No, una “bomba d'acqua” oramai non può più considerarsi un evento imprevedibile

Non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, ormai, tutt'altro che imprevedibili.

In questo senso ha deciso la Sesta Sezione Civile della Cassazione nella propria ordinanza n. 18856/17, depositata il 28 luglio 2017. Il fatto. Il proprietario di un locale interrato adibito ad autorimessa e deposito, aveva agito in giudizio nei confronti del Comune per il risarcimento dei danni subiti alle strutture murarie nonché ai beni mobili ivi contenuti, ritenendo il Comune responsabile dell'invasione da acqua e fango avvenuta a seguito dell'allagamento delle strade comunali in seguito ad un temporale. Mentre il giudizio di prime cure si era concluso con il rigetto della domanda risarcitoria, la Corte d'Appello aveva riformato la sentenza del Tribunale accogliendo le istanze del danneggiato. Il Comune ha quindi proposto ricorso per cassazione, respinto con ordinanza per infondatezza e inammissibilità dei motivi. Gli obblighi incombenti sul custode. I motivi di ricorso riguardano l'esclusione operata dalla Corte d'Appello della ricorrenza del caso fortuito riferito alla bomba d'acqua” e il mancato riconoscimento di un concorso di colpa del danneggiato nella produzione del danno. La Sesta Sezione ha colto l'occasione per ribadire i principi in tema di responsabilità del custode. Premesso che custodi” sono tutti i soggetti pubblici e privati che abbiano il possesso o la detenzione a qualunque titolo, anche abusiva , certamente lo sono i proprietari, in quanto tali gravati da un obbligo di manutenzione e controllo della cosa custodita. Per quanto concerne, in particolare, gli enti proprietari di strade ed autostrade, gli stessi, ex art. 14 C.d.S., hanno l'obbligo di provvedere 1 alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi 2 al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze 3 all'apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Considerato poi che in capo a detti proprietari è pacificamente configurabile la responsabilità per cosa in custodia ex art. 2051 c.c., in caso di sinistro e di conseguenti danni causati quali conseguenza di omessa/insufficiente manutenzione, il proprietario così come il custode, inteso come possessore, detentore o concessionario ne deve rispondere, salvo che si liberi della responsabilità presunta a suo carico si liberi, dando la prova della sussistenza, nel caso specifico, di un evento configurabile come caso fortuito. Gli oneri probatori in capo al danneggiato. Così, in capo al danneggiato insiste l'onere della prova che i danni subiti derivano dalla cosa, e tale prova si sostanzia a nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso b nella contestuale dimostrazione del rapporto di causalità tra l'evento dannoso e la cosa in custodia. Per quanto attiene questo secondo aspetto, la prova ben può darsi anche con presunzioni, visto che la prova del danno e di per sé indice della sussistenza di un risultato 'anomalo', e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno . Sulla prova liberatoria del custode. Data la natura aggravata della responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c., l'inversione dell'onera della prova ivi prevista determina la necessità che sia il custode , presunto responsabile, a dover fornire la prova liberatoria del fortuito, e cioè che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. In concreto, deve dare dimostrazione di aver espletato tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso custode gravanti in base sia a specifiche disposizione normative che al generale principio del neminem laedere . Premessa poi l'affermazione che anche alla responsabilità del custode è applicabile, in linea di principio, il concorso di colpa del danneggiato come previsto dall'art. 1227, comma 1, c.c., la Cassazione ricorda come occorra distinguere, ai fini della prova liberatoria da fornirsi da parte del custode per sottrarsi a responsabilità, due casi, ovvero 1 le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada 2 le situazioni di pericolo provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato delle cose. Soltanto nel secondo caso può, infatti, configurarsi il caso fortuito , in particolare allorquando l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi . Relativamente ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche, la Cassazione ricorda come debba escludersi l'ipotesi della sussistenza del fortuito o della forza maggiore in presenza di fenomeni meteorologici anche di particolare forza ed intensità, allorquando il danno trovi origine nell'insufficienza delle adottate misure volte ad evitarne l'accadimento, e in particolare del sistema di deflusso delle acque meteoriche” così già Cass. Civ. n. 26545 del 17/12/2014 . D'altra parte, dati i cambiamenti climatici in atto nonché considerati i noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese”, secondo la Cassazione non è più possibile considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici come ad esempio le bombe d'acqua” che stanno diventando sempre più frequenti. In conclusione, la Cassazione ha ritenuto corretta l'argomentazione della Corte d'Appello, basata sulla CTU secondo cui il danno sarebbe stato evitabile o comunque di molto riducibile negli effetti laddove il Comune avesse assolto agli obblighi sullo stesso incombenti in qualità di custode, ed ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 3, ordinanza 12 gennaio – 28 luglio 2017, n. 18856 Presidente Frasca – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 27/4/2015 la Corte d’Appello di Bari, rigettato quello incidentale del Comune di Terlizzi, in accoglimento del gravame in via principale interposto dal sig. D.N.D. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Trani n. 87 del 2010, ha condannato il primo al pagamento di somma in favore di quest’ultimo a titolo di risarcimento dei danni subiti dalle strutture murarie del locale interrato di sua proprietà adibito ad autorimessa e deposito nonché dai mobili ivi allocati , sito in via omissis invaso da acqua mista a fango in conseguenza dell’allagamento delle strade dovuto al temporale del 30 luglio 2002. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il Comune di Terlizzi propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 2043, 2051 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051, 1227 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c. nonché dell’art. 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 4, c.p.c Si duole che la corte di merito diversamente dal giudice di prime cure abbia erroneamente escluso la ricorrenza nel caso del caso fortuito, laddove nel caso non si era trattato semplicemente di una pioggia persistente . la cui intensità e durata sia soltanto fuoriuscita dai normali canoni meteorologici bensì di un fenomeno brevissimo ma di inaudita intensità, certamente imprevedibile ed incontrollabile una cosiddetta bomba d’acqua piovuta dal cielo, con effetti decisamente devastanti . Lamenta che la corte di merito ha disatteso le opinioni del CTU, laddove lo stesso evidenziava la possibilità che le modifiche urbanistiche avvenute nella zona ove si verificarono i danni e le condizioni di scarsa manutenzione della rete di fogna bianca avessero semplicemente concorso nella produzione dei danni subiti dall’attore , ipotizzando un concorso di colpa nella misura del 50% . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366, 1 co. n. 6, c.p.c., atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito es., all’ atto di citazione notificato il 12 marzo 2003 , alla propria comparsa di costituzione e risposta, alla CTU, all’atto di appello limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte d’interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932 Cass., 20/1/2006, n. 1108 Cass., 8/11/2005, n. 21659 Cass., 2/81/2005, n. 16132 Cass., 25/2/2004, n. 3803 Cass., 28/10/2002, n. 15177 Cass., 12/5/1998 n. 4777 sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito v. Cass., 24/3/2003, n. 3158 Cass., 25/8/2003, n. 12444 Cass., 1/2/1995, n. 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni come nel caso apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 . Quanto al merito, atteso che come questa Corte ha già avuto modo di affermare custodi sono tutti i soggetti pubblici o privati che hanno il possesso o la detenzione legittima o anche abusiva v. Cass., 3 giugno 1976, n. 1992 della cosa v., Cass., 20/2/2006, n. 3651 Cass., 20/10/2005, n. 20317 , va posto in rilieco che custodi sono certamente i proprietari, in quanto tali gravati da obblighi di manutenzione e controllo della cosa custodita. Poiché ex art. 14 C.d.S. gli enti proprietari delle strade e delle autostrade sono tenuti a provvedere a alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi b al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze c all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta e considerato che a loro carico così come dei relativi concessionari è senz’altro configurabile la responsabilità per cosa in custodia disciplinata dall’art. 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che ai medesimi deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima cfr. Cass., 19/11/2009, n. 24419 Cass., 29/3/2007, n. 7763. E già Cass., 13/1/2003, n. 298 , va sottolineato che giusto, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in caso di sinistro dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione il proprietario o il custode tale essendo anche il possessore, il detentore e il concessionario risponde ex art. 2051 c.c., salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico si liberi dando la prova del fortuito. In altri termini, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, invocando la responsabilità del custode è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651 . Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato anomalo , e cioè dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651 . Facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli art. 2043 e 2697 cod. civ., l’art. 2051 c.c. integra invero un’ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova, imponendo al custode, presunto responsabile, di dare eventualmente la prova liberatoria del fortuito c.d. responsabilità aggravata v., da ultimo, Cass., 27/6/2016, n. 13222 Cass., 9/6/2016, n. 11802 Cass., 24/3/2016, n. 5877 . Il custode è cioè tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative nel caso come detto art. 14 CdS , e già del principio generale del neminem leadere v. Cass., 20/2/2006, n. 3651 . Siffatta inversione dell’onere probatorio incide indubbiamente sulla posizione sostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato e aggravando quella del danneggiante, sul quale grava anche il rischio del fatto ignoto v. Cass., 10/10/2008, n. 25029 Cass., 29/9/2006, n. 21244 Cass., 20/2/2006, n. 3651. E già Cass., 14/3/1983, n. 1897 . Atteso che il custode presunto responsabile può se del caso, in presenza di condotta che valga ad integrare la fattispecie ex art. 1227, 1 co., c.c., dedurre e provare il concorso di colpa del danneggiato, senz’altro configurabile anche nei casi di responsabilità presunta ex art. 2051 c.c. del custode v. Cass., 22/3/2011, n. 6529 Cass., 8/8/2007, n. 17377 Cass., 20/2/2006, n. 3651 , ai diversi fini della prova liberatoria da fornirsi dal custode per sottrarsi a detta responsabilità è invero necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa. Solamente in quest’ultima ipotesi può invero configurarsi il caso fortuito, in particolare allorquando l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi v. Cass., 24/2/2011, n. 4495. V. altresì Cass., 12/4/2013, n. 8935 Cass., 12/3/2013, n. 6101 Cass., 18/10/2011, n. 21508 Cass., 6/6/2008, n. 15042 Cass., 20/2/2006, n. 3651 . Con particolare riferimento ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche, si è da questa Corte invero esclusa l’ipotesi del caso fortuito o della forza maggiore invocabile dal custode ad esonero della propria responsabilità in presenza di fenomeni meteorologici anche di particolare forza e intensità, protrattisi per tempo molto lungo e con modalità tali da uscire fuori dai canoni normali, allorquando il danno trovi origine nell’insufficienza delle adottate misure volte ad evitarne l’accadimento, e in particolare del sistema di deflusso delle acque meteoriche v. Cass., 17/12/2014, n. 26545 . Nel sottolinearsi come ogni riflessione, declinata in termini di attualità, sulla prevedibilità maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale imponga oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiché è chiaro che non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, ormai, tutt’altro che imprevedibili in tali termini v. Cass., 24/3/2016, n. 5877 , si è da questa Corte al riguardo precisato che l’eccezionalità e imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilità del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento v. Cass., 24/9/2015, n. 18877 Cass., 9/3/2010, n. 5658 Cass., 22/5/1998, n. 5133 Cass., 11/5/1991, n. 5267 nonché, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5877 , nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane v. Cass., 9/3/2010, n. 5658 . Un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, si è affermato poter integrare il fortuito o la forza maggiore laddove non vi siano condotte idonee a configurare una corresponsabilità del soggetto che invoca l’esimente v. Cass., 24/3/2016, n. 5877 . In altri termini, che il custode non sia in colpa. Quest’ultimo è pertanto tenuto a dimostrare di aver mantenuto la condotta diligente nel caso concreto dovuta con particolare riferimento alla manutenzione e alla pulizia delle strade , e che le piogge sono state talmente intense che gli allagamenti si sono ciononostante, e nella stessa misura, verificati v. Cass., 9/3/2010, n. 5658 . Orbene, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione dei suindicati principi. È rimasto nel caso accertato che vi è stato l’allagamento delle strade tra cui via OMISSIS della zona ove è ubicato il locale interrato dell’odierno controricorrente adibito ad autorimessa privata e deposito, e che l’acqua mista a fango ha invaso quest’ultimo fino all’altezza di m. 1,50 ivi ristagnando fino a quando è stata il giorno successivo rimossa di Vigili del Fuoco, conseguentemente danneggiando le strutture murarie di detto locale e i mobili ivi allocati. In base all’operata valutazione in termini diversi dal giudice di prime cure delle emergenze probatorie e in particolare della C.T.U. – nonché preso atto che le conseguenze dannose sono state nel caso amplificate da una serie di concause costituite a dai pregressi interventi di modifica del territorio, posti in essere dal Comune vicino svincolo stradale con sottopasso dalle Ferrovie sostituzione del muro a secco drenante che delimitava i binari con muro di calcestruzzo e da privati edifici e piazzali , interventi che avevano modificato quote e pendenze e che al tempo stesso avevano drasticamente ridotto la superficie a terreno vegetale b dalla insufficienza della rete di fognatura bianca a servizio della zona, circostanza confermata dalla esecuzione da parte del Comune, proprio a seguito dell’evento di opere di adeguamento c dal difetto di manutenzione delle caditoie e delle griglie della rete, . risultate del tutto intasate, circostanza atta ad ostacolare il naturale smaltimento delle acque e a favorirne l’accumulo , la corte di merito ha al riguardo osservato che ove il Comune avesse assolto agli obblighi sullo stesso gravanti come custode, l’evento dannoso, malgrado la eccezionale violenza delle precipitazioni del 30 luglio 2002, non si sarebbe verificato o quanto meno avrebbe assunto consistenza ampiamente inferiore . A fronte della censura dell’odierno ricorrente secondo cui il fenomeno atmosferico verificatosi avrebbe dovuto ritenersi integrare il fortuito in ragione della mera natura particolarmente violenta ed eccezionale, . in considerazione della sua totale imprevedibilità , tale giudice è quindi pervenuto a correttamente concludere che nel caso concreto . la eccezionalità delle piogge non può integrare il caso fortuito, non essendosi risolta in un fattore causale di efficacia esclusiva tale da interrompere la operatività, nel processo di produzione dell’evento, delle cause preesistenti imputabili al Comune . Non può infine sottacersi che, non accolto da questa Corte il c.d. criterio equitativo proporzionale del nesso di causalità v. Cass., 21/7/2011, n. 15991 Cass., 29/2/2016, n. 2893 , con conseguente esclusione che possa trovare correlazione in termini di automatica percentuale corrispondenza ad operazioni di apporzionamento/frazionamento del nesso di causalità v. Cass., 21/7/2011, n. 15991 , ad una limitazione dell’ammontare di risarcimento gravante sul custode responsabile può invero se del caso pervenirsi esclusivamente in ragione della graduazione della colpa e nella considerazione dell’entità delle conseguenze che dalla concorrente condotta colposa derivano ex art. 1227.1 c.c. v. Cass., 29/2/2016, n. 2893 Cass., 8/5/2008, n. 11227 Cass., 20/7/2002, n. 10641 . A tale stregua, del tutto inammissibile si palesa allora l’ulteriore doglianza del ricorrente secondo cui, sussistendo nella specie tutt’al più, solo una ridotta incidenza causale della condotta del custode nella produzione dell’evento che fu determinato principalmente dalla forza devastante della natura e, forse, solo aggravato da carenze non imputabili al custode , i giudici del merito avrebbero tutt’al più potuto condannare l’ente pubblico odierno ricorrente solo al risarcimento dei danni in proporzione alla percentuale di colpa riconosciuta a carico di tale ente . Attesa l’esclusione dallo stesso posta a premessa della censura in argomento che sia nel caso ipotizzabile un concorso di colpa dello stesso danneggiato , è infatti al di là del contraddittorio ed erroneo formale riferimento alla colpa l’apporzionamento/frazionamento del nesso di causalità a risultare dall’odierno ricorrente in realtà sostanzialmente evocato a fini della domandata riduzione del risarcimento dovuto. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso. Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.