Il giudice dell’appello può valutare la complessiva congruità della somma liquidata in prime cure

Non sussiste una reformatio in peius nella pronuncia con cui la Corte d’Appello, chiamata a pronunciarsi sull’adeguatezza di una specifica voce di danno non patrimoniale, analizzi anche altri elementi del danno in virtù del principio di onnicomprensività.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28492/17, depositata il 29 novembre. Il fatto. Il conducente, nonché proprietario e assicuratore di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale, conveniva in giudizio il conducente dell’altra auto, oltre alla relativa compagnia assicurativa, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale riconosceva il concorso di responsabilità dei due soggetti coinvolti nel sinistro, addebitando il risarcimento in misura del 50% ognuno. La Corte d’Appello rigettava il gravame e la vicenda giunge dunque all’attenzione della Corte di Cassazione su ricorso dell’originario attore. Reformatio in peius. Il ricorrente si duole, per quanto d’interesse, per il fatto che la Corte territoriale aveva liquidato ex novo il danno in base alle tabelle milanesi, escludendo il danno morale per mancanza di allegazione e prova, nonostante tale voce di danno fosse stata riconosciuta in primo grado. La S.C. nega che tale soluzione possa configurare una violazione del divieto di reformatio in peius essendosi la sentenza uniformata alla costante giurisprudenza secondo cui il principio di onnicomprensività della liquidazione del danno non patrimoniale alla persona comporta la valutazione complessiva dei pregiudizi subiti, conseguentemente il giudice del gravame sollecitato a rivalutare l’adeguatezza della somma complessiva riconosciuta, asseritamente insufficiente su una specifica voce di danno, può considerare anche altre voci di danno non patrimoniale e ciò in funzione della verifica della congruità della liquidazione complessiva operata dal giudice di primo grado, senza che il riequilibrio tra le varie voci di cui si compone il danno non patrimoniale implichi una reformatio in peius della sentenza o un vizio di ultrapetizione . In conclusione la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 ottobre – 29 novembre 2017, n. 28492 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2007 S.R. convenne dinanzi al Tribunale di Catania, sezione di Mascalucia, P.G. , G.C. e la società Helvetia, nelle rispettive qualità di conducente, proprietario e assicuratore di un autoveicolo, chiedendone. la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il omissis . 2. Con sentenza 22 giugno 2010 n. 327 il Tribunale di Catania, sezione di Mascalucia, ripartì la responsabilità in pari misura fra i due conducenti coinvolti, in applicazione del secondo comma dell’articolo 2054 c.c. Di conseguenza liquidò il risarcimento abbattendolo del 50%. 3. La Corte d’appello di Catania, adita da S.R. , con sentenza 5 marzo 2015 n. 761 rigettò il gravame. Per quanto qui ancora rileva, la Corte d’appello - ritenne che la colpa di S.R. fosse stata meno grave di quella del conducente antagonista, e dovesse perciò stimarsi nella misura solo del 25% - liquidò il danno biologico applicando le tabelle indicative diffuse dal Tribunale di Milano - ritenne che la vittima non avesse dedotto alcuna circostanza di fatto idonea a giustificare la cosiddetta personalizzazione del risarcimento, vale a dire l’innalzamento dei valori standard risultanti dalle suddette tabelle - detrasse dal credito risarcitorio per danno biologico le somme pagate alla vittima dall’Inail e dall’assicuratore del responsabile a titolo di acconto - giunse alla conclusione che gli acconti già pagati dall’assicuratore e l’indennizzo percepito dall’INAIL avevano completamente ristorato il danno non patrimoniale patito dall’appellante - ritenne non provata l’esistenza di un danno patrimoniale da riduzione della capacità di guadagno. 4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.R. , con ricorso fondato su cinque motivi. Ha resistito la sola Helvetia. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c Espone, al riguardo, che il giudice di primo grado ritenne sussistere un concorso di colpa della vittima, nella misura del 50%. Di conseguenza liquidò il danno consistito negli esborsi per spese mediche Euro 3.237,65 e il danno al veicolo Euro 1.800 , e poi abbatté tali importi della metà. La Corte d’appello ritenne che il concorso di colpa della vittima fu solo del 25%, ma non provvide ad aumentare le due voci di danno suddette, che anzi vennero ignorate nella sentenza d’appello. In tal modo, conclude il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe sottostimato il risarcimento a lui spettante, riducendolo dell’importo di Euro 3.778,24 pari al 75% di Euro 3.237,65, più il 75% di Euro 1.800 . 1.2. Il motivo è infondato, sebbene la motivazione della sentenza impugnata debba essere, sotto questo aspetto, integrata. Il Tribunale di Catania, come accennato, rigettò la domanda attorea ritenendo il danno già risarcito dall’assicuratore con la somma pagata stragiudizialmente. La Corte d’appello di Catania, pur riducendo la percentuale di responsabilità addossata dal Tribunale al danneggiato, pervenne comunque al rigetto del gravame, sul presupposto che anche tenendo conto del minor concorso di colpa della vittima come detto, reputato del 25% invece che del 50% , il danno patito da S.R. risultava già risarcito. La Corte d’appello, a tal fine, esegui i necessari conteggi, e stabili che la somma pagata dall’assicuratore eccedeva il credito risarcitorio di Euro 3.789,10 p. 20 della sentenza d’appello, ultimo rigo . Ora, poiché il ricorrente sostiene che gli siano stati liquidati 3.778,24 Euro meno del dovuto, mentre la Corte d’appello, al termine dei conteggi, ha accertato che gli acconti pagati dall’assicuratore del responsabile e dell’Inail hanno ecceduto il credito risarcitorio per 3.789,10 Euro, non è azzardato ritenere che il giudice di merito non abbia, come sostenuto dal ricorrente, dimenticato di liquidare il danno rappresentato dalle spese mediche e dal costo di riparazione del veicolo, ma abbia implicitamente ritenuto anche tali pregiudizi ristorati dagli acconti versati dall’assicuratore, dal momento che questi mai chiese il rimborso dell’eccedenza. In ogni caso, ove si negasse che questo sia stato l’intento della Corte d’appello, il motivo dovrebbe dirsi inammissibile per difetto di interesse infatti, anche se la sentenza impugnata fosse cassata con rinvio su questo punto, il giudice di rinvio non potrebbe che procedere ai medesimi conteggi, e giungere alla conclusione che la somma già pagata dall’assicuratore include e supera il complessivo credito risarcitorio della vittima, anche tenendo conto del credito a lui spettante a titolo di risarcimento del danno per le spese mediche sostenute e per la riparazione del veicolo. Né, infine, sarebbe consentito in questa sede rilevare d’ufficio che la rilevata eccedenza degli acconti pagati dal debitore rispetto al credito risarcitorio potrebbe venir meno per effetto della svalutazione monetaria, non essendo mai stata tale questione prospettata dal ricorrente. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c Deduce, al riguardo, che il Tribunale aveva accordato alla vittima il risarcimento del danno morale, liquidato in misura pari ad un quarto del risarcimento del danno biologico. Il danneggiato aveva impugnato la sentenza lamentando sia l’attribuzione a lui di un concorso di colpa eccessivo, sia la sottostima del danno. La Corte d’appello, provvedendo a liquidare ex novo il danno in base alle tabelle milanesi, escluse dal conteggio il danno morale, ritenendo che esso dovesse essere allegato e provato, e nella specie non lo era stato. Così giudicando, conclude il ricorrente, la Corte d’appello ha pronunciato ultra petita, e per di più ha riformato in pejus la sentenza di primo grado. 2.2. Il motivo è infondato. Il giudice di primo grado liquidò a titolo di danno non patrimoniale nel 2010, complessivamente ed al netto del concorso di colpa, Euro 35.504,45. Il giudice di secondo grado liquidò a titolo di danno non patrimoniale, nel 2015, complessivamente ed al netto del concorso di colpa, Euro 61.249,28. Reformatio in pejus, dunque, non c’è stata. Quanto, poi, alla ripartizione del danno non patrimoniale tra le varie voci, questa se compiuta dal giudice d’appello in modo difforme da quanto ritenuto dal giudice di primo grado non costituisce violazione del divieto di reformatio in pejus né ultrapetizione, in virtù del principio già ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui il principio di omnicomprensività della liquidazione del danno non patrimoniale alla persona comporta la valutazione complessiva dei pregiudizi subiti, con la conseguenza che il giudice d’appello, sollecitato a rivalutare l’adeguatezza della somma globalmente riconosciuta, per l’assunta insufficienza della liquidazione di un determinato tipo di pregiudizio, può riconsiderare anche le ulteriori voci di cui il danno non patrimoniale si compone, in funzione della verifica della congruità della liquidazione complessiva operata dal giudice di primo grado, senza che il riequilibrio tra le varie voci di cui si compone il danno non patrimoniale implichi una reformatio in pejus” della sentenza, o un vizio di ultrapetizione. Sez. 3, Sentenza n. 4078 del 20/02/2014, Rv. 630125 . 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello ha ritenuto che il danno morale costituisca un aspetto o componente del danno biologico, e ne ha escluso il risarcimento nel caso specifico, ritenendo che l’attore non l’avesse né allegato né provato. Così decidendo, osserva il ricorrente, la Corte d’appello ha accolto una eccezione nuova sollevata tardivamente dalla Helvetia, che come tale si sarebbe dovuta dichiarare inammissibile. 3.2. Il motivo resta assorbito dal rigetto del secondo motivo. In ogni caso esso è manifestamente infondato, dal momento che la Corte d’appello, nel liquidare ex novo il danno non patrimoniale, aveva il potere-dovere di accertarne d’ufficio l’esistenza e l’ammontare, in tutte le sue manifestazioni. 4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso. 4.1. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perché pongono questioni analoghe e tra loro sovrapponibili. Con ambedue tali motivi il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe viziata da un error in procedendo, ai sensi dell’articolo 360, n. 4, c.p.c Sostiene che la sentenza sarebbe nulla, ex art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per incomprensibilità della motivazione, là dove ha rigettato il motivo d’appello volto a censurare la decisione di primo grado, nella parte in cui accolse l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto P.G. conducente del veicolo antagonista . 4.2. Ambedue i motivi sono inammissibili per difetto di interesse. Infatti la Corte d’appello ha chiaramente affermato che il danno era già stato integralmente risarcito dall’assicuratore e poiché tale statuizione per quanto detto non è travolta dal ricorso per cassazione, non vi è interesse della vittima a vedere dichiarato non prescritto il suo credito nei confronti dell’assicurato, dal momento che quel credito, essendo stato integralmente soddisfatto, è ormai estinto. 5. Le spese. 5.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma 1, e sono liquidate nel dispositivo. 5.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - condanna S.R. alla rifusione in favore di Helvetia Compagnia Svizzera di Assicurazioni S.p.A. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 5.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di S.R. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.