Due sensi di marcia, un solo segnale… il limite di velocità vale per entrambi i sensi?

La presenza di un segnale di limite di velocità in un senso di marcia su una strada a doppio senso, comporta che il limite operi anche nell’altra direzione?

Lo chiarisce la S.C. con ordinanza n. 17205/17 depositata il 12 luglio. Il caso. Gli attori, eredi della vittima che aveva perso la vita in un sinistro stradale, convenivano in giudizio l’altro automobilista che, a dir loro, era l’unico responsabile dell’incidente. Sia il Tribunale di Vasto che la Corte d’Appello dell’Aquila, nel rigettare la domanda degli attori, confermavano la responsabilità del loro congiunto nella causazione del sinistro. Gli eredi ricorrono per cassazione, lamentando il fatto che i Giudici di merito avevano individuato l’obbligo di osservare il limite di velocità solo nei confronti del loro congiunto e, non anche nei confronti dell’altro automobilista. In particolare, la questione che i ricorrenti pongono al vaglio della Corte è se la presenza di un segnale di limite di velocità in un senso di marcia su una strada a doppio senso di marcia, comporti che il limite operi anche nell’altra direzione . Segnale. La Cassazione afferma l’infondatezza del motivo di ricorso sollevato dai ricorrenti sull’assunto per cui il segnale stradale è un dispositivo atto a indicare una prescrizione, un avvertimento o un’indicazione a tutti i veicoli circolanti e ad ogni altro utente della strada . I segnali, precisa la Corte, operano come un provvedimento amministrativo espresso nei confronti di chi, nella condotta di guida, lo percepisce e, dunque, nel senso della sua marcia . Nella fattispecie, nel senso opposto di marcia non risulta la presenza di alcun segnale di limite e, pertanto, non si può affermare che il segnale operasse anche in quel senso di marcia, inverso rispetto a quello del ricorrente. Per tutti questi motivi, la S.C. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 febbraio – 12 luglio 2017, n. 17205 Presidente Frasca – Relatore Pellecchia Fatto e diritto Rilevato che 1. Nel 2004 P.T. , N.E. , G. e V. quali eredi di N.E. , convennero in giudizio la Carige Ass.ni s.p.a., e D.P.M. per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale in occasione del quale decedeva il loro congiunto. Gli attori dedussero che la responsabilità dell’incidente dovesse essere ascritta in via esclusiva al D.P. . Il Tribunale di Vasto, con sentenza n. 303/2009, rigettò la domanda addebitando la responsabilità per la produzione del sinistro al N. . 2. La Corte d’Appello dell’Aquila, con sentenza n. 1307 del 26 novembre 2015, confermava la responsabilità del N. nella causazione del sinistro. 3. Avverso tale pronunzia, Emilia, Giuseppe e N.V. in proprio e quali eredi di N.E. , anche nella qualità di eredi di P.T. propongono ricorso in Cassazione con quattro motivi. 3.1. Resiste con controricorso Carige Ass.ni s.p.a 4. È stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, la proposta di inammissibilità del ricorso. Non sono state depositate memorie. Considerato che 5.1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione di legge e omesso esame di fatti decisivi, in ordine alla affermata esistenza di un duplice limite di velocità sul tratto stradale interessato dall’incidente oggetto di causa. Si dolgono che il giudice del merito abbia individuato solo a carico del N. l’obbligo di osservare il limite di velocità di 70 Km orari non ravvisando analogo obbligo a carico del D.P. che procedeva in senso inverso. In sostanza pongono la questione se la presenza di un segnale di limite di velocità in un senso di marcia su una strada a doppio senso di marcia, comporti che il limite operi anche nell’altra direzione. Il motivo è infondato. Il segnale stradale è un dispositivo atto a indicare una prescrizione, un avvertimento o una indicazione a tutti veicoli circolanti e ad ogni altro utente della strada. È insomma il linguaggio con il quale l’amministratore di una strada comunica agli utenti la disciplina della circolazione regole, pericoli, indicazioni, limiti. Tali segnali operano come un provvedimento amministrativo espresso. E tali comandi espressi dalla p.a. operano solo per chi nella condotta di guida lo percepisce e, dunque, nel senso della sua marcia. Nel caso di specie non risulta la presenza di un segnale di limite di velocità nel senso opposto e tantomeno si può ipotizzare che il segnale operasse anche nel senso di marcia inverso rispetto a quello del ricorrente. 5.2. Con il secondo motivo lamentano l’omesso esame di fatti decisivi per la definizione del giudizio in merito ai pneumatici in uso alla Fiat 131 condotta dal D.P. . Nonché violazione di legge ex art. 113 e 116 c.p.c 5.3. Con il terzo motivo si dolgono dell’omesso esame di fatti decisivi per la definizione del giudizio in merito ai danni riportati dalla Fiat 131 condotta dal D.P. oltre che della violazione dell’art. 2054 c.c Lamentano con il secondo e terzo motivo che i giudici del merito non abbiano adeguatamente valutato la condotta di guida del D.P. ai fini della ricostruzione del sinistro, non considerando una serie di elementi da cui si evince che tale condotta debba essere quanto meno valutata ai fini della responsabilità nella causazione del sinistro. I due motivi sono inammissibili. Infatti l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass. n. 80538054/2014 . Inoltre è principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente. Cass. 7921/2011 . Come, appunto, nel caso di specie. Quanto alla deduzione di violazione dell’art. 116 c.p.c., essa non è conforme a quanto indicato da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016. 5.4. Con il quarto motivo si dolgono della violazione degli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c Lamentano che l’aver erroneamente addebitato al N.E. la responsabilità esclusiva del sinistro ha violato gli articoli relativi alla liquidazione del danno cui hanno diritto i ricorrenti. Il quarto motivo a parte i profili di inammissibilità perché è aspecifico ed apodittico è comunque assorbito dal rigetto dei precedenti. 6. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., la Corte rigetta il ricorso. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.