Obbligo di filtraggio special-preventivo per i video già rimossi a seguito di ingiunzione

Esiste obbligo di filtraggio special-preventivo quando il provider - senza subire un sacrificio sproporzionato - utilizzando delle funzionalità tecniche minime è in grado di impedire nuovi caricamenti di video già oggetto di segnalazione e già rimossi a seguito di ingiunzione del tribunale.

Lo ha affermato il Tribunale di Torino con la sentenza 7 aprile 2017 n. 1928. La vicenda. Il caso sottoposto al vaglio dei giudici torinesi attiene a una controversia tra You Tube ora appartenente a Google e Delta TV Program s.r.l. distributore ufficiale per l’Italia di molte serie di telenovelas argentine le cui puntate in parte sono state caricate sulla piattaforma di video-sharing americana senza alcuna autorizzazione. Risulta dunque palese la violazione dei diritti di autore compiuta da terzi uploaders ai danni del distributore ma il vero cuore della vicenda risiede nell’individuazione del tipo di responsabilità del provider di video-sharing e nella ricerca dei rimedi inibitori attuabili alla luce del bilanciamento della posizione del gestore con quella del danneggiato. Altra questione importante affrontata dalla pronunzia attiene al tentativo di quantificazione dei danni arrecati al distributore Delta TV Program srl che il Collegio liquida in via equitativa nella somma di € 250.000,00. La pronunzia in parola ha registrato grande risonanza in quanto YouTube è stata condannata a un cospicuo risarcimento danni. Tuttavia la sentenza torinese presenta anche un altro aspetto molto interessante ovvero l’ammissione di un rimedio preventivo per il futuro nel caso in cui i contenuti già censurati vengano abusivamente ricaricati sulla piattaforma di video-sharing. Si tratta di un argomento strettamente correlato con la disciplina della responsabilità del provider e dei relativi arresti giurisprudenziali. Pertanto la trattazione dei rimedi di tutela preventiva o di filtraggio non può prescindere dalla propedeutica analisi dell’evoluzione interpretativa della responsabilità online del gestore. Il tema della responsabilità del provider è un argomento basilare per la disciplina dei sinistri nell’Internet. La pronunzia in parola ripercorre e adotta le soluzioni della giurisprudenza interna ed europea consolidate in punto di criterio di hosting provider attivo” e di responsabilità a posteriori” riservandoci la novità dell’ammissione del controllo special-preventivo futuro sui contenuti già rimossi a seguito di ingiunzione del tribunale. Responsabilità e concetto di Hosting provider attivo”. Il criterio o concetto di hosting provider attivo” o hoster attivo” viene coniato dal leading case CGUE 23.03.2010 - Google Inc./Louis Vuitton C-236/08 secondo cui il gestore ha un ruolo attivo quando partecipa all’editing dei contenuti allocati sulla propria piattaforma 114 [] al fine di verificare se la responsabilità del prestatore del servizio di posizionamento possa essere limitata ai sensi dell’art. 14 della direttiva 2000/31, occorre esaminare se il ruolo svolto da detto prestatore sia neutro, in quanto il suo comportamento è meramente tecnico, automatico e passivo, comportante una mancanza di conoscenza o di controllo dei dati che esso memorizza [oppure se sia un ruolo attivo] 118 Nell’ambito dell’esame di cui al punto 114 della presente sentenza, [] il ruolo svolto dalla Google è rilevante [ovvero è un ruolo attivo] nella redazione del messaggio commerciale che accompagna il link pubblicitario o nella determinazione o selezione di tali parole chiave come ad esempio nell'applicazione di un servizio di pubblicità come AdWords o Adsense. Responsabilità a posteriori” del provider. Il criterio o concetto di responsabilità a posteriori” emerge sempre nella CGUE 23.03.2010 Google/L. Vuitton quando si sostiene che il provider - anche nei casi in cui è un hoster neutro” - può macchiarsi di responsabilità quando - sebbene informato dalla persona offesa o da altra fonte della sussistenza di contenuti lesivi sulla propria piattaforma - non si attivi prontamente per disabilitarli o rimuoverli. La giurisprudenza europea si dimostra perfettamente oggettiva e rispettosa della esenzione di responsabilità stabilita dalla DIR 2000/31/ CE anche nei confronti della figura dell’ hosting attivo” che non si ritiene costretto in automatico ad un obbligo generale di sorveglianza e di controllo preventivo solo perché partecipa alla gestione dei contenuti. I giudici europei ritengono piuttosto che la responsabilità del provider debba essere vagliata caso per caso rifuggendo da soluzioni generalizzanti e per questo astratte. La CGUE 24.11.2011 - caso Sabam/Scarlet – infatti ha ritenuto inammissibile l’imposizione in capo all’ISP di sistemi di filtraggio dei contenuti digitali a tutela dei diritti di proprietà intellettuale in quanto si sarebbe tradotta in una sorta di obbligo generale di sorveglianza e avrebbe causato una grave violazione della libertà d’impresa obbligando il provider a predisporre un sistema informatico costoso e permanente, entrando in conflitto con il principio del bilanciamento e della ricerca del giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale di cui godono i titolari di diritti d’autore e la tutela della libertà d’impresa appannaggio degli ISP. Filtraggio special-preventivo ammesso dal Tribunale di Torino. La novità della sentenza torinese n. 1928/17 rispetto al quadro interpretativo appena esposto – fino a questo punto sposato in pieno dal Collegio piemontese – consiste proprio nell’ammissione di un sistema di controllo special preventivo per i contenuti già rimossi. La pronunzia in parola al punto 6.4. sull’obbligo di impedire nuovi caricamenti sistema di controllo special preventivo di video già rimossi stabilisce all’esito della CTU disposta che è possibile, al fine di evitare il nuovo caricamento dei files [contestati], adoperare il software Content ID di parte convenuta YouTube usando come reference file” i files già caricati sulla piattaforma YouTube e oggetto della segnalazione di cui agli URL indicati . In definitiva il consulente tecnico dei giudici ha evinto che YouTube dispone già nel proprio sistema digitale – senza gravarla di oneri economici ulteriori – del rimedio per evitare il perpetrarsi dell’illecito. Il rimedio consiste nell’adozione del software ContentID in grado di intercettare in modo univoco - senza incorrere nel rischio di falsi positivi” – i files video abusivi che siano stati nuovamente caricati sulla piattaforma nonostante l’inibitoria giudiziale. L’idea di un sistema preventivo di controllo” o di filtraggio” ha sempre tormentato le aule giudiziali che però fino ad ora avevano prodotto riscontri negativi. Rappresentativa dei recenti arresti su questo tema è la Corte di Appello di Milano 7 gennaio 2015 n. 29. La questione del sistema di filtraggio preventivo a tutela dei diritti di proprietà intellettuale viene risolta escludendone la relativa ammissibilità perché – sostiene la Corte milanese - le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale [potrebbero risultare] inutilmente complesse o costose e inoltre non verrebbe rispettata l'esigenza di garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale e quella della libertà d'impresa, appannaggio di operatori come i FAI, indicato dalla Corte di Giustizia come parametro per ogni giudice europeo Corte di Giustizia caso C-360/10 del 16 febbraio 2012, Belgische c. Netlog Corte di Giustizia 24 novembre 2011, Scarlet c. Sabam, p. 47, C-.70/10 . Conclusione. Come deve interpretarsi dunque la sentenza torinese in commento? Deve considerarsi una brusca inversione di rotta oppure una variazione innovativa della giurisprudenza in punto di adozione dei sistemi di controllo preventivo? A ben vedere, il filo conduttore degli interpreti rimane ancorato a un concetto-chiave che permane invariato al fondamento di tutte le decisioni interne e europee da cui non si discosta neppure la nostra pronunzia torinese. La responsabilità del provider non deve essere individuata in modo aprioristico in capo al provider secondo l'assioma hoster attivo=responsabilità del provider”. Ai fini dell'individuazione della responsabilità nell'Internet, oltre al parametro dell' hoster attivo” occorre valutare attentamente anche il parametro del bilanciamento dei diritti in gioco. In tema di violazione dei diritti d'autore trattato dalla sentenza in commento, quale situazione giuridica deve prevalere? Il diritto alla libertà di impresa del provider, il diritto d'autore e/o di proprietà intellettuale della major o il diritto di informazione e di libera espressione dell'utente? Poiché il diritto alla proprietà intellettuale non è intangibile, occorre stabilire una situazione di compromesso in cui la tutela dell'uno non imprima un sacrificio troppo oneroso sproporzionato per gli altri. Nell'ipotesi in cui si individui la responsabilità in modo ragionato caso per caso, affidandosi non solo alla verifica aprioristica del parametro dell' hoster attivo ma anche alla contestuale verifica del parametro del bilanciamento dei diritti in gioco secondo il principio di proporzionalità, otterremo una soluzione di equilibrio in grado di contemperare sia la posizione del provider, sia quella della major, sia quella degli utenti. Questo pensiero ha guidato il ragionamento del Collegio piemontese che ha ammesso il rimedio di controllo preventivo futuro perché non si dimostra sproporzionato rispetto alle risorse di YouTube che già disponeva del sistema di filtraggio tramite ContentID e non riveste carattere generale ma unicamente specifico per i contenuti già rimossi e poi abusivamente ricaricati.

Tribunale di Torino, sez. Impresa, sentenza 25 gennaio – 7 aprile 2017, n. 1928 Presidente Vitrò – Estensore Rende