Difficile dimostrare il pregiudizio alla vita sessuale subito dai coniugi

La Suprema Corte descrive i requisiti necessari per la richiesta del risarcimento danno a seguito di uno specifico pregiudizio che, nel caso di specie, riguardava la possibilità di ristoro del danno alla vita affettiva dei coniugi subito a causa delle lesioni personali riportate dal marito durante un sinistro stradale.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24091/17, depositata il 13 ottobre. Il caso. Il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento dei danni patiti dai coniugi a seguito di un sinistro stradale, ma allo stesso tempo ridimensionava le pretese attoree. La moglie danneggiata proponeva appello chiedendo anche il risarcimento del danno per la perdita della vita sessuale in conseguenza delle lesioni personali sofferte dal marito. La Corte territoriale rigettava l’appello, sostenendo che la prospettazione attorea non teneva conto del fatto che tale domanda, oltre a non essere stata formulata nel giudizio introduttivo, non poteva essere accolta in quanto la moglie non aveva patito una totale soppressione della vita sessuale. Infatti dalle risultanze istruttorie era emersa solo una riduzione e non la perdita totale della potentia coeundi del marito. Contro detta sentenza ricorre in Cassazione la soccombente. Formulazione esplicita della domanda. La ricorrente lamenta che gli sia stato ingiustamente negato il risarcimento del danno non patrimoniale patito e che la Corte d’Appello abbia errato nel ritenere che la domanda di risarcimento del danno alla vita sessuale non fosse stata tempestivamente formulata. Infatti sostiene la danneggiata che nell’atto di citazione erano stati chiesti il risarcimento del danno alla vita di relazione e del danno esistenziale comprendenti il pregiudizio alla vita affettiva dei coniugi, oggetto del ricorso. La Suprema Corte ha affermato che colui che chiede il risarcimento del danno non ha l’onere di adottare formule sacramentali per indicare il pregiudizio, ma ha l’onere di descrivere chiaramente in cosa sia consistito il pregiudizio di cui chiede ristoro senza limitarsi a formule generiche. La Cassazione ha evidenziato che, nel caso di specie, l’atto di citazione introduttivo del giudizio non conteneva l’allegazione in facto degli elementi costitutivi della domanda, cioè i pregiudizi alla propria vita sessuale. Infatti per soddisfare il requisito dell’allegazione dei fatti costitutivi non basta una richiesta generica di risarcimento del danno alla vita di relazione ed esistenziale . Sottolinea la Corte che invocare l’esistenza di un pregiudizio alla relazione non implica necessariamente anche l’esistenza di un danno alla vita sessuale. Non essendo dimostrata l’esistenza concreta del danno oggetto della domanda risarcitoria, la S.C. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 8 giugno – 13 ottobre 2017, n. 24091 Presidente Spirito – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2005 Luigi Erculeo e C.G. convennero dinanzi al Tribunale di Milano R.J.C. e la AIG Europe s.a. che in seguito, per effetto di ripetute fusioni, muterà ragione sociale in AIG Europe Limited d’ora innanzi, per brevità, la AIG , chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni rispettivamente patiti in conseguenza in un sinistro stradale avvenuto il omissis . 2. Con sentenza 26 agosto 2009 n. 10573 il Tribunale di Milano accolse la domanda, ridimensionando tuttavia le pretese attoree. La sentenza venne appellata da E.L. e C.G. in via principale, e dalla AIG in via incidentale. La Corte d’appello di Milano, con sentenza 30 dicembre 2013 n. 4703, rigettò entrambi gli appelli. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello rigettò la domanda di C.G. di risarcimento del danno per la perdita della vita sessuale , patito, secondo la prospettazione attorea, in conseguenza delle lesioni personali sofferte dal coniuge, E.L. . Il giudice d’appello ritenne, per un verso, che una tale domanda non fosse stata formulata nell’atto introduttivo del giudizio e per altro verso che dall’istruttoria fosse emersa solo una riduzione, e non alla soppressione, della potentia coeundi di E.L. , e che di conseguenza la di lui moglie non potesse aver patito una totale soppressione della vita sessuale, come dedotto nell’atto d’appello. 3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.G. , con ricorso fondato su un motivo. Ha resistito con controricorso la AIG. Ragioni della decisione 1. Il motivo unico di ricorso. 1.1. Con l’unico motivo ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c È denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 2 cost. 1223, 1226, 2043, 2056, 2059, 2697 c.c. 115, 116 c.p.c. . Il motivo, pur formalmente unitario, contiene in realtà due censure. 1.1. Con una prima censura la ricorrente lamenta in sostanza un error in procedendo assume, infatti, che la Corte d’appello abbia errato nel ritenere che la domanda di risarcimento del danno alla vita sessuale non fosse stata da lei tempestivamente formulata. Precisa che tale domanda doveva invece ritenersi debitamente formulata per avere ella chiesto, alle pp. 3 e 4 dell’atto di citazione, il risarcimento del danno alla vita di relazione e il risarcimento del danno esistenziale. Tali domande si sarebbero dovute interpretare - questo il senso complessivo della censura formulata dalla ricorrente - come necessariamente comprensive anche del pregiudizio alla vita affettiva dei coniugi. 1.2. Con una seconda censura la ricorrente lamenta invece un error in iudicando, consistito nell’esserle stato negato il risarcimento di un danno non patrimoniale effettivamente patito. 2. Il motivo è manifestamente infondato. Colui il quale domanda in giudizio il risarcimento del danno non ha alcun onere di adottare formule sacramentali per indicare il pregiudizio di cui chiede il ristoro, né ha l’onere di inquadrare il danno sofferto in questa o quella categoria giuridica. Ha, tuttavia, l’onere di descrivere in punto di fatto in cosa sia consistito il pregiudizio di cui chiede il ristoro. Tale allegazione è indispensabile al giudice per delimitare correttamente il thema decidendum, ed al convenuto per sapere da quali pretese è chiamato a difendersi. 2.1. Nel caso di specie, nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado C.G. non fece cenno alcuno a pregiudizi di sorta alla propria vita sessuale. Quel che mancò, dunque, prima ancora della domanda, fu la allegazione in facto degli elementi costitutivi di essa. Va da sé che a soddisfare il requisito dell’allegazione dei fatti costitutivi della domanda non poteva bastare la generica richiesta di risarcimento del danno alla vita di relazione ed esistenziale sia per la genericità, quando non la fumosità di tali formule sia perché può teoricamente esistere un danno alla vita sessuale senza conseguenze sulla vita di relazione, così come può esistere un danno alla vita di relazione senza conseguenze sulla vita sessuale. Di talché, invocata l’esistenza di un pregiudizio alla vita di relazione, ciò non implica necessariamente anche l’esistenza di un danno alla vita sessuale. Tali principi sono pacifici e reiterati nella giurisprudenza di questa Corte ex aliis, in tal senso, si vedano Sez. 3, Sentenza n. 21245 del 29/11/2012 secondo cui la domanda di risarcimento del danno . deve essere formulata esplicitamente, e non può ritenersi implicita nella richiesta generica di condanna del convenuto al risarcimento di tutti i danni nonché Sez. 3, Sentenza n. 13328 del 30/06/2015, secondo cui nei giudizi risarcitori la domanda deve descrivere in modo concreto i pregiudizi dei quali si chiede il ristoro, senza limitarsi a formule generiche, come la richiesta di risarcimento dei danni subiti e subendi , perché tali domande, quando non nulle ex art. 164 cod. proc. civ., non obbligano il giudice a provvedere sul risarcimento di danni che siano concretamente descritti solo in corso di causa . 3. Le spese. 3.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. 3.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna C.G. alla rifusione in favore di AIG Europe Limited delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 6.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di C.G. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.