Se l’avviso di accertamento è illegittimo, l’agente di riscossione risponde dei danni?

Nei giudizi di risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo non sarà invocabile, ai fini dell’accertamento della colpa, il principio secondo il quale la colpa della struttura pubblica sarebbe in re ipsa nel caso di esecuzione volontaria di atto amministrativo illegittimo .

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 26441/17, depositata il 7 novembre. Il caso. La Commissione Tributaria accoglieva i ricorsi proposti dall’attore annullando cinque avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate aventi oggetto il mancato assolvimento di varie imposte. L’agente di riscossione nel frattempo aveva pignorato e fatto vendere all’asta alcuni immobili di proprietà del contribuente. Successivamente l’attore conveniva l’agente di riscossione davanti al Tribunale, il quale dichiarava inammissibile la domanda per le restituzioni e il risarcimento dei danni patiti a causa della vendita degli immobili. La Corte d’Appello, adita in riforma delle sentenza di primo grado, accolse il gravame e ritenne fondata la richiesta di restituzione del ricavato dalla vendita forzata degli immobili. La Corte territoriale non ritenne, invece, fondata la richiesta di risarcimento danni in quanto non poteva desumersi colpa dell’agente di riscossione dal solo fatto che la Commissione Tributaria aveva revocato gli avvisi di accertamento. Il contribuente ha impugnato per cassazione la sentenza d’appello. Nessuna colpa per l’agente di riscossione. Il ricorrente lamenta in Cassazione che la Corte d’Appello avrebbe violato l’art. 2909 c.c. Cosa giudicata in quanto dalla sentenza della Commissione Tributaria risultava esistente una condotta colposa ascrivibile all’Agenzia delle Entrate, la quale aveva emesso gli avvisi di accertamento senza la comune prudenza . Secondo la Suprema Corte nel giudizio di impugnazione la Commissione Tributaria ha valutato la legittimità dell’atto impositivo e non la colpa della P.A. che lo ha emesso. La Cassazione ribadisce, inoltre, che l’illegittimità dell’atto amministrativo non può essere utilizzata ai fini dell’accertamento della colpa della struttura pubblica che ha dato esecuzione all’atto. Per questi motivi la Corte ha rigettato il ricorso del contribuente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 27 aprile – 7 novembre 2017, n. 26411 Presidente Frasca – Relatore Rossetti Fatto e diritto Rilevato che nel 2004 B.B. convenne dinanzi al Tribunale di Ancona l’Agenzia delle Entrate di Ancona, esponendo che - nel 1987 gli uffici erariali gli avevano notificato cinque avvisi di accertamento, aventi ad oggetto il mancato assolvimento di varie imposte IVA, ILOR, IRPEF ed altre irregolarità fiscali, concernenti gli anni d’imposta 1982, 1983 e 1984 - in conseguenza di tale iniziativa, la competente Procura della Repubblica gli aveva contestato vari reati di natura fiscale, iscrivendolo nel registro degli indagati nel 1988 per tali fatti veniva rinviato a giudizio - nel 1998 venne prosciolto da tali imputazioni per prescrizione - tra il 1998 ed il 2002 la Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno accolse i ricorsi da lui proposti avverso i cinque avvisi di accertamento sopra ricordati, e li annullò - nell’arco di tempo trascorso tra la notifica degli avvisi 1987 e l’annullamento 2002 , il concessionario del servizio di riscossione dei tributi aveva pignorato e fatto vendere all’asta due beni immobili del contribuente sulla base di questi fatti, l’attore chiese la condanna dell’Agenzia delle Entrate alle restituzioni ed al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dei fatti di cui sopra, ovvero - il danno non patrimoniale - la perduta possibilità di avviare un’impresa commerciale - la restituzione del ricavato della vendita forzata. con sentenza 28.9.2005 n. 1315 il Tribunale di Ancona dichiarò inammissibile la domanda la Corte d’appello d’Ancona, adita dal soccombente, con sentenza 8.10.2013 n. 642 accolse in parte il gravame di B.B. in particolare, il giudice del gravame ritenne fondata la domanda di restituzione del ricavato della vendita forzata reputò infondata, invece, la domanda di risarcimento, sul presupposto che, non essendo presenti agli atti gli avvisi di accertamento notificati all’attore, non era possibile stabilire se essi fossero stati emessi con colpa né la colpa poteva desumersi dal solo fatto della loro revoca da parte della Commissione Tributaria Provinciale la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da B.B. , con ricorso fondato su due motivi la parte intimata non si è difesa in questa sede Considerato che il ricorso per cassazione è stato notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona tale notifica è nulla, in quanto nel grado di appello l’Agenzia delle Entrata era stata difesa dall’Avvocatura dello Stato, e di conseguenza il ricorso per cassazione andava notificato all’Avvocatura Generale dello Stato a Roma, ai sensi dell’art. 9 della l. 3 aprile 1979, n. 103, come ripetutamente affermato da questa Corte a partite da Sez. U, Sentenza n. 4573 del 06/05/1998 cfr. altresì, con riferimento alla difesa delle Agenzie delle Entrate, ex aliis, Sez. 5 -, Sentenza n. 23985 del 24/11/2016 tale nullità, tuttavia, non impone di ordinare la rinnovazione della notificazione, ai sensi dell’art. 291 c.p.c., in quanto - come si dirà - la manifesta infondatezza del ricorso renderebbe superfluo e dispendioso provvedere alla rinnovazione della notificazione, in ossequio al principio c.d. della ragione più liquida , il quale consente di derogare all’ordine delle questioni di cui all’art. 276, comma secondo, c.p.c. Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014 Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014 Sez. 3, Sentenza n. 11356 del 16/05/2006 col primo motivo di ricorso è lamentata, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2043, 2909 c.c., e 115 c.p.c. deduce il ricorrente, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe violato l’art. 2909 c.c., perché l’esistenza d’una condotta colposa ascrivibile all’Agenzia delle Entrate, e consistita nell’emissione degli avvisi di accertamento senza la comune prudenza, risultava dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, che quegli avvisi aveva annullato il motivo è infondato il giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento dinanzi la Commissione Tributaria Provinciale è un giudizio di impugnazione, oggetto del quale è la legittimità dell’atto impositivo, non la colpa della p.a. che l’ha emesso né l’illegittimità dell’atto amministrativo è di per sé prova della colpa del funzionario che l’ha emesso, come da tempo stabilito da questa Corte per tutte, si veda la sentenza capostipite rappresentata da Sez. U, Sentenza n. 500 del 22/07/1999, nella cui motivazione, al § 11, lettera d , si afferma che nei giudizi di risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo non sarà invocabile, ai fini dell’accertamento della colpa, il principio secondo il quale la colpa della struttura pubblica sarebbe in re ipsa nel caso di esecuzione volontaria di atto amministrativo illegittimo” col secondo motivo di ricorso secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo modificato dall’art. 54 di. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 deduce, al riguardo, che la Corte d’appello non avrebbe esaminato il fatto decisivo , costituito dalla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale il motivo, anche a prescindere da qualsiasi rilievo circa la sua ammissibilità sul piano della compiuta illustrazione, è infondato le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, nel chiarire il senso del novellato art. 360, n. 5, c.p.c., hanno stabilito che per effetto della riforma l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerane dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultane probatorie astrattamente rilevanti nel caso di specie, il fatto storico della colpa della p.a. è stato effettivamente preso in esame dalla Corte d’appello, e la circostanza che non sia stato dato peso alla motivazione della sentenza del giudice tributaria costituisce un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in questa sede non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata - nonostante il rigetto del ricorso, essendo stato il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato con conseguente esenzione dagli oneri fiscali ai sensi del combinato disposto degli artt. 131, comma 2, lettera a , e 134, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 , va dato atto che non sussistono i presupposti per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. rigetta il ricorso.