Furto in appartamento grazie al palo della luce: niente risarcimento dal Comune

Cancellata definitivamente la richiesta avanzata dalla famiglia vittima del furto. Corretta l’osservazione secondo cui il palo, utilizzato dai ladri come una pertica, non può essere considerato causa diretta dell’episodio.

Furto acrobatico in un appartamento. I ladri hanno utilizzato un palo della pubblica illuminazione presente in strada per raggiungere agevolmente l’abitazione. Questo elemento non è però sufficiente per ritenere il Comune corresponsabile Cassazione, ordinanza n. 23292, sez. VI Civile, depositata oggi . Caso fortuito. Scenario della singolare vicenda è un piccolo paese della Puglia. A chiedere l’intervento dei giudici sono i componenti della famiglia che ha subito il furto. A loro parere il colpo è stato reso agevole dal palo della pubblica illuminazione posto in prossimità dell’abitazione e utilizzato come pertica dai ladri, e consequenziale è la richiesta di risarcimento nei confronti del Comune. La pretesa è però ritenuta priva di fondamento. Secondo i giudici della Cassazione, difatti, è corretta, e non adeguatamente censurata, l’osservazione secondo cui il palo va considerato, rispetto al furto , come mera occasione, ma non certo quale causa immediata e diretta . In sostanza, si può parlare di mero caso fortuito , e ciò esclude l’ipotesi di una responsabilità del Comune.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 6 luglio – 5 ottobre 2017, n. 23292 Presidente Amendola – Relatore Sestini Rilevato che la Corte di Appello di Bari ha dichiarato inammissibile -ex art. 348 bis cod. proc. civ.- il gravame proposto da Ro. Gu. e Fr. e Gi. Am. avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda formulata dai medesimi nei confronti del Comune di Conversano, volta ad ottenere il risarcimento dei danni -ex artt. 2051 o 2043 cod. civ.- per il furto in appartamento commesso da ignoti che avevano utilizzato un palo della pubblica illuminazione posto in prossimità dell'abitazione dei ricorrenti la Guarino e gli Am. hanno impugnato, con unico atto, sia l'ordinanza di inammissibilità oggetto di ricorso straordinario ex art. 111 Cost. che la sentenza di primo grado oggetto di ordinario ricorso per cassazione ha resistito l'intimato con controricorso. Considerato che in relazione all'ordinanza di inammissibilità dell'appello, i ricorrenti hanno denunciato la violazione dell'art. 348 ter cod. proc. civ., richiamando Cass., S.U. n. 1914/2016 e rilevando che era possibile evidenziare dai verbali delle tre udienze svolte nel giudizio di appello che la Corte Distrettuale ha destinato l'udienza di trattazione ex art. 350 c.p.c. alla disamina della questione preliminare della regolarità della procura alle liti conferita dalla parte appellante al proprio procuratore e alla successiva regolarizzazione ex art. 182 c.p.c, e non ha disposto la trattazione della questione dell'inammissibilità dell'appello ex art. 348 ter c.p.c a prescindere dalla scarsa chiarezza delle censure che parrebbero individuare l'error in procedendo nella circostanza che il Collegio abbia proceduto preliminarmente alla verifica e alla regolarizzazione della procura alle liti e non abbia disposto la trattazione della questione dell'inammissibilità , il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non trascrive il contenuto dei verbali attestanti la sequenza delle attività svolte, onde consentire alla Corte di apprezzare l'esistenza del vizio sulla base della sola lettura del ricorso e, quindi, la decisività del documento prima di procedere al suo riscontro ex actis cfr., ex multis, Cass. n. 19410/2015 l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un errar in procedendo , presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell'iter processuale in relazione alla sentenza di primo grado, i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 2051 e 2043 cod. civ. censurano l'affermazione del Tribunale secondo cui il palo si era posto, rispetto al furto, quale mera occasione ma non certo quale causa immediata e diretta dell'evento e rilevano, in senso contrario, che il palo era stato usato dai ladri secondo una funzione ragionevolmente tipica, ovvero come pertica , contestando pertanto che potesse ritenersi integrata l'ipotesi del caso fortuito e richiamando precedenti giurisprudenziali in materia di responsabilità ex art. 2051 o ex art. 2043 cod. civ. per furti commessi a mezzo di impalcature o ponteggi installati per l'esecuzione di lavori su un edificio il motivo è inammissibile in quanto generico e volto a sollecitare un diverso accertamento di merito in punto di rapporto causale fra la cosa il palo e il furto perpetrato da terzi, richiedendo pertanto una valutazione in fatto non demandabile al giudizio di legittimità le spese di lite seguono la soccombenza, con distrazione in favore del difensore del Comune, che si è dichiarato antistatario trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. La Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.