Alla parte vittoriosa nel merito non occorre l’appello incidentale per riproporre domande assorbite dalla decisione del primo giudice

È sufficiente, e necessario, riproporre tali domande onde sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c

Così la Terza Sezione della Cassazione Civile nella sentenza n. 18939/17, depositata il giorno 31 luglio 2017. Il fatto. Nel corso di una battuta di caccia partiva un colpo accidentale che uccideva uno dei cacciatori. La madre e i fratelli del defunto agirono in giudizio nei confronti del responsabile nonché dell'ente pubblico di assicurazione per la r.c.t. per i danni derivanti dall'esercizio dell'attività venatoria. Nel corso del giudizio di primo grado la Sportass Cassa di previdenza per l'assicurazione degli Sportivi venne soppressa, il giudizio venne interrotto e fu poi riassunto nei confronti dell'INAIL. Il Tribunale condannò i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento del danno. Nel successivo giudizio di appello la condanna venne parzialmente modificata nel senso che l'INAIL venne condannata al pagamento delle somme liquidate dal primo giudice fino al raggiungimento dei limiti del massimale assicurato, da ripartirsi tra gli aventi diritto in proporzione della quantificazione delle somme liquidate a ciascuno dei danneggiati dal Tribunale. Gli eredi del de cuius hanno quindi proposto ricorso in Cassazione. La domanda di mala gestio cd. impropria. Già nel corso del primo grado gli eredi avevano chiesto il risarcimento dei danni oltre il massimale di polizza per mala gestio dell'assicuratore. Avendo il Tribunale dichiarato la tardività dell'eccezione di massimale formulata dall'ente assicurativo, la domanda di responsabilità ultra massimale era stata ritenuta, evidentemente, assorbita. La stessa, peraltro, era stata riproposta nella comparsa di costituzione in appello ma non era stato proposto appello incidentale e la Corte d'Appello aveva dichiarato inammissibile la domanda. La Cassazione ha accolto il ricorso sul punto ricordando come costituisca principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, quello secondo il quale, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, la parte vittoriosa nel merito non ha l'onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le domande ed eccezioni superate o dichiarate assorbite dalla decisione del primo giudice, ma solo l'onere di provocare il riesame di tali domande ed eccezioni, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia, di cui all'articolo 346 cod. proc. civ., manifestando in maniera chiara e precisa la sua volontà di riproporle . Nel caso di specie, trattandosi di mala gestio cd. impropria, è sufficiente la mera domanda di risarcimento integrale del danno in questo senso, e proprio in tema di appello, la sentenza Cass. n. 17460/2016 . Quindi la Cassazione ha accolto il ricorso sul punto. Quale massimale applicare. Un altro motivo di ricorso accolto è quello relativo al massimale applicato. La Corte territoriale, infatti, aveva ritenuto che il massimale assicurativo vigente alla data del sinistro dovesse riferirsi al solo deceduto con la conseguenza che il danno patito dai congiunti andasse riconosciuto nel suddetto limite. In realtà, come stabilito dalle Sezioni Unite in tema di r.c.a. sentenza n. 15376/09 , anche nel caso di azione diretta per attività venatoria per persona danneggiata” deve intendersi non già la sola vittima diretta dell'incidente, ma ogni soggetto che, come ciascuno degli stretti congiunti, abbia direttamente subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, in conseguenza della morte o dell'invalidità che abbia colpito il soggetto immediatamente pregiudicato così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell'ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro cd. massimale catastrofale . Spetterà dunque ora nuovamente alla Corte d’Appello la decisione, nel rispetto dei principi appena richiamati.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 aprile – 31 luglio 2017, n. 18939 Presidente Spirito – Relatore Pellecchia Fatti di causa 1. Nel 2006, I.A. , nonché T.F. , C. , A. e V. rispettivamente, madre e fratelli del defunto Ta.An. convennero in giudizio D.S.E. e la Sportass - Cassa di Previdenza per l’Assicurazione degli Sportivi, ente pubblico di assicurazione per la r.c.t. per i danni derivanti dall’esercizio dell’attività venatoria, al fine di sentirli condannare, in solido fra loro, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dalla morte del loro congiunto causato da un colpo di fucile partito al D.S. nel corso di una battuta di caccia, quantificati in complessivi Euro 725.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data del fatto fino al saldo. Esposero, tra l’altro, di aver ripetutamente sollecitato la Sportass per l’adempimento dell’obbligazione risarcitoria prevista nella convenzione assicurativa. Tutti i convenuti si costituirono in giudizio alla prima udienza, resistendo alla domanda attorea. La Sportass, inoltre, chiese che, in caso di accoglimento della domanda risarcitoria, questa fosse contenuta nel limite del massimale di polizza pari ad Euro 389.333,00 ed eccepì l’incolpevolezza del ritardo nel liquidare la somma pattuita in transazione. Il D.S. chiese di essere manlevato dalla Sportass stante il suo comportamento contrario a diligenza e buona fede nella gestione del sinistro. Con memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., gli attori sostennero la tardività delle eccezioni sollevare dai convenuti e chiesero la condanna della Sportass al risarcimento dei danni oltre il massimale di polizza per mala gestio dell’assicuratore. Il giudizio fu interrotto vista la soppressione della Sportass e quindi riassunto nei riguardi dell’Inail, che era succeduto ex lege a detto ente, e del D.S. . Il Tribunale di Isernia, con sentenza n. 327/20010, in accoglimento della domanda attorea, condannò i convenuti, in solido tra loro, al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di Euro 367.490,00, in favore di I.A. , Euro 206.736,00 in favore di T.V. e di Euro 198.122, ciascuno a favore degli altri attori, oltre interessi e rivalutazione. Il Tribunale ritenne tardivamente proposte e quindi inammissibili le eccezioni sollevate dai convenuti in particolare quella di massimale e la domanda di manleva, e dichiarò assorbite le domande di parte attrice, logicamente subordinate, di risoluzione delle transazioni e di condanna per mala gestio. 2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 241 del 26 agosto 2014. Il giudice del merito in parziale accoglimento dell’appello principale ha condannato l’Inail al pagamento delle somme liquidate dal primo giudice in favore della I. e dei T. fino al raggiungimento dei limiti del massimale assicurato, da ripartirsi tra gli aventi diritto in proporzione della quantificazione delle somme liquidate a ciascuno degli appellati dal tribunale. Ha confermato per il resto la sentenza impugnata. Ha rigettato l’appello incidentale proposto dal D.S. ed ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dagli eredi della vittima. 3. Avverso tale decisione, propongono ricorso in Cassazione, I.A. , nonché T.F. , C. , A. e V. , sulla base di quattro motivi illustrati da memoria. 3.1 Resiste con controricorso l’Inail. L’intimato D.S.E. non ha svolto difese. Ragioni della decisione 4.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 343 c.p.c. nella parte della sentenza impugnata in cui la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile la domanda di responsabilità ultramassimale dell’assicuratore del sig. D.S. danneggiante/assicurato , per mala gestio del sinistro mortale del 09 dicembre 1998, contenuta nella comparsa di risposta per non essere stata proposta, con gravame incidentale, entro il termine di cui all’art. 343 c.p.c. . Gli eredi I. -T. , totalmente vittoriosi in primo grado, non avevano proposto alcun appello incidentale, limitandosi a riproporre in appello la domanda di responsabilità ultramassimale dell’assicuratore che era rimasta assorbita nella decisione di primo grado, in considerazione della ritenuta tardività dell’eccezione di massimale formulata dal medesimo assicuratore - al solo fine di non incorrere nella presunzione di rinuncia derivante dal disposto dell’art. 346 c.p.c Difettava infatti l’interesse ad impugnare tale capo della decisione del Tribunale, non sussistendo la loro soccombenza. Sostengono che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, quando la parte vittoriosa abbia visto respingere taluna delle sue tesi o eccezioni o taluni sistemi difensivi, ovvero abbia visto accolte le sue conclusioni per ragioni diverse da quelle prospettate, vi è una soccombenza solo teorica, che non fa sorgere l’interesse ad appellare, ma impone alla parte vittoriosa nel merito solo l’onere di manifestare esplicitamente e precisamente la propria volontà di riproporre le domande e le eccezioni respinte o dichiarate assorbite in primo grado, onde superare la presunzione di rinuncia e, quindi, la decadenza di cui all’art. 346 c.p.c La riproposizione della domanda non esaminata in primo grado perché ritenuta assorbita può operarsi durante tutto il corso dell’appello, fino alla precisazione delle conclusioni. I ricorrenti avrebbero proposto la domanda di responsabilità ultramassimale dell’assicuratore per mala gestio nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado seppur non in modo espresso ma, come consentito dalla giurisprudenza, chiedendo la condanna dell’assicuratore all’integrale risarcimento del danno, nonché al pagamento di interessi e rivalutazione ex art. 1224 c.c. , nella prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., nonché in sede di precisazione delle conclusioni e l’avrebbero ritualmente riproposta in appello, ai sensi dell’art. 346 c.p.c Il primo motivo di ricorso è fondato. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, la parte vittoriosa nel merito non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le domande ed eccezioni superate o dichiarate assorbite dalla decisione del primo giudice, ma ha solo l’onere di provocare il riesame di tali domande ed eccezioni, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia, di cui all’art. 346 cod. proc. civ., manifestando in maniera chiara e precisa la sua volontà di riproporle Cass. civ. Sez. I, 26/11/2010, n. 24021 Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-06-2010, n. 14086 Cass. civ. Sez. III, 27-05-2009, n. 12260 Cass. civ. Sez. III, 13-04-2007, n. 8854 . Nel caso di specie, risulta incontestato che la domanda di responsabilità ultra massimale per mala gestio dell’assicuratore in primo grado era stata ritenuta assorbita, in ragione della dichiarazione di inammissibilità della eccezione di massimale formulata dal medesimo assicuratore cfr. l’esposizione in fatto del controricorso . Trattandosi di mala gestio impropria per la quale è sufficiente la mera domanda di risarcimento integrale del danno tra le tante cfr. Cass. n. 3014/16 ed, in particolare quanto all’appello Cass. n. 17460/06 non è necessario che la parte proponga appello nel caso in cui come nella specie il primo giudice abbia ritenuto assorbita la domanda questo lo ammette anche il controricorso a pagg. 4/5 . Pertanto i ricorrenti, che erano stati pienamente vittoriosi nel merito in primo grado, erano tenuti solamente a riproporre in maniera espressa tale domanda, come in effetti è avvenuto. Il giudice del rinvio dovrà pertanto accertare gli estremi della mala gestio e provvedere a riguardo. 4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1224 c.c. nella parte della sentenza impugnata in cui la Corte di appello di Campobasso non ha condannato l’Inail a pagare gli interessi ed il maggior danno ex art. 1224 c.c. in eccedenza rispetto al massimale di polizza assicurativa, stante la colpevole inerzia dell’assicuratore della r.c.t. nell’adempimento delle sue obbligazioni, che lo esponeva alla responsabilità per c.d. mala gestio impropria id est responsabilità da colpevole inerzia nei confronti dei danneggiati . La Corte di Appello avrebbe dovuto riconoscere la responsabilità dell’Inail per interessi e rivalutazione monetaria oltre il massimale di polizza, a causa della colpevole inerzia dell’assicuratore del D.S. . Si tratterebbe di una responsabilità - detta di mala gestio impropria distinta da quella di mala gestio c.d. propria, riconducibile ai rapporti assicuratore-assicurato - da colpevole ritardo, che troverebbe titolo in un comportamento dell’assicuratore ingiustificatamente dilatorio a fronte della richiesta di liquidazione avanzata dal danneggiato, trascorso il termine di legge, alla cui scadenza l’assicuratore da considerarsi in mora, sempre che sia stato posto in grado con la detta richiesta di determinarsi in ordine all’an e al quantum della somma dovuta a titolo di risarcimento. Nella specie, i ricorrenti dopo l’incidente hanno cercato inutilmente di ottenere dall’assicuratore del D.S. , la cui responsabilità risultava evidente sin all’inizio, la messa a disposizione di una parte del massimale di polizza, sicché, scaduto il termine di legge l’assicuratore era da considerarsi in mora verso i danneggiati. Tale richiesta è stata reiterata dopo la sentenza penale che aveva condannato il danneggiante per il reato di omicidio colposo. L’assicuratore, tuttavia, non si è attivato per mettere a disposizione dei danneggiati il massimale o una parte di esso nemmeno dopo la sentenza di primo grado del giudizio civile. Il secondo motivo è assorbito in quanto sul punto la Corte d’Appello non ha effettuato mai nessun accertamento sulla mala gestio dell’assicuratore. Infatti i principi stabiliti dalla giurisprudenza di questa Corte in tema d’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, ed in particolare la responsabilità dell’assicuratore per mala gestio c.d. impropria nei confronti del danneggiato, devono applicarsi anche in materia di assicurazione per la caccia, e quindi al caso di specie. Al riguardo, infatti, si osserva che, nel vigore della l. 2 agosto 1967, n. 799, non si prevedeva un’azione diretta dell’assicuratore verso il danneggiato, come per la responsabilità civile da circolazione stradale, e la giurisprudenza aveva affermato che l’assicuratore può essere chiamato in garanzia soltanto dal cacciatore danneggiante e quindi tenuto a rimborsare quanto costui sia stato condannato a pagare oltre il massimale a seguito di rivalutazione della somma dovuta per risarcimento del danno, solo ove si accerti che il ritardo con il quale si è pervenuti alla liquidazione del danno è dipeso dal comportamento dell’assicuratore stesso che, assunta la gestione della causa, abbia poi violato il dovere di diligenza imposto dall’art. 1176 c.c. Cass. civ. Sez. I, 10/08/1988, n. 4911 . Successivamente, invece, con la legge n. 968 del 27/12/1977, all’art. 8, secondo comma, si è riconosciuta al danneggiato un’azione diretta contro l’assicuratore. Oggi, l’art. 12, comma 10 della L. 11/02/1992, n. 157, prevede che In caso di sinistro colui che ha subito il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza . Dunque, disponendo anche in questo caso il danneggiato di azione diretta nei confronti dell’assicuratore per conseguire la prestazione indennitaria, si può ritenere che lo stesso soggetto sia legittimato a far valere il diritto al risarcimento di eventuali ulteriori danni patrimoniali cagionati dalla inesatta esecuzione di detta prestazione, dovuti a ritardo qualificato da colpa. Pertanto, in conclusione il giudice del rinvio, accertata eventualmente la mala gestio, dovrà liquidare interessi e rivalutazione oltre massimale. 4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano, in relazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1223 c.p.c., nella parte della sentenza gravata in cui i giudici di secondo grado confermando le liquidazioni già compiute dal primo giudice hanno condannato l’Inail al pagamento, a favore dei danneggiati, entro il limite del massimale della polizza assicurativa lire 750.000 , comprensivo di interessi e rivalutazione, da ripartirsi tra gli aventi diritto in proporzione della quantificazione delle somme liquidate a ciascuno degli eredi . La Corte di Campobasso avrebbe errato nel ritenere che il massimale assicurativo vigente alla data del sinistro dovesse riferirsi al solo deceduto, con la conseguenza che il danno patito dai congiunti andasse riconosciuto nel suddetto limite. Secondo la giurisprudenza, nel caso di sinistro unico con pluralità di danneggiati, questi, quando agiscono iure proprio, non devono dividersi un massimale unico per tutti, che è invece distintamente, per ognuno di loro, quello previsto per ciascuna persona danneggiata. Nel caso di specie, gli stretti congiunti della vittima, che avevano agito iure proprio, avrebbero dovuto essere considerati dalla Corte come persone danneggiate, con la conseguenza che il massimale andava riferito a ciascuno degli aventi causa. Il terzo motivo è fondato. L’art. 12 comma 8 della L. 11/02/1992, n. 157 prevede che l’attività venatoria può essere esercitata da chi abbia compiuto il diciottesimo anno di età e sia munito, tra l’altro, di polizza assicurativa per la responsabilità civile verso terzi derivante dall’uso delle armi o degli arnesi utili all’attività venatoria, con massimale di lire un miliardo Euro 516.456,90 per ogni sinistro, di cui lire 750 milioni Euro 387.342,67 per ogni persona danneggiata lire 250 milioni Euro 129.114,22 per danni ad animali ed a cose . Il massimale, quindi, costituisce la somma minima di legge, oggetto della garanzia assicurativa, essendo all’autonomia privata consentito di derogare attraverso la previsione di massimali di polizza superiori. Al riguardo, le Sezioni Unite, in materia di r.c.a., con riferimento alla tabella allegata alla L. n. 990 del 1969 ed i successivi adeguamenti precedenti al D.P.R. 19 gennaio 1993 , i quali prevedevano analogamente, quanto ai danni a persone, due tipi di massimali minimi quello relativo alla somma per persona danneggiata e quello relativo al sinistro , detto anche massimale catastrofale - hanno osservato che, per persona danneggiata deve intendersi non già la sola vittima diretta dell’incidente, ma ogni soggetto che, come ciascuno degli stretti congiunti, abbia direttamente subito un danno, patrimoniale o non patrimoniale, in conseguenza della morte o dell’invalidità che abbia colpito il soggetto immediatamente pregiudicato così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell’ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro c.d. massimale catastrofale Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 01-07-2009, n. 15376 . 4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 92, 2 comma, c.c. nella parte della sentenza in cui i giudici di secondo grado hanno compensato integralmente tra le parti le spese del giudizio di appello . Non sussisterebbe la soccombenza reciproca tra e i ricorrenti avendo la Corte illegittimamente dichiarata inammissibile la richiesta di dichiarare la responsabilità ultramassimale per mala gestio dell’assicuratore né vi sarebbero quelle gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese processuali ex art. 92, comma 2, c.p.c., che avrebbero dovuto essere esplicitamente indicate dalla Corte territoriale nella motivazione del provvedimento impugnato. 5.4. Il quarto motivo è assorbito. 6. In conclusione, la Corte accoglie il primo e terzo motivo come in motivazione, dichiara assorbiti il secondo e quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Campobasso, che provvederà anche per le spese di questo giudizio di cassazione. P.Q.M. la Corte accoglie il primo e terzo motivo come in motivazione, dichiara assorbiti il secondo e quarto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Campobasso, che provvederà anche per le spese di questo giudizio di cass