Omicidio di camorra, agguato rapidissimo: escluso il risarcimento per la sofferenza della vittima

L’episodio risale al luglio del 1998. Ristoro economico parziale per i familiari. Escluso il cosiddetto danno catastrofale, poiché la morte è giunta istantaneamente.

Agguato in pieno giorno in provincia di Napoli. Un ‘commando’ di camorristi uccide 3 persone. I familiari di una delle vittime si vede riconosciuto il diritto a un risarcimento solo parziale. Negato, in particolare, il ristoro economico per la sofferenza psichica vissuta dal loro congiunto nei terribili momenti del blitz compiuto dai killer. Per i Giudici è decisiva la constatazione che l’azione omicida è durata solo pochi secondi Cassazione, ordinanza n. 28478/2017, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Tempo. Il terribile episodio di sangue risale al luglio del 1998, quando, in provincia di Napoli, 3 persone vengono uccise da un gruppo di fuoco di un clan camorrista. I familiari di una delle vittime citano in giudizio i mandanti e gli esecutori dell’agguato, chiedendo un adeguato risarcimento. Per i Giudici il ristoro economico è dovuto ma solo limitatamente ai danni subiti dai familiari. Esclusa, invece, anche dalla Cassazione la possibilità di tener conto anche del pregiudizio subito dalla vittima personalmente. Su questo fronte viene affermato che non ci sono i presupposti per parlare di danno catastrofale connesso alla sofferenza psichica patita dalla vittima nel tempo intercorso fra l’inizio dell’aggressione e la morte . In particolare, i Giudici spiegano che è mancata la consapevolezza nella vittima della propria morte imminente , poiché l’azione omicida è stata istantanea, essendo durata solo pochi secondi e l’evento morte, nel senso di cessazione della funzione vitale consapevole, è poi sopraggiunto istantaneamente .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 12 ottobre – 29 novembre 2017, n. 28478 Presidente Amendola – Relatore Sestini Fatto e diritto Rilevato che Lu. De Fa., Ca. Ca. e Ma. De Fa., quali congiunti ed eredi del giovane Sa. Di Fa., ucciso nel luglio 1998 da un commando di camorristi, convennero in giudizio i responsabili dell'omicidio chiedendo il risarcimento dei danni subiti iure proprio e, con successivo atto di intervento volontario, il risarcimento del danno loro spettante iure hereditatis, in relazione al pregiudizio morale subito dal loro congiunto il Tribunale riconobbe agli attori il risarcimento dei danni richiesti iure proprio, rigettando invece la domanda relativa ai danni subiti dal deceduto avverso la sentenza della Corte di Appello, che ha rigettato il loro gravame, ricorrono per cassazione i De Fa. e la Ca., affidandosi ad un unico motivo, cui non resistono gli intimati. Considerato che con l'unico motivo che si assume genericamente rientrante nella previsione di cui all'art. 360 c.p.c. punto 3 , i ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale abbia erroneamente richiamato Cass., S.U. n. 15350/2015 in punto di danno tanatologico, rilevando che, nel caso era stato richiesto il danno catastrofico per la sofferenza psichica patita dalla vittima nel tempo intercorso fra l'inizio dell'aggressione omicida e la morte, tempo in cui il giovane si era reso conto della propria fine imminente e aveva cercato rifugio in uno chalet vicino. Il motivo è infondato, in quanto la Corte ha escluso la sussistenza del presupposto fattuale richiesto per l'insorgenza del danno catastrofale, costituito dall'acquisizione della consapevolezza della propria morte imminente ha, infatti, affermato che in punto di fatto, la tesi degli appellanti non trova pieno conforto negli atti prodotti , dovendosi ritenere, in mancanza di ricostruzioni fattuali più precise, che l'azione omicida è stata istantanea, essendo durata solo pochi secondi e che, pertanto, l'evento morte, nel senso di cessazione della funzione vitale consapevole, è, poi, sopraggiunto istantaneamente peraltro, insistendo nell'affermazione di una maggiore durata dell'azione omicidiaria, i ricorrenti non individuano alcun error in iure in cui sarebbe incorsa la sentenza, ma finiscono con sollecitare un'inammissibile rivisitazione dei fatti ciò facendo -peraltro in totale difetto di autosufficienza, in quanto non trascrivono il contenuto delle sentenze di condanna penale da cui risulterebbe una diversa modalità dell'agguato in difetto di attività difensiva da parte degli intimati, non deve provvedersi sulle spese di lite trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.