Falsificata la firma di un bonifico: nessun risarcimento per il correntista

La Corte di Cassazione si esprime in merito alle conseguenze giuridiche, per la determinazione della responsabilità della banca, derivanti della mancata istanza di verificazione del disconoscimento della firma contraffatta utilizzata per dare esecuzione ad un bonifico.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 27506/17 depositata il 20 novembre. Il caso. Il Tribunale aveva disatteso le domande risarcitorie proposte dal danneggiato verso una banca. L’istituto di credito aveva dato esecuzione ad un bonifico mai ordinato dall’attore titolare del conto corrente. Detto bonifico, invece, era frutto di un attività truffaldina compiuta da persone sconosciute, le quali si erano impossessate dei dati personali del danneggiato e avevano dato ordine di esecuzione del pagamento alla banca a mezzo fax con una firma apocrifa. La Corte d’Appello respingeva l’impugnazione proposta dal danneggiato ritenendo che non fossero necessari i richiesti approfondimenti istruttori. In particolare, secondo i Giudici di merito, non meritava rilievo la doglianza dell’appellante in merito al non rilevato tempestivo disconoscimento della scrittura trasmessa a mezzo fax. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione il danneggiato. Disconoscimento della scrittura a mezzo fax. Il ricorrente lamenta in Cassazione che la Corte territoriale abbia commesso violazione di legge nell’escludere le conseguenze giuridiche nascenti dall’omessa considerazione del tempestivo disconoscimento della scrittura-fax. La Suprema Corte ha osservato che, secondo principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, la mancata proposizione dell’istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il Giudice non deve tenerne conto e che la parte cha ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli . Di conseguenza è onere della convenuta proporre l’istanza di verificazione per evitare le conseguenze ad essa sfavorevoli. Nel caso di specie, però, la banca non ha adempiuto a tale onere e per questo il documento di disconoscimento non può essere posto a base della decisione del Giudice di merito. In ogni caso, secondo la S.C, la ratio decidendi , non censurata dal ricorrente, alla base della sentenza impugnata è un'altra. Infatti la Corte d’Appello ha rilevato che la violazione sul carattere riservato dei dati bancari e personali del cliente poteva essere ascritta tanto alla banca quanto al privato e per questo i Giudici non hanno potuto condannare la banca al risarcimento non essendo chiaramente riscontrabile il difetto dei funzionari . In conclusione la Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre – 20 novembre 2017, n. 27506 Presidente Massimo – Relatore Genovese Fatti di causa 1.La Corte d’appello di Milano ha respinto l’impugnazione proposta dal signor T.G. contro la Banca Nazionale del Lavoro SpA d’ora in avanti, semplicemente BNL , riguardante la sentenza del Tribunale di Como che aveva disatteso le domande risarcitorie proposte dal medesimo verso l’Istituto di credito, per l’esecuzione da parte di quest’ultimo di un bonifico di una grossa somma di danaro 130.000,00 dal conto corrente da lui intrattenuto presso la filiale di Como della BNL, perché mai ordinato ed in quanto frutto dell’attività truffaldina compiuta da ignote persone del Sud America ov’egli risiedeva, avendo anche la cittadinanza Venezuelana che si sarebbero impossessate dei suoi dati probabilmente a mezzo della complicità nelle compagnie telefoniche ed avrebbero inviato alla Banca un ordine di esecuzione di quel pagamento, mai da lui disposto in favore di tale M.E. , presso la Wachovia Bank NA di omissis , a mezzo di un fax con firma apocrifa. 2. Secondo la Corte territoriale, infatti, erano infondate le doglianze del T. , con riferimento ai richiesti approfondimenti istruttori, in quanto la richiesta di bonifico conteneva una dettagliata serie di informazioni dati identificativi, saldo, valuta espressa in US, nominativo del funzionario bancario addetto ai rapporti con l’estero che si presumevano conosciute dal solo titolare del conto ed il fax era stato preceduto da una telefonata di analogo contenuto , ricevuta dal funzionario addetto proprio a quegli adempimenti il dr. C. , il quale aveva riconosciuto la voce dell’ordinante ed aveva verificato la corrispondenza dei dati comunicati per scritto ed oralmente . 2.1. Secondo la Corte territoriale, pertanto, non avevano rilievo a la doglianze del non rilevato tempestivo disconoscimento della scrittura trasmessa a mezzo fax e della richiesta di approfondimento con CTU della genuinità della firma della medesima, atteso che il primo giudice non aveva basato la sua decisione solo su quella considerazione, ma sul convergere del riconoscimento vocale del cliente con la dimostrata conoscenza dei dati personali e bancari sia di quelli esposti al telefono che di quelli contenuti nel fax da parte dell’ordinante b la richiesta dei mezzi istruttori le prove orali e la CTU , in quanto non sarebbero stati risolutivi per la decisione della causa perché, ove anche la CTU avesse accertato la falsità della firma posta in calce all’ordine inviato a mezzo fax, non per questo il giudice avrebbe potuto condannare la Banca, essendogli demandato il compito di verificare il difetto di diligenza dei funzionari, non dimostrato. 2.2. Inoltre, secondo il giudice di appello, alla diversa soluzione della causa poteva giovare solo il riscontro di un falso grossolano, che era escluso dalle stesse difese dell’attore, il quale aveva parlato di un fotomontaggio della sua firma non riscontrata come tale in base allo specimen depositato in banca o il riscontro di altri elementi relativi all’operare di quella banda di venezuelani che non erano stati forniti sia perché l’attore non avrebbe proposto azioni legali nel paese sudamericano, neppure contro il beneficiario della rimessa, e sia perché gli articoli di stampa versati in atti non si riferivano al suo caso e che perciò non giovavano alla domanda volta a far dichiarare la responsabilità della Banca per il suo operato. 2.3. Infine, non avevano efficacia decisiva gli altri elementi addotti, quali la prossima fruttuosità del conto che era a termine , ossia produttivo di interessi solo alla scadenza prefissata e ravvicinata alla data di esecuzione del trasferimento di valuta o gli omessi controlli sul numero di fax riportato sul documento, la pluralità della causali del bonifico e l’inverosimiglianza della telefonata che ripeteva i dati già inviati alla Banca a mezzo del richiamato fax tutti elementi da cui si sarebbe evidenziata l’anomalia dell’operazione bancaria e la necessità, per i funzionari di banca, di compiere gli ulteriori necessari controlli circa la genuinità dell’operazione richiesta. 2.4. Invece, la raffinata organizzazione truffaldina con le sue complicità collocate in posizioni strategiche sarebbe stata difficilmente disvelabile e, perciò, l’attore - agente in via risarcitoria avrebbe dovuto offrire una prova rigorosa circa la necessità di compiere la necessaria valutazione della condotta tenuta dai funzionari di banca. 2.5. Né la violazione sul carattere riservato dei dati bancari e personali del cliente avrebbe potuto essere ascritta alla Banca, piuttosto che al privato, in considerazione delle modalità, assai efficaci, con le quali erano avvenute la telefonata, la trasmissione dei dati personali e bancari, il loro riscontro a mezzo di un fax con firma apparsa corrispondente a quella dello specimen esistente. 3.Avverso tale decisione, il signor T.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi di censura, illustrati anche con memoria, contro cui ha resistito la Banca, con controricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso violazione ovvero erronea e/o falsa applicazione dell’art. 2719 cod. civ. e degli artt. 254-215-216 cod. proc. civ. art. 360 n. 3, cod. proc. civ. omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha disatteso i rilievi formulati a riguardo della mancata considerazione dell’avvenuto disconoscimento della scrittura dell’ordine di bonifico di cui al fax. Secondo, il ricorrente, infatti, la Corte territoriale, escludendo che all’omessa considerazione del tempestivo disconoscimento potessero riconnettersi conseguenze significative , avrebbe ignorato - con violazione di legge - le conseguenze giuridiche nascenti dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione della scrittura disconosciuta, al cui verificarsi si riconnetterebbe, per presunzione di legge, la stessa conseguenza della dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa, come mezzo di prova. 2. Con il secondo mezzo violazione ovvero erronea e/o falsa applicazione degli artt. 115-116 cod. proc. civ. art. 360 n. 3, cod. proc. civ. avuto riguardo alla disponibilità e valutazione delle prove, ed in particolare di quella testimoniale, ex art. 2697, 2730, 2734 cod. civ. e 228 e 229 cod. proc. civ. omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione il ricorrente censura la sentenza in due parti a in quella in cui ha disatteso la richiesta di ammissione della CTU grafologica considerandola inutile, senza una plausibile motivazione b quella in cui ha valutato come pienamente attendibile la deposizione del funzionario bancario C. , senza tener conto che egli non aveva osservato la disposizione relativa agli ordini di bonifico superiori come quello in esame ad un certo importo e che gli imponevano di eseguire una telefonata al bonificante. 3. Con il terzo violazione ovvero erronea e/o falsa applicazione degli artt. 1175-1176, 1375 e 1710 cod. civ. art. 360 n. 3, cod. proc. civ. avuto riguardo alla diligenza del banchiere omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, assolvendo la banca dai suoi doveri di mandatario qualificato, non ha considerato - con violazione delle disposizioni di legge regolanti il rapporto di mandato - che tali regole sono state violate perché, da un lato, il conto era un deposito a termine ed esso veniva smobilizzato, proprio poco prima che maturasse il credito per interessi, senza che la Banca si allarmasse della richiesta , da un altro non erano stati eseguiti i riscontri doverosi, tanto più che si trattava di somme ingenti e che un simile episodio truffaldino si era già verificato nella filiale di Salerno. La Banca, invece, non aveva osservato il dovere di diligenza qualificata che le competerebbe, non essendosi valutato l’omissione dei doverosi controlli che avrebbe dovuto compiere. 4. Con il quarto violazione ovvero erronea e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. art. 360 n. 3, cod. proc. civ. avuto riguardo alla condanna alle spese ed alla loro quantificazione il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha posto a carico del ricorrente le spese processuali senza compensarle per la asserita sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni. 5. Il primo mezzo di ricorso appare infondato. 5.1. Con esso, infatti, il ricorrente censura, sul piano della valutazione delle prove, il fatto che la Corte territoriale nell’escludere che all’omessa considerazione del tempestivo disconoscimento della scrittura-fax potessero connettersi conseguenze significative , avrebbe ignorato - con la conseguente violazione di legge - le conseguenze giuridiche nascenti dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione della scrittura disconosciuta, al cui verificarsi, per presunzione di legge, nascerebbe la stessa conseguenza che nasce dalla dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa, come mezzo di prova. 5.2. È certamente da considerare diritto vivente quello emergente dai condivisibili precedenti di questa Corte Sez. 3, Sentenza n. 2220 del 2012 Sez. 2, Sentenza n. 155 del 1994 , che convergono verso l’enunciazione del principio di diritto, così riassumibile la mancata proposizione dell’istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli. . 5.3. Nella specie, è pacifico che la Banca - a fronte del sostanziale disconoscimento del fax da parte del correntista addebitato del trasferimento dei fondi oggetto dell’ordine di cui al documento contestato - non ha proposto l’istanza di verificazione come secondo l’enunciato principio avrebbe dovuto fare per evitare le conseguenze ad essa non favorevoli sicché, ove il giudice di merito, come nella specie è accaduto, rilevi che effettivamente - al di là dell’uso di formule sacramentali - la parte attrice aveva disconosciuto il documento, avrebbe dovuto altresì applicare la regola di giudizio secondo la quale era onere della convenuta fare il passo che le competeva e che non ha posto in essere avanzare l’istanza di verificazione. 5.4. Tuttavia, sebbene quel documento non possa essere posto a base della decisione e il compendio probatorio che si basava sul sostegno dell’uno disconosciuto e dell’altro il riconoscimento vocale nel corso di una telefonata dal Venezuela deve essere riconsiderato, il vulnus che da esso la sentenza ha subito non è decisivo in quanto, dalla complessiva motivazione posta a base della reiezione della domanda, emerge una ulteriore ratio decidendi che non appare specificamente censurata dal ricorrente, vale a dire quella secondo cui la violazione sul carattere riservato dei dati bancari e personali del cliente avrebbe potuto essere ascritta tanto alla Banca quanto al privato, con pari ragioni, per le modalità assai efficaci con le quali erano state poste in essere la telefonata, comunicati i dati e trovato il loro riscontro a mezzo di un fax con firma non grossolanamente falsificata al punto che l’attore aveva parlato di un fotomontaggio sicché - ove anche la CTU avesse accertato la falsità della firma posta in calce all’ordine inviato a mezzo fax - non per questo il giudice avrebbe potuto condannare la Banca, non essendo chiaramente riscontrabile il difetto di diligenza dei funzionari rispetto a quello del privato che non era apparso lampante, anche per le raffinate modalità di compimento dell’operazione truffaldina. 5.5. Ne deriva che, ad una prova di resistenza, il tessuto motivazionale della decisione, per quanto assottigliato e più sintetico rimane comunque tuttavia in piedi, restringendosi alla mancata univoca prova del difetto di diligenza da parte dei funzionari e, perciò, della sicura violazione dei doveri incombenti sull’accorto banchiere in un quadro assai equivoco e complicato dalle capacità messe in cantiere dagli autori del fatto illecito. 6. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso esaminabili congiuntamente per la sostanziale omogeneità dei vizi denunciati sono inammissibili perché, entrambi, anche ma non solo sotto le spoglie del vizio di violazione di legge richiedono a questa Corte un riesame del merito della causa con l’accertamento di fatti l’episodio di una truffa consimile ai danni della filiale di non menzionati in sentenza e né richiamati con modalità autosufficienti con la necessità di riesaminare le risultanze dei mezzi istruttori esame del teste C. . Tanto più che alla sentenza in esame pronunciata in una data in cui si rende applicabile il nuovo testo dell’art. 360 n. 5. cod. proc. civ. , alla luce dell’indirizzo delle SU civili la Sentenza n. 8053 del 2014 , per l’avvenuta riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, va limitato il controllo di questa Corte su tale tipologia di vizio, sicché esso non può spingersi oltre il minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione e, nella specie, non è affatto ravvisabile quell’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante. 6.1. Né ha pregio la doglianza circa il mancato accoglimento della richiesta CTU grafologica non essendo suscettibile di sindacato la mancata ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio, secondo quanto questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15219 del 2007 ha già affermato e cioè in base al principio di diritto che considera la consulenza tecnica d’ufficio un mezzo istruttorio e non una prova vera e propria sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario sicché la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato . 7. Il quarto mezzo è palesemente inammissibile, contenendo una richiesta di sindacato sulla regolazione delle spese al di fuori degli stretti limiti in cui questa risulta consentita. 8.In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, in favore della Banca. 9. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater,del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012. P.Q.M. Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, che liquida - in favore della Banca - in complessivi Euro 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.