguardo, osserva il collegio come il ricorrente abbia prospettato tutti e tre i vizi in esame senza cogliere in modo specifico la ratio individuata dal giudice a quo a sostegno della decisione assunta che, sul punto, varrà richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d'impugnazione è rappresentato dall'enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d'impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione , l'esercizio del diritto d'impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell'esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un non motivo , è espressamente sanzionata con l'inammissibilità ai sensi dell'art. 366 n. 4 cod. proc. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 - 01 che, nel caso di specie, il tribunale ha disatteso la domanda del Ca. sul presupposto che, proprio la specifica conformazione dei luoghi una buca di grandi dimensioni collocata a ridosso del marciapiede e tale da indurre i pedoni a transitare sulla strada, e non sul marciapiede, proprio allo scopo di evitarla cfr. pag. 2 della sentenza , rendesse palese la violazione, da parte della madre della minore tenuta a sorvegliarne la condotta al fine di garantirne la tutela , dei propri doveri di diligenza che, al riguardo, la negazione della circostanza di fatto secondo cui la minore non fosse effettivamente condotta per mano, o l'eventuale non pertinenza del richiamo giurisprudenziale operato in sentenza dal giudice a quo, non valgono a destituire di decisivo rilievo la determinante argomentazione fatta propria dal tribunale circa il mancato impedimento, da parte della madre della minore, di un fatto dannoso che, in considerazione dell'età della bambina due anni e dell'evidentissima pericolosità del tratto stradale percorso, doveva ritenersi di per sé largamente prevedibile e, dunque, evitabile che, pertanto, le odierne censure del ricorrente, nel riproporre le questioni di fatto della mancata prova 1 della omessa conduzione per mano della bambina 2 del carattere di imprevedibile insidia della conformazione del tratto stradale de quo e 3 dell'omessa motivazione sulla corresponsabilità dell'amministrazione comunale, dimostra di non essersi punto confrontato con la decisione impugnata, in relazione al decisivo nucleo argomentativo appena rilevato, con la conseguente inammissibilità delle censure illustrate in ricorso per le specifiche ragioni in precedenza indicate che, sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, dev'essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso che, non avendo il Comune di Terlizzi svolto difese in questa sede, non vi è luogo all'adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. I-bis, dello stesso articolo 13.